Il film Yara proposto da Netflix non convince la critica internazionale. La pellicola sul caso giudiziario di Yara Gambirasio e Massimo Bossetti non riscuote i consensi che ci si sarebbe aspettato.

Viene riconosciuto al film Yara su Netflix di presentare in modo fedele i fatti. O, meglio, quello che le versioni ufficiali e giudiziarie ci raccontano.

Com’è nello stile e nella mentalità della stampa americana, ad esempio, non aver presentato i dubbi e le contraddizioni della ricerca sul Dna suscita parecchie perplessità. 

“Gli appelli di Bossetti sono stati respinti e il suo verdetto di colpevolezza è stato confermato più volte. Tuttavia, su richiesta, gli avvocati dell’imputato hanno anche pesato sulla rappresentazione del caso in Yara, affermando che il film non è fedele alla vera narrativa”, scrive il magazine online Cinemaholic.

“Il team di difesa non è stato consultato durante la sua realizzazione”, prosegue l’articolo di Cinemaholic. “Pertanto, proprio come il caso, anche il film da esso ispirato rimane contestato”.

L’articolo di Cinemaholic riconosce al film di avere ricostruito la vicenda in modo fedele. Certo, viene da commentare, si tratta di una fedeltà alla verità ufficiale. Niente di dissonante rispetto alle veline da tribunale.

Scrive Gizmo Story “che Yara è un nuovo thriller poliziesco che tratta una storia basata sull’omicidio di una ragazza di 13 anni. Si dice che Yara sia basato su una storia vera”.

“Il caso è stato davvero orribile ed è stato risolto grazie alla corrispondenza del database del Dna”, scrive il giornale. “Gli italiani sono ossessionati da anni dal caso di omicidio. Il film presenta tutto sul crimine e sul motivo per cui è avvenuto”.

Inginocchiato alla narrazione ufficiale è invece l’articolo del magazine online Decider: “Yara è un dramma criminale assolutamente efficace, che combina un mistero agghiacciante con il viaggio emotivo del nostro implacabile investigatore. È destinato a soddisfare allo stesso modo i fan del thriller e i veri drogati del crimine”.

Sul film Yara abbiamo scritto anche un articolo in lingua inglese sul magazine Crime Window: The Perfect Culprit, curato dalla stessa redazione del Biondino della Spider Rossa. 

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