Dalle fake news al conflitto personale: dove ha sbagliato Salvini, imputato del sequestro di migranti.

Matteo Salvini ricorre alla comunicazione pubblica per difendersi dall’imputazione dei reati penali di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio, contestati davanti al Tribunale di Palermo.

Il pubblico ministero, che rappresenta la pubblica accusa nei confronti del politico leghista, nel settembre del 2024 ha chiesto la condanna di Salvini a sei anni di carcere.

La Procura di Palermo nel caso Open Arms contesta a Matteo Salvini un reato da codice penale, per avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno, privato della libertà personale 147 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019.

Come reazione alla richiesta del pubblico ministero, Matteo Salvini ha registrato un video di 3’47” in cui si dichiara colpevole. Nel video, Salvini ribatte alle accuse dando la sua versione dei fatti.

Non si limita solo a questo, il leader leghista, nella sua comunicazione in video davanti agli italiani. Egli denuncia, di fatto, l’esistenza di un processo politico contro di lui, voluto dalla Sinistra.

LA LEGGE DEL MARE

Poi Salvini si dichiara un difensore della Patria e dei confini dell’Italia, giustificando così – davanti alla pubblica opinione – il grave reato che gli viene contestato: l’aver sequestrato bambini, donne e uomini, costretti a rimanere per giorni su una nave attraccata a un porto italiano.

Ad aggravare la situazione di sequestro, l’essere stati i migranti in condizioni di indigenza, di fragilità e per alcuni anche in condizioni di malattia.

Tutto questo in violazione delle leggi internazionali che regolano la navigazione e la vita in mare. E che sono vincolanti anche in territorio italiano.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Come scrive il magazine Il Post, “nell’agosto del 2019, per 19 giorni, l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini impedì alla nave della ong spagnola Open Arms di attraccare nei porti italiani: a bordo c’erano 147 persone migranti soccorse nel Mediterraneo. Per quei fatti il leader della Lega è a processo dall’aprile 2021, accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio”.

Vediamo cosa scrive ancora Il Post: “Tra il 1° agosto e il 10 agosto la Open Arms era intervenuta tre volte al largo della Libia, soccorrendo più di 150 persone migranti. Fin dall’inizio la ong aveva chiesto alle autorità italiane di poter attraccare in un porto, ricevendo un divieto d’ingresso nelle acque territoriali italiane”.

Prosegue l’articolo: “I legali di Open Arms fecero allora ricorso sia al tribunale per i minori di Palermo (a bordo c’erano 32 minori, di cui 28 non accompagnati), che chiese spiegazioni al governo, sia al TAR del Lazio, che il 14 agosto sospese gli effetti del divieto d’ingresso emanato dal ministero di Salvini ma firmato anche dagli allora ministri dei Trasporti (Danilo Toninelli) e della Difesa (Elisabetta Trenta)”.

Toninelli e Trenta poi rifiutarono di controfirmare il secondo divieto che Salvini approvò dopo la sentenza del TAR del Lazio.

Fact-checking. Le informazioni mendaci di Salvini

Alla richiesta del pubblico ministero di condannare Matteo Salvini a sei anni di galera per il suo comportamento da ministro, nel 2019, il leader leghista ha risposto con un discorso in video di quasi 4 minuti, diffuso sui social.

Nel video, Salvini fa una serie di affermazioni che sono state analizzate da un’organizzazione che si occupa di verificare la verità sostanziale dei fatti riportati nelle notizie giornalistiche (fact-checking).

Il sito web Pagella Politica ha così svolto un fact-checking su sette dichiarazioni di Matteo Salvini, dimostrando che non corrispondono al vero. Oppure che distolgono l’attenzione dalla verità dei fatti.

Ecco una sintesi delle sette dichiarazioni infondate (o fuorvianti) secondo il fact-checking. L’analisi completa dei fatti la trovi su Pagella Politica:

