Analisi su uno dei cold case più misteriosi d’Italia: sospetti, piste e segreti dal 7 agosto 1990 a oggi.
Via Carlo Poma 2 è uno dei teatri di sangue più famosi dei cold case italiani. Sulla signorile via romana, all’interno di un elegante palazzo del quartiere Prati a Roma, il 7 agosto 1990 venne uccisa Simonetta Cesaroni, una giovane segretaria di soli 20 anni.
Dopo decenni di indagini, processi e tre grandi sospettati, è stato sciolto ben poco di questa nera matassa.
Tuttavia, questo caso non è celebre solo per essere un insoluto caso di cronaca nera, ma anche per i suoi fitti misteri, che si sono intrecciati ai segreti della capitale, tra errori e segreti.
I COLD CASE ROMANI
Nel caso di Via Poma, i segreti del delitto si sono ormai confusi sotto le diverse anime della città eterna — come spesso accade a Roma — tra criminalità, servizi segreti e potere.
Il caso di Simonetta Cesaroni presenta inoltre un’altra particolarità: l’evidente distanza tra il luogo della vita quotidiana della ragazza e quello della sua tragica morte, una distanza che è sia geografica sia sociale.
Tutti questi elementi avvicinano il caso ad altri oscuri ed insoluti episodi della capitale, come la scomparsa di Emanuela Orlandi o l’Affare Montesi.
DUBBI E CONTROVERSIE DELLE INDAGINI
Dal 1990 ad oggi, le indagini sul caso di Simonetta Cesaroni hanno evidenziato errori e controversie.
A partire dai sospetti sui tre grandi nomi di questo caso di cronaca nera: Pietrino Vanacore, Federico Valle e Raniero Busco. Sospetti formulati senza in realtà delle prove concrete in mano.
Infatti, spesso in questo delitto le prove scientifiche e investigative sono apparse inconcludenti o contestabili, come:
- i presunti indizi interpretati in modo soggettivo;
- le testimonianze incerte e contraddittorie tra di loro nel tempo;
- la mancanza di esami scientifici necessari.
Questi sono solo alcuni dei fattori che hanno reso il delitto di Via Poma un simbolo dell’ingiustizia investigativa e processuale in Italia.
Il delitto di Via Poma: il giorno del delitto
Per comprendere appieno le dinamiche del delitto di Via Poma, è necessario esaminare con attenzione le ore del 7 agosto 1990: dall’uscita di casa di Simonetta Cesaroni, alla sua scomparsa, fino al ritrovamento del corpo.
Il giornalista Giacomo Galanti ha condotto un’analisi dettagliata di questo lasso di tempo, nel podcast Le ombre di Via Poma.
Di seguito sono riportati i passaggi più significativi di questa narrazione, supportati anche dall’ottimo lavoro di giornalismo investigativo di Galanti.
SIMONETTA CESARONI
Simonetta Cesaroni nasce il 5 novembre 1969.
Al tempo del delitto è una giovane donna di quasi 20 anni che vive con il papà Claudio, la mamma Anna Di Giambattista e la sorella maggiore Paola, nel quartiere Don Bosco, nella periferia est di Roma, vicino a Cinecittà.
Nel gennaio 1990, Simonetta inizia un lavoro come segretaria presso la Reli Sas, uno studio contabile e commerciale situato in zona Casilina, non lontano da casa sua.
Inoltre, da circa due mesi, il lavoro di Simonetta prevede due giorni alla settimana — il martedì e il giovedì pomeriggio — da un cliente dello studio, l’A.I.A.G. (l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù).
LA MATTINA DEL 7 AGOSTO
Come di consueto, la mattina di martedì 7 agosto 1990, Simonetta lavora alla Reli Sas. Poi, durante la pausa pranzo, torna a casa per mangiare, come riporta la madre.
Subito dopo, prima di uscire per andare a lavorare all’A.I.A.G., la ragazza risponde ad una telefonata di un interlocutore sconosciuto. È la madre a ricordare questo dettaglio durante i processi.
A tal proposito, durante le indagini, gli inquirenti escludono che la chiamata di quel giorno parta dalla cerchia di amici di Simonetta. Tuttavia, rimane solo un’ipotesi, che lascia aperta la questione sull’identità del chiamante.
