Recensione della pellicola su Netflix. Ispirato a Hitchcock, il film scandaglia le paure più inquietanti.

La donna alla finestra (The woman in the window), sulla piattaforma online Netflix, è un film di genere thriller psicologico del 2020, tratta dal romanzo di A. J. Flinn.

Il film racconta la vicenda di Anna Fox, una psicologa infantile alcolista e affetta da agorafobia (l’ansia degli spazi aperti) che si barrica nella sua casa in una via signorile di Manhattan, a New York.

A metterla in contatto con il mondo c’è solo una finestra che dà sui palazzi dall’altra parte della strada dove abita. E c’è una fotocamera che Anna Fox armeggia in modo peraltro maldestro.

Tratto dal best seller omonimo di A. J. Finn, La donna alla finestra ha un chiaro riferimento ad Alfred Hitchcock e al suo film La finestra sul cortile del 1954.

La protagonista, con il personaggio di Anna Fox, è l’attrice Amy Adams.

Nel resto del cast vi sono Julianne Moore, Gary Oldman, Brian Tyre Henry e Anthony Mackie.

La regia è affidata a Joe Wright, che ha diretto film come Espiazione, Anna Karenina, Il Solista, L’ora più buia. Magistrale il suo uso della macchina da presa; ed evidenti le molte citazioni dei film di Hitchcock.

La sceneggiatura è stata affidata a Tracy Letts, che – pur in una narrazione dalla struttura classica – cerca di prendersi qualche libertà di troppo dalle regole della scrittura cinematografica.

Eccellente la fotografia, che rende con l’uso del colore e delle luci le diverse atmosfere del film; e gli stati d’animo contrastanti della protagonista, una psicologa tanto in crisi dall’essere sull’orlo del baratro.

La donna alla finestra è un film thriller dai molteplici strati di lettura.

In questo va ben oltre il capolavoro di Hitchcock, che rivela la grazia e i limiti di essere stato girato nel 1954. Ma che non ha (né poteva avere) le sfide insidiose del nostro tempo inquieto.

La donna alla finestra si presenta, almeno alla superficie, come una pellicola thriller con gli stili, le atmosfere, le inquiete scoperte e gli abissi insondabili del maestro-Hitchcock.

Sarebbe, però un errore farsi condizionare dai riferimenti a Hitchcock. E fermarsi alla lettura ingenua di una specie di remake del capolavoro con Grace Kelly e James Stewart.

La donna alla finestra - libro A.J. Finn - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - foto di scena del film

Recensione del film “La donna alla finestra”

Passando alle recensioni sul film La donna alla finestra, notiamo subito che il lavoro del regista Joe Wright non riscuote quel successo che autori e produttori speravano.

E’ stato presentato come il thriller psicologico del 2020, con un rinvio dell’uscita nelle sale per via della pandemia.

L’esordio sulla piattaforma streaming di Netflix, il 14 maggio 2021, è stato quindi un appuntamento da tutti noi atteso.

Sul magazine specializzato Rottentomatoes il giudizio dei critici è lapidario: “A milquetoast and muddled thriller that drowns in its frenzied homages, The Woman in the Window will have audiences closing their curtains”.

Ovvero: “Un thriller timido e confuso che affoga nei suoi frenetici omaggi, The Woman in the Window farà chiudere il sipario al pubblico”.

Il giorno dopo l’esordio in Italia, su Netflix Lovers il punteggio è di 2,4 su 5. Neppure la sufficienza.

Sul magazine Movieplayer, Elisa Torsiello scrive: “La sceneggiatura risente di lacune informative, nozioni basilari, che permettono la piena adesione al personaggio principale e la totale comprensione dell’inferno in cui la donna si è ritrovata a vivere”.

“Senza la lettura preventiva dell’opera che ne sta alla base”, prosegue Movieplayer, “La donna alla finestra finisce per essere un edificio bellissimo, costruito a opera d’arte, con vani e ambienti disposti in maniera funzionale, ma vuoto, privo d’anima e di vita“.

Anche Luca Ceccotti, sul magazine Everyeye, sottolinea le lacune della sceneggiatura: “La donna alla finestra di Joe Wright si rivela un goffo tentativo di riproporre una situazione simile a La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, solo in modo sbagliato”.

“La regia estroversa e sopra le righe”, prosegue l’articolo, “dell’autore de L’ora più buia e Hannah aiuta a dare stile e personalità a un film altrimenti povero e spento, che infatti collassa su stesso per quanto riguarda l’intreccio e la sceneggiatura firmata da Trecy Letts, colpevole forse di aver adattato un po’ svogliatamente un materiale di partenza già scarico di suo”.

“La prospettiva femminile”, osserva Everyeye, “non gioca poi un ruolo così fondamentale. E la stessa Amy Adams non riesce a risollevare le mediocri sorti di un progetto nato come instant movie e finito nella bacheca discount Netflix senza troppa gloria”.

