Due psicologhe aprono le porte dei loro studi per capire gli uomini autori di violenza di genere.
Delia, Aneta, Aurora. Sono solo tre nomi tra le oltre trenta vittime di femminicidio registrate in Italia nel 2024. Un triste bilancio, che non si discosta molto dalle drammatiche statistiche globali sulla violenza contro le donne.
A livello mondiale, infatti, la situazione è altrettanto allarmante: una donna su tre subisce almeno una forma di violenza per mano di un uomo nel corso della sua vita.
Gli arsenali scagliati contro i corpi femminili non si limitano solo a strumenti fisici — come oggetti contundenti, pugni o persino i corpi stessi degli aggressori.
Esistono anche armi più subdole e invisibili, ma altrettanto devastanti: la violenza psicologica, che manipola la mente; quella verbale, capace di ferire l’anima; e quella economica, spesso alla radice delle altre forme di sopraffazione.
WEBINAR. VIOLENZA CONTRO LE DONNE: COME STANNO CAMBIANDO GLI UOMINI
Organizzato in collaborazione con il Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona (CSI), l’associazione Psicologo di Strada, l’associazione culturale ProsMedia e la biblioteca comunale di Mezzane di Sotto, il webinar del 20 novembre 2024 ha affrontato un tema tanto complesso quanto urgente: la violenza di genere.
L’approccio proposto dai relatori, però, si distingue per l’originalità accademica.
Laura Baccaro — psicologa giuridica, criminologa e mediatrice familiare — e Amalia Prunotto — psicoterapeuta e sessuologa — hanno infatti offerto uno spaccato inedito, aprendo le porte dei loro studi. Qui, ogni giorno, le esperte affrontano percorsi di riabilitazione di uomini autori di violenza di genere.
Attraverso la loro esperienza, le psicologhe hanno quindi mostrato lo stato attuale del fenomeno, analizzando la figura maschile nella società moderna: dai passi avanti compiuti, a ciò che rimane ancora da cambiare.
Un ambito su cui lavorare è infatti quello dei pregiudizi che nutrono la società patriarcale, protetta da un’armatura ideologica difficile da scalfire.
Violenza di genere: il fenomeno spiegato dalle psicologhe
Mentre negli ultimi vent’anni il numero totale di omicidi in Italia è diminuito, i femminicidi sono rimasti costanti, diventando una fetta sempre più consistente dei delitti complessivi.
Come evidenziato da un video dettagliato di Will Media — una piccola “Bibbia” per chi vuole comprendere il fenomeno — il 31,5% delle donne italiane ha subito violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita.
Nel 62% dei casi, inoltre, gli autori degli stupri sono partner o ex partner. Un dato significativo, che dimostra come la violenza si consumi perlopiù dentro le mura domestiche e non per strada.
Questo ultimo dato contrasta con una certa narrazione politica, che invece si ostina a puntare il dito sugli immigrati, per portare avanti le proprie ideologie.
MANCANZA DI AZIONI PREVENTIVE
Alla base del problema c’è un nodo strutturale: la mancanza di azioni preventive per contrastare la violenza contro le donne.
Nonostante l’introduzione del Codice Rosso e l’inasprimento delle pene per reati come stalking e maltrattamenti, le misure attuali si limitano infatti ad intervenire solo dopo che il reato è stato commesso.
Le istituzioni italiane non si sono quindi ancora impegnate per affrontare appieno le radici culturali del problema, attraverso leggi e programmi educativi capillari.
Ad esempio, a differenza di molti altri paesi europei, in Italia manca un programma obbligatorio di educazione sessuale nelle scuole.
Un passo pedagogico invece cruciale, che potrebbe promuovere una nuova società, con il rispetto alla base di ogni relazione affettiva. Oggi, invece, gelosia, possessione e violenza spesso hanno ancora la meglio, intossicando anche molte giovani coppie.
PERCORSI RIABILITATIVI E VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Dal 2019 il Codice Rosso obbliga gli autori di reati come violenza sessuale, stalking o maltrattamenti a intraprendere percorsi psicologici e educativi.
Questi programmi — spesso di lunga durata (oltre i nove mesi) — mirano a rieducare gli autori, attraverso:
- L’analisi delle dinamiche alla base dei comportamenti violenti.
- La promozione della consapevolezza sui diritti e sulla parità di genere.
- La consapevolezza della dignità umana, a prescindere dal genere.
«Non basta punire», ha dichiarato infatti Laura Baccaro. Serve «lavorare sul cambiamento» sociale e individuale per diminuire il fenomeno. Come? Sradicando le radici culturali che alimentano le relazioni affettive violente.
IL PATRIARCATO DANNEGGIA ANCHE GLI UOMINI
Amalia Prunotto ha affrontato il patriarcato da una prospettiva inusuale, spiegando quanto questo sistema imponga modelli rigidi e dannosi non solo alle donne, ma anche agli uomini.
L’idea di un uomo forte, insensibile e sempre pronto a rispondere alle aspettative sociali da “maschio alpha”, imprigiona infatti anche il genere maschile.
A volte tuttavia, sottolinea la psicologa, alcuni uomini iniziano «a riconoscere il disagio legato a questi stereotipi e cercano» per primi di mostrare le proprie fragilità. Per esempio, quando si accorgono del tempo perso con i figli, relegando la loro educazione alla propria compagna.
Ma questa consapevolezza non basta. Manca infatti «un movimento culturale organizzato per sostenere questo cambiamento».
In altre parole, un movimento capace di dare agli uomini il coraggio di superare gli stereotipi e di esplorare una mascolinità più autentica e umana. E, soprattutto, di liberarsi di ruoli soffocanti, che altro non sono se non un’inutile barriera d’acciaio contro il cambiamento sociale.