Dopo la lunga telefonata, Simonetta finisce di prepararsi, per poi spostarsi in via Poma 2, negli uffici dell’A.I.A.G. Il suo orario di lavoro prevede tre ore e mezza di lavoro: dalle 15:30 alle 19:00.
Di solito la ragazza si reca in ufficio con la sua auto, tuttavia quel giorno la vettura presenta qualche problema. Per questo motivo, la ventenne chiede alla sorella di accompagnarla alla metropolitana.
Paola Cesaroni porta quindi la sorella alla stazione di Subaugusta ed è questo l’ultimo momento certo in cui qualcuno vede Simonetta viva.
IL RITARDO DA LAVORO
Secondo la famiglia, Simonetta era una ragazza metodica, che era solita avvisare in caso di ritardi o problemi di ogni tipo.
Per questo motivo, il 7 agosto, un ritardo della ragazza di appena mezz’ora allarma subito la madre.
Ciò nonostante, come si può leggere nel documento XXIII della Commissione Parlamentare del 2022, la famiglia inizia le proprie ricerche solo intorno alle 21.30.
Per tranquillizzare la madre, infatti, Paola Cesaroni decide di cercare Simonetta — accompagnata dal fidanzato Antonio Barone — iniziando dal datore di lavoro della sorella: Salvatore Volponi.
Come primo passo, Paola tenta di chiamare Volponi, trovando però sempre occupato. Così, la ragazza decide di andare a casa dell’uomo.
L’ARRIVO A CASA DI SALVATORE VOLPONI
Salvatore Volponi dice a Paola Cesaroni e Antonio Barone di non sapere nulla riguardo al ritardo della sua dipendente.
Anche perché lo stesso Volponi era stato sorpreso da una mancanza della ragazza quel giorno, che non aveva rispettato una telefonata di lavoro, programmata per le 18.30.
A questo punto, la situazione può essere risolta solo contattando l’ufficio. Tuttavia, c’è un grande ostacolo: nessuno sembra conoscere il nome, l’indirizzo e il numero di telefono del luogo di lavoro di Simonetta. Nemmeno Salvatore Volponi.
A tal proposito, Volponi giustifica la sua estraneità rispetto al suo stesso cliente, spiegando che era il suo socio Ermanno Bizzocchi a occuparsene.
Si tenta quindi di contattare Bizzocchi — in quel momento in vacanza — senza però nessun successo.
Nel frattempo passano molti minuti e solo dopo un considerevole lasso di tempo, Volponi ricorda che Simonetta lavora per gli Ostelli, e riesce così a risalire al numero di telefono e all’indirizzo dell’ufficio.
VIA CARLO POMA 2
Una volta trovato il numero di telefono, non ricevendo nessuna risposta, decidono di recarsi all’indirizzo individuato: Via Carlo Poma 2.
Quindi, Salvatore Volponi, suo figlio — nel frattempo tornato a casa — Paola Cesaroni e il fidanzato Antonello si dirigono verso l’indirizzo degli Ostelli.
Alle 23 circa, il gruppo arriva nel quartiere Prati e il figlio di Volponi decide di scavalcare il cancello esterno, per aprirlo.
A quel punto, secondo le testimonianze di Paola e Antonello, Volponi si incammina verso la guardiola della portineria.
Durante i processi, tra le varie testimonianze, emergono alcune contraddizioni sulle parole scambiate tra Volponi e la signora Giuseppa De Luca, la moglie del portiere, quella sera:
- la donna dice di aver riconosciuto l’uomo — Salvatore Volponi — perché egli si recava al palazzo per le riunioni di lavoro;
- Volponi, invece, dice di non conoscerla, non essendo mai stato lì, e di averle solo spiegato la spiacevole situazione.
IL RITROVAMENTO DEL CADAVERE
Dopo aver parlato con Giuseppa De Luca, e lo scorrere di ulteriori ingiustificati minuti, la signora esce con il figlio e le chiavi, per accompagnare tutti al terzo piano, nell’appartamento 7.
