Quando si può parlare di stalking? E come si configura quale reato? Una guida per le donne e gli uomini.

Lo stalking è un fenomeno sociale che ha attirato l’attenzione sia della stampa che dei ricercatori.

Si tratta infatti di un fenomeno trasversale a tutta la collettività. E di un campo di studio multidisciplinare e interdisciplinare che coinvolge competenze sociologiche, psicologiche, medico legali, psichiatrico-forensi nel sistema di giustizia penale.

Il delitto di atti persecutori di cui all’articolo 612 bis del Codice Penale è stato introdotto con legge n. 38 del 2009. E viene comunemente detto reato di stalking.

Vediamo di definire lo stalking. E di capire come nasce, quali sono gli atti che lo definiscono, in che cosa si distingue dalle molestie.

Infine, il tema del rapporto fra privacy e cyberstalking, ovvero lo stalking via internet o via telefono cellulare.

Qui di seguito ti presento una guida completa. Come Associazione Psicologo di Strada, che presiedo, ci occupiamo di violenza di genere e anche degli autori di reato.

Lo stalking, quindi, rientra nei nostri studi, negli interventi, nella prevenzione e nella consulenza.

Tabella dei Contenuti

La definizione di stalking e stalker 

È difficile avere una definizione univoca del fenomeno perché la percezione del fenomeno è  offuscata e la definizione imprecisa.

Soprattutto perché lo stalking descrive una costellazione comportamentale complessa, può avere diverse motivazioni, non necessariamente psicopatologiche, e una variegata vittimologia.

  • Stalker: “molestatore assillante”, “cacciatore all’agguato”, “chi avanza furtivamente”. Il verbo “to stalk” deriva dal gergo venatorio e letteralmente significa “fare la posta”, “inseguimento”.
  • Stalking (dall’inglese “appostarsi”, “mettere in atto molestie assillanti”, “perseguitare”, “fare la posta“, “inseguimento”, “obsessional following”). Linguaggio mediato dai cacciatori che si appostano nei luoghi frequentati dalla preda. Perseguitare e indurre nell’altra persona, spesso di sesso opposto, un senso di fastidio, intrusione, controllo, paura tanto da compromettere il normale svolgimento delle azioni quotidiane.

Il reato di stalking non può essere solo considerato quel comportamento nel quale “reiterate condotte minacciose di un persecutore causano nella vittima un costante stato di allarme e paura”.

Ma anche “quei comportamenti sottili, insidiosi, e persistenti messi in atto da un molestatore che vengono vissuti dalla vittima con angoscia o apprensione” (harassment).

È una forma di aggressione messa in atto da un persecutore che irrompe in maniera ripetitiva, indesiderata e distruttiva nella vita privata di un altro individuo con gravi conseguenze fisiche e psicologiche.

La vittima non riuscendo a fermare le continue e non gradite intrusioni (di tipo verbale e non verbale) e di controllo, vive in uno stato costante di apprensione e ipervigilanza.

Sviluppa così sentimenti di fastidio, di allarme e di paura che causa danni sul suo funzionamento globale.

Lo stalker può essere una persona conosciuta con cui si ha un qualsiasi tipo di relazione, o con uno sconosciuto in cui ci si è imbattuti per caso.

Nella maggior parte dei casi gli stalker sono maschi ma non è configurabile come un reato di genere.

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Notizie storiche sullo stalkeraggio

La storia ci mostra che il primo caso giudiziario collegabile allo stalking è del 1704 in Svizzera.

Le cronache dell’epoca narrano del dottor Lane che si era invaghito di una ragazza, miss Dennis, e la corteggiava in modo assillante e violento tanto che aveva pure aggredito gli uomini che la scortavano.

Gli viene così imposto il divieto di non avvicinarsi ma durante i suoi “entusiasmi emotivi” aggredisce l’avvocato tanto che sarà processato per lesioni e per turbamento dell’ordine pubblico.

La Corte gli chiederà in pegno una cauzione in denaro, che gli sarà poi restituita se per 1 anno e 1 giorno si comporterà bene (Dennis V. Lane, [1704] 6 Mod 131; 87 ER 887). Non sappiamo però se questo provvedimento abbia funzionato o meno (Mullen e coll., 1999).

