La medicina contro il dolore – OxyContin – ha ucciso 300 mila malati. La serie Netflix fa però solo il solletico al sistema sanitario di potere.

La serie televisiva drammatica Painkiller è un pugno nello stomaco. Racconta delle sofferenze, degli inferni e delle morti negli Stati Uniti procurate dal farmaco OxyContin.

L’antidolorifico OxyContin, che era prodotto dalla casa farmaceutica Purdue Pharma, è al centro di una storia drammatica che si svolge tra gli Anni Novanta e i primi Anni Duemila.

La serie tv cade giusto qualche anno dopo il dramma della pandemia da Covid-19. Chi si aspetta una denuncia al “sistema medico” e al “sistema farmaceutico” resta però deluso.

Il racconto si concentra soltanto sul medicinale OxyContin – un oppiaceo che crea dipendenza come una droga e come una droga uccide. E ha come antagonista il vertice della casa farmaceutica che lo produce.

Non vengono tematizzati né le carenze del sistema sanitario americano. E neppure gli intrallazzi, le alleanze e la struttura di potere delle case farmaceutiche.

È una serie tv dolorosa, molto ben girata e recitata, Painkiller. Ma è allo stesso tempo una serie tv inutile: non c’è denuncia, non c’è riflessione, non c’è nulla se non il solletico a Big Pharma, il sistema internazionale di case farmaceutiche.

La trama della serie tv Painkiller

Questa la trama di Painkiller secondo il magazine Cinematographe.

Painkiller è ispirata all’omonimo libro di Barry Meier e all’articolo del New Yorker The Family That Built an Empire of Pain di Patrick Radden Keefe.

La serie racconta la storia vera dell’ascesa dell’OxyCcontin, un antidolorifico a base di eroina messo a punto da Purdue Pharma, che ha provocato la morte di circa 300mila persone negli Stati Uniti tra 1995 e il 2017.

La casa farmaceutica, di proprietà di una delle famiglie più ricche degli Stati Uniti ha corrotto medici di base e farmacie.

Non solo. Ha fatto sì che organizzazioni mediche ufficiali diffondessero messaggi che magnificavano l’efficacia del farmaco. In questo modo, sono stati i rischi di creare una forte dipendenza.

IL BUSINESS DELL’OPPIACEO OXYCONTIN

Basti pensare che il farmaco, immesso ufficialmente sul mercato nel 1996, è passato nel giro di 5/6 anni da 44 milioni di dollari di vendite a 3 miliardi di dollari, da circa 316 prescrizioni erogate alla mostruosa cifra di 14 milioni.

La Purdue, nel 2001, ha speso circa 200 milioni di dollari per pubblicizzare il farmaco e nel 2017 ha raggiunto il patrimonio netto collettivo di 13 miliardi di dollari.

La comunicazione della Purdue Pharma è stato così perfetta da indurre i consumatori a credere che l’Oxycontin fosse molto più sicuro dei comuni analgesici. Un qualcosa di totalmente falso.

Ciò che rende la storia ancora più assurda è che il Dipartimento di giustizia non ha potuto fare nulla per fermare la scellerata politica della Purdue Pharma, visto che quest’ultima è riuscita a nascondere efficacemente i veri dati del farmaco.

Mentre i consumatori morivano uno dopo l’altro, i proprietari della casa farmaceutica – la famiglia Sackler, benefattori di diversi musei in giro per il mondo – hanno accumulato fortune a non finire.

La giustizia, alla fine, ha fatto il proprio corso: i proprietari sono stati condannati a risarcire ben 6 miliardi di dollari di danni.

Painkiller - serie tv - Netflix - farmaco antidolorifico OxyContin

Recensione della serie su Netflix

Veniamo alle recensioni della serie tv di Netflix.

Sul magazine Taxidrivers, Diletta Ciociano scrive: “Painkiller appare sin dalle prime battute come un’opera dall’identità chiara. Vuole e riesce ad offrire allo spettatore un prodotto di facile fruizione, avvincente nella costruzione narrativa e asciutto nella sceneggiatura. Si distinguono, senza indugi, i carnefici dalle vittime”.

Prosegue l’articolo: “Gli attori che interpretano gli esponenti della famiglia SacklerJohn Rothman (Mortimer), Sam Anderson (Raymond) e Matthew Broderick (Richard), vestono brillantemente i panni dei coloriti, malvagi e senza scrupoli uomini di business che hanno anteposto la ricchezza all’etica. Spicca Uzo Abuda come Edie Flowers, l’investigatrice in prima linea nel contrasto alle illegalità dell’azienda farmaceutica”.

