Il grande inganno a spese della ricca borghesia di New York fra le serie tv di successo. Una sorpresa? Direi proprio di no.

Inventing Anna continua la sua marcia trionfale. Ed è una marcia che, ci scommetto, sarà parecchio lunga.

Il perché è presto spiegato: la serie tv con protagonista Anna Delvey racconta molto di più di quanto, a una visione superficiale, possa sembrare. La sua stessa storia – vera come i raggiri che ha compiuto – ha un significato dotato di profondità.

Mi riferisco a sentimenti, situazioni, relazioni e contesti sociali che la narrazione di Inventing Anna sa suscitare e rappresentare. E che ci toccano assai da vicino.

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Il personaggio di Anna Delvey, interpretato da Julia Garner

Serie tv Inventing Anna: scacco alle élite di potere

Cos’è, nella sua essenza, Inventing Anna? È un grande inganno, ai danni della ricca borghesia finanziaria americana.

Non mi riferisco alla borghesia che lavora. Quella che si fa il mazzo. Apre la fabbrica, il negozio o l’ufficio la mattina. E dà lavoro alla propria famiglia e ad altre persone e famiglia.

Mi riferisco a chi vive sulla nostra pelle. Come si chiamano? Parassiti. Quelli lì.

LA STORIA DELLA TRUFFATRICE TEDESCA (O RUSSA?)

Nella serie tv su Neflix troviamo raccontata la storia vera di una giovane truffatrice tedesca.

Meglio sarebbe dire che la storia è quella di una truffatrice russa: Anna Sorokin. Viene infatti dal Paese di Dostoevskij – ovvero da una delle culle della nostra civiltà contemporanea – anche se, emigrata in Germania, Anna preferisce farsi passare per tedesca. E si fa chiamare Anna Delvin.

Anna Delvin è un genio del raggiro che negli Stati Uniti ha messo nel sacco finanzieri, imprenditori e consulenti d’oro.

È riuscita a ridicolizzarli, giocando con le loro stesse regole: quelle di un capitalismo ipocrita, incurante dei valori umani, indifferente ai destini delle persone.

È accaduto a New York, nell’ombelico del mondo della finanza. Poteva accadere a Milano; oppure a Londra e Francoforte.

Perché quelle élite del potere finanziario parlano la stessa lingua dell’inganno, dello sfruttamento degli altri e dell’assenza di ogni forma di empatia. Parlano la stessa lingua di Anna Delvin. Per questo hanno subito simpatizzato.

La serie televisiva Inventing Anna, targata Shondaland, è composta da nove episodi della durata di oltre 60 minuti. È firmata da Shonda Rhimes; mentre la produzione esecutiva è curata da Betsy Beers.

Il cast principale è formato da Anna Chlumsky (Veep – Vicepresidente incompetente) nel ruolo della giornalista Vivian, Julia Garner (Ozark, Dirty John) in quello di Anna Delvey, che dà il nome alla serie, mentre Katie Lowes (Scandal) è Rachel, una follower di Anna disposta a tutto.

Abbiamo poi Laverne Cox (Orange Is the New Black) interpreta Kacy Duke, manager di celebrities e life coach risucchiata dal vortice di Anna, e Alexis Floyd (The Bold Type) è Neff, un’aspirante regista.

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La trama della serie tv

Inventing Anna ha inizio con la storia di Vivian, una giornalista che indaga sul caso di Anna Delvey, leggendaria erede tedesca di Instagram che, oltre a rubare i cuori dei protagonisti della scena sociale di New York, ruba anche i loro soldi.

Anna è la più grande truffatrice di New York? Oppure è semplicemente il nuovo ritratto del sogno americano? Questo si domanda la reporter, incinta. È sul punto di partorire, ha bisogno dello scoop ed è alla ricerca di un riscatto dopo uno scivolone professionale.

In attesa del processo a suo carico, l’erede Anna forma un oscuro e divertente legame di amore e odio con Vivian, che sfida il tempo per risolvere il più grande mistero che affligge New York: chi è davvero Anna Delvey?