Quanto al magazine Tom’s Hardware, la recensione fa notare che il film La donna alla finestra, “funziona meglio e riesce a spaventare il pubblico come vorrebbe quando rimane all’interno di una dimensione più intima, personale e per questo motivo comune ai più”.

E sottolinea: “Tutti i colpi di scena finali risultano invece un po’ telefonati ed eccessivi, quasi come se smorzassero la tensione (…). Si urla tanto in La donna alla finestra, anzi si urla troppo. Joe Wright prova a sfruttare questa componente cinematografica, ma non si dimostra molto all’altezza del compito. Lascia il segno invece quando tocca corde emotive a lui più congeniali, come una chiacchierata tra amiche o un diverbio familiare. Peccato però che a questi momenti sia concesso meno spazio del previsto”.

Infine, nella recensione di Cinematographe, Francesco Del Grosso parla di un’involuzione della scrittura cinematografica, nel film di Joe Wright “che perde pezzi strada facendo, vanificando nel finale un colpo di scena che poteva risollevare le sorti dell’operazione”.

“Prima di quel momento si assiste a un racconto che depista come ogni buon thriller che si rispetti”, prosegue l’articolo, “spostando l’attenzione dal reale carnefice ad altri potenziali sospetti, quel tanto da arrivare persino a mettere in discussione la posizione della protagonista. Peccato che la fitta rete tessuta in fase di scrittura e nella messa in quadro di Wright si sfilacci con troppa facilità”.
     

“La donna alla finestra”, il trailer del film con Amy Adams

Il film di Joe Wright, con protagonista – nella parte di Anna Fox – l’attrice Amy Adams, è tratto – come si è detto – dall’omonimo libro La donna alla finestra di A. J. Finn, disponibile su Amazon. Il libro è edito in Italia da Mondadori.

La trasposizione cinematografica del libro di Finn ha conosciuto varie vicissitudini, con riprese rifatte, contrasti sull’organizzazione produttiva e con un risultato finale che risente di un’incertezza autoriale di fondo.

Come hanno sottolineato più critici cinematografici, sia italiani che stranieri, l’eccesso di tributi – a partire dal maestro del giallo, Alfred Hitchcock – ha annacquato la personalità di una pellicola che aveva grandi potenzialità.

L’analisi del film “La donna alla finestra”

Dal punto di vista cinematografico, The Woman in the Window, presenta luci e ombre, come hanno rilevato più recensioni.

Vi è un errore di fondo nella sceneggiatura, rivelata da una struttura narrativa che non rispetta i canoni; ma non tenta neppure di sovvertirli con un’innovazione convincente.

La psicologia della protagonista, Anna Fox, è il centro del film.

Come tale, sarebbe dovuta essere scandagliata nel profondo: ci si ferma, invece, all’agorafobia, ai riferimenti all’ansia, al mix di alcol e psicofarmaci. Tutto già filmato millanta volte.

La donna alla finestra - libro A.J. Finn - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - foto di scena-min

Nella fase di ambientazione, del contesto – il set-up del film – si sarebbe dovuto costruire il mondo della protagonista: una psicologa che si occupa di bambini e adolescenti; e che vive una crisi profonda dovuta a un grave trauma.

Il regista si preoccupa invece degli schermi – dal televisore che rimanda immagini dai film di Hitchcock allo smartphone – anziché raccontarci da cosa nasce quel dolore e quelle fobie che tengono Anna Fox prigioniera di se stessa.

Si ha l’impressione di essere più in un teatro che nell’arte cinematografica.

Come sappiamo, il teatro vive di dialoghi, di relazione con il pubblico, che è il quarto lato della stanza in cui accadono cose. Nel film La donna alla finestra neppure i dialoghi e la relazione con il pubblico funzionano.

Non si riesce a empatizzare con la protagonista.Anna Fox la si capisce; e un poco la si compatisce: ma non si entra in lei.

La finestra sul cortile - Alfred Hitchcock - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media-min
La finestra sul cortile (1954) di Alfred Hitchcock

Il motivo è presto spiegato. Ed è quasi scontato. Il titolo di un’opera – film, romanzo o dramma teatrale che sia – ci dà la chiave di lettura del racconto.

La “donna alla finestra” fa pensare a una donna che sta alla finestra della vita.

Una donna con le ansie, i traumi, le paure e i punti di forza e di speranza dell’essere donna.

L’essere alla finestra della vita è d’altro canto il rimanere un passo indietro rispetto alla battaglia esistenziale, alla fatica del vivere.

L’essere alla finestra della vita è il non sapere o il non volere mettersi in gioco.

Insomma, “la donna alla finestra” è una sfida narrativa, psicologica e di relazioni sociali da far tremare i polsi.

La donna alla finestra - libro A.J. Finn - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - protagonista Ann Fox-min

Cosa fanno invece quei mona (“mona” è espressione veneta che, in questo contesto, significa “idiota”) della sceneggiatrice e del regista?

Riducono il tutto – la meravigliosa complessità dell’essere una donna alla finestra – a una banale e scontata parodia del capolavoro La finestra sul cortile.

Fossi Hitchcock, mi sentirei alquanto offeso.

