Il conflitto in Ucraina, l’invasione da parte della Russia e il “pensiero unico” dei media italiani.
Sei d’accordo? La pace in Ucraina è ciò a cui miriamo tutti. A cui tutti anelano, sia in Ucraina che in Russia.
Il problema è che quell’anelito alla cessazione del conflitto armato e al dialogo lo abbiamo noi cittadini e cittadine, Papa Francesco e assai pochi delle élite di Potere.
I Poteri Forti – quelli che fanno affari immensi con le merci e i servizi – sono coloro che traggono benefici dalle guerre. E dalle ostilità.
Ma non è di loro, a cui va tutto il mio disprezzo da sempre, che ti voglio parlare. Il tema che ritengo ci possa stare più a cuore è quello del ruolo dei media.
Molti commentatori, in Tv e sui giornali e sui social, hanno sostenuto che la prima vittima di una guerra è la verità. È sempre stato così.
L’età della propaganda di massa e l’idea di un ruolo onnipotente dei mass media nascono proprio con le guerre delle dittature del Novecento:
- quella comunista sovietica in Russia;
- quella fascista in Italia;
- quella nazista in Germania
Il problema che ci si pone, con la guerra in Ucraina, non è tanto quello della propaganda. La diamo per scontata.
PUTIN, ZELENSKY E L’ANALISI LIBERA DEI FATTI
Il dittatore russo Putin, verso il quale non ho mai provato né stime né interesse, fa credere a un popolo sotto controllo che sta liberando l’Ucraina e l’Europa dai nazisti.
Il presidente ucraino Zelensky, che ha un look poco autorevole da guerrigliero cubano, fa credere di essere un leader della resistenza. Un uomo che si batte anche per la nostra libertà e la nostra democrazia occidentali.
In mezzo ci sono i giovani soldati russi ammazzati, che nessuno piange (tranne i loro cari), anche a causa della censura sovietica di Mosca. E ci sono i soldati e i civili ucraini, assassinati in una guerra che non hanno voluto.
Fin qui, nulla di diverso dal solito. Il problema nuovo è allora – e assai urgente – un altro: il bavaglio alla libertà di analisi che registriamo in Italia.
Che la libertà sia negata in Russia non è una notizia. La triste conta dei colleghi giornalisti e giornaliste ammazzati, imprigionati, terrorizzati, imbavagliati dura da anni.
Che la libertà di analisi sia negata in Italia è una novità che mi sconcerta. E mi preoccupa. E dovrebbe preoccuparci tutti.
La pace in Ucraina passa dalla libertà dei media
Chi osa criticare le versioni dominanti (americane, europee, britanniche) sulle cause della guerra e il modo di gestire il conflitto, viene deriso, escluso, discriminato.
Insomma, il pensiero critico è oggetto di una serie di azioni che portano in una sola direzione: la criminalizzazione del pensiero divergente.
L’esempio più evidente è quello del professor Alessandro Orsini, oggetto di duri attacchi solo perché la pensa in modo diverso rispetto alla narrazione americana, britannica, della Ue e della Nato.
I GRANDI GIORNALI E LE TV MAINSTREAM
Sui più grandi giornali e sulle maggiori televisioni mainstream non possiamo neppure sperare di assistere a un dibattito dove si analizzi la situazione da più punti di vista.
Già il fatto – che dovrebbe essere scontato – di essere costretti ogni volta a rimarcare la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina e il disprezzo per Putin, ci mette a disagio.
È come se ogni volta che usciamo di casa ci fosse un poliziotto o un vigile urbano che ci chiede la carta d’identità. E ci domanda di giurare fedeltà al Patto Atlantico e al governo.
Un atto del genere lo troverei assai poco democratico. Assai poco occidentale. Assai poco liberale.
Ucraina e Russia. Il pensiero differente del professor Carlo Rovelli
Merita di essere ascoltato il professor Rovelli, un fisico, abituato al pensiero logico, intriso di umanità, che nella trasmissione Piazza Pulita su La7 ci invita a pensare in modo differente.
Il pensare in modo differente è anche quello di coltivare i dubbi, grande virtù filosofica. Il porci interrogativi su di noi e sull’Altro, in questo caso il “nemico Putin”.