Una volta arrivati al piano giusto, la signora Giuseppa apre la porta degli uffici, che era chiusa a chiave con quattro mandate: davanti a loro si presenta un corridoio con quattro stanze. Tutto è avvolto nel buio.
Volponi inizia quindi a perlustrare l’appartamento 7. Una volta arrivato verso il fondo, trova sulla destra una porta aperta: all’interno giace senza vita Simonetta, brutalmente assassinata. Sono le 23.30 circa.
Subito dopo escono tutti dall’ufficio, per chiamare la polizia. Dietro di loro la signora De Luca chiude la porta con quattro giri di chiave.
L’ARRIVO DELLA POLIZIA
La polizia arriva con una massiccia presenza e qualche nome di rilievo:
- Sergio Costa, funzionario del S.I.S.De — un servizio segreto — e genero del capo della polizia Parisi. Secondo alcune fonti della polizia, Costa era di servizio al 113 quella notte, ma il suo nome non è mai comparso nei rapporti delle varie volanti.
- Il magistrato di turno Pietro Maria Catalani.
- Antonio Del Greco, per la squadra mobile di Roma.
A quel punto gli inquirenti devono capire cosa è successo a Simonetta Cesaroni. Chi l’ha uccisa? E chi è presente nel palazzo? Queste domande segnano l’inizio delle indagini.
La scena del crimine: autopsia e scientifica
Simonetta Cesaroni viene trovata nello studio del direttore dell’ufficio. La stanza numero 1 non ha nulla fuori posto, a parte il corpo della giovane vittima.
Tutto sembra infatti pulito, in ordine, senza macchia. Ad occhio nudo, non vengono quindi trovati segni di trascinamento o schizzi di sangue, se non un alone rosso dal capo fino alle spalle di Simonetta.
Questa compostezza della scena del crimine disegna un’ipotesi nella mente di tutti: qualcuno ha ripulito l’ufficio.
INDIZI
Grazie al lavoro della scientifica, vengono trovati alcuni indizi, di cui tre tracce più rilevanti:
- uno schizzo di sangue all’esterno della porta dell’ufficio dove era presente il corpo;
- uno sbaffo all’interno della stessa porta;
- alcune piccole macchie di sangue sul telefono nella stanza numero 3.
Gli esperti non collegano queste tracce a Simonetta, in quanto tutte di gruppo A, mentre la vittima era di gruppo 0.
Inoltre, le analisi delle tracce di sangue rivelano di appartenere con alta probabilità a un soggetto di sesso maschile.
IL FURTO E I VESTITI: UNA MESSINSCENA
Gli inquirenti, oltre a rilevare una scena del crimine all’apparenza ripulita, notano la mancanza di alcuni oggetti della vittima: le chiavi dell’ufficio, i vestiti e alcuni gioielli.
Questa scena, quindi, appare presto come un tentativo di depistaggio delle indagini, attraverso la maldestra simulazione di un furto. Difficile infatti pensare ad un furto, vista l’efferatezza del crimine e l’esiguità degli oggetti mancanti.
Inoltre, gli inquirenti non trovano segni di scasso sulla porta. Gli scenari che si aprono a questo punto sono quindi tre:
- Simonetta conosceva il suo assassino e gli aveva aperto la porta;
- il colpevole era entrato da solo con delle chiavi; infatti è probabile che Simonetta si fosse chiusa a chiave per le raccomandazioni fatte dal suo tutor;
- l’assassino si trovava già nell’ufficio.
L’AUTOPSIA: IL DOTTOR OZREM CARELLA PRADA
Al rinvenimento del cadavere, il corpo di Simonetta presenta il reggiseno abbassato sui seni, il corpetto sul ventre e i calzini sui piedi. Gli altri vestiti, invece, sono stati portati via.
Secondo il medico legale Ozrem Carella Prada, che ha condotto il sopralluogo e l’autopsia:
- È molto probabile che l’assassino abbia colpito il viso di Simonetta in modo violento, da sinistra verso destra, visto il livido tra la fronte e l’occhio destro; secondo la ricostruzione, il colpo l’ha fatta cadere a terra e, con alta probabilità, perdere i sensi.
