Serie tv sui pregiudizi che impediscono, nel Regno d’Italia, a una donna di svolgere la professione forense.
Può una donna diventare avvocato? La domanda, al giorno d’oggi, è ridicola. Diversa la situazione alla fine dell’Ottocento, in Italia.
A raccontare una storia di ordinaria discriminazione e ingiustizia è la serie tv La legge di Lidia Poët.
Una vicenda di oltre un secolo fa, ma che è l’emblema e la rappresentazione di tante ingiustizie sociali che viviamo ancora oggi – dentro e fuori l’Italia.
La legge di Lidia Poët, la serie in 6 episodi, prodotta da Matteo Rovere, una produzione Groenlandia, e creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, è su Netflix in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.
Matilda De Angelis è Lidia Poët, la prima donna in Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati.
Nel cast, Matilda De Angelis nel ruolo della protagonista, ed Eduardo Scarpetta in quello del giornalista Jacopo Barberis.
Pier Luigi Pasino è Enrico Poët, fratello di Lidia, mentre Sara Lazzaro e Sinéad Thornhill sono rispettivamente Teresa Barberis, moglie di Enrico, e Marianna Poët, la loro figlia. Dario Aita è Andrea Caracciolo.
La serie è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro e Paolo Piccirillo.
La trama della serie tv La legge di Lidia Poët
Torino, fine Ottocento. Una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione solo perché donna.
Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova un lavoro nello studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.
Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi.
Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino magniloquente.
La serie televisiva crime rilegge in chiave light procedural la storia vera di Lidia Poët, la prima avvocata d’Italia.
La vera storia di Lidia Poët
La vera Lidia Poët ha dovuto fare i conti con i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti della donna.
Lidia Poët nasce a Perrero (Torino) il 26 agosto 1855 e muore a Diano Marina (Imperia) il 25 febbraio 1949. È stata un’avvocata italiana, la prima donna a entrare nell’Ordine degli Avvocati in Italia.
Ha dato importanti contributi per l’attuale diritto penitenziario.
Si laurea in giurisprudenza il 17 giugno 1881 dopo aver discusso una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne.
Nei due anni seguenti fa pratica legale a Pinerolo e assiste alle sessioni dei tribunali.
Svolto il praticantato, supera in modo brillante, con il voto di 45/50, l’esame di abilitazione alla professione forense e chiede l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino.
La richiesta viene osteggiata dagli avvocati Desiderato Chiaves, ex ministro dell’Interno e da Federico Spantigati che, per protesta, si dimettono dall’ordine dopo che l’istanza venne messa ai voti e accolta.
Sono favorevoli all’iscrizione il presidente Saverio Francesco Vegezzi e altri quattro consiglieri (Carlo Giordana, Tommaso Villa, Franco Bruno, Ernesto Pasquali), i quali precisano che “a norma delle leggi civili italiane le donne sono cittadini come gli uomini”.
Fu così che il 9 agosto 1883 Lidia Poët diviene la prima donna ammessa all’esercizio dell’avvocatura.
Il procuratore generale del Regno d’Italia mette però in dubbio la legittimità dell’iscrizione e impugna la decisione ricorrendo alla Corte d’Appello di Torino.
Ha così inizio una lunga battaglia della donna avvocato per poter esercitare la professione. Vi riuscirà solo a 65 anni, nel 1920.
C’è un articolo del magazine Marie Claire che racconta in dettaglio la vita d
La serie tv Lidia Poët e il caso Sutter-Bozano
La serie televisiva su Netflix La legge di Lidia Poët racconta una serie di casi giudiziari dove l’aspirante avvocata punta alla verità.
Il suo impegno ci affascina perché – nella sua battaglia per essere riconosciuta come legale che opera sul campo – in ogni caso giudiziario mette in gioco la sua capacità di osservazione, l’essere al passo con i progressi tecnici e di indagine (le impronte digitali, ad esempio) e il porsi sempre in avanti rispetto ai colleghi maschi.
Se ti affascina, come ha affascinato me guardando la serie tv La legge di Lidia Poët, la ricerca della verità sostanziale dei fatti, l’utilizzo della scienza per risolvere un caso giudiziario e il rispetto delle persone più deboli e indifese, ti consiglio di legge la parte di questo blog sul Caso Sutter-Bozano (Genova, maggio 1971):
Maurizio Corte
corte.media
La legge di Lidia Poët raccontata dalla protagonista e dal giornalista
La legge di Lidia Poët raccontata dal regista e dagli attori della serie tv
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Sono un giornalista, scrittore e media analyst irriverente. Insegno Comunicazione Interculturale, Giornalismo e Multimedialità all’Università di Verona. Ti aiuto a capire i media e la comunicazione per poterli usare con efficacia e profitto. Come? Con il pensiero critico, la comunicazione autentica e l’approccio umanistico applicati al mondo del crimine e della giustizia. Iscriviti alla newsletter Crime Window & Media. Per contattarmi: direttore@ilbiondino.org