  • CHI HA MANDATO SALVINI A PROCESSO. «Oggi sono a processo e rischio il carcere perché in Parlamento la sinistra ha deciso che difendere i confini italiani è un reato».
    * FALSO: è la magistratura che svolge l’azione giudiziaria ed è indipendente dal potere politico.
  • I SALVATAGGI DELLA OPEN ARMS. «Il 1° agosto la Open Arms riesce a intercettare un barcone con dei clandestini a bordo. Da quel momento comincia a navigare per il Mediterraneo, raccogliendo altri clandestini e puntando verso l’Italia. Il 20 agosto arriverà davanti alle coste siciliane con 164 clandestini a bordo».
    * FALSO: le informazioni sono parziali e per alcune parti non corrispondenti al vero (non si tratta di “clandestini” ma di migranti che hanno diritto a chiedere asilo politico o protezione umanitaria).
  • LE PROPOSTE DI SBARCO. «Nei giorni precedenti [la nave Open Arms] aveva testardamente rifiutato ogni richiesta di aiuto, di soccorso, di sbarco, in porti diversi, rispetto a quelli italiani. Hanno detto di no alla Tunisia, hanno detto di no a Malta, hanno detto di no persino allo Stato di bandiera, cioè alla Spagna. Più di 20 giorni di navigazione nel Mediterraneo trattenendo a bordo tutti questi clandestini quando per raggiungere la Spagna sarebbero bastate 72 ore. Questa nave spagnola ha rifiutato per ben due volte lo sbarco dei clandestini in due porti messi a disposizione dalla Spagna».
    * FALSO E FUORVIANTE: le informazioni sul rifiuto di Open Arms di attraccare in altri porti non corrispondono al vero; o vi corrispondono solo in parte. Il porto più sicuro era di fatto un porto italiano: quello di Lampedusa.
  • IL SOCCORSO A DONNE E BAMBINI. «Durante la navigazione nel Mediterraneo della Open Arms abbiamo sempre soccorso e fatto sbarcare malati, donne incinte e minori a bordo». 
    * FALSO: non è vero che nei venti giorni tra il primo soccorso della Open Arms e lo sbarco definitivo di tutti i migranti sono «sempre» stati soccorsi e «fatti sbarcare» i malati, le donne in gravidanza e i minorenni. Lo sbarco di quest’ultimi, infatti, è stato impedito per giorni, una scelta rivendicata dallo stesso Salvini.
  • IL DIVIETO DI INGRESSO E LA FIRMA DEL DECRETO. «Insieme ai colleghi di governo avevo firmato il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane».
    * FALSO E FUORVIANTE. Un primo decreto fu firmato da Salvini, Toninelli (ministro dei Trasporti) e Trenta (ministra della Difesa). Il decreto fu sospeso dal Tar del Lazio, dopo di che Salvini firmò un nuovo decreto che non fu mai emanato perché Toninelli e Trenta, dopo la sentenza del Tar, si rifiutarono di farlo.
  • IL CALO DEGLI SBARCHI E DEI MORTI. «Grazie alla mia azione di governo erano diminuiti sbarchi, morti e dispersi nel Mar Mediterraneo. Nell’anno precedente al mio arrivo gli sbarchi di clandestini erano stati 42.700. Durante il mio mandato al Ministero dell’Interno gli sbarchi si erano ridotti fino a 8.691. Dopo di me gli sbarchi purtroppo tornarono a salire superando quota 21 mila nello stesso periodo». 
    * FALSO. Gli sbarchi erano calati già con il governo precedente, di centrosinistra. Quanto al rapporto tra partenze dalla Libia e morti e dispersi è triplicato nel periodo in cui Salvini era ministro.
  • CHE COSA DICE LA COSTITUZIONE. «L’articolo 52 della Costituzione italiana recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”»
    * FALSO. I reati contestati a Salvini sono due: il sequestro di persona e il rifiuto di atti d’ufficio. Non si parla dunque di aver violato la Costituzione. Entrambi i reati contestati sono regolati dal codice penale ed è su questi due reati che dovranno esprimersi i giudici del Tribunale di Palermo.
    In più, va ricordato di dice Pagella Politica nel fare il fact-checking, quando si parla di salvataggi in mare ci sono anche norme internazionali da rispettare.

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Analisi del discorso di Matteo Salvini

In questa mia analisi del discorso in video di Matteo Salvini voglio dare risposta a tre domande:

  • come ha comunicato Matteo Salvini, nelle sue dichiarazioni spontanee in video?
  • quali errori ha commesso Matteo Salvini, nel taglio che ha dato al suo discorso?
  • come si ribatte a un discorso come quello di Matteo Salvini, ammesso che abbia senso farlo?

L’analisi che conduco rientra nel lavoro sulla comunicazione e i media che svolgiamo come associazione ProsMedia al Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona; e come magazine Il Biondino della Spider Rossa® con il progetto MediaMentor™,

Nella sua difesa pubblica dalle accuse, Salvini è ricorso a una serie di tecniche di comunicazione, di cui metterò in evidenza alcuni punti. E che si collegano, nei diversi passaggi, alle più note teorie dei media.

MESSAGGI DEI MEDIA E PUBBLICO

Occorre, prima di parlare di analisi della comunicazione, fare una premessa.

Ciò che noi analisti dei media vediamo nei messaggi non corrispondono, giocoforza, a ciò che vi coglie il pubblico.

È un po’ la differenza che vi è tra la lettura di un delitto da parte di un criminologo e quella che tenta di fare un’appassionata di crime. Sono letture differenti.

