A 50 anni dall’uscita nelle sale, il film di Kubrick ci fa riflettere sulle scelte di individui e società.
Nel 1971, 50 anni, fa usciva nelle sale il film Arancia Meccanica, un film distopico per la regia di Stanley Kubrick.
La pellicola del regista inglese Kubrick è tratta dal romanzo, scritto nel 1962 da Anthony Burgess, che reca lo stesso titolo Arancia Meccanica (A clockwork orange).
Questa, in breve, la trama. Ambientato in una futuristica metropoli londinese, è la storia di Alex DeLarge e della sua banda criminale di fedeli drughi: un gruppo di giovani violenti e senza scrupoli che girano per la città compiendo furti, stupri e violenze di ogni genere.
Più che un film, quello di Kubrick è un’analisi antropo-sociologica della violenza e della società e pone un dilemma morale vivo e attuale ancora oggi: la libertà di scelta.
Nel film, che tutti meritano di guardare, l’unica figura che esprime questo concetto di libertà, cioè del libero arbitrio dell’essere umano, è il sacerdote quando dice: “la bontà è qualcosa che si sceglie. Quando un uomo non può scegliere cessa d’essere un uomo”.
Alla sua uscita, il film Arancia Meccanica fu censurato in molti Stati e vietato ai minori in altri.
Lo stesso Kubrick lo ritirerà dalle sale inglesi chiedendo che venga proiettato solo dopo la sua morte. In Italia verrà proiettato solo nel 1999.
Non è un “film violento” ma un film che mostra senza veli la violenza dell’essere umano, delle istituzioni e del Potere.
In realtà è un inno alla libertà e al libero arbitrio, mostrate nella parabola di Alex, nelle gesta devianti di tutti, nel ruolo della giustizia, nel significato della pena e nella necessità del trattamento rieducativo o curativo.
Perché “per mostrare l’azione del governo in tutto il suo orrore, bisognava scegliere come vittima qualcuno di assolutamente depravato: in questo modo, quando il governo lo trasforma in uno zombi, ci si accorge che si tratta di un’azione profondamente immorale, anche ai danni di una creatura simile”.
Se Alex non fosse l’incarnazione del Male, dichiara Stanley Kubrik, “sarebbe troppo facile dire ‘sì, certo, il governo ha torto perché lui non è così cattivo’. In questo modo, si chiarisce meglio il problema” .
È un film politico, insomma, specie nell’attacco alla violenza delle forze dell’ordine, nell’attacco ai potenti che frequentano il Korova Milkbar e bevono anche loro Latte+ (latte, mescalina e altri stupefacenti), ai politici che usano il carcere, la repressione e la pena per gestire il loro potere personale,.
Arancia Meccanica è un film che attacca chi, in nome del controllo e del potere personale e del guadagno, con modalità scientifiche e usando la violenza istituzionalizzata, cerca di eliminare la libertà, la facoltà del libero arbitrio nell’uomo, per ridurlo al “bene”, ma lo trasforma appunto in un’arancia meccanica.
Arancia Meccanica: la figura di Alexander
“Eccomi là: cioè, Alex e i miei tre drughi. Cioè Pete, George e Dim. Ed eravamo seduti nel Korova Milk Bar arrovellandoci il gulliver per saper cosa fare della serata. Il Korova Milk Bar vende più o meno latte rinforzato con qualche droguccia mescalina che è quello che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza”.
Il protagonista è Alexander DeLarge, Alex nel film (A-lex, dove l’a sta ad indicare la privazione, l’assenza della legge ma anche l’andare oltre), un giovane che sceglie di praticare la violenza, una violenza fine a sé stessa, un malvagio insomma.
È al di sopra delle leggi dello Stato, fuori dalla morale dei cittadini, fuori dalla logica di ottenere qualcosa usando la violenza.
Non ha problematiche psichiche: secondo Autori può essere definito psicopatico o sociopatico. Non ci sono “colpe” esterne o sociali: lui usa il libero arbitrio e tra male e bene, sceglie il male.