Nella fase centrale del film si ha addirittua l’impressione che i personaggi in scena siano presenti più per fare dei propri monologhi, che per essere al servizio del racconto.

Quanto al finale del film, è quanto di più scontato vi possa essere.

Troviamo soluzioni prevedibili sia nelle scene di azione e di cruenta lotta, che chiudono ogni dialogo possibile con la psicologia dei personaggi; e sia nel momento di svolta conclusiva.

Un colpo di scena ci dovrebbe aprire un mondo.

Un colpo di scena è chiamato a dischiudere una finestra sulla realtà e sulle persone.

In questo film – la cui complessità narrativa dovrebbe essere un valore – il colpo di scena finale si tramuta un banale déjà-vu. In qualcosa che non ci sorprende; né ci racconta nulla più di quanto già sappiamo.

La svolta finale del film La donna alla finestra ti fa dire – dopo momenti di stanca e di noia del racconto – che scene così ne hai viste sin troppe. E che stai assistendo più a una parodia della realtà che alla realtà pregnante.

La donna alla finestra - libro A.J. Finn - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - Amy Adam - Julianne Moore
Le attrici Amy Adams, a sinistra, e Julianne Moore nel film

Gli inganni della realtà e gli errori della Polizia

Stendiamo, quindi, un velo di commiserazione sugli errori di quel capolavoro mancato che è La donna alla finestra.

Vediamo quali sono i temi su cui il film ci fa riflettere. E quale riferimento il film di Joe Wright abbia al tema di fondo – crimine, giustizia e media – di questo nostro magazine Il Biondino della Spider Rossa.

I temi sui cui riflettere, andando oltre carenze e banalità del film La donna alla finestra, sono questi:

  • la famiglia, luogo dei conflitti coperti dallo storytelling del “tutto va bene”;
  • il dramma e la fatica del vivere, là dove la vita ci ha sottoposto a prove immani;
  • l’impossibilità di rimanere sempre alla finestra, perché l’uomo e la donna sono animali sociali (come ci ricorda Aristotele);
  • il bisogno (croce e delizia) dell’altrui approvazione al nostro modo di essere e di vivere;
  • l’impossibilità di cambiare la realtà, oltre un certo limite che ci ferma dall’essere rivoluzionari;
  • la fatica e il coraggio della verità;
  • la fatica e il coraggio dell’ammettere le proprie colpe e gli errori di visione che, malati psichici o meno, tutti noi commettiamo;
  • la difficoltà del cambiare, dell’essere diversi da come stiamo nello stagno in cui spesso ci ritroviamo a nuotare;
  • il dramma interiore del nostro io, ma anche l’importanza di capire i drammi interiori dell’Altro da noi;
  • la realtà come apparenza che copre il senso autentico delle cose e del nostro vivere;
  • la perdita, la mancanza, quell’età dell’oro che ci ha abbandonati, ma anche l’imperativo di dover andare avanti;
  • la tentazione, una volta nella vita, di farci un video dove salutiamo tutti e chiudiamo il sipario del nostro esistere nel mondo (non per forza un suicidio)

Sono temi che toccano ciascuno di noi. Nessuno escluso.
Come si è potuto fallire un capolavoro con temi così?

Quali sirene assurde hanno distratto gli autori del film La donna alla finestra dal mettere in scena un’opera cinematografica degna di questo nome?

Domanda inquietante, mi rendo conto. Specie se si pensa che bastava un secondo sceneggiatore per ribaltare gli esiti di questo film dalle mille potenzialità.

La donna alla finestra - libro A.J. Finn - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - foto di scena del film

C’è tuttavia una chicca, dopo la serie di scene cruente e scontate, che nel finale del film merita di essere sottolineata.

E’ una chicca da aggiungere – ahimè – alla serie delle “occasioni mancate” di questa pellicola che, a prescindere da errori e lamentazioni, merita di essere vista.

La chicca è quella del detective Little (interpretato dall’attore Brian Tyree Henry) che, dopo aver sbagliato tutto nell’indagine su quanto raccontato dalla protagonista Anna Fox, chiede scusa.

Siamo di fronte a un investigatore che ammette – nel film thriller La donna alla finestra – i suoi errori. Ha così il coraggio e l’onestà intellettuale di scusarsi con la donna che ha rischiato la vita proprio per i deficit investigativi della Polizia.

Quest’ammissione di responsabilità suona come un’auto-denuncia anche per quegli agenti di Polizia che – negli Stati Uniti come nel caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano – hanno peccato di omissione in troppi casi giudiziari.

L’unico rammarico è che – nel film thriller La donna alla finestra – anche il tema degli errori di Polizia sia stato buttato lì, nel racconto, senza tradurlo in azioni, dialoghi e situazioni come meritava.

Sulla struttura narrativa – e i suoi limiti – del film La donna alla finestra puoi leggere anche l’analisi critica condotta da Nicoletta Apolito con l’articolo La donna alla finestra, film mediocre dall’alto potenziale narrativo”.

Maurizio Corte

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