Su Netflix la perfetta metafora, sul filo dell’horror, di quanto sia stupido dividersi di fronte a un nemico invisibile.
Un gruppo di amici decide di organizzare l’addio al celibato di uno di loro, Roman. Lo fa in un modo particolare: con un’escursione in mezzo al bosco di una zona della Germania, fra torrentelli in cui tuffarsi nonostante si sia in autunno; e montagne su cui inerpicarsi per godere il panorama.
Niente bevute, niente spogliarelliste, insomma, per l’addio al celibato, nel film Prey, di Thomas Sieben, su Netflix da settembre 2021.
C’è solo una gita tranquilla, con zaino in spalla e un gruppo di cinque amici che vogliono svagarsi.
A un certo punto, però, il rumore dello sparo di un fucile rompe l’incantesimo. I cinque amici – della zona di Monaco di Baviera, stando alla targa del loro Suv – sentono stupiti quel rumore, chiedendosi se è zona di cacciatori quella in cui si trovano; e se è stagione di caccia.
La pallottola a ferire il braccio di uno di loro, in una scena successiva, li mette in allarme. E ci vuole poco per capire che c’è una sola caccia in corso: sono loro il bersaglio di un cecchino senza volto.
LA PAURA E IL GRUPPO DI “AMICI”
Di solito la paura e l’attacco dall’esterno dovrebbero creare uno spirito di gruppo. Le piccole rivalità, qualche sottile dominazione interpersonale, l’espressione di leadership senza visione strategica di alcuni di loro ci mostrano invece quanto quel gruppo di amici sia in pericolo.
Più degli spari è potente e nocivo il loro egoismo, la tendenza a primeggiare di qualcuno, la mancanza di visione strategica di qualche altro.
Recensione del film Prey
“La paura inizia a montare e Prey, come spesso capita in questo genere di film, si concentra sui personaggi, su questo gruppo di amici, la cui unità inizia a vacillare. Tutto si smembra un po’ alla volta, i cinque uomini, il corpo di ciascuno. Colpiti, feriti, alcuni pensano a lasciare indietro i più deboli, una sorta di mors tua vita mea“, scrive Eleonora Degrassi, nella recensione sul magazine online Cinematographe.
Condivisibile il giudizio di Cinematographe sul film: “Se interessante è l’idea iniziale, c’è più di qualcosa che non torna. Sarà che a tratti lo spettatore si sente non partecipe di questa corsa. Ma solo stanco di assistere alle tragedie di questi personaggi di cui sa pochissimo – la caratterizzazione è assai stereotipata -, che dicono poco, se non nulla, di sé e degli altri”.
Il critico Maurizio Encari, sul magazine online Evereye, così giudica il film: “Prey è un survival movie senza arte né parte, popolato da personaggi anonimi e insensati – a cominciare proprio dalla taciturna nemesi armata di fucile di precisione – che si muovono come pedine nella foresta in cui è ambientato l’intero racconto”.
Poi prosegue: “Peccato che il bosco questa volta non susciti alcuna paura o tensione e che il carisma del cast sia totalmente assente, impedendo di poter empatizzare con personaggi già caratterizzati al minimo. Il risultato è un film acerbo e totalmente superfluo, che ricicla situazioni viste e riviste senza mai tentar di dire qualcosa di nuovo”.
I giudizi dei critici, come si può vedere anche dal video qui sotto di recensione, sono insomma negativi. Anche il magazine specializzato Rottent Tomatoes giudica il film modesto.
Eppure, pur con i limiti evidenziati, il film Prey qualcosa ci aiuta a focalizzare. C’è un elemento – il mancato gioco di squadra – che emerge come tema interessante, alzandosi sopra il basso livello qualitativo del film come thriller-horror.
Quando manca il gioco di squadra, i nemici e i cecchini vincono
Il cecchino che ha preso di mira il futuro sposo Roman, il suo egoista fratello e gli altri tre amici bene simboleggia un pericolo che può toccare tutti noi.
Sia chiaro, fra l’altro, che siamo di fronte a un cecchino che nel film spara a casaccio. Non è un professionista del bersaglio, insomma. Colpisce un po’ alla cieca e forse senza motivo.
Senza voler attribuire significati che magari il regista e sceneggiatore della storia non voleva, il film Prey su Netflix può farci pensare che l’anonimo cecchino è un ottimo simbolo.