L’azione violenta per Alex è una sorta di “estetica della violenza”; ed è un puro piacere per il suo io. Non è un banale teppista, insomma.
Alex è intelligente, un esteta, non offre nelle sue azioni una morale o un’etica, è amante della musica classica in particolare della Nona di Beethoven, sottofondo di molte scene.
Veste di bianco quasi a rappresentare il suo essere al di là del bene e del male, quasi fosse senza coscienza condivisa collettivamente. Quasi rappresentasse una “sua coscienza” personale e intaccabile dal senso e dalla morale comune.
Quasi a rappresentare un aspetto primordiale dell’uomo o una sorta d’inconscio, ovviamente senza coscienza.
Alex nella prima parte del film agisce “l’amata ultraviolenza”: picchia, stupra e uccide, motivo per cui sarà condannato a 14 anni di carcere.
Violenza giovanile e “cura Ludovico”
Negli Anni Sessanta, soprattutto in Inghilterra, si stava ponendo il grave problema della nascita delle gang giovanili e l’aumento della criminalità giovanile, con il conseguente problema del loro condanna al riformatorio o al carcere.
La stampa britannica sollevava il problema dell’affollamento e anche del significato e dell’efficacia della rieducazione; nonché dei relativi costi economici della stessa.
Quindi, perché non applicare un trattamento “medico” ovvero usare sperimentalmente le tecniche di condizionamento operante che stavano affacciandosi?
La “Cura Ludovico” prende il nome dalla musica classica, in particolare la Nona Sinfonia di Ludwig Van Beethoven, fa da sottofondo alla proiezione delle immagini o film di violenza e stupro che il detenuto/paziente è obbligato a vedere. Alex accetta di sottoporsi a questo trattamento in cambio dell’uscita dal carcere.
Scorriamo alcuni dialoghi tratti dal film su questa “Cura Ludovico”.
Alexander DeLarge: Non è giusto! Non è giusto che mi venga nausea quando sento il dolce dolce Ludovico Van!
Dr. Brodsky: Niente da fare, colpa sua! La scelta l’ha fatta lei!
Alexander DeLarge: Non c’è bisogno di continuare, compagno sir! Ho capito finalmente che tutta questa ultraviolenza e uccidere è sbagliato, sbagliato, terribilmente sbagliato! La lezione è servita sir! Ora capisco quello che non ho mai capito! Sono guarito, porco cane!
Dr. Brodsky: Non ancora guarito, giovanotto!
Alexander DeLarge: Ma sir..! La prego! Ora so che è sbagliato! Sbagliato perché la cosa è antisociale, sir! Sbagliato perché ogni uomo ha il diritto di vivere felice senza venire torchionato o accoltellato!
Dr. Brodsky: No, no, buono, deve lasciar fare a noi! Ma si faccia coraggio! Tra quindici giorni lei sarà in libertà!
Nel film Alex, dopo iniezioni di farmaci che inducono malessere alla visione di scene di violenza, viene posto, legato, davanti ad uno schermo e gli vengono applicati dei ferma-palpebre così da non poter chiudere mai gli occhi, così da essere obbligato a vedere.
L’idea del condizionamento consiste nell’indurre l’associazione tra la sensazione (indotta dai farmaci) di malessere, di nausea e sforzi di vomito al comportamento violento.
In questo modo il condizionamento, di pavloviana memoria, dovrebbe agire ai fini del controllo del comportamento deviante, annullando la violenza e l’aggressività. Ovvero agendo una sorta di riprogrammazione sui criminali facendoli diventare buoni.
In realtà il “nostro affezionatissimo” Alex non diventa buono e bravo cittadino ma è costretto a non compiere o guardare azioni violente perché gli provocano dolore fisico e sensazioni sgradevoli.
Il trattamento è questo: costretto a diventare buono perché associa la violenza al suo malessere fisico.
