Il caso della ragazza pachistana uccisa e la lettura criminologica e interculturale del suo omicidio.

Il caso di Saman Abbas, la ragazza pachistana uccisa dai famigliari in provincia di Reggio Emilia, all’età di 18 anni, con un delitto d’onore, merita una riflessione che sul piano psicologico, criminologico e di analisi culturale viene qui svolta da Laura Baccaro, criminologa e psicologa giuridica.

La criminologa Baccaro ricostruisce, sulla base delle notizie pubblicate dai media, la vicenda. Proprio sulla base della narrazione dei media, la studiosa pone un distinguo fra il “delitto d’onore”, di cui Saman è rimasta vittima, e l’idea del “femminicidio”.

Laura Baccaro pone poi una serie di interrogativi su quanto è accaduto; e riflette sulla percezione dei reati e del diritto dal punto di vista interculturale.

Insieme con questa prima ricostruzione, nell’articolo proponiamo alcuni video dal taglio giornalistico, tratti da YouTube e che si occupano degli aspetti di cronaca del delitto di Saman.

Delitto d’onore: vicenda e figura di Saman Abbas

Saman Abbas, ragazza pachistana di 18 anni, scompare da Novellara (Reggio Emilia) il primo maggio 2021.

La sua morte – per omicidio – è risultata evidente un mese dopo, quando il fidanzato e il fratello minore raccontano l’ultimo giorno di vita della ragazza e quanto nella sua famiglia di origine, scappata in Pakistan, è accaduto.

La storia su Saman Abbas – anche nella sola ricostruzione giornalistica – rende comunque l’idea di cosa può essere accaduto alla ragazza.

Saman arriva in Italia dal Pakistan nel 2015, a seguito di un ricongiungimento familiare richiesto dal padre, Shabbar Abbas.

È un’adolescente di 14 anni sveglia, capace di apprendere in pochi mesi la lingua italiana tanto che supera subito l’esame di licenza media.

Avrebbe voluto fare il medico, ma la famiglia non la fa proseguire negli studi. Saman esce da casa di rado, come del resto fa la madre.

La famiglia vive, con anche il fratello di Saman e alcuni parenti maschi stretti, nella campagna emiliana, in un’azienda agricola di Novellara (Reggio Emilia), dove gli Abbas e i loro parenti fanno gli operai agricoli.

Di lei vengono mostrate due foto: in una indossa il velo nero e gli occhiali; nell’altra è sorridente e sfoggia piercing alle orecchie e al naso. Due persone diverse.

LA PRESENZA DELLA RAGAZZA SUI SOCIAL

Saman ha un account su Instagram e uno su TikTok e si fa chiamare “alonegirl” e “italiangirl”, una ragazza sola e mostra di desiderare di vivere come una ragazza italiana.

Della prima Saman sappiamo che avrebbe dovuto sposare un cugino con rito islamico, tanto che il 22 dicembre del 2020 l’intera famiglia si sarebbe dovuta recare in Pakistan.

Saman scopre della partenza grazie al ritrovamento di un biglietto aereo a suo nome. Tuttavia, Saman, ancora minorenne, si oppone: dapprima fugge in Belgio; e poi trova la forza e il coraggio di chiedere aiuto ai servizi sociali di Novellara, per non essere costretta al matrimonio.

La giovane denuncia quindi  i genitori alla Procura della Repubblica, competente per territorio, per il reato di costrizione o induzione al matrimonio.

I servizi sociali intervengono e a novembre del 2020 collocano Saman in una struttura protetta nel Bolognese. È di questo periodo lo scatto dell’altra Saman, la giovane donna sorridente che posta anche un breve video su TikTok.

Saman diventata maggiorenne, di sua volontà – stando alle ricostruzioni giornalistiche – esce dalla struttura d’accoglienza. Ritorna a casa dei genitori l’11 aprile 2021, per prendersi i suoi documenti, stando a quanto ci dicono i media.

Le imprecisioni, in questa fase della vicenda, sono inevitabili, dato che le informazioni date alla pubblica opinione rientrano nelle logiche del rapporto fra crimine, giustizia e media.

Il fidanzato segreto di Saman

Veniamo a sapere che Saman ha un “fidanzato “segreto”,  un 21enne di origini pachistane, conosciuto online. Si tratta di un giovane nato e cresciuto in Italia, che è stato ascoltato dai Carabinieri.

