Video e fotografie che ritraggono donne e uomini, di tutte le età – ma per lo più giovani – mentre fanno l’amore.
Il digitale che, grazie al web e ai social media, consente una rapida diffusione delle produzioni multimediali. I personal media, come lo smartphone, che ci consentono di essere attori e registi, personaggi e narratori della nostra stessa vita.
Poi il fenomeno del sexting, ovvero lo scambio messaggi, audio, immagini o video – specialmente attraverso smartphone o chat di social network – a sfondo sessuale o sessualmente espliciti, comprese immagini di nudi o seminudi.
Infine, il Revenge Porn: la diffusione di video e foto di persone (soprattutto donne) in momenti privati di intimità sessuale. Una diffusione che è legata più al disprezzo verso la figura femminile, che alla “vendetta”.
Questi fenomeni – e altri ancora legati al rapporto fra vita privata e uso dei media – meritano di essere studiati. Meritano di essere compresi, spiegati e che vi sia un’educazione all’uso dei media. E un superamento di pregiudizi contro le persone vittime dell’esposizione mediatica (non voluta) della loro vita privata,
Revenge Porn. La diffusione di video privati? Forma di disprezzo verso le donne
Si tratta di cyber violenza a sfondo sessuale. Va combattuta con un cambio culturale sia nei maschi che nelle femmine. La serie televisiva Privacy, su Netflix, racconta la storia di due donne vittime del ricatto legato alla diffusione di video in cui stanno facendo sesso con un proprio partner. Una delle