Tuttavia, la lettura dell’esperto, in questo caso dell’analista dei media, può aiutare a una fruizione più consapevole dei mezzi di comunicazione. E può consentire un modo più informato di apprendere le notizie.

Queste sono alcune caratteristiche che ritengo importanti del discorso di Matteo Salvini.

Si tratta di caratteristiche da valutare in un’ottica di studio, senza pregiudizio politico:

  • l’uso del linguaggio (con il ricorso ripetuto alla parola “clandestini” e con il sottolineare l’identità “spagnola” di Open Arms);
  • la scelta di alcuni argomenti anziché di altri (teoria della agenda setting: la difesa della Patria, come argomento, anziché il tema dei migranti in pericolo, ad esempio);
  • la rinuncia all’uso di fonti informate e autorevoli (Salvini non cita documenti ufficiali o verbali di polizia);
  • la mediazione personale sui fatti (Salvini pone solo sé stesso come narratore tra gli accadimenti e il pubblico);
  • l’angolazione da cui guardare la vicenda del sequestro dei migranti (teoria dei frame: la cornice interpretativa con cui Salvini ci porta a leggere i fatti);
  • la polarizzazione delle posizioni (noi e il nemico), per cercare di attivare la spirale del silenzio (l’adeguarsi delle persone all’opinione dominante)

L’AUDIENCE DELL’IMPUTATO

L’azione comunicativa di Matteo Salvini deve fare i conti, tuttavia, con una fondamentale teoria dei media: la teoria dell’esposizione selettiva, della percezione selettiva e della memorizzazione selettiva dei messaggi.

Il pubblico si espone ad alcune notizie anziché ad altre. Fruisce di alcuni media, anziché di altri. Fa una selezione delle informazioni, insomma, e delle fonti.

Si tratta di una selezione basata sulle proprie esperienze, idee, cultura e gruppo sociale di appartenenza.

Noi scegliamo – consapevoli o meno – di esporci alle informazioni e ai media che più sono coerenti con la nostra visione del mondo.

Il pubblico, poi, percepisce e memorizza alcune informazioni anziché altre. Rigetta alcune notizie e ne fa proprie altre. Tutto questo utilizzando gli stessi meccanismi di selezione; e la stessa motivazione nello scegliere che cosa ascoltare.

C’è allora da chiedersi: a chi vuole parlare Matteo Salvini? Qual è il suo pubblico-target?

Vuole parlare agli opinion leader del proprio partito? Vuole parlare ai soggetti interessati alla sua sorte e alla sorte di ciò che egli, come politico e leader leghista, gestisce o comunque influenza?

Perché se parla a una frazione della popolazione – i suoi fedeli colleghi di partito – gli diventa difficile interessare la maggioranza degli italiani.

Un’altra domanda da porci è perché Salvini voglia squalificare l’avversario, identificandolo a livello politico nella Sinistra.

Un’altra domanda ancora è perché il leader leghista squalifichi un ulteriore avversario, senza nominarlo: ovvero la magistratura inquirente, rappresentata dal pubblico ministero.

Ha poi senso la polarizzazione delle posizioni che pone nella sua narrazione? Ovvero, chi è con me e chi è contro di me; chi è per la difesa dei confini e della Patria e chi è contro.

I MEZZI DI COMUNICAZIONE

Altra domanda: Matteo Salvini ha scelto il mezzo di comunicazione efficace rispetto al suo target?

Il suo video assomiglia, in alcuni passaggi, a un “corto” di genere thriller. C’entra qualcosa – questo suo mezzo di espressione – con il pubblico a cui si rivolge?

Infine, domanda delle domande: quale obiettivo ha Matteo Salvini nel comunicare? Quali risultati può raggiungere con questa sua comunicazione?

Sono domande a cui non posso rispondere, perché non conosco gli obiettivi del leader leghista.

Quando facciamo comunicazione, tuttavia, dobbiamo tener presenti tre elementi strategici:

  • l’obiettivo di chi comunica (ovvero, dell’emittente);
  • l’audience a cui si rivolge la comunicazione (il “destinatario”);
  • la capacità di comunicare dell’emittente

Quello che mi sento di far notare è una distonia: quella tra il video di Matteo Salvini e il suo elettorato.

Egli si pone, nel video, a metà tra la figura istituzionale e il leader di popolo. Non è questo il Matteo Salvini che i suoi sostenitori conoscono. Il Salvini di chi lo vota è “Matteo”, tutto leader di popolo e lontano dal grigiore istituzionale.

Ne debbo dedurre – non essendo quello di Salvini un video da convincere il grande pubblico – che egli abbia scelto una comunicazione diretta agli opinion leader del suo partito. E destinato anche a chi lo affianca nella gestione di interessi politici e pubblici.