La serie si ispira all’articolo della giornalista Jessica Pressler, How Anna Delvey Tricked New York’s Party People, pubblicato sul New York Magazine.

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La vicenda vera a cui si ispira Inventing Anna

Su Quotidiano Nazionale è raccontata la vera storia che ha ispirato Inventing Anna.

Anna Delvey è il nome d’arte utilizzato dalla truffatrice Anna Sorokin.

La ragazza, per diversi anni, ha finto di essere l’ereditiera di un colosso finanziario germanico. Ha truffato ricchi conoscenti, hotel di lusso e due banche.

Tutto è cominciato durante la fashion week estiva di New York nel 2013, quando Anna aveva 22 anni.

Fino al 2017 la giovane russo tedesca ha frequentato e ingannato il jet set della Grande Mela.

È stata scoperta e arrestata prima di ottenere un prestito da 22 milioni di dollari, per cui aveva fatto richiesta presentando false documentazioni.

La sua condanna prevedeva il pagamento di quasi 200mila dollari e la reclusione dai 4 ai 12 anni. Dopo aver scontato 2 anni in isolamento, però, la giovane è stata scarcerata nel febbraio del 2021.

Non è però finita lì. Anna Sorokin doveva andarsene dagli Usa, essendole scaduto il visto d’immigrata. 

Anna Delvy Sorkin ha invece pensato bene di restare. E di farsi accompagnare, nei suoi giri e contatti, da una troupe televisiva tedesca. L’ufficio immigrazione si è ricordato di lei; e Anna è stata arrestata.

Le ultime notizie la danno ancora negli Stati Uniti, in quarantena, per via del contagio da Coronavirus.

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La recensione della serie tv di Netflix

Come scrive Veronica Orciari sul magazine Sentieri Selvaggi, “Anna è il tipico caso di un personaggio reale, che sembra nato per il cinema. E per la truffa. Affascinante, misteriosa, fredda e manipolatrice, la giovane esce dalla serie come una sorta di eroina del nostro secolo, venuta dal nulla per costruirsi da sola quello che si rivelerà essere poi un castello di carta”.

Un egoismo lucido mette in moto un po’ tutti i personaggi, con Anna in cima alla lista. Come sottolinea l’articolo di Sentieri Selvaggi: “Il proprio interesse, che sia puramente economico o volto a preservare, restaurare o creare la propria reputazione, è il motore di ciascuno di essi, seppur con le ovvie differenze di modalità e di intenti”. 

Sul magazine CulturaMente, Valeria de Bari osserva che “la storia di Anna Delvey diventa, in alcuni casi, anche il pretesto per affrontare temi più seri e meno mondani come la disparità sociale, il ruolo delle donne nella società attuale, il pregiudizio sulla popolazione di origine russa“.

“Si tratta di spunti di riflessione che vengono solo accennati nella serie”, fa notare CulturaMente, “ma sono presenti e degni di nota”.

Una stroncatura alla serie tv Inventing Anna viene invece dal magazine Rolling Stones, con un articolo di Marianna Tognini, che scrive: “Umanizzando eccessivamente i personaggi, rendendoli immedesimabili, un fatto di cronaca più avvincente di una spy-story è stato ridotto alla stregua di una telenovela“.

Una telenovela, prosegue l’articolo di Rolling Stones, “su una ragazzina che per essere presa sul serio rinuncia ai capelli biondi e agli abiti sgargianti e intuisce che è meglio inforcare un paio d’occhiali dalla montatura spessa e stipare l’armadio di tubini neri Celine e sandali Gucci”.

In molte critiche della serie tv Inventing Anna si sottolinea, poi, l’eccessiva presenza della giornalista Vivien Kent, che si ispira alla reporter Jessica Pressler. Con tutti gli stereotipi e le scene scontate di una giornalista incinta in una redazione dove sta per essere sbranata; e dove trova l’appoggio di vecchi colleghi messi in un angolo.

Altra osservazione, da parte delle recensioni, è che bastava raccontare la vera Anna Delvey (nome che si è auto assegnata la truffatrice). Senza perdersi in una costruzione narrativa che sovraccarica il personaggio di elementi propri della finzione, perdendo così il fascino di una storia vera più interessante di qualsiasi storia inventata.