- Gli altri lividi indicano che l’assassino sia salito a cavalcioni sulla vittima, premendole sui fianchi, per infliggere le 29 coltellate.
- Le coltellate sono suddivise in tre gruppi: orbite, addome/torace e pube.
- Non vengono trovati fili o altre tracce di indumento nelle ferite, suggerendo che Simonetta fosse già nuda quando venne colpita.
- L’arma del delitto indicata è un’arma bianca, compatibile con un tagliacarte: per forma, tipo e grandezza delle ferite da punta e pressione.
Di fronte a questo quadro autoptico, nonostante l’esame non rilevi segni di violenza sessuale, il medico suggerisce un probabile omicidio a sfondo sessuale.
L’ipotesi di un omicidio a sfondo sessuale è supportata ancora oggi da molti esperti, tra cui la criminologa Roberta Bruzzone.
L’ORARIO DI MORTE
Il deputato Morassut — nella Proposta di inchiesta Parlamentare del 2022 — ha indicato l’incerta e ampia finestra temporale dell’omicidio, come uno degli ostacoli principali nel giungere a una verità sul caso.
Infatti, «l’autopsia ipotizzò un lasso di tempo molto ampio per l’ora della morte, ovvero tra le sette e le dodici ore antecedenti al sopralluogo delle ore 2.00 dell’8 agosto».
In un secondo momento, altre «considerazioni hanno portato a ipotizzare che la morte di Simonetta Cesaroni» sia avvenuta tra le ore 16.00 e le 19.00.
Tuttavia, nel 1990 gli inquirenti hanno controllato la maggior parte degli alibi in base all’orario scelto nella prima fase delle indagini: tra le 17.35 (quando forse Simonetta fa due telefonate ad una collega) e le 23.30 (ora del ritrovamento), come riporta Il Corriere della Sera.
Questo intervallo temporale, sebbene più ristretto, implica alcuni problemi; infatti, è viene scelto dagli inquirenti:
- basandosi su un evento opinabile, ovvero la telefonata di Simonetta alla collega Berrettini, che non ha mai visto la ragazza di persona;
- senza un riscontro scientifico concreto, in quanto l’autopsia non ha mai indagato a fondo sull’aspetto.
Infatti, secondo quanto riportato nella Proposta di inchiesta Parlamentare, durante l’autopsia non sono stati effettuati importanti esami per individuare l’orario di morte. Per esempio, il medico legale non ha svolto alcuni esami istologici e istochimici, e la misurazione della temperatura corporea.
Le indagini del delitto di Via Poma: tra sospetti e mancanze
Le indagini sul Caso di Via Poma si scontrano fin da subito con un muro di silenzio.
Ancora oggi, esperti come i giornalisti Emilio Radice e Igor Patrulio, sono convinti che molti testimoni abbiano mentito in modo intenzionale. Per coprire qualcuno, se stessi o perfino per non sminuire il loro status sociale.
Attorno a questo mercato di omertà, si sommano numerosi errori e lacune nelle indagini.
Indagini che ruotarono intorno a tre nomi: Pietrino Vanacore, Federico Valle e Raniero Busco.
PIETRINO VANACORE 1/2
Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo di Via Poma, viene fermato il 10 agosto, solo due giorni dopo l’omicidio di Simonetta Cesaroni.
Gli inquirenti prima ipotizzano che il colpevole sia una persona interna all’ambiente di Via Poma, e subito dopo arrivano al portiere della scala B.
In particolare, durante le prime ore di indagine, con il supporto dei dati dell’autopsia e della scena del delitto:
- Vengono trovate delle macchie di sangue su un paio di pantaloni del portiere.
- Nessuno il 7 agosto vede entrare qualcuno nella scala B, a parte Simonetta e l’ottantottenne Cesare Valle.
Inoltre, l’alibi di Vanacore presenta un vuoto dalle 17:30 alle 18:30, l’orario stimato dell’omicidio. Dalle testimonianze, infatti, emerge che:
- Vanacore non si trova con gli altri portieri nel cortile in quella fascia oraria.
- Si reca — come quasi ogni sera — dall’inquilino Cesare Valle, ma solo dalle ore 23, secondo l’anziano architetto.