Il padre della ragazza scomparsa, Shabbar Abbas, lo ha minacciato di morte per questa relazione che avrebbe avuto inizio nel novembre del 2020. Non è chiaro come il padre sia venuto a conoscenza della relazione.

Come maggiorenne, Saman sceglie quindi di rientrare in famiglia. Lo fa di sua volontà. I Carabinieri, a conoscenza del suo allontanamento dalla comunità protetta, vanno a cercarla solo il 5 maggio 2021.

I mass media poco o nulla ci riferiscono di questo periodo di permanenza della ragazza pachistana in famiglia, nella campagna emiliana. Non ci dicono, ad esempio, se Saman ha mantenuto contatti telefonici con i servizi sociali o attraverso i social network.

Alla luce di quanto è stato raccontato dai media, allora, c’è una serie di interrogativi da porre sulla vicenda della ragazza pachistana:

  • Come mai Saman va da sola a casa dei famigliari?
  • Durante la permanenza nella struttura scelta dai servizi sociali, la giovane aveva mantenuto i contatti con la famiglia?
  • Come mai i documenti personali della ragazza non vengono acquisiti in altro modo, ad esempio tramite i servizi sociali, anziché metterla nelle condizioni di doverli richiedere da sola ai genitori?

Sta di fatto che il 5 maggio 2021 i Carabinieri vanno a cercare Saman, nella casa di campagna a Novellara, in provincia di Reggio Emilia.

Nell’abitazione – che fa parte dell’azienda agricola dove vivono e lavorano gli Abbas, due cugini e uno zio – non c’è traccia della ragazza e della sua famiglia: la casa dove abitavano sembra essere stata lasciata in fretta.

Risultati delle indagini sul caso di Saman

I Carabinieri cominciano ad indagare. Viene aperto un fascicolo in Procura per sequestro di persona, dopo che si è scoperto che i genitori di Saman – il padre Shabbar Abbas e la madre  Nazia Shaheen – hanno preso un volo dall’aeroporto della Malpensa, diretti in Pakistan; e che la ragazza non risulta tra i passeggeri.

Dalla famiglia, si accerta nel corso delle indagini, non è stata sporta alcuna denuncia di scomparsa della ragazza.

Il telefonino della ragazza risulta spento; e di lei non si ha traccia in alcuna lista d’imbarco per nessuna località dell’Europa.

I datori di lavoro del padre di Saman scoprono per caso che la famiglia Abbas se ne è andata: non vi era stata alcuna comunicazione da parte dell’uomo che lavorava i campi. Quando cercano di rintracciarlo, il telefono del padre di Saman risulta non raggiungibile.

È solo contattando un parente che vengono a sapere che la famiglia è rientrata d’improvviso in Pakistan – così viene detto loro – per questioni di salute di una parente.


Le indagini appurano che dal primo maggio la famiglia Abbas se ne è andata; e che di Saman non c’è alcun segno per capire dove si trovi.

Le telecamere di video-sorveglianza dell’azienda agricola vengono così visionate. Si vuole capire cosa sia accaduto.

In uno spezzone di video del 29 aprile 2021 si vedono tre persone uscire dal retro di un capannone dell’azienda agricola dove lavorano i famigliari di Saman.

Hanno con loro con due pale, un secchio contenente un sacco azzurro e un piede di porco: il video mostra che gli uomini si avviano verso i campi e poi ritornano all’abitazione.

Gli uomini, identificati poi come cugini di Saman, escono di casa alle 19.15 per ritornare dopo oltre due ore, alle 21.50.

In un altro filmato della tarda serata del 30 aprile, si vede Saman uscire di casa con il padre e la madre e incamminarsi per strada.

È l’ultimo avvistamento della ragazza. I genitori più tardi fanno ritorno a casa senza di lei; mentre il padre ha con sé lo zainetto rosso della figlia.

La versione del padre di Saman e gli sviluppi del caso

Nel frattempo il padre della giovane pachistana, Shabbar Abbas, viene raggiunto a fine maggio in Pakistan, con una telefonata, dal quotidiano Il Resto del Carlino.

Sostiene che Saman è viva, è in Belgio, sta bene; e che l’ha sentita su Instagram qualche giorno prima.

Il padre della giovane dice poi che tornerà in Italia e spiegherà tutto ai Carabinieri. Racconta che la figlia gli ha detto che ha visto su Facebook le notizie che la riguardano; e che è preoccupata.