Un altro professore universitario che è stato criticato – in modo più aspro e diretto di Rovelli – è Alessandro Orsini, docente di Sociologia del Terrorismo all’Università Luiss di Roma.
Mi domando, leggendo certi articoli di accademici italiani e ascoltando il loro assordante silenzio, come molti universitari guarderanno in faccia i colleghi russi una volta che tutto questo sarà finito.
La negazione, sui media, del dibattito e della libera analisi sta portando a un pensiero unico.
Il pensiero unico, sui giornali e in tv e nei social media, è quello che porta a semplificare. La semplificazione si accompagna alla polarizzazione e all’angolo acuto nel dialogo con l’Altro.
Il risultato è quello di vedere solo una soluzione. O, bene che vada, assai poche.
Nulla di peggio, in tempo di conflitto. Si può evitare la guerra solo se ci si assume il compito difficile di analizzare un quadro complesso. E di darvi risposta con mente aperta.
L’intervista di Piazza Pulita al professor Orsini
Il nodo da sciogliere, quindi, è quello della libertà di parola e di analisi.
Imbavagliare chi coltiva il pensiero critico, vuol dire porsi sullo stesso livello del dittatore Putin.
I mezzi sono, certo, diversi. Le dittature – e la Russia non fa differenza a livello di regime – sono grezze, ruvide, basiche, elementari e anche stupide nel loro agire illiberale.
Le democrazie sono assai più sottili, in questo. L’azione repressiva in democrazia è più lieve, più raffinata, meno criminale: ma non per questo meno letale.
Ti rinvio – su questo – all’articolo che ho scritto tempo fa sulla serie televisiva di Oliver Stone, dedicata all’assassinio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy.
Solo se potremo esprimere in modo libero il pensiero critico.
Solo se i media torneranno ad essere luogo di dibattito, fondato e sereno, anziché angoli del pensiero unico. Solo se attueremo davvero i valori liberaldemocratici, potremo sentirci sicuri.
LO SPAZIO ALLA RICERCA SENZA CONDIZIONI
La Scienza – quella che ci dà le medicine per curarci o gli strumenti per vivere meglio – esiste solo nello spazio della libera ricerca.
Prova a immaginare una malattia curata con un farmaco legato a un pensiero unico, anziché alla ricerca, alla riflessione e alla sperimentazione. Ti fideresti ad assumerlo? Io no.
Lo stesso vale per le Scienze Sociali: la Sociologia, la Psicologia, la Pedagogia. E così anche la gestione dei conflitti e la mediazione.
Solo nella libertà di critica possiamo trovare la soluzione alla guerra.
Perché la guerra è un affare troppo serio per lasciarlo ai poveri di mente critica. E a chi pensa e agisce ad angolo acuto.
LA NOTTE DELLA RAGIONE
Sulla notte dalla ragione, a causa di media che ci tolgono il pensiero critico, voglio proporti questa mia canzone: Il Sabato del Villaggio.
Musica e voce mie, testo di Luciano Ravazzin, Il Sabato del Villaggio fu incisa nel 1998 – ero l’unico dilettante fra grandi musicisti – per aiutare la Ronda della Carità, associazione di Verona che si occupa di senza fissa dimora.
Quella canzone, quelle parole, sono valide ancor oggi. Assieme alla domanda inquietante sin dagli albori dell’umanità: “A che punto è la notte?”.
Ecco che la soluzione del conflitto, la pace in Ucraina, il dialogo con la Russia passano da un nuovo giorno della ragione. Da un sussulto di umanità. Da un’apertura mentale alle soluzioni ragionevoli. Il contrario della propaganda, insomma.
Maurizio Corte
corte.media
Canzone Il Sabato del Villaggio. “A che punto è la notte (della ragione)?”
Ti piacciono le storie ufficiali? O anche tu ami il dissenso?
Sono un giornalista, scrittore e media analyst irriverente. Insegno Comunicazione Interculturale, Giornalismo e Multimedialità all’Università di Verona. Ti aiuto a capire i media e la comunicazione per poterli usare con efficacia e profitto. Come? Con il pensiero critico, la comunicazione autentica e l’approccio umanistico applicati al mondo del crimine e della giustizia. Iscriviti alla newsletter Crime Window & Media. Per contattarmi: direttore@ilbiondino.org