I diversi tipi di panico morale e come i media possono creare (o prevenire) l’allarmismo.

Nel comune dove vive mia cugina Betty, da un paio di settimane – proprio in concomitanza con la parte centrale della stagione autunnale – si registrano furti a raffica.

Si dice che vi siano almeno tre bande in azione. Una, più esperta, entra negli appartamenti e punta diritto alla cassaforte: colpisce, insomma, secondo un piano ben studiato.

In tutti i compaesani di mia cugina c’è una forte apprensione. In qualcuno addirittura una forma di terrore. 

C’è chi teme che i ladri entrino mentre si è a tavola, in famiglia, o mentre si dorme. E che facciano del male alle donne e ai figli.

C’è chi, negoziante, ha paura ad uscire con l’incasso della giornata. Teme di essere rapinato.

Le voci più disparate si rincorrono. La paura si mescola al senso di impotenza. I colpevoli sono individuati da tutti negli “stranieri”.

Sui social – Facebook in testa – si rincorrono le informazioni, che poi sono rilanciate nei discorsi quotidiani, in presenza, al bar piuttosto che dal fornaio.

Possiamo dire che siamo di fronte a una forma di panico morale (o allarme morale e sociale), per riprendere il concetto sociologico formulato da Stanley Cohen. E di cui ho parlato in un altro articolo. 

Lo studio del “panico morale”

Ci sono due approcci principali allo studio dei “panici morali”: quello di Stanley Cohen, visto nell’articolo numero 5 di questa serie, e quello degli studiosi Erich Goode e Nachman Ben-Yehuda.

Goode e Ben-Yehuda si concentrano sugli episodi di allarme sociale eccessivo e spesso ingiustificato nei confronti di determinati gruppi sociali, considerati una minaccia per i valori e l’ordine sociale.

Ecco come gli studiosi Goode e Ben-Yehuda trattano il panico morale. Entrambi gli studiosi ne danno una definizione precisa e operativa, individuando cinque criteri fondamentali:

    • Un elevato livello di preoccupazione per un determinato comportamento e le sue conseguenze
    • Un aumento dell’ostilità verso il gruppo che adotta quel comportamento
    • Un ampio consenso sociale sulla gravità della minaccia rappresentata da quel gruppo
    • Una reazione sproporzionata rispetto al danno effettivo causato dal comportamento oggetto di ostilità
    • La natura volatile dei panici morali, che tendono a esplodere in maniera rapida, e poi a svanire in modo altrettanto veloce

Goode e Ben-Yehuda – come riporta il libro Crime, Justice and the Media di Ian Marsh e Gaynor Melville – propongono tre modelli per spiegare l’origine dei panici morali:

    • Modello dal basso. I panici nascono in modo spontaneo dalla preoccupazione diffusa della popolazione
    • Modello dall’alto. Un’élite promuove deliberatamente il panico per distogliere l’attenzione da altri problemi, o per perseguire i propri interessi
    • Modello dei gruppi di interesse. Gruppi specifici (media, associazioni professionali, partiti, organizzazioni, ad esempio) alimentano il panico per promuovere le proprie agende

Per i due autori, la combinazione dei modelli dal basso e dei gruppi di interesse offre la spiegazione più completa del panico morale.

Abbiamo, così, la risposta a interrogativi come questo: come mai un fatto di un considerevole interesse per tutta la comunità (l’evasione fiscale, ad esempio) non produce alcun panico morale?

Perché, al contrario, una comunità finisce per considerare un’emergenza – prendiamo il comportamento di alcuni gruppi – quelle situazioni che possono di certo essere problematiche, ma che sono sotto agevole controllo?

Visioni del panico morale

La studiosa Rachel Jewkes, riprendendo il lavoro di Stanley Cohen, analizza da parte sua i processi attraverso i quali si instaura un panico morale.

Ella sottolinea come Cohen si sia concentrato soprattutto sulle sub-culture giovanili, ma identifica alcuni elementi comuni a molti panici morali.

Uno di questi elementi comuni a tanti panici morali è la rappresentazione mediatica esagerata di eventi ordinari. E la creazione di “folk devils” (diavoli popolari) su cui concentrare l’ansia sociale.

Jewkes evidenzia alcuni fattori chiave identificabili nella maggior parte degli allarmi morali.

Ecco le cinque caratteristiche distintive degli allarmi morali che la studiosa ha definito:

  • Gli allarmi morali si verificano quando i media trasformano un evento tutto sommato ordinario e lo presentano come straordinario
  • I media, in particolare, mettono in moto una spirale di amplificazione della devianza, attraverso la quale i soggetti dell’allarme sono visti come una fonte di declino morale e disgregazione sociale
  • Gli allarmi morali chiariscono i confini morali della società in cui si verificano
  • Gli allarmi morali si manifestano durante periodi di rapido cambiamento sociale e ansia
  • I giovani sono il bersaglio usuale degli allarmi morali, il loro comportamento è considerato un barometro per valutare la salute o la malattia di una società

I diversi approcci al tema del moral panic hanno in comune un elemento: tutti sottolineano l’importanza dei media, della percezione pubblica e dell’esagerazione nella creazione dei panici morali.

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Il ruolo amplificato dei media negli allarmi morali

Quando parliamo di panico morale, occorre tenere presente che le ansie e le preoccupazioni delle persone possono assumere una forma pubblica soltanto attraverso i media: siano essi mass media, social media o personal media con propagazione interpersonale delle notizie.