Interessante come Alex, che è una cavia usata dal ministero, venga esposto come risultato positivo dell’esperimento di condizionamento ad un pubblico composto da giornalisti, medici e autorità dello stato.
Kubrick in ciò denuncia la violenza istituzionale; e come spesso lo Stato agisca contro la violenza agendola in prima persona, cioè combatte la violenza con la violenza.
In questo modo sono tutti colpevoli. In via paradossale Alex è il soggetto più libero da vincoli e motivazioni che sottengono l’uso della violenza.
Il trattamento Ludovico viene denominata “cura” perché sembra rimandare alla scienza medica, quale che la devianza sia una piaga solo da trattare e bonificare.
Il significato della pena e del trattamento quindi non sembra inteso con significati socializzanti o educativi, ovvero di comprensione delle regole sociali o d’inserimento nella societ;à ma solo come incapacitazione e contenzione della devianza nelle carceri.
Questo punto aprirebbe un altro scenario criminologico. Pone infatti il dilemma se l’atto deviante sia un atto compiuto da soggetto malato o soggetto sano. Ovvero, i devianti sono da curare o da punire?
“Da un punto di vista teologico, il male non è misurabile. Eppure io credo nel principio che un’azione possa essere più malvagia di un’altra, e che l’atto ultimo del male sia la disumanizzazione, l’assassinio dell’anima“, scrive Anthony Burgess in una lettera inviata al Los Angeles Times il 21 febbraio 1972.
“Questo ci riporta a parlare della possibilità di scegliere tra azioni buone e cattive“, osserva Burgess. “Imponete a un individuo la possibilità di essere solo e soltanto buono, e ucciderete la sua anima in nome del bene presunto della stabilità sociale”.
“La mia parabola e quella di Kubrick vogliono affermare che è preferibile un mondo di violenza assunta scientemente – scelta come atto volontario – a un mondo condizionato, programmato per essere buono o inoffensivo”, sottolinea Anthony Burgess.
Il dilemma del film Arancia Meccanica ruota attorno al fatto se sia morale togliere la libertà ad un soggetto mandandolo in carcere. Oppure se sia morale trasformarlo in un’arancia meccanica, un robottino che però fa solo il bene, in quanto privato del libero arbitrio.
Il personaggio di Alex da carnefice a vittima
La seconda parte del film offre spunti preziosi a questo dilemma.
Infatti Alex da carnefice ora è diventato vittima, è in balia della violenza altrui. Non può difendersi e non riesce a proteggersi dalla violenza che altri agiscono su di lui.
È vittima dei suoi Drughi, ora poliziotti e quindi coperti dalla divisa possono indisturbati agire violenza e punirlo.
Subisce la vendetta di Mr Alexander, lo scrittore, ridotto in sedia a rotelle dalle sue percosse, al quale stuprò la moglie, successivamente morta a causa dello shock.
Interessante e suggestiva la scelta del nome: Alexander ovvero sempre lui, il nostro Alex. Questa volta Alex è riconosciuto dapprima da Alexander come vittima della “Cura Ludovico”; e quindi, per via politica, come vittima del governo viene accolto in casa e rifocillato.
Mr. Alexander: Mia moglie! Faceva tutto lei perché io potessi scrivere, lo sa?
Alexander DeLarge: …Sua moglie è via?
Mr. Alexander: No! E’ morta!
Alexander DeLarge: Oh, mi dispiace moltissimo, sir.
Mr. Alexander: Fu sottoposta a violenza, capisce? Fummo aggrediti da una banda di delinquenti in questa casa, proprio qui dove siamo ora! Io sono rimasto un povero storpio ma per lei lo strazio è stato troppo forte! I dottori dissero che era polmonite perché accadde qualche mese dopo, durante un’epidemia di influenza. I dottori dissero che era polmonite ma io lo so perché è morta! Vittima dell’era moderna! Povera, povera lei!…E ora lei, un’altra vittima dell’era moderna. Ma lei può essere aiutato.