Cosa c’è di più “cecchino” di un virus incomprensibile come il Covid-19, piuttosto che un terrorista che colpisce senza motivo apparente; oppure l’attacco di un nemico che si cela dietro una finta fratellanza e amicizia?
Il tema del “nemico senza volto” è sempre affascinante. Ed è una componente delle nostre paure più diffuse, al pari di un male oscuro o di un terremoto che capita senza preavviso.
“PREY”: LA REAZIONE DI FRONTE ALLA PAURA
Chi sono i cinque amici – due di loro sono fratelli senza averne l’aria – che fanno l’escursione in montagna? È vero che non sono bene caratterizzati e che ci sono limiti di sceneggiatura; e limiti di scavo dei personaggi.
Tuttavia il messaggio, sin dall’inizio, risulta chiaro nel film. Quei cinque uomini NON sono un gruppo coeso, che si vuole bene; non sono un gruppo reduce da battaglie solidali e che ora vuole festeggiare un loro membro alla vigilia delle nozze.
La loro amicizia è tutta una finta. Vi sono piccoli giochi di potere, di supremazia. Il solito amico orientale fa la parte del debole e del pauroso, e lo si tollera e prende in giro come gli arroganti fanno sempre con i “diversi”.
Il fratello maggiore, imprenditore di successo, tiene per le palle il fratello buono, più giovane d’età, in tema di lavoro (e non solo). Arriva al punto di fargli rischiare una pallottola per voler recuperare il suo cellulare senza esporsi lui, in prima persona.
Viene da chiedersi se la scelta dell’escursione nel bosco sia proprio la spia di un gruppo che non c’è. Perché un gruppo vero sarebbe andato coeso a fare le goliardate tipiche dell’addio al celibato (e al nubilato).
Le divisioni e la nulla amicizia del gruppo dei cinque giovani maschi emergono appena ci si rende conto che sono sotto attacco.
Il gruppo – di fronte alla minaccia e alla paura – mostra i suoi limiti:
- mancanza di coesione di fronte all’attacco esterno;
- mancanza di leadership riconosciuta;
- manca di capacità d’essere leader;
- mancanza di autorevolezza da parte di qualcuno;
- mancanza di strategia nel reagire all’emergenza
Se riflettiamo su queste carenze del gruppo di amici del film Prey, ci rendiamo conto che sono le stesse lacune di una comunità divisa davanti a un virus, a un attacco terroristico, a una crisi economica o davanti a un terremoto catastrofico.
L’egoismo e i piccoli interessi di ciascuno prevalgono sull’interesse del gruppo; e quindi sui benefici che ogni persona può trarre dalla coesione.
FILM “PREY”: LO SBANDO DI UNA COMUNITÀ SENZA RELAZIONI
Il gruppo di amici del film Prey, insomma, è l’emblema dello sbando di una comunità senza relazioni, di un’azienda senza rotta e senza timoniere, di un’impresa che non sa quale direzione prendere.
Credo sia questo il tema che emerge dal film thriller-horror Prey, che tanto ha – con ragione – deluso i critici esperti e appassionati del genere.
Viene da pensare che il regista abbia utilizzato la formula del thriller per trasmettere una sua idea della società e la gente d’oggi. Di sicuro, poteva farlo in modo più accattivante; più efficace, pur con un budget ristretto.
Ai limiti di sceneggiatura, infatti si uniscono quelli della mancanza di coesione degli attori che entrano in scena.
Forse anche questo contribuisce al copione e al messaggio – chiaro – che se non si è gruppo, non si ha una leadership e non si possiede una strategia, un qualsiasi cecchino, peraltro dalla mira da dilettante, può sbaragliarci tutti.
Per queste riflessioni che, sin dalle prime scene mi ha suscitato il film tedesco Prey su Netflix da settembre 2021, considero che la sua visione meriti – senza aspettarsi un capolavoro – la nostra disponibilità.
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Maurizio Corte
corte.media
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Sono un giornalista, scrittore e media analyst irriverente. Insegno Comunicazione Interculturale, Giornalismo e Multimedialità all’Università di Verona. Ti aiuto a capire i media e la comunicazione per poterli usare con efficacia e profitto. Come? Con il pensiero critico, la comunicazione autentica e l’approccio umanistico applicati al mondo del crimine e della giustizia. Iscriviti alla newsletter Crime Window & Media. Per contattarmi: direttore@ilbiondino.org