Dopo 26 giorni di carcere, Vanacore viene rilasciato — nonostante i sospetti — e infine prosciolto, in quanto:
- Il suo gruppo sanguigno è di tipo 0 e il sangue trovato nella stanza è di tipo A.
- I vestiti che indossava da tre giorni, sebbene sporchi, non presentavano tracce del sangue di Simonetta.
PIETRINO VANACORE 2/2
Ciò nonostante, le persone non si sono mai convinte del tutto della sua innocenza. E nemmeno gli inquirenti:
- Nel 1992, durante le indagini su Federico Valle, gli inquirenti accusano di nuovo il portiere, questo volta di favoreggiamento.
- Nel 1995, la Corte Suprema di Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello, e non procedono con il rinvio a giudizio per l’accusa di favoreggiamento.
- Nel 2010, nell’ambito del processo a Raniero Busco, il portiere avrebbe dovuto deporre al processo. Tuttavia, alla vigilia del suo rientro a Roma, Pietrino Vanacore — stremato dagli anni di sospetti — si suicida.
FEDERICO VALLE 1/2
Nell’aprile del 1992, l’interesse mediatico si riaccende.
Questa volta, gli inquirenti si concentrano su Federico Valle, coetaneo di Simonetta, nipote dell’architetto del palazzo (Cesare) e figlio di un avvocato con uno studio nello stesso edificio (Raniero).
All’epoca dei fatti, Federico soffre di depressione e anoressia a causa del divorzio dei genitori. E gli inquirenti usano questo difficile quadro psicologico come fonte del movente.
Secondo l’ipotesi, Valle uccide la ragazza per vendetta, credendo Simonetta l’amante del padre.
Ma come si arriva a Federico Valle? La risposta coinvolge una serie di eventi improbabili: guasti telefonici inesistenti, truffe e testimonianze poco logiche. E, soprattutto, il truffatore austriaco Roland Voller.
FEDERICO VALLE 2/2
Nel marzo 1992, Voller fa una strana testimonianza che mette Valle nell’occhio degli inquirenti: nel 1990, durante una telefonata da una cabina, a causa di un malfunzionamento, l’uomo viene messo in contatto con Giuliana Ferrara, ex moglie di Raniero Valle.
Da questa telefonata inizia un’ipotetica e bizzarra amicizia telefonica. Finché il 7 agosto 1990, Giuliana spiattella a Voller, che il figlio era tornato a casa sporco di sangue e con un taglio alla mano.
Nonostante la mancanza di prove concrete e la negazione della Ferrara, la Procura insiste. E procede con l’assurda versione di Voller. Solo tempo dopo, e dopo un consistente stress, gli esami scientifici e gli alibi forniscono elementi a favore dell’innocenza di Valle.
Il 16 giugno 1993, Federico Valle viene quindi prosciolto per non aver commesso il fatto, e Vanacore — nel frattempo accusato di favoreggiamento — viene assolto.
A questo punto, occorre ripartire di nuovo da zero.

RANIERO BUSCO
Nel settembre 2007, i giornali riportano alcuni colpi di scena su Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta Cesaroni: secondo l’ipotesi del pubblico ministero, Busco è l’assassino della ventenne, che ha ucciso a seguito di un rifiuto sessuale.
Questa terza pista, in realtà, inizia con una scoperta dell’avvocato Molinari, legale della famiglia Cesaroni, su alcune prove del delitto.
Con delle nuove analisi scientifiche, infatti, si dimostra la presenza di DNA di Busco sul reggiseno e il corpetto della vittima, rimasti in un’armadietto dell’Università della Sapienza per quasi 20 anni. Secondo gli esperti, il DNA proviene dalla saliva di Busco, forse rilasciata sul capezzolo sinistro.
A tal proposito, il dottor Prada indica nel 1990 due piccole lesioni sul capezzolo sinistro, definendole — con un parere soggettivo — simili ad un morso.
Invece, durante il processo a Busco, i periti vanno ben oltre la soggettività del medico legale. Infatti, dichiarano che le tracce trovate sul capezzolo della vittima possano essere perfino sovrapposte all’arcata dentale inferiore di Busco.
