Cinema e web: oltre il 41% degli italiani  che usa internet, vede i film in streaming. La Rete sostituisce così, sempre più, la visione dei film in sala.

I risultati sono evidenti: altre 500 sale cinematografiche chiuse. Ed è allarme per il settore del cinema in sala.

Nell’analisi sui consumi mediatici degli italiani fatta anche quest’anno dal Censis nel Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese, si evince che gli italiani
hanno incrementato di ben il 21,9% nel periodo 2015/2021 l’utilizzo di Internet per guardare film e del 2,8% nel solo biennio 2019-21 quello della pandemia.

Degli italiani che usano internet, il 41,4% lo usa per vedere film. È una percentuale elevata anche se in linea con i trend mondiali, che vedono da tempo uno svuotamento delle sale e l’incremento del consumo di audiovisivi dalle piattaforme Web.

Lo scrive il professor Mauro Masi, delegato italiano alla proprietà intellettuale e presidente della banca del Fucino, in un saggio pubblicato sul settimanale Milano Finanza.

Prima del Covid (anno 2019) in Italia la filiera cinematografica (produttori, distributori, industrie tecniche, esercenti, produttori di apparecchi cinematografici) generava un giro d’affari di circa 4 miliardi di euro.

Erano presenti oltre 2000 aziende in prevalenza di piccole dimensioni: il 97%
delle imprese è sotto i 10 milioni di fatturato).

Queste ultime hanno dimostrato peraltro una buona tenuta con una crescita
media dei ricavi tra il 3% e il 6% annuo dal 2013 al 2017. E una redditività piuttosto elevata.

Già prima della pandemia, il settore delle sale cinematografiche veniva indicato come l’anello debole della filiera: stava subendo in maniera molto incisiva la concorrenza di altri media.

“Ora la pandemia da Covid”, scrive ancora il professor Masi, “ha accelerato e migliorato l’alfabetizzazione digitale. E ha sicuramente accentuato (ma non causato) la crisi del cinema in sala”.

Film e cinema in sala - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media

Le ragioni della crisi del cinema in sala

La crisi del cinema in sala, secondo Masi, è dovuta ad altre ragioni quali l’inadeguatezza tecnologica della maggior parte delle sale nazionali. E un diverso modo di fruizione dello spettacolo cinematografico da parte delle generazioni più giovani.

Infatti grandissima parte del pubblico di età inferiore ai quarant’anni,
non solo non frequenta le sale cinematografiche ma è ormai abituata a fruire il “prodotto cinema” solo sui tablet, sui cellulari, sui computer e vari altri device.

Sono esclusi da questo nuovo uso dei media per vedere il cinema gli schermi televisivi, con un impatto negativo anche sui classici meccanismi del lancio pubblicitario.

Tale nuova situazione – dove sarà prevedibile una coesistenza dello sfruttamento dei film in sala con le piattaforme “streaming” – comporterà , secondo Masi, la necessità di un nuovo modello di business.

Occorreranno differenti strumenti finanziari, non essendo più possibile, come
per il passato, fare conto sugli incassi da box-office che costituivano una parte importante dei ricavi.

I nuovi strumenti finanziari dovranno essere non solo flessibili – osserva Masi –  ma
adeguati alla mutata catena del valore anche in termini temporali nell’arco di sfruttamento del prodotto cinema sui vari media.

“Resta poi ovviamente il tema della qualità, ma su questo l’industria italiana di settore mantiene una cifra elevata anche a livello internazionale”, conclude il professor Masi. “Lo dimostra anche la recente nomination del film di Sorrentino (È stata la mano di Dio, prodotto e distribuito da Netflix) agli Oscar del
prossimo marzo”.

Film al cinema - Guida alla programmazione dei film in sala - magazine ilbiondino.org - ProsMedia - Agenzia Corte&Media

Cinema e chiusura delle sale: il “Caso Italia”

Il cinema continua, così, a spostarsi dalle sale cinematografiche alla Rete. 

Sul cinema c’è peraltro un Caso Italia: in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna e nel resto d’Europa finiti i tempi del lockdown e delle restrizioni più pesanti il pubblico è tornato a vedere i film in sala.

In Italia non sta accadendo. Incassi crollati, sale vuote o addirittura con le saracinesche abbassate.

Mancano all’appello – dai dati Cinetel che monitorano il mercato italiano – ben 500 schermi su i circa 3600 che abbiamo, riferiti a 1300 strutture.

“Andiamo verso un drammatico -20%. Se non si prendono provvedimenti presto l’esercizio è a rischio e pure il settore “, dice il presidente dell’Anec, Mario Lorini che rappresenta gli esercenti.

“Sono urgenti iniziative strutturali di sostegno, prima fra tutte la definizione ‘dinamica’ della finestra tra la distribuzione in sala e sulle piattaforme, 90 giorni potrebbe essere un primo fondamentale passo e poi c’è bisogno di una road map certa e condivisa sui passi da fare per cambiare rotta”, aggiunge Lorini.

I dati parlano chiaro: gli incassi del cinema e le presenze hanno avuto una flessione nel 2021 rispetto agli ultimi anni pre- pandemici.

Si è perso oltre il 70%, in un mercato “già tradizionalmente debole rispetto all’Europa”.

“Lo spettatore”, riflette Lorini, “è disorientato: dal tanto prodotto, dall’offerta ridondante delle piattaforme, per questo crediamo che mettere ordine sia fondamentale. Eravamo già vicini ad un accordo, pensiamo che 90 giorni tra l’uscita in sala e la programmazione sulla piattaforma siano un passo iniziale”.

Se sul cinema italiano ci si può arrivare, l’ostacolo grande è per il cinema internazionale, per quanto la richiesta è di avere la stessa finestra.

Caso Italiano significa anche caso di film italiani.

Quest’anno il nostro cinema è andato male, performance bassissime in sala: delle 353 uscite, 153 erano Made in Italy e la quota di incassi intorno appena al 20%, concentrata poi su solo 5 titoli, “i restanti film non sono stati visti, capiti, intercettati”, aggiunge Lorini.

In compenso, la produzione va alla grande: 900 progetti di film, per quanto il 30% ideati per le sale. Le sirene delle piattaforme si fanno sentire: sono tantissimi i talenti, da Ficarra e Picone con Incastrati, ai fratelli D’Innocenzo, che stanno sperimentando la serialità televisiva attraverso lo streaming.

C’è il ragionevole sospetto che come i talenti anche il pubblico non faccia più tanta differenza tra film e serie televisive.

Questo cambiamento culturale favorisce il luogo dove tutto si trova, ossia la piattaforma, che pure era nata solo per la tv ed è finita per diventare tra gli imprescindibili potenti player della produzione cinematografica.

L’unico strumento è l’esclusività in sala. I legislatori devono decidere con i fatti se la sala cinematografica è un presidio forte o no, produttivo, economico e sociale.

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