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Il personaggio della giornalista, Vivian Kent, interpretato da Anna Chlumsky

L’analisi della serie tv Inventing Anna

È indubbio che Inventing Anna perda in autenticità quello che guadagna in finzione.

La figura della protagonista della truffa, Anna Delvey, ha molto della serie televisiva di maniera. E ha poco della cruda realtà di una New York finanziaria dove tutto è possibile.

Vi è una costruzione del personaggio che rende Anna assai interessante sull’ambivalenza di cui è portatrice. Le sue capacità di manipolazione ci sono rivelate situazioni che hanno dell’incredibile; mentre non riusciamo mai a cogliere cosa vi sia alla base del suo agire.

Manca insomma il “movente”. Perché Anna fa quello che fa? Ci crede davvero quando dice di lavorare per un prestigioso centro artistico, nella Grande Mela, con annessi ristorante e sale per incontri esclusivi?

Chiede 22 milioni di dollari alle banche per scappare con il malloppo in qualche paradiso fiscale? Oppure il suo è davvero un progetto imprenditoriale che ha del genio?

A tratti non riusciamo neppure a capire se Anna Delvey sia il parto malato di una mente smarrita e disperata. 

Oppure se sia una costruzione lucida, assetata di voglia di riscatto dal passato di emigrata russa in Germania. Un’emigrata, Anna Sorokin, che nella peggiore delle ipotesi ha architettato un piano per fottere tutti.

IL CRIMINE E IL MOVENTE

Non che sia necessario un movente, in un caso criminale: in quanto interiore, il movente è quasi impossibile da individuare.

Possiamo solo ipotizzarlo, dato che spesso neppure l’autore di reato è in grado di sapere cosa lo smuove all’azione criminale.

Per la critica all’estetica, alla narrazione e alla messa in scena di Inventing Anna, rinvio comunque alle recensioni assai interessanti che ho citato più sopra.

Qui mi interessa la figura di Anna Delvey, quale protagonista di un’azione criminale che l’ha portata a una pesante condanna: 12 anni di carcere, che però poi sono stati ridotti a due.

La capacità di Anna Delvey – nella realtà di New York e nella serie televisiva ricca di finzione – di mettere nel sacco l’élite finanziaria e del grande capitale di New York ha dell’incredibile.

Quell’azione criminale mi ha suscitato simpatia, anche se da quelle parti gabbare gli altri sul piano dei soldi è un reato assai grave.

In Italia, del resto, possiamo permetterci il lusso di simpatizzare con l’Anna Delvey che deruba i ricchi: da noi l’evasione fiscale – ad esempio – è cosa normale. E l’arricchirsi fregando chi ha soldi è un titolo di merito.

LA CHIAVE DEL SUCCESSO DI ANNA DELVEY

Credo sia questa la chiave per capire il successo che Inventing Anna ha in Italia. Molto diversa è la mentalità negli Usa, invece,

Ci sorprende, sconcerta e poi affascina la genialità di una giovane donna nell’ingannare capitalisti, banchieri, finanzieri e i loro assai agiati consulenti. Una sorta di Robin Hood che toglie ai ricchi e dà poi a chi vuole, a chi le sta vicino, a chi alimenta il suo ego.

Noi che siamo gente normale vediamo subito che Anna Delvy può essere tutto tranne che un’ereditiera. I suoi modi di agire sono più quelli dell’arrampicatore sociale, che della persona cresciuta nell’agio.

Perché non se ne accorgono i ricchi finanzieri, imprenditori e consulenti della New York dei party e del denaro abbondante?

Perché Anna punta sul cavallo sicuro della vittoria: il cavallo dell’avidità, del successo senza etica, del gusto della dominazione.

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CRIMINE, STIGMA, CONDANNA E LIBERAZIONE

Mi sono chiesto come mai Anna Delvey abbia subito una condanna a 12 anni di carcere, per aver frodato banche, hotel e conoscenti negli Stati Uniti per un totale dimostrato di 275 mila dollari (o più). 