Questo significa che questa comunicazione video dell’imputato Salvini è solo un primo passo; che poi proseguirà con altre forme di comunicazione, altri media, altri eventi.

Questo significa – in una logica di piano di comunicazione – che il video è un pilastro strategico di una narrazione transmediale. Ovvero, una narrazione che arriva allo stesso obiettivo raccontando la storia in modo diversi, per brani differenti e con media diversi.

Tutto parte da qui. Tutto parte dal video, peraltro efficace come atmosfera e costruzione scenica.

Tutto parte dal video, ma se nel video vi sono errori (o, peggio, fake news), questi errori e le notizie false che contiene sono semi che germoglieranno nel tempo a venire. E rischieranno di diventare un boomerang per chi li ha seminati.

- Matteo Salvini - discorso - immigrazione - Open Arms -

Gli errori di comunicazione nel discorso di Salvini

Il discorso in video di Matteo Salvini contiene una serie di errori strategici e di errori nel contenuto.

L’utilizzare tecniche efficaci di persuasione – come viene fatto con maestria nel video – non è sufficiente, se l’azione strategica di fondo non è coerente.

È come servire pietanze di qualità in un menù inadatto al contesto conviviale in cui si situa.

I famosi “cavoli a merenda”, per intenderci. Oppure il sorseggiare un eccellente rum appena svegli. O il mangiare pasta e fagioli alla prima colazione.

Ottimi piatti e ottimo superalcolico, per carità, ma in una strategia fuori luogo.

ERRORE STRATEGICO: LA PERSONALIZZAZIONE

Un primo errore nella comunicazione del leader leghista è la scelta della personalizzazione della vicenda, che toglie a chi parla (Matteo Salvini) la possibilità del richiamo al “principio di autorità” quale ministro dell’Interno.

La personalizzazione è in linea con il comportamento di certi leader politici (si pensi al “Giorgia” della presidente del Consiglio).

Il ricorrervi, tuttavia, espone a un grave rischio: di collocarsi – nel conflitto – al livello del proprio avversario, anziché agire con l’autorevolezza dello statista.

Matteo Salvini si presenta come “Matteo”, anziché come ministro della Repubblica, e come Matteo presta il fianco all’essere demolito. Bastano pochi esempi:

  • Salvini difensore della Patria? Ma se voleva separare il Nord dal resto d’Italia e dava dei puzzolenti ai napoletani!
  • Salvini contro la Sinistra? Ma se era il leader del comunisti padani! Quale credibilità ha una banderuola del genere?
  • Salvini cronista dei fatti sulla Open ArmsMa se ci sono millanta occasioni in cui mentito e detto cose non vere!

La rinuncia al principio di autorità significa la rinuncia al ruolo di re taumaturgo che conferisce potenza, credibilità e un’aura di rispettabilità alla persona di potere.

È una perdita secca di competitività.

Questa considerazione, ci tengo a sottolinearlo, vale per Salvini – sia chiaro – come per altri leader politici di Destra, Centro e Sinistra.

Il mio, qui, vuole essere l’evidenza di come il personalizzare lo scontro (e la comunicazione) esponga a rischi assai gravi.

ERRORE STRATEGICO: LA SINISTRA NEMICA (E LA SPAGNA)

Il secondo errore è la costruzione di un nemico ineffabile e inconsistente: la Sinistra.

Poteva funzionare il nemico comunista con Silvio Berlusconi, a pochi anni dalla caduta del Muro di Berlino. E comunque i comunisti hanno una precisa identità. Sono soggetti reali nella vita italiana.

La Sinistra come nemico – che avrebbe ordito e ordinato il processo a Matteo Salvini – è come il nemico nel Deserto dei Tartari. Non si vede, non compare, non lo si può combattere. Lo si può solo immaginare, come inutile attesa di uno scontro che non c’è.

È un “nemico fiacco”, la Sinistra. Si sa. Come fai, poi, a legittimare come “nemico” la Sinistra, se fino a poco prima hai denunciato – con argomenti fondati – l’essere radical chic della Sinistra stessa.

Il conflitto, va ricordato, legittima l’avversario. Non si chiama a duello chi non si considera un proprio pari.

Altrettanto fiacco è l’insistere sul “nemico spagnolo” – Open Arms, piuttosto che la Spagna dove poteva andare a rifugiarsi la nave.

Gli spagnoli non sono mai stati nemici dell’Italia, nell’immaginario popolare. Sono, peggio della Sinistra, dei nemici senza alcuna presa sulla pubblica opinione.

ERRORE STRATEGICO: LE FAKE NEWS

Il terzo errore, questo gravissimo, è il ricorso alla menzogna. L’azione di fact-checking del sito Pagella Politica è disarmante.

Qualche analista autorevole ci dice che le smentite argomentate, il ragionamento, l’aderenza ai fatti sono meno accattivanti della narrazione suggestiva, sorretta da musichetta da film thriller.

È vero. È maledettamente vero. Dipende, però, dalle circostanze e dal contesto.

C’è qualcosa che agli italiani non piace: essere presi per i fondelli. Hanno, del resto, accettato l’abbattimento della Prima Repubblica proprio perché stufi di ladri, profittatori e bugiardi.

Opporsi alla magistratura e alla Sinistra con un bagaglio di balle non è il modo migliore di fare comunicazione.

Il rischio – tremendo – è di mettersi conto la parte di elettorato mobile (della Destra, innanzi tutto) che si sposta a seconda dell’autorevolezza e credibilità del leader. Il Matteo Renzi del Pd, credo, lo dimostri.

La persuasione, comunque la si pensi, passa comunque attraverso una sorta di veridicità di quanto si afferma.

Siamo, del resto, nel XXI secolo, non nei decenni della propaganda dei regimi dittatoriali (nazista, fascista, comunista) del XX secolo.

ERRORE STRATEGICO: LA DIVERSIONE DELL’ATTENZIONE

Matteo Salvini basa il suo discorso – oltre che sulla personalizzazione e sulla costruzione del nemico (la Sinistra innanzi tutto, poi i clandestini che ci invadono, poi la magistratura mai citata) – su un falso sillogismo.

  • Premessa maggiore: la Sinistra ha deciso che è un reato la difesa dei confini dell’Italia
  • Premessa minore: io ho difeso i confini dell’Italia con il decreto contro la Open Arms
  • Conclusione: io sono colpevole del reato inventato dalla Sinistra

La logica salta perché la premessa maggiore è falsa (come del resto la premessa minore): la Sinistra non può decidere cosa sia reato e cosa no; lo decide il Parlamento con le sue leggi penali.

Matteo Salvini doveva, caso mai, sputtanare il Movimento 5 Stelle e l’ex premier Conte, con una domanda secca: perché sono un imputato adesso, per la Open Arms, mentre per altri casi il vostro voto in Parlamento mi ha evitato di essere processato?

Eppure, in tutte le situazioni in cui il ministro Salvini ha agito, i suoi alleati erano l’allora premier Conte. E il suo Movimento.

Il falso sillogismo serve al leader della Lega per spostare l’attenzione dal reato da codice penale che gli viene attribuito (il sequestro di persona) alla criminalizzazione politica che avrebbe messo in atto la Sinistra. E di cui la magistratura è strumento.

Da un lato Salvini tenta di mettere tra parentesi il gravissimo reato di sequestro di persona – con donne, minori e persone malate a bordo di una nave tenuta in ostaggio per conto del governo italiano. E riesce pure a far dimenticare le leggi di salvataggio in mare.

Tuttavia, dall’altro lato, la sua operazione per nascondere il reato penale si rivela effimera e facile da smentire.

Più alto si sale nella manipolazione della verità sostanziale dei fatti, più facile si presta l’osservazione delle menzogne. E più rovinosa è la caduta determinata dallo bugie mascherate.

Una domanda – che si potrebbe porre quel popolo a cui Matteo Salvini sembra voler parlare – è elementare: dov’erano Conte e il suo Movimento mentre tu agivi? Perché solo tu sei sotto processo? C’era forse la Sinistra al governo?

Qualche analista potrebbe dirci che si tratta di domande complesse. Il popolo, si dice, vuole frasi semplici.

Io credo che il popolo sia meno mona (vocabolo veneto che sta per “idiota”) di quanto noi studiosi dei media, giornalisti e comunicatori vogliamo far credere.

ERRORE STRATEGICO: LA DIFESA DELLA PATRIA

Il quarto errore di Matteo Salvini è il richiamo alla Difesa della Patria, in un’Italia che ha imparato da pochi anni a cantare l’inno nazionale.

Un richiamo del genere da parte di un leader leghista che voleva la secessione, poi, non rischia di avere scarsa presa e credibilità.

La difesa della Patria, oltre a non fare presa sul popolo della Sinistra e su quello indifferente alla politica, di sicuro non fa presa sui leghisti.

Quanto ai patrioti di Centro e di Destra, il video di Salvini suona come finto e di nessun valore.

Qualche critico potrebbe ricordare, poi, che la Patria la si difende combattendo i nemici potenti esterni (registi della “strategia della tensione”); combattendo chi vuole mettere le mani sui gioielli economici italiani; facendo fiorire l’Italia con le riforme.

Difendere la Patria contro i migranti, insomma, temo abbia scarso appeal.

Non è con la Patria che fermiamo, del resto, la mafia straniera e i criminali esteri che sfruttano i migranti per fare affari con le mafie italiane. Questo lo sanno tutti.

Il “nemico migranti” è insomma debole, inconsistente, evanescente. Altra presa avrebbe avuto un attacco strumentale contro l’Unione Europea o contro chi, per motivi di interesse, usa i migranti per “attentare all’Italia”.

La stessa retorica della difesa dei confini (contro l’invasione da immigrazione) la si smentisce in un attimo: l’immigrazione regolata, strategica, umana porta ricchezza all’Italia.

Non è sequestrando una nave di persone in difficoltà che si difende la Patria, possono ribattere gli avversari di Salvini.

L’errore di comunicazione, qui, sta nel puntare sulla metonimia: il blocco una nave di clandestini è un simbolo fragile per richiamare l’invasione da immigrazione di cui l’Italia sarebbe vittima.

Ancora più fragile è il collegare – altra metonimia – l’immagine della nave di migranti in condizioni disperate con l’insicurezza, la criminalità, il degrado urbano legato a un’immigrazione incontrollata.

In comunicazione, se punti su un simbolo, uno slogan, un elemento persuasivo, deve trattarsi di qualcosa di potente. Altrimenti fallisci. Non vi sono mezze misure.

ERRORE STRATEGICO: L’AMMISSIONE DI COLPEVOLEZZA

Il dichiararsi colpevoli delegittima e annulla la valenza politica dell’azione di Matteo Salvini. Gli toglie strategia, mordente, valore politico alto.

Questo è un errore di comunicazione che invalida la posizione ideale di chi parla.

Matteo Salvini ne esce come una persona che non crede nelle proprie scelte politiche.

Un proclama come la difesa della Patria e la difesa dei confini mostra facilmente di non avere fondamento: non difendi i confini e la Patria contro alcune decine di migranti, fra cui donne e bambini, ridotti in fragilità e alla disperazione.

I confini li difendi con azioni efficaci e in grande stile.

Di conseguenza, dichiararsi colpevoli di un reato gravissimo e odioso, come il sequestro di persona, facendolo passare per un’azione patriottica, si dimostra un diversivo che non ha incidenza.

Solo se trasformo il mio reato in un atto di coraggio, che fa svoltare la Storia, posso presentarmi al mondo come un leader. E posso sfidare il codice penale.

Faccio un esempio. Prendiamo l’omicidio: è un reato punito con la pena più grave.

Se viene commesso in guerra, per difendere un territorio o per difendere la propria famiglia da un attacco letale, si trasforma tuttavia in un atto eroico.

Se non c’è atto eroico, al contrario, resta il reato da codice penale. Resti tu – imputato – a processo con il rischio di diventare un criminale.

C’è atto eroico nel sequestrare decine di donne, bambini, uomini piegati da un viaggio allucinante, dai rischi per la salute, dagli stenti? Evidentemente, no.

Occorre tener presente – ci piaccia o meno – la verità sostanziale dei fatti, la percezione che le persone hanno dei fatti e le regole. Solo così possiamo fare comunicazione efficace.

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Cos’avrebbe potuto fare Matteo Salvini

Cos’avrebbe potuto fare Salvini, la cui condanna penale lo porterebbe a chiudere ogni progetto importante a livello di politica nazionale?

Matteo Salvini – ammesso che sia interessato a un futuro politico, piuttosto che ad altri ruoli in Italia o all’estero – avrebbe potuto compiere un salto di qualità.

Avrebbe potuto ribaltare il ruolo di imputato – in un processo penale – per porsi invece come statista.

Uno statista, infatti, ha un’idea strategica sull’immigrazione, sul ruolo dell’Italia e sul comportamento da tenere nel consesso europeo e internazionale.

Gli autori del testo di Matteo Salvini sarebbero potuti ricorrere all’esempio della Apologia di Socrate, pronunciata nel IV secolo avanti Cristo dal filosofo ad Atene, nel processo per empietà e per corruzione dei giovani.

La struttura del discorso di Socrate è divisa in tre parti:

  • autodifesa;
  • controproposta;
  • commiato

Un Matteo Salvini “uomo di Stato” avrebbe difeso le proprie scelte, argomentandole e sostenendole con una narrazione accattivante, capace di toccare il cuore delle persone.

Avrebbe poi spiegato la propria proposta politica contro l’immigrazione irregolare, capace – come accaduto per altre proposte politiche di grandi uomini della libertà e degli ideali – di violare le leggi esistenti, pur di affermare i propri valori.

Infine, un Salvini uomo di Stato si sarebbe affidato al giudizio sia dei giudici (che sono altra cosa dal pubblico ministero), sia del popolo italiano.

Un discorso del genere – oltre a richiedere capacità compositiva e retorica, visione politica e senso dello Stato- avrebbe però richiesto ciò a cui Matteo Salvini (e il suo team) ha rinunciato: l’umanità, la capacità compositiva, il senso dello Stato.

Avrebbe richiesto anche una visione politica che punta a risolvere i problemi, non solo ad agitarli.

LE TRE FASI

Un’alternativa al discorso di Socrate, come modello, sarebbe potuta essere una delle tecniche più efficaci – anche se non sempre risolutiva – del marketing:

  • porre il problema (l’immigrazione irregolare);
  • agitare il problema (l’invasione, l’insicurezza, la criminalità legata ai migranti irregolari);
  • porre la soluzione (blocco dei confini, anche a costo di piegare il codice penale, violandone le regole nel nome della sicurezza di una comunità)

Anche qui, ci sarebbe voluta una visione politica; una strategia di comunicazione consapevole; un barlume di umanità (almeno quella per difendere il popolo italiano).

Il tutto sarebbe dovuto essere condito con una narrazione accattivante, la raccolta di storie che coinvolgono il pubblico, il richiamo al ruolo che un ministro della Repubblica ricopre.

Viene da pensare che la scelta di Matteo Salvini, nel fare comunicazione, sia l’ultimo canto del cigno: la sua carriera politica di alto profilo è finita; e non per colpa della magistratura. Tanto meno per colpa di una Sinistra inesistente.

Come rispondere alla campagna di comunicazione di Salvini

La migliore comunicazione, in risposta al discorso di Matteo Salvini, deve tener conto di alcuni elementi che caratterizzano il video del leader leghista:

  • la personalizzazione dello scontro politico-giudiziario, che fa prevalere l’uomo e il politico Matteo Salvini rispetto al ruolo istituzionale di ministro della Repubblica italiana;
  • la diversione dell’attenzione, che tenta di spostare l’attenzione lontano dal reato gravissimo di sequestro di persona, privando l’imputato Salvini di uno strumento di difesa: quello di credere nelle proprie scelte politiche;
  • la costruzione del nemico, identificato in un mandante del processo politico, ovvero la Sinistra (senza specificare nomi e cognomi) e identificato in una barca di clandestini;
  • il ricorso a notizie false, infondate e fuorvianti, che possono essere smentite con un’operazione di controllo (fact-checking);
  • l’assenza di ogni umanità – nel senso di attenzione alla persona, ai valori umanistici, ai diritti civili – nel contenuto di ciò che Salvini ha dichiarato;
  • l’uso di un linguaggio inefficace, dato che non corrisponde ai fatti, non è incisivo e concreto, e quindi non può appassionare;
  • l’essere, Matteo Salvini, un leader a scarsa rappresentanza: ha raccolto il 9% dei votanti alle elezioni europee del 2024; e quindi (vista la percentuale ai seggi: 49,7%) meno del 5% delle italiane e degli italiani

Una soluzione è l’ignorare (o il sottostimare) la comunicazione di Salvini, trattandola come l’abbaiare di un cane solitario nel deserto.

È una soluzione politicamente giustificata anche dal fatto che lo stesso Matteo Salvini è una stella poco brillante nel suo stesso partito, la Lega. Un partito che non ha mai fatto della Patria Italia una bandiera. Anzi.

Una seconda soluzione è rispondere, ricorrendo a una narrazione efficace basata sulla storia personale e politica dell’uomo-Salvini; sullo smascheramento delle bugie contenute nel suo discorso; e sul mostrar la sua manipolazione della realtà.

In questo secondo caso, si tratterebbe di una comunicazione a tenaglia: delegittimazione della persona e falsificazione delle sue affermazioni.

Il tutto andrebbe condito con la costruzione di storie che, alla logica stringente e alla realtà dei contenuti, portino a una narrazione accattivante. Senza per questo essere polarizzante.

La polarizzazione, per una comunicazione efficace, va evitata. Non è vero che per vincere occorra per forza ricorrere al conflitto, al duello, alla divaricazione insanabile.

Occorre, invece, cercare un terreno comune anche con quel poco di opinione pubblica (meno del 5%) che può stare sempre e comunque con il discorso di Matteo Salvini.

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LA HUMAN CENTERED COMMUNICATION

Una terza soluzione – nel ribattere al discorso di Matteo Salvini – può essere il ricorso a una human centered communication: una comunicazione che metta in campo l’umanità che il leader leghista ha ignorato (per convinzione e per disinteresse) nel suo video.

La comunicazione umanistica (human centered communication) non è affatto una “comunicazione ingenua”. O, peggio, buonista.

È una comunicazione che mira a valorizzare l’umanità dei “clandestini” (rendendoli “persone”), l’umanità dell’azione di salvataggio di vite in mare, l’umanità di chi si batte per le leggi a difesa delle persone.

È una comunicazione che ricorda alle persone di tutti i colori politici, i ceti, le idee, come durante la pandemia da Covid-19 si sia patita la condizione di cittadini privati di alcune libertà fondamentali.

È una comunicazione che ricorda lo stato di prigionieri agli arresti domiciliari che abbiamo dovuto sopportare.

Da quel ricordo – proposto in una narrazione che fa appello all’emotività di quel tempo e ai segni che ci ha lasciato – la comunicazione umanistica muove per ricordare come azioni di governo in violazione del diritto, decreti sicurezza che sicurezza non danno, mancanza di rispetto dei diritti civili portino tutti da una sola parte: una condizione di grave rischio e di pericolo. Per tutti.

In nome della sicurezza e della lotta al nemico si sono compresse libertà, si sono mandati milioni di persone a morire, si è manipolato la mente e il cuore di popoli interi.

La human centered communication è una comunicazione per le persone, capace di smascherare le logiche di potere, le ingiustizie e la violazione dei diritti umani.

È una comunicazione che si avvale dei valori, del modus operandi e dei concetti del constructive journalism (il giornalismo costruttivo), attivo nel cercare il perché dei fatti; nel denunciare gli abusi del Potere; nello smascherare la menzogna che tutti ferisce.

IL VIDEO DI SALVINI E L’USCITA DALLA POLITICA

Questo mi sento di scrivere, nell’ascoltare più volte quanto Matteo Salvini dice nel suo video.

Si tratta, tra l’altro, di un video che i destinatari – gli opinion leader al suo fianco – dovrebbero ascoltare più volte. Ma che più viene ascoltato e più si rivela poco efficace.

Suona, a ben vedere, come il canto del cigno di un ex-giovane leghista che ha capito – parlo del Matteo – di star chiudendo una fase. E di dover puntare in altre direzioni. Non oggi, ma certo nel futuro.

Un leader che voglia battersi come un leone contro le avversità – lo dimostra Donald Trump – si comporta in altro modo. Comunica in altro modo.

Se questo è vero – ovvero l’uscita nel 2027 dalla politica alta – viene da chiedersi: è, quella di Matteo Salvini, la migliore comunicazione per un’uscita lentissima, ma ormai inevitabile, dalla scena italiana?

In quest’ultimo caso, la risposta può essere positiva.

PRECISAZIONE DOVEROSA

Questa mia analisi – voglio sottolinearlo – non ha alcuna connotazione politica. Lo stesso metodo lo possiamo applicare a discorsi di politici appartenenti alla Sinistra, al Centro oppure alla Destra del Parlamento.

Se Matteo Salvini fosse unico nel panorama politico italiano, sarebbe un’eccezione nelle analisi che si fanno sull’Italia. Non è così.

Non solo. L’amore per la Patria Italia, a cui hanno dato la vita i miei bisnonni Domenico Corte e Albino Lucchini nella Prima Guerra Mondiale, mi ricorda che è parecchio triste un’Italia che vede un suo ministro accusato di reati tanto gravi.

Sono reati contro le persone. Sono azioni penali contro donne, uomini, bambini che scappavano dalla guerra, dalla miseria, dal conflitto. E che spesso hanno subito ruberie, abusi e violenze.

Questa mia analisi, infatti, si riferisce alla dichiarazione spontanea resa da Matteo Salvini, quale imputato a Palermo dei reati di sequestro e di rifiuto di atti d’ufficio. Ovvero di reati gravi commessi nel 2019 ai danni di donne, uomini e bambini giunti sulle coste italiani.

È assai deprimente e sconcertante dover analizzare tutto ciò. Lo confesso.

Tanta energia, tanto tempo, tante intelligenze potremmo investirle in un progetto strategico sull’immigrazione regolare. In una mediazione interculturale che eviti i conflitti e faccia stare meglio le nostre comunità.

È quello che del resto facciamo – da oltre vent’anni – al Master in Mediazione Interculturale, Comunicazione e Gestione dei Conflitti.

Di strategia, di pensiero politico a largo spettro, di soluzione del problema immigrazione il video di Matteo Salvini non mostra traccia alcuna. E questo è forse l’errore comunicativo più grave (che ritroviamo anche in discorsi di politici di Sinistra, di Destra e di Centro).

A meno che, come ho accennato, il discorso in video di Matteo Salvini – imputato nel processo a Palermo sul caso Open Arms – non sia l’inizio di una SalviniExit (un’uscita di scena) dalla politica nazionale.

Maurizio Corte
Agenzia Corte&Media
Associazione culturale ProsMedia

L’imputato Matteo Salvini: sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio

Le dichiarazioni spontanee dell’imputato Salvini