Detto questo, ci sono elementi chiave evidenti in qualsiasi panico morale. 

Il panico morale riflette le ansie e le preoccupazioni sociali riguardo a un comportamento visto come una sorta di morale minaccia.

Le preoccupazioni vengono quindi esagerate, sia per quanto riguarda la scala che la frequenza.

Il panico morale riflette la preoccupazione per una (vera o presunta) minaccia ai valori tradizionali. Esso vede, poi, la presenza di gruppi di “imprenditori morali”, che riformulano il particolare problema con soluzioni per loro favorevoli.

È importante essere consapevoli che i panici morali non sono forme mitiche, frutto di mera fantasia e inventiva. Essi sono piuttosto il risultato di comportamenti ed eventi reali. 

L’analisi del panico morale spesso si concentra sull’osservazione della distorsione e dell’esagerazione nella presentazione dell’allarme morale stesso.

Tant’è che l’idea di panico morale si basa sul fatto che si tratti di una reazione sproporzionata a un particolare comportamento ed evento.

Come commentano Goode e Ben-Yehuda (1994), “il concetto di panico morale si basa su sproporzionalità”.

Tuttavia, e in relazione a questa nozione di sproporzionalità, possono esserci occasioni in cui la reazione a un particolare comportamento criminale può essere ben giustificata. Si pensi, ad esempio, a casi pedofilia oppure al tema dei femminicidi (e della violenza sulle donne).

MEDIA E ALLARME SOCIALE

Nel riflettere sul ruolo dei media nel fenomeno del panico morale, è importante tener presente alcune caratteristiche della comunicazione sociale.

  • Diffusione rapida e capillare. Le notizie, le opinioni e le emozioni si diffondono a una velocità senza precedenti grazie ai social media. Un evento, anche minore, può diventare virale in pochissimo tempo, alimentando l’allarme e la paura.
  • Polarizzazione e creazione di echo chambers. Gli algoritmi dei social media tendono a mostrare agli utenti contenuti che confermano le loro opinioni preesistenti, creando delle “camere dell’eco” in cui le informazioni vengono filtrate e amplificate in modo distorto. Questo fenomeno contribuisce a polarizzare le opinioni e a radicalizzare le posizioni.
  • Sensazionalismo e semplificazioni. Per catturare l’attenzione degli utenti, i media spesso ricorrono a titoli sensazionalistici e a semplificazioni eccessive, esagerando i pericoli e le minacce
  • Diffusione di fake news. La velocità con cui circolano le informazioni online facilita la diffusione di notizie false o distorte, che possono alimentare il panico senza giustificazione alcuna.
  • Mobilitazione e azione diretta. I social media permettono di organizzare rapidamente proteste e mobilitazioni, anche in risposta a percezioni di minaccia o di ingiustizia. Questo può portare a reazioni eccessive e a forme di giustizia sommaria.

Ecco  di seguito alcuni esempi di panici morali alimentati dai social media. E di cui abbiamo avuto esperienza diretta:

  • Pandemie. Durante la pandemia di COVID-19, i social media hanno amplificato le paure e le incertezze, diffondendo teorie del complotto e notizie false sulle origini e le conseguenze del virus.
  • Crimini. Casi di violenza o di reati, anche isolati, possono essere amplificati dai social media, creando un’impressione di insicurezza diffusa e alimentando la paura del crimine.
  • Gruppi minoritari. I social media possono essere utilizzati per diffondere stereotipi negativi e discorsi d’odio nei confronti di gruppi minoritari, contribuendo a creare un clima di intolleranza e di discriminazione.

Media - Teoria Ipodermica - Photo Davide-Ragusa-gcDwzUGuUoI-Unsplash

Come difendersi dal panico morale

La domanda che ci poniamo, in questo viaggio nel territorio degli allarmi morali, è su come possiamo difenderci dai panici morali.

Ecco, di seguito, alcune indicazioni tratte dall’esperienza che ho maturato come giornalista e dalla saggistica scientifica.

  • Verificare le fonti. Prima di condividere un’informazione, è fondamentale verificare la sua attendibilità attraverso fonti “multiple” e autorevoli.
  • Essere critici. È importante sviluppare un pensiero critico e non accettare passivamente le informazioni che ci vengono proposte.
  • Promuovere il dialogo. Il dialogo costruttivo e il confronto di idee sono fondamentali per superare le polarizzazioni; e per costruire una società più informata e consapevole.
  • Educare all’uso dei social media. È importante educare le persone, soprattutto i più giovani, a un uso consapevole e critico dei social media.

Approdiamo così a un punto cruciale: quello dell’educazione ai media, la media education (o media literacy, per dirla all’americana).

Mass media, personal media e social media sono strumenti potenti che possono essere utilizzati sia con effetti positivi, che con influenze negative sulle nostre vite di persone e di comunità.

Possiamo scegliere la scienza, il pensiero critico e l’informazione verificata, rigettando le teorie senza fondamento, gli allarmismi che a nulla portano se non alla paura, le manipolazioni fatte ai danni di tutti noi.

È allora fondamentale essere consapevoli dei rischi legati alla diffusione di informazioni false e all’amplificazione delle paure. Solo in questo modo possiamo agire con azioni responsabili per contrastare i panici morali.

Maurizio Corte
Agenzia Corte&Media
(crimine, giustizia e media: articolo 6 – segue)