EDUCAZIONE ECONOMICA: LA CHIAVE PER IL CAMBIAMENTO
Un altro aspetto cruciale è la violenza economica. Solo il 58% delle donne in Italia ha accesso infatti ad un conto corrente personale, diventando prede di una forma di violenza subdola, che spesso passa per il ricatto.
Durante il webinar, è emerso quanto sia essenziale l’indipendenza economica proprio per rompere i legami tossici nelle relazioni, come ha osservato anche la giornalista Giuliana Corsino — moderatrice del webinar.
Avere infatti una propria autonomia patrimoniale permette di scappare con più facilità da un partner abusante.
Per questo motivo, educare all’empowerment economico sin dalla giovane età dovrebbe diventare una strategia imprescindibile per contrastare la violenza contro le donne.
LA RISPOSTA CULTURALE
In linea con la missione accademica del CSI, le soluzioni proposte durante il webinar hanno superato il semplice richiamo a protocolli legislativi e psicologici preventivi, strumenti comunque necessari e che in Italia risultano tuttora inadeguati — per usare un gentile eufemismo.
Le psicologhe, insieme al giornalista Maurizio Corte — docente del CSI e relatore della conferenza — hanno insistito sulla necessità di un cambiamento culturale profondo e radicale.
Per contrastare la violenza di genere non può quindi bastare un’azione superficiale. Serve costruire un cambiamento culturale, che possa rifondare la società su diritti e valori umani, come il rispetto della dignità altrui, l’eliminazione della violenza e la parità di genere.
DIALOGO INTERCULTURALE E PAZIENTE STRANIERO
In una società sempre più multiculturale, le psicologhe Baccaro e Prunotto si trovano spesso a lavorare con pazienti con origini straniere.
In questo contesto, è stato sottolineato dalle relatrici del webinar l’importanza di adottare un approccio interculturale, capace di rispettare e comprendere le diverse realtà.
A tal proposito, Margalit Cohen-Emerique — esperta di mediazione interculturale nella relazione medico-paziente — suggerisce che un intervento di questo tipo per essere efficace non dovrebbe mai imporre i propri valori ad altre culture.
Piuttosto, la relazione medico-paziente dovrebbe fondarsi su dialogo, rispetto, sensibilità e comprensione reciproca. Almeno in un primo momento della relazione d’aiuto.
Infatti, come evidenziato dal giornalista Maurizio Corte durante il webinar, un approccio interculturale non deve mai giustificare comportamenti violenti.
Il limite invalicabile di ogni comunicazione — anche quella tra psicologo e paziente — è quindi il rispetto delle regole di un paese. E soprattutto dei diritti umani universali.
Questo principio-guida impedisce che tradizioni o valori culturali possano diventare un pretesto per commettere abusi o discriminazioni.
PROGETTO IAPHP: APPROCCIO INTERCULTURALE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
Un esempio concreto di applicazione dell’approccio interculturale è rappresentato dal progetto europeo IAPHP (Intercultural Approach to Prevent Harmful Practices).
L’iniziativa ha l’obiettivo di formare professionisti — medici, psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali — per prevenire pratiche dannose (HP), nei confronti delle donne migranti e rifugiate.
Il programma formativo — tra i fondatori anche l’Unione Europea — si rivolge infatti ai professionisti di prima linea con due obiettivi principali:
- Diagnosi precoce, prevenzione e intervento, per garantire un’azione tempestiva contro i reati di genere — come mutilazioni genitali femminili, matrimoni precoci e forzati e crimini d’onore.
- Supporto agile e adeguato alle vittime di violenza di genere, per assicurare un intervento mirato e tempestivo.
Attraverso una formazione funzionale, il progetto mira infine a creare una rete di sostegno efficace e culturalmente consapevole, promuovendo il rispetto dei diritti universali per contrastare alla radice la violenza di genere.
Un messaggio di speranza: l’uomo nella società paritaria del futuro
Ridisegnare la figura maschile in una società paritaria non è un compito semplice.
Nonostante le criticità, il webinar sottolinea una nota positiva: il cambiamento è possibile. Perché avvenga, il cambiamento richiede un impegno congiunto a livello personale, culturale e legislativo.
Come sottolineato durante il webinar con Baccaro e Prunotto, infatti, per smantellare le fondamenta del patriarcato, bisogna innanzitutto eliminare le radici dei comportamenti violenti, dentro e fuori le relazioni. E, quindi, promuovere una nuova cultura.
L’educazione ai sentimenti gioca un ruolo cruciale in questo processo.
Programmi scolastici mirati dovrebbero essere resi obbligatori, per insegnare dall’adolescenza i valori positivi nelle relazioni. E per gettare quindi le basi per una sana affettività.
Il cambiamento poi passa dal quotidiano: dalla famiglia d’origine, alle relazioni future. Giorno per giorno.
La prevenzione, quindi, non può limitarsi a interventi sporadici o superficiali, spesso frutto di reazioni impulsive a tragici fatti mediatici.
La prevenzione deve diventare un impegno culturale costante e radicato, capace di scardinare realmente il sistema di pregiudizi e ferite su cui poggia la violenza di genere.
Contrastare il fenomeno si presenta così come un’opera di ricostruzione culturale, che possa liberare il terreno sociale dalle sostanze tossiche, per coltivare una terra nuova, irrigata con rispetto, educazione e sensibilità.
Solo così potremo vedere crescere fiori sani e forti, simbolo di una società giusta e paritaria, in cui le donne possano vivere libere da discriminazioni e abusi. E in cui la violenza di genere, contro le donne (e non solo le donne), non sia più un’emergenza.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 24.11.2024
Violenza contro le donne: il video di WillMedia
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