Nel momento però in cui Alexander riconosce Alex dei Drughi vuole vendicarsi lui stesso, cercando di indurre Alex al suicidio usando la Nona sinfonia, ovvero il medesimo sistema usato dalla Cura Ludovico, dal governo di cui lui è un accanito oppositore.
Questa dualità di Alex e Alexander, entrambi con lo stesso nome, rimanda a due modalità etiche e morali diverse ma che s’intrecciano nella storia, anche di ognuno di noi, quasi ad indicare che non esiste una divisione manichea del bene e del male, neppure dentro di noi.
Sembra rimandare ad una sorta d’anarchia, un mondo dove vige la violenza come unica possibilità, il male punito con altro male, un mondo con assenza di leggi e sfiducia nelle istituzioni, dove la vendetta personale sostituisce la giustizia.
Ritornando ad Alex, per tentare di sfuggire anche da se stesso tenta il suicidio e lo ritroviamo in un letto d’ospedale immobilizzato con un ministro che lo imbocca.
La cura ha fallito e il ministro dice: “Io e il governo di cui sono membro vogliamo che tu ci consideri tuoi amici. Amici, sicuro. Ti abbiamo rimesso in sesto, no? Ti abbiamo riservato il trattamento migliore”.
Poi il ministro prosegue: “Non abbiamo mai voluto il tuo male, ma ci sono alcuni che l’hanno fatto e continuano a farlo. Credo che tu sappia chi sono (…) quando uscirai di qui non avrai problemi. Penseremo noi a tutto. Un buon lavoro con un buon salario. Perché tu ci stai aiutando”.
Ecco qui l’ipocrisia politica che tenta di rimediare al fallimento. Tant’è che il ministro gli offre un posto come capo della Polizia, dove potrà esercitare la violenza con il consenso della società.
Perché lo Stato si serve della medesima violenza quando non è in grado di reintegrarla; o di ristabilirla entro limiti socialmente accettabili.
Alex è ritornato, dopo il tentato suicidio, quello di prima, la “riprogramnmazione al bene” è fallita. Lui potrà così agire la sua “amata” violenza ma con il benestare dei politici compiacenti.
Il film Arancia Meccanica e il tema della violenza
“Ciò che sconvolge sia me che Kubrick, è che alcuni lettori e spettatori di Arancia Meccanica sostengano di avervi trovato un compiacimento gratuito nel ritrarre la violenza, il che trasforma l’opera da messaggio sociale a mera pornografia”, scrive Anthony Burgess, nella citata lettera al Los Angeles Times il 21 febbraio 1972.
“Certo, senza la violenza sarebbe stato più gradevole, ma la vicenda dell’emendamento di Alex avrebbe perso forza se non si fosse potuto vedere da che cosa lo si stava correggendo”, osserva Burgess.
“Per me, ritrarre la violenza doveva essere un atto catartico e caritatevole insieme, perché mia moglie è stata vittima di una violenza crudele e inconsulta a Londra nel 1942, all’epoca dei bombardamenti: è stata violentata e picchiata da tre disertori americani”, rivela Burgess nella sua lettera. “Forse i lettori del mio libro ricorderanno che l’autore dell’opera dal titolo Arancia Meccanica è uno scrittore la cui moglie è stata violentata”.
Alcuni spettatori del film sono stati turbati dal fatto che Alex, malgrado la sua crudeltà, è comunque degno di affetto. Ma se noi ci disponiamo ad amare il genere umano, dovremo amare Alex come membro pur sempre rappresentativo.
Se Arancia Meccanica, così come 1984, rientra nel novero dei salutari moniti letterari – o cinematografici – contro l’indifferenza, la sensibilità morbosa e l’eccessiva fiducia nello Stato, allora quest’opera avrà qualche valore.
Laura Baccaro
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Laura Baccaro, criminologa e psicologa giuridica. Docente universitaria, dirige la “Rivista di psicodinamica criminale”.
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