Nel corso dei secoli vediamo che questa modalità di comportamento persecutorio, ossessivo, intrusivo, è stato anche utilizzato “legalmente”, e veniva usato dalle Repubbliche Marinare e dalla Serenissima per riscuotere i debiti.

Esisteva la figura della pittima, vestita di rosso, ben visibile a tutti, riconosciuta dallo Stato e pagata dal creditore, in molti casi anche con una percentuale sul credito, che inseguiva il debitore, si appostava sotto casa e lo seguiva giornalmente in tutti gli spostamenti.

Quando il debitore entrava in un negozio, la pittima restava sulla porta e richiamava l’attenzione dei passanti, ad esempio dicendo: “Ah, io sono qua fuori perché sto aspettando Tizio dentro che è debitore verso Caio. Io sono qua per ricordargli il debito che deve pagare”.

Così per giorni e giorni continuava a sfiancarlo, e la pittima non poteva essere toccata dal debitore, pena una condanna ulteriore.

Ad oggi in Spagna esiste il “cobrador del frac”, una sorta di moderna pittima, professione creata nel 2007 da un’agenzia per il recupero crediti.

Il cobrador inizialmente si distingueva perché indossava un frac con tanto di tuba in testa e valigetta nera.

Ora indossa anche altri costumi ad esempio da Zorro, pantera rosa, un frate per essere il più visibile possibile.

L’idea è sempre quella di seguire la persona morosa, appostarsi sotto casa o al lavoro, anche per 24 ore. E, alla faccia della privacy, raccontare poi ai vicini di casa, ai colleghi d’ufficio, agli amici perché sta seguendo il tipo e a quanto ammonta il debito.

Quindi la modalità e il comportamento di stalker non è illegale o deviante ma viene usato anche – legalmente – perché venga riconosciuto quanto spetta di diritto.

Con il termine stalking si intende una serie di azioni accettate socialmente e considerate normali, quali i tentativi di ristabilire una relazione, fino a comportamenti di alta pericolosità, cioè un modello di comportamento che va dalla conformità delle convenzioni sociali fino alla devianza.

È questo il paradosso che rende difficile parlare e definire lo stalking.

Non è una “solita” violazione delle usuali convenzioni normative, formali o informali che siano.

Il comportamento è reato, cioè stalking, “solo” quando avviene un’amplificazione della stessa conformità normativa, ad esempio la ritualizzazione ossessiva del comportamento di corteggiamento.

Ed è proprio l’esasperazione delle “normali” interazioni sociali a produrre ansia e preoccupazione nella vittima, cioè nel costrutto di stalking è centrale la percezione soggettiva della vittima di essere offesa, infastidita e molestata.

Quindi non sono solo le intenzioni e i comportamenti del perpetratore che devono essere presi in considerazione ma anche come tali azioni sono interpretate e percepite dalla vittima.

La vittima è la sola in grado di delineare il vero significato da attribuire alle condotte del molestatore.

Ricevere un mazzo di fiori o frequenti messaggi d’amore non viene considerato, in linea generale, un evento sgradito e negativo.

Tuttavia, nel momento in cui tale fatto è attuato in modo insistente, anche a fronte di un secco rifiuto da parte del destinatario, la paura e il turbamento che ne derivano possono indurre a considerare quel gesto come rientrante in una fattispecie di reato.

Emerge, così, la rilevanza da attribuire all’elemento soggettivo nella percezione delle condotte del molestatore.

La linea di confine tra ciò che è considerato disdicevole e ciò che può configurare un vero e proprio reato è influenzata da elementi quali il carattere, la tolleranza e la reattività della vittima.

Molti autori, a livello internazionale, suggeriscono di usare il criterio della sofferenza soggettiva, ovvero della reazione che viene provocata nella vittima da parte dei comportamenti molesti.

Comunque la reazione della vittima rappresenta un elemento necessario ma non sufficiente per configurare un’ipotesi di reato: in termini generali i confini e i criteri di massima sono posti dagli orientamenti socioculturali prevalenti in un determinato contesto storico.

Lo stalking è anche descritto come estensione al concetto di violenza domestica: questo tipo di rappresentazione ricorda la cosiddetta “ruota del potere” di Duluth.

Si tratta di un “gioco” di potere e di controllo sulla vittima e infatti l’obiettivo dello stalker è il potere, cioè giungere al controllo territoriