Un mistero le ultime ore di vita del giovane veneziano. Indagini svolte tra colpevoli silenzi e una cronaca superficiale.
Sciamanesimo, nell’estate del 2024 abbiamo tutti letto di un caso di cronaca nera, che sembra uscito dalla penna di Ken Follett, con la trama che si snoda tra un’antica abbazia e misteriosi riti sciamanici: la morte sospetta di Alex Marangon.
Il corpo senza vita di Alex è stato rinvenuto il 2 luglio 2024 su un isolotto del fiume Piave, all’altezza di Ciano del Montello, in provincia di Treviso.
Il 25enne era scomparso due giorni prima, durante la notte tra il 29 e il 30 giugno, mentre partecipava a un rituale sciamanico nell’abbazia di Santa Bona.
All’inizio, la sua morte è stata attribuita a un tragico incidente. In un secondo momento, però, l’autopsia ha spinto la Procura di Treviso ad aprire un’indagine, contro ignoti, per omicidio volontario.
Ad oggi le circostanze del decesso rimangono oscure, ma le ipotesi investigative sembrano concentrarsi su quella notte, sul rito del Sol del Putumayo e sulle persone presenti nell’abbazia.
Si tratta di un caso umano – oltre che di cronaca nera – che merita una lettura dal punto di vista del giornalismo investigativo: analisi dei fatti, valutazione delle ipotesi, attenzione all’informazione veicolata dai media.
CHI ERA ALEX MARANGON
Alex Marangon era un ragazzo di 25 anni, originario di Marcon (Venezia), che lavorava come barista.
Nelle settimane successive alla morte, sia la famiglia che gli amici hanno descritto Alex come «uno spirito libero» e un appassionato viaggiatore.
Era un’anima curiosa, che in passato aveva già partecipato a riti spirituali, attraverso due cerimonie di purificazione, caratterizzate dall’uso di musica e piante amazzoniche.
Un dettaglio significativo emerso dalle testimonianze è che Alex soffriva di asma. Il rito sciamanico, secondo quanto riportato da il Corriere del Veneto, gli era stato consigliato «per allontanare gli spiriti cattivi e guarire».
La morte del giovane: le indagini
Costruita tra il 1107 e il 1110 dal crociato longobardo Giovanni Gravone da Vidor, l’abbazia Benedettina di Santa Bona ha sempre evocato luoghi lontani. Come la Terra Santa.
Oggi il nome dell’abbazia è tornato alla ribalta nelle pagine della cronaca nera. E ancora una volta il luogo sembra collegato ad un immaginario lontano e antico: le tradizioni sciamaniche del Sol del Putumayo.
Nel caso in questione, infatti, il 25enne Alex Marangon si trovava nell’abbazia per dei riti sciamanici, originari dell’Amazzonia, il polmone verde del pianeta.
SABATO 29 GIUGNO 2024: L’ARRIVO IN ABBAZIA
Alex Marangon viene a conoscenza del rito attraverso un messaggio diffuso in una chat privata di Telegram. Per partecipare paga 200 euro.
È sabato 29 giugno quando Alex parte per il raduno. Non prima però di informare i suoi genitori e di salutarli, proponendo una pizza per la domenica del suo ritorno.
Il 25enne si reca allora a Mestre, dove incontra altri tre invitati, a cui offre un passaggio in macchina, fino all’abbazia.
SOL DEL PUTAMAYO: IL RITUALE SCIAMANICO
Il raduno all’abbazia di Santa Bona — della durata di due giorni — ci appare ancora poco chiaro.
Sommando le informazioni a nostra disposizione, però, possiamo farci un’idea, che richiama un mondo lontano dalle tradizioni italiane. Per questo deve essere capito, prima di poter essere giudicato.
Ad organizzare questo ritiro spirituale sono il musicista Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, fondatori del progetto di medicina musicale sciamanica ZuMusic Project.
Come loro ospite d’onore è presente il curandero colombiano Jhonni Benavides, uno dei fondatori del movimento-religione. Ad accompagnare il guaritore c’è anche un medico, una sicurezza in più agli occhi dei partecipanti.
Possiamo inoltre ipotizzare qualcosa di più sul raduno all’abbazia, considerando l’origine del rituale. Un rito che sgorga dalle fonti dell’Amazzonia, tra religione e medicina antica.
In pratica, l’antico rituale consiste in azioni di purificazione del corpo e dello spirito, attraverso il potere della musica e delle erbe allucinogene. Seguendo i precetti dell’antica tradizione colombiana del Sol del Putamayo.
A tal proposito, si è parlato a lungo dell’utilizzo dell’ayahuasca — una pianta amazzonica — e di «un’iniezione di veleno di rana» — come riportato da fonti Rai.
Tuttavia, gli organizzatori dell’evento hanno negato l’uso di queste sostanze illegali. E la polizia non ha trovato ancora nessuna traccia che possa smentirli.
TRA LIBERTÀ DI CULTO E ILLEGALITÀ
In Italia, l’ayahuasca è considerata una sostanza illegale a causa della presenza del DMT, un potente psichedelico inserito nella lista delle sostanze stupefacenti.
Inoltre, il Ministero della Salute ha vietato l’uso dell’ayahuasca nel 2022, e una sentenza del TAR del Lazio del 2023 ne ha confermato l’illegalità.
Nonostante ciò, alcuni gruppi religiosi come il Santo Daime hanno trovato una scappatoia. Per usare l’ayahuasca nei loro rituali in Italia — e nel resto dell’Europa — sfruttano la libertà religiosa: è in questo modo che l’ayahuasca si muove tra l’illegalità e il culto.
LA SCOMPARSA
La prima ipotesi che si fa largo sul Caso Marangon è l’incidente. Forse un suicidio.
Sono idee investigative che si basano in gran parte sulle testimonianze dei partecipanti e, in particolare, sulle parole di Andrea Zuin, organizzatore del raduno.
Secondo la ricostruzione del musicista, intervistato da Il Gazzettino, gli eventi della notte tra il 29 e il 30 giugno, sono andati come segue:
- Intorno alle tre di notte, mentre Zuin suonava, Alex si è avvicinato a un fuoco meditativo.
- Subito dopo, il 25enne si è allontanato verso il bosco con due curanderos (guaritori) sudamericani, non ancora rintracciati dalla polizia.
- Circa dieci minuti dopo, i due guaritori ritornano dal gruppo, senza Alex. Gli uomini riferiscono che il 25enne è scomparso, dopo essersi messo a correre.
Solo tra le 6 e le 7 di domenica mattina, la contessa Alexandra — moglie del proprietario dell’abbazia — chiama i carabinieri. Alex è ormai scomparso da ore.
IL RITROVAMENTO: 2 LUGLIO 2024
Come riporta Il post, «non è chiaro cosa sia successo tra le 3 e le 6» del mattino.
È tuttavia plausibile pensare che in quell’arco di tempo, Marangon sia finito nel fiume, dove poi è stato trovato privo di vita, due giorni dopo.
Il corpo di Alex viene infatti rinvenuto a pochi chilometri dall’abbazia, su un isolotto del Piave, trasportato dalla corrente. Accanto al corpo è presente una tunica, ma mancano 500 euro dal portafoglio e alcuni gioielli a lui cari.
Nonostante i dubbi e le incongruenze, gli inquirenti sposano l’ipotesi della caduta accidentale del ragazzo nel fiume.
Forse Alex — in uno stato di alterazione per le sostanze assunte — è stato vittima solo di un tragico incidente.
Con l’autopsia in mano, però, gli inquirenti devono cambiare pista.
L’AUTOPSIA E L’OMICIDIO
L’autopsia su Alex Marangon ha cambiato le carte in tavola. Gli elementi emersi hanno infatti spostato le ipotesi degli inquirenti: dall’incidente all’omicidio volontario.
Nel dettaglio, come riportato da VeneziaToday, il medico legale Alberto Furlanetto ha riscontrato:
- «Varie costole rotte, soprattutto sul lato sinistro del corpo, e ferite alla testa provocate da un oggetto contundente», forse un bastone o una pietra del fiume.
- Una grave lesione alla tempia sinistra, che ha lesionato il cervello.
- Nessuna presenza di acqua nei polmoni, indice che Alex era già morto prima di finire nel fiume.
L’ESAME TOSSICOLOGICO
Il 15 settembre è arrivata la conferma dal procuratore Marco Martani. Gli esami tossicologici hanno rilevato quello che la famiglia ha sempre sostenuto: Alex ha assunto l’ayahuasca prima di morire.
Il decotto di erbe con effetti psicotropi – illegale in Italia dal 2022 – secondo gli esami scientifici è stato assunto dal 25enne poche ore prima del decesso.
Questi risultati smentiscono la versione fornita dai partecipanti al raduno, i quali hanno sempre negato l’uso di sostanze psicotrope durante l’evento nell’abbazia, mettendo un punto alla questione.
SCENA DEL CRIMINE
Le ricerche con i cani molecolari non hanno rilevato tracce di sangue nell’abbazia, suggerendo che l’omicidio possa essere avvenuto altrove, forse lungo il percorso tra l’abbazia e il fiume.
Inoltre, non sono state trovate prove a sostegno di un’ulteriore ricostruzione di Zuin, secondo cui, quella sera, Alex è saltato giù dalla terrazza per raggiungere il fiume. Anche perché:
- la vegetazione sotto la terrazza è fitta e impraticabile: è difficile che il 25enne abbia attraversato quell’area senza lasciare tracce nel bosco.
- Marangon era a piedi scalzi: i suoi piedi avrebbero dovuto presentare segni di un eventuale passaggio nel bosco.
LA TELEFONATA E IL LAPSUS
Un dettaglio inquietante emerso durante le indagini è una telefonata tra Andrea Zuin e la sorella di Alex, come riporta Il Fatto quotidiano.
In questa conversazione, Zuin sembra essere incappato in un lapsus, fermandosi appena in tempo prima di completare la frase “da quando è m…”. Un’affermazione che lascia intendere che volesse dire “morto”.
In quel momento, però, Alex è ancora solo una persona scomparsa.
Il caso mediatico: da delitto dell’estate all’oblio
La morte di Alex Marangon ha catturato l’attenzione dei media, come ha sottolineato la criminologa e psicologa giuridica Laura Baccaro.
L’interesse è stato acceso anche dal fatto che questo caso ha sollevato interrogativi sull’uso dell’ayahuasca e sulla sicurezza dei rituali a essa associati.
Tuttavia, la copertura mediatica non si è limitata a esplorare questi aspetti, ma è anche sfociata in speculazioni infondate.
Un esempio è l’affermazione che Alex fosse un “adepto di sette sataniche”, diffusa sui social media e ripresa da alcuni giornali. Questa insinuazione è falsa, ma rappresenta un chiaro segnale dell’ignoranza e della fretta con cui certe notizie vengono diffuse.
L’esoterismo che alcuni hanno associato al rituale sciamanico è stato infatti confuso con il satanismo, una distorsione che ha causato ulteriori dolori inutili alla famiglia.
L’odio sui social è emerso anche in relazione ad una marcia silenziosa organizzata dalla famiglia di Alex il giorno 8 settembre, in concomitanza con il Palio di Vidor. Una grave mancanza di empatia delle persone, più interessate a una festa di paese che alla giustizia per un ragazzo ucciso.
ALEX MARANGON NON ERA UN SATANISTA
La famiglia e gli amici di Alex hanno voluto ribadirlo con fermezza: il ragazzo non partecipava a sette sataniche. La sua presenza al rituale sciamanico era motivata dalla ricerca di una cura per l’asma, una condizione che lo affliggeva in modo severo.
Chi soffre d’asma, anche in forma lieve, sa quanto possa essere debilitante, e questo spiega il desiderio di Alex di esplorare terapie alternative, anche non convenzionali, come il rito del Sol del Putumayo.
IL DELITTO DELL’ESTATE. POI IL SILENZIO
Nelle settimane successive la scomparsa di Alex Marangon, il caso ha occupato molto spazio sui media. A distanza di poche settimane, l’interesse per la sua morte pare svanito nel nulla.
Purtroppo, la dinamica mediatica spesso segue un copione prevedibile. Le storie sono sfruttate finché mantengono l’attenzione del pubblico, per poi essere abbandonate a favore di nuovi fatti di cronaca.
L’omicidio di Sharon Verzeni, per esempio, ha presto sostituito il caso Marangon come “delitto dell’estate,” lasciando il 25enne e la vicenda dello sciamanesimo sullo sfondo.
L’auspicio è che Alex non diventi un’altra vittima senza giustizia. Oppure una vittima dimenticata nell’oblio della cronaca nera.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 07.09.2024
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.