Dopo vent’anni di indagini, nel 2010 Raniero Busco viene quindi processato e condannato in primo grado, per l’omicidio della ragazza.
RANIERO BUSCO: LE PROVE CHE LO ASSOLVONO
Tuttavia, le presunte scoperte scientifiche che incastrano Raniero Busco comportano dei problemi:
- Gli esperti associano il morso ai denti di Busco tramite dei filmati del 1990.
- I periti elevano il parere soggettivo del medico legale, ad un dato oggettivo, come sottolinea anche il perito della Corte d’Appello, Cipolla D’Abruzzo.
- Sempre secondo D’Abruzzo, non si può concludere con sicurezza che le lesioni siano ferite da morso né tantomeno identificarne l’autore.
- Infine, anche se il DNA di Busco è presente, non si può determinare con certezza la natura del fluido e il momento del deposito sul corpo della vittima.
Alla fine, quindi, come le due piste precedenti, anche questa cade nel nulla. Busco viene infatti assolto in Appello e in Cassazione.
L’ultima riapertura del caso di Via Poma: i misteri dell’ufficio dal 1990 ad oggi
In via Carlo Poma 2 si nascondono molti segreti. Nelle pareti dell’Ufficio degli Ostelli A.I.A.G. per molti si cela la verità sull’omicidio di Simonetta Cesaroni.
A oltre trent’anni di distanza, nel 2022, giornalisti e inquirenti sono tornati propria in Via Poma, con l’ennesima riapertura del cold case. L’attenzione investigativa si è focalizzata sull’ufficio, grazie anche a un’inchiesta del 1996 che per prima ha cercato di fare chiarezza sui sinistri misteri dell’A.I.A.G.
Il nostro blog ha approfondito con un articolo i misteri che avvolgono l’ufficio degli Ostelli, ripercorrendo i segreti emersi con la riapertura del 2022. Tra i principali elementi messi in luce troviamo:
- Il ruolo di Simonetta e la struttura dell’ufficio: un contesto ancora poco chiaro in cui si inseriscono dinamiche lavorative opache.
- La scomparsa di prove dall’ufficio, che hanno alimentato molti sospetti sui dipendenti dell’A.I.A.G.
- Il documento che mette in dubbio l’alibi del Presidente dell’Ufficio degli Ostelli, l’avvocato Caracciolo di Sarno. Oltre alla testimonianza della portiera dell’uomo nel 2005, che ha rivelato dettagli controversi.
- La figura di Mario Macinati, il tuttofare di Caracciolo di Sarno, in relazione a due chiamate del 7 agosto.
- Il foglio presenze del giorno del delitto, ritrovato dopo anni.
Il delitto di Via Poma: impatto e considerazioni
Il nome dell’assassino è nelle carte. Claudio Cesaroni ha ripetuto questa frase per anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 2005.
Ed è probabile che ci sia almeno qualcuno a conoscenza di nomi, informazioni e ricordi nascosti, che possano quantomeno avvicinare gli inquirenti alla verità.
Una verità che è stata negata alla famiglia Cesaroni per decenni, facendola vivere, come dichiarato da Paola Cesaroni, in un continuo e perpetuo 1990.
Parte della colpa risiede — come si può vedere anche nel caso Sutter-Bozano — negli errori e nelle mancanze delle indagini.
Per questo motivo, questo cold case ha avuto e continua ad avere un impatto doloroso nella storia della cronaca nera italiana, rappresentando le gravi insufficienze investigative e giudiziarie.
Tuttavia, nel caso Cesaroni è presente anche una condivisa volontà di silenzio.
Insomma, un caso di cronaca che risuona ancora oggi nelle case degli italiani, nascondendo allo stesso tempo misteri e silenzi di chi, pur sapendo qualcosa, ha deciso di non parlare. A partire dall’ufficio di Via Carlo Poma 2.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 21.07.2024
- Sul caso di Simonetta Cesaroni puoi anche leggere: Delitto di via Poma. Dieci misteri secondari
- Il delitto di Via Poma: i misteri dell’ufficio, fino all’ultima riapertura del caso
Simonetta Cesaroni. Il video di OnePodcast
Il podcast “Indagini”: 7 agosto 1990
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.