A fine agosto 2023, il padre di Saman viene portato in Italia – grazie all’estradizione dal paese d’origine dove si era rifugiato – per affrontare il processo a suo carico. Un processo per omicidio, dato che il corpo della ragazzina è stato nel frattempo trovato.

Il fratello sedicenne di Saman viene fermato nei pressi della frontiera con la Francia, ai primi di maggio, stando alle notizie sui media. E ora è in un centro protetto.

Proprio lui avrebbe detto alle forze dell’ordine che la sorella sarebbe stata uccisa perché rifiutava il matrimonio.

La lite con i genitori sarebbe avvenuta la notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Il fratello di Saman racconta che i genitori non volevano che Saman se ne andasse, come già era accaduto l’estate prima, quando era andata in Belgio.

La conferma di quanto dice il fratello della ragazza pachistana potrà esservi quando il pubblico ministero, incaricato delle indagini, disporrà l’incidente probatorio per l’ascolto del minore.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti lo zio di Saman è l’esecutore materiale dell’uccisione di Saman.

Il Resto del Carlino ha fatto una ricostruzione cronologica del caso di Saman Abbas, alla quale rinvio.

Proprio sul Resto del Carlino, quotidiano dell’Emilia Romagna con una redazione anche a Reggio Emilia, è possibile seguire gli aggiornamenti sulla vicenda di Saman.

Un altro quotidiano di Reggio Emilia in cui trovare le ricostruzioni e gli aggiornamenti sulla vicenda di Saman Abbas è la Gazzetta di Reggio.

L’arresto e l’estradizione del padre di Saman non sono stati facili. Prima bisognava trovarlo, poi che la polizia pachistana lo arrestasse. Ed è avvenuto nel Punjab a metà novembre 2022, dopo un anno e mezzo di latitanza.

La mancanza di precedenti e di accordi tra Italia e Pakistan rendevano complessa la procedura.

   L’ok dei giudici di Islamabad è arrivato il 4 luglio 2023, il consenso delcGoverno pachistano il 29 agosto. 

Ora Abbas può essere in aula, in presenza e non più in collegamento video, davanti alla Corted’Assise reggiana che lo sta processando insieme a quattro familiari.

L’accusa è di aver assassinato la 18enne, probabilmente strangolata, e averne nascosto il corpo, ritrovato in una buca, non lontano da casa, il 18 novembre 2022.

Carabinieri e Procura di Reggio Emilia accusano Shabbar di avere agito in concorso con la moglie Nazia Shaheen, l’unica ancora ricercata, e con i cugini della ragazza Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati nei mesi seguenti al delitto in Francia e Spagna, oltre che con lo zio e fratello del padre Danish Hasnain, anche lui rintracciato in territorio francese.

Proprio Danish ha indicato agli inquirenti dove scavare per trovare il cadavere di Saman, sepolto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 in un casolare diroccato.

Poche ore dopo Shabbar e la moglie presero un volo per il Pakistan.

Fin qui abbiamo le notizie di cronaca, che saranno certo integrate con il processo davanti alla Corte d’Assise. Sono tuttavia sufficienti per una riflessione sulla vicenda.

 

Saman e il delitto d’onore, crimine culturalmente determinato

Unni Wikan, antropologo e docente all’università di Oslo, definisce i delitti d’onore “un omicidio condotto su commissione da parte della famiglia estesa, per ristabilire l’onore dopo che la famiglia è stata disonorata. Come regola, la causa basilare è un pettegolezzo per il quale un qualsiasi membro femminile della famiglia si sarebbe comportato in modo immorale.”

E in nome di questa “cultura” circa 5 mila donne vengono uccise ogni anno dai propri congiunti in nome dell’onore della famiglia.

Molti  studi indicano che i delitti d’onore sono aumentati fra il 1989 e il 2009, forse in funzione dell’estremismo jihadista e del fondamentalismo islamico. O forse a causa del fatto che i delitti d’onore vengono maggiormente riportati e processati, specialmente in Occidente ma anche in Oriente.

Del resto, è noto a tutti noi il ruolo che i media hanno nella rappresentazione del crimine e delle vicende giudiziarie.

Il delitto d’onore è la “pena di morte verso la donna”, e viene invocata in questi casi:

  • quando questa si impegna in una relazione prematrimoniale o extra-matrimoniale,
  • quando viene stuprata,
  • quando non accetta un matrimonio combinato,
  • oppure quando è ritenuta responsabile di comportamenti osceni e disdicevoli

Di solito, ad eseguire la “sentenza” emanata da una sorta di “tribunale popolare” sono il padre, il fratello o uno zio della donna.

Le modalità per lavare “l’onore di famiglia” sono diverse:

  • per avvelenamento,
  • arma da fuoco,
  • accoltellamento,
  • soffocamento

Altre donne che hanno compromesso l’onore familiare vengono:

  • decapitate,
  • bruciate con il fuoco,
  • lapidate,
  • pugnalate,
  • bruciate con l’acido,
  • folgorate,
  • strangolate,
  • seppellite vive

La madre stessa della ragazza “deve” accompagnare la figlia alla punizione “giusta” per ristabilire l’ordine e il decoro familiare; nonché per riabilitarsi agli occhi della collettività.

Gli uomini sono coloro che applicano la giustizia e quindi che materialmente compiono le azioni di violenza e morte.

A volte nei casi di lapidazione vediamo che sono anche le donne a lanciare le pietre.

È evidente il notevole potere della cultura nella commissione dei reati culturali; e il problema che i Paesi occidentali affrontano, in queste vicende, è complesso.

In alcune culture l’onore e la moralità sono viste quale questione familiare collettiva.

I diritti sono collettivi, non individuali. La famiglia, il clan, e i diritti tribali soppiantano i diritti umani individuali. Infatti l’onore è inteso come una virtù comunitaria.

In alcune culture non è considerato un crimine uccidere un “oggetto, qualcosa d’inferiore all’uomo”. Pertanto l’omicidio d’onore continua ad esistere le vittime sono di sesso femminile, di qualsiasi età.

Le donne sono proprietà della famiglia e della comunità: non hanno un’identità autonoma; non sono esseri umani indipendenti, non hanno alcun status giuridico.

Gli uomini pensano anche che le donne siano una loro estensione. Quando violano le regole si sentono colpiti nella loro identità.

Di conseguenza le donne devono inculcare questi principi anche nei loro figli, pena aver fallito come madre.  Infatti il “successo” come educazione familiare avviene quando è lo stesso figlio che insieme al padre iniziano la lapidazione.

E’ un errore credere che l’omicidio d’onore sia legato alla religione musulmana: errore rilevato dal  rapporto della commissione Diritti Umani del Parlamento Europeo.

Questa consuetudine sembra comunque prevalere in quei Paesi dove la maggioranza della popolazione è musulmana, sebbene diversi leader e studiosi islamici abbiano più volte condannato pubblicamente questa pratica.

LA FATWA CONTRO IL DELITTO D’ONORE

Tant’è che il leader sciita Sayyed Mohammed Hussein Fadlallah, è stato autore di una fatwa nell’agosto del 2007 contro il delitto d’onore giudicato «un fenomeno brutale, in crescita nel mondo arabo e musulmano.

In quel mondo, alcuni uomini tendono ad uccidere le loro figlie, sorelle, mogli e parenti femmine, con il pretesto che hanno commesso atti che danneggiano la castità e l’onore.

Nel trattare di questa pratica, non parlo di femminicidio in quanto riduttivo nei casi di delitto d’onore contro le donne. E spiego perché.

Nel caso del delitto d’onore, gli autori possono essere il marito, il padre, il fratello, il cugino, lo zio (la parte maschile della famiglia) motivati dal dover salvaguardare il presunto onore e lo status della famiglia all’interno della società.

Femminicidio e delitto d’onore: la differenza

Perché non parlo di femminicidio, e lo considero anzi un modo di riduttivo di trattare e comprendere il caso di Saman Abbas, la ragazza pachistana di Novellara?

Nella violenza domestica ordinaria che coinvolge gli occidentali, è raro che i fratelli uccidano le sorelle o che cugini maschi uccidano cugine femmine.

Sono invece presenti casi di violenza, nel senso che i padri possono uccidere neonati e bambini (è la “sindrome del bambino scosso”).

Nel caso del delitto d’onore ai danni delle donne, l’assassino è la collettività che arma una parte di sé per riportare l’ordine necessario.

Gli autori dell’omicidio per onore sono soggetti che dal punto di vista relazionale e affettivo non nutrono sentimenti negativi o aggressivi verso la vittima di genere femminile. Quanto fanno è qualcosa che “deve essere fatto”, magari piangendo e rimpiangendo la vittima.

In ogni caso il movente dell’assassinio – nel caso del delitto d’onore, come accaduto con Saman – è riportare ad un ordine, ad un onore, ad una gerarchia socialmente condivisa. Vi è così un monito a tutta la società; e alle donne in particolare.

PIANIFICAZIONE DEL DELITTO D’ONORE

A differenza della maggior parte della violenza domestica occidentale e di omicidi di donne (i femminicidi), i delitti d’onore vengono preparati con cura e pianificati. Spesso non se ne è a conoscenza perché vengono camuffati da incidenti; o da “partenze improvvise”.

La vittima è più volte avvisata, anche per anni, che verrà uccisa se disonora la sua famiglia rifiutando di velarsi, rifiutando un matrimonio combinato; o diventando troppo occidentalizzata.

Inoltre solo i delitti d’onore coinvolgono molteplici membri della famiglia: padri, madri, cugini maschi, zii. A volte persino i nonni commettono l’omicidio; mentre madri e sorelle possono complottare per l’omicidio.

Alcune madri collaborano all’omicidio di prima persona e possono assistere all’atto.

In alcuni casi, anche i vicini e i membri della moschea impediscono alla donna di fuggire, riferiscono dove si trova, e ostacolano le investigazioni della polizia.

Possono essere scelti per effettuare l’omicidio parenti molto anziani o minorenni, così da ridurre il tempo di detenzione in carcere, qualora vengano presi.

I famigliari della vittima, i membri della comunità e, nei Paesi d’origine, anche le autorità legali e governative, possono diventare complici.

Le famiglie e le comunità contribuiscono a coprire l’omicidio mantenendo il silenzio a causa del loro sostegno al delitto d’onore, come atto culturalmente accettabile ed eroico. Altri mantengono il silenzio per paura di ritorsioni.

In Occidente, gli uomini che usano violenza contro la moglie (o nelle relazioni affettive) vengono definiti con termini che attribuiscono loro patologie o brutalità.

Invece, per quanto riguarda i crimini d’onore, gli assassini – nel contesto in cui operano – non vengono definiti devianti, psicopatici, socialmente pericolosi: gli autori non vengono  socialmente stigmatizzati ma sono considerati  “giusti”, dalle loro comunità di appartenenza.

Così che l’omicidio ha il suo effetto sociale previsto, permettendo alla famiglia di origine della donna vittima di delitto, di poter riguadagnare il suo status sociale originario.

Delitto d’onore: la genesi di questo crimine

I delitti d’onore, per riassumere, esigono e rappresentano in modo univoco l’obbligo percepito di giustiziare una donna disonorata in cui i parenti di sangue maschi fungono da assassini. Uccidere è così il mezzo per ripristinare l’onore della famiglia.

Sebbene sia più comune nei Paesi a maggioranza musulmana, questa pratica è presente a livello globale e viene data in aumento.

Non c’è una connessione tra l’Islam e il delitto d’onore ma c’è un sostegno pubblico al delitto d’onore in alcuni Paesi musulmani “tradizionali”; nonostante gli sforzi ufficiali per criminalizzare la pratica.

Un’ultima riflessione riguarda proprio una sottile ma sostanziale differenza sulla criminogenesi del delitto d’onore.

Poiché il delitto d’onore è basato e originato dagli aspetti morali, dalla reputazione e dalla vergogna del soggetto in società “altre”, l’onore di un individuo è intimamente connesso con i suoi famigliari, così come viene collegato con la comunità più ampia.

Di conseguenza, il disonore di una persona può macchiare molte altre.

Le questioni dell'”onore” – e in particolare i delitti d’onore – nelle società moderne necessitano, vista la situazione, di una maggiore riflessione e discussione pubblica, soprattutto nei punti di incontro delle diverse culture.

Quindi gli interventi di prevenzione e interculturali possibili devono attuarsi nelle comunità stesse, per una trasformazione valoriale e morale che prevenga questi delitti.

L’obiettivo è far sì che le norme, le aspettative e le condizioni socioculturali siano riviste in modo tale che nessuno possa concepire il delitto d’onore come un atto onorevole.

Caso di Saman: lettura interculturale del “delitto d’onore”

Mi lascia perplessa come Saman sembri non aver percepito il pericolo che stava correndo; ed è un atteggiamento strano per una ragazza intelligente e sveglia come lei.

Forse la giovane pachistana pensava di essere tutelata dalla denuncia contro i famigliari?

Il fatto è che i cittadini stranieri immigrati ben sanno che non sono tutelati da una denuncia! Saman Abbas non poteva pensare che la sua famiglia, da lei disonorata, l’accogliesse come se nulla fosse successo.


In un articolo di giornale viene riportato il commento di un’amica che dice che Saman aveva paura che il padre la uccidesse; e che l’aveva picchiata.

Torniamo allora a chiederci: come mai la giovane pachistana ritorna a casa? Lei ben conosceva la sua cultura; e cosa è “necessario” fare per il bene della famiglia.

Per la famiglia, Saman ritorna, ma il peccato è stato commesso. Chiediamoci, allora, quale delle due Saman – come le abbiamo viste all’inizio – ritorna a casa con i genitori e i famigliari che la vogliono punire. 

Torna a casa la Saman che porta lo Hijâb, quindi la ragazza pachistana come vorrebbe la famiglia? Oppure a tornare a casa è la ragazza italiana con il piercing?

Quale sia delle due che ritorna in famiglia, per il padre e per la comunità Saman resta sempre una donna peccatrice poiché ha disonorato la famiglia di fronte alla comunità.

Saman ha rifiutato il matrimonio combinato e si è allontanata dalla famiglia senza permesso. La denuncia alle autorità è di secondo piano, dal punto di vista culturale.

LA PUNIZIONE DEL “DISONORE”

In un altro articolo leggo che “tutto era tornato alla normalità con la famiglia”, cosa che non può essere perché un disonore va punito. In questo modo, la comunità d’appartenenza saprà che la “famiglia ha fatto il proprio dovere”.

Sono aspetti culturali dei quali si deve tenere conto in queste vicende. Per comprenderle e per porvi rimedio; e intervenire.

I media ci dicono che Saman e la madre non uscivano mai di casa. Quando uscivano tenevano gli occhi bassi. A Saman era stato precluso il poter continuare gli studi. I social network sono usati solo dagli uomini.

Poiché non è da donne serie mostrarsi in pubblico, secondo il contesto culturale in cui vivono Sto arrivando!man e la madre, le figure femminili devono essere invisibili.

Quindi è chiara la struttura culturale e patriarcale; e quindi il dovere del rispetto dell’onore della famiglia. E l’onore si lava sempre con il sangue.

Forse Saman, descritta come cocciuta e determinata, nella sua foga giovanile e nel suo desiderio di una vita occidentale, ha sottovalutato la cultura delle sue origini. Non ne ha colto la forza che può avere per le persone emigrate, quali suo padre.

Forse pensava di avercela fatta e quindi è rientrata a casa. Non pensando che questo sarebbe stato letto come una sfida dalla famiglia. E decide di fidarsi.

La sottovalutazione del rischio culturale è una trappola nella quale spesso si cade nel nome di non discriminare; o nel timore di essere tacciati come persone contro le persone di origine straniera e contro l’integrazione.

In realtà, la percezione del diritto e dei reati dal punto di vista interculturale è uno dei punti più difficili per l’integrazione nella comunità accogliente; ma anche da parte della comunità d’appartenenza.

Il concetto di delitto d’onore è considerato dalla maggior parte dei cittadini immigrati, comprese le donne, come parte della loro cultura, che deve essere conservata.

Saman non poteva pensare che venisse riconosciuta – come un diritto – la sua scelta del matrimonio; scelta di diritto ma non culturalmente condivisa.

La differenza con la cultura giuridica italiana è abissale, .

Va ricordato che la costrizione o induzione al matrimonio è uno dei reati introdotti dal 2019 nel Codice Rosso; la legge che interviene, in parte innovando in parte modificando, sulla disciplina penale della violenza domestica a tutela delle donne vittime.

La vicenda di Saman Abbas, la ragazza 18enne pachistana vittima – stando a quanto ci hanno detto sin qui i media – ci porta quindi a riflettere, in ottica interculturale, sul delitto d’onore, sui diritti delle donne, sulle situazioni di crimini culturalmente orientati.

Laura Baccaro
@laura_baccaro
www.laurabaccaro.it

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