E come possa essere stata scarcerata dopo appena due anni. E come possa essere riuscita persino a guadagnarci, ispirando una serie televisiva.

Anna Delvey, mi viene da pensare, nella realtà ha interpretato un personaggio funzionale al sistema economico e finanziario statunitense.

Il suo è stato un personaggio alimentato dal grande sogno americano di fare i soldi, mettendo in campo tutta la propria inventiva e creatività.

Come personaggio è entrata nella recita dell’élite di potere capitalistico, dove il raggiro e l’inganno e lo sfruttamento degli altri fa parte del paesaggio e delle azioni per far soldi.

L’altro non conta nulla. È funzionale al tuo progetto di arricchirti. Tu hai il diritto di vincere, perché è sulla voglia di vincere che si basa il sogno dell’americano medio. Non certo sulla voglia di essere solidale in un sistema equo.

L’unico problema è che se vieni beccato, allora sei oggetto di stigma. Non è ben chiaro se lo stigma nasca dal pericolo che i truffatori rappresentano; o dal fatto di rischiare di sputtanare il sistema e quindi gli interessi altrui.

Se ti trovano con le mani nel sacco, oppure se esageri mettendo a rischio il sistema finanziario e capitalistico, allora sono guai.

Ti devi pentire e accettare le regole del sistema giudiziario: un patteggiamento che eviti i costi del processo, un mea culpa pubblico che ti assolva dai peccati; e il nascondersi in qualche anfratto del sistema.

Nel caso di Anna Delvey, nata Sorokin, tutto si è complicato con il suo essere “straniera”. Neppure tedesca, se non sulla carta: ma addirittura russa, il che di questi tempi non è certo una nota di merito.

La pesante condanna per aver buggerato i ricchi per soli 275.000 dollari è stata poi tramutata in due anni di galera. E nell’espulsione dagli Usa.

Il giudizio diventa quindi severissimo. C’è però la possibilità – se non si è esagerato come Bernard Lawrence Madoff con lo scandalo da 65 miliardi di dollari – di uscirne, in silenzio. E di farsi ombra.

Anna Sorokin – con il suo personaggio di Anna Delvey – è invece tornata, uscita sulla parola dal carcere, a mostrarsi come amava fare. 

Non sorprende, quindi, la convinzione dei suoi accusatori che Anna sia una criminale pronta a rifare quello che ha fatto: fottere i ricchi, ma allocchi, borghesi statunitensi.

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L’ATTO D’ACCUSA CONTRO L’IPOCRISIA DEL POTERE

Alla luce di tutto questo, mi sento di convenire che Inventing Anna è una serie televisiva con tratti e movenze, in alcuni passaggi, da soap opera in salsa finanziaria.

La serie tv Inventing Anna è però anche un affabile j’accuse contro l’ipocrisia dalle élite di potere e dell’alta borghesia statunitense. La stessa élite che sta traendo grandi benefici dall’invasione da parte della Russia di Putin e dall’immane tragedia ucraina.

Invasione e tragedia per evitare la quale (o per fermarla), l’élite gabbata da Anna Delvey non ha fatto nulla. E nulla farà finché il business regge.

Come non simpatizzare, allora, con Anna Delvey che in Inventing Anna deruba, raggira, inganna e ridicolizza quell’élite di Potere?

Credo che ridicolizzare un criminale economico, travestito da bravo finanziere e abile imprenditore e padre di famiglia, sia la migliore delle condanne che gli si possa infliggere.

Qual è, allora, la differenza fra Anna Delvey e le sue vittime dell’élite, che sono riuscite a sventare un raggiro da 22 milioni di dollari?

La risposta è quasi scontata. L’élite finanziaria e alto borghese Usa non è “ufficialmente criminale” per un solo motivo: non si fa (quasi) mai beccare con le mani nella marmellata.

L’élite del Potere statunitense è lucida. Spietata. Soprattutto, non ha l’ingenuità e il cieco desiderio di riscatto dell’immigrata russa Anna Sorokin detta Anna Delvey.

Maurizio Corte
corte.media

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