Su Cinematographe, Francesco Del Grosso giudica la serie tv Painkiller un “medical-legal-thriller dalla potenza emotiva devastante, che racconta la tragedia pubblica e privata dal punto di vista delle vittime, dei carnefici. E di coloro che furono incaricati di porre fine alla piaga della dipendenza provocata dal farmaco della Purdue Pharma”.

Ritmo incalzante, scrittura solida, confezione d’impatto e performance attoriali di altissimo livello“, prosegue l’articolo, “dove spiccano le interpretazioni impeccabili di Matthew Broderick e Uzo Aduba”. 

L’analisi critica di Painkiller

La serie tv Painkiller di Netflix è costruita con un meccanismo narrativo efficace. Si basa sull’intreccio di tante storie individuali. Sullo svolgersi parallelo da un lato della vita, e della sofferenza, dei pazienti. E dall’altro delle azioni commerciali dell’azienda farmaceutica Purdue Pharma.

Scorre davanti a noi una storia che parla di ricerca del piacere e fuga dal dolore, di famiglie distrutte per avidità e ricerca della ricchezza.

Viene da pensare che Purdue Pharma, con il stratega al vertice Richard Sackler (interpretato da Matthew Broderick), il creatore dell’Oxycontin, abbia saputo sfruttare due tendenze umane che ci portiamo dietro da sempre:

  • l’avidità (con cui corrompe medici e tutto il sistema sanitario);
  • la fuga dal dolore (che condiziona i pazienti)

Da sempre profittatori, manipolatori e imbonitori l’hanno vinta perché qualcuno permette loro di agire. Qualcun altro li supporta in modo attivo, oppure voltandosi da un’altra parte. E tantissimi pensano di guadagnarci qualcosa o addirittura di fare fortuna.

Accade così anche in Painkiller. L’ambientazione delle scene, l’uso della macchina da presa, le inquadrature dei vari personaggi sono strumenti utilizzati per rendere al meglio la vita quotidiana di chi soffre. E di chi ne approfitta.

I MECCANISMI DEL POTERE

Il Potere – quello che condiziona milioni di persone, quello che determina i destini, quello che muove la vita delle persone – si compone certo di piccole scelte, di relazioni personali, di manie dei singoli.

L’ho sperimentato come giornalista, sin da quando ho fatto l’addetto stampa di un importante politico italiano, ad appena 26 anni. Ero convinto che il Potere fosse un’organizzazione compatta, che come un’orchestra si muovesse sotto la guida di un “maestro”.

Il Potere, come ci mostra Painkiller, è invece più simile a una struttura feudale, medievale. Ci sono gli alti aristocratici, c’è un monarca provvisorio che li guida ma che ne è influenzato. E che deve ogni giorno darsi da fare per mantenere il suo comando.

Poi le scelte che cambiano la vita delle persone ci si accorge che vengono attuate seguendo il disegno del monarca. Tuttavia a volte sono frutto anche del caso, di una qualche azione fortunata; o di un ostacolo non previsto.

Painkiller - serie tv Netflix sul farmaco killer OxyContin

I limiti di un cinema che abbaia senza mordere

La serie di Neflix sul caso dell’oppiaceo OxyContin bene rende la vita quotidiana del Potere. Ci mostra in modo efficace come scelte decisive – come il via libera federale ad un farmaco che con l’abuso ucciderà 300 mila persone – siano frutto di piccole azioni.

Oltre il quotidiano, però, Painkiller non va. Ci lascia capire che c’è una grande organizzazione – la Purdue Pharma – che corrompe il pubblico funzionario dell’organo ci controllo. Che addestra squadre di venditori che corromperanno i medici per spingere sulle prescrizioni del farmaco che toglie il dolore.

Tuttavia, Painkiller non allarga lo sguardo. E non denuncia il sistema:

  • un sistema sanitario che è ritagliato su chi ha i soldi, costringendo tutti a scegliere la strada più breve per uscire dal dolore;
  • una classe medica che monetizza la sanità prima che farne un servizio alla persona;
  • un sistema farmaceutico che segue proprie logiche di profitto anche a costo di danneggiare i pazienti

LO SGUARDO ABBASSATO CHE NON DENUNCIA

Non vi è la denuncia sistematica perché Painkiller non è una serie tv che allarghi il racconto al sistema.

Basta il confronto con un vecchio film italiano per rendersene conto. Mi riferisco a Bisturi. La mafia bianca, diretto da Luigi Zampa.

Lo vidi al cinema nel 1973. Avevo 16 anni e non c’erano ancora le Unità sanitarie locali. Ricordo come fosse oggi, in una domenica pomeriggio a Verona, in prima visione, l’applauso a scena aperta del pubblico, a fine proieazione.

Non accade spesso che un film venga applaudito a scena aperta.

Bisturi. La mafia bianca fa parte di quel cinema politico italiano che guarda ai temi sociali – la sanità nel caso del film di Luigi Zampa – con uno sguardo che dal quotidiano, dalle piccole esistenze di noi tutti si allarga al sistema. Alla corruzione strutturale. Al Potere nelle sue manifestazioni macroscopiche, oltre che nelle miserie micro.

Crimine, Giustizia, Media - Logica dei Media - Photo Vanilla-Bear-Films-JEwNQerg3Hs-Unsplash

La logica dei media al servizio del Potere

Dopo aver guardato Painkiller mi sono rivisto, a 50 anni di distanza, il film Bisturi. La mafia bianca. Consiglio anche a te che mi leggi a farlo.

A parte l’apprezzare la bravura di attori come Gabriele Ferzetti (che fa la parte del venerato primario), Enrico Maria Salerno (il bravo medico caduto in disgrazia e dissidente) e Senta Berger (una suora dai profondi sentimenti), è il taglio narrativo che interessa.

Il film di Luigi Zampa alza lo sguardo e critica il Potere sanitario. Dà un volto a quel Potere della sanità, ne mostra le logiche macro e le vite quotidiane micro.

Nel caso della serie di Netflix, Painkiller, la logica dei media che si occupano di narrazioni seriali non va oltre l’obiettivo di conquistare l’interesse dello spettatore. E di scandalizzarlo per il tempo giusto della visione. Senza rompere le uova nel paniere a nessuno della sanità e della farmaceutica.

Alla fine veniamo a sapere quanti morti ha prodotto il farmaco killer a base di eroina. Veniamo a sapere quanti soldi ha fruttato l’OxyContin ai suoi produttori e ai venditori spudorati. Tuttavia, questi restano solo dati.

SERIE TV CHE NARCOTIZZA INVECE DI GRAFFIARE

La narrazione delle vicende di pazienti e informatori farmaceutici, di medici e strateghi del business farmaceutico non si fa denuncia. 

Il sistema sanitario americano non è messo in discussione. Il sistema farmaceutico americano e internazionale non è messo alle corde

Mi viene da pensare – ma certo è un pensiero cattivo – che anche Painkiller sia, anche senza volerlo, l’equivalente mediatico dell’oppiaceo OxyContin.

Painikiller è una serie tv che lenisce il nostro dolore e ci calma la rabbia per le ingiustizie sanitarie.

Anziché essere una soluzione del problema, la serie Netflix è invece funzionale al problema. 

Painkiller ci “narcotizza” lasciandoci alla protesta sterile e allo scandalo orizzontale. Evita in modo accurato di graffiare e mettere in crisi la logica, il Potere e la struttura farmaceutica che hanno procurato questi e altri stermini di persone.

Maurizio Corte
corte.media

Il trailer della serie tv Painkiller

Video recensione di Painkiller

Il film Bisturi la mafia bianca

La serie tv Painkiller mi ha ricordato Bisturi. La mafia bianca, film italiano del 1973 diretto da Luigi Zampa, interpretato da Enrico Maria Salerno e Gabriele Ferzetti.

La differenza sostanziale – al di là del diverso linguaggio cinematografico e televisivo – è nell’approccio al tema.

Anche il film di Zampa ci racconta frammenti di storie individuali – dei medici da un lato e dei pazienti dall’altro – per denunciare un sistema: il mondo sanitario asservito alle logiche delle cliniche private, agli appetiti coordinati dei baroni della Medicina, al paternalismo verso i deboli asserviti alle logiche dei potenti.

Il film di Zampa merita di essere visto, proprio per un confronto – a livello di concezione dell’inchiesta su uno scandalo sanitario – con la serie tv di Netflix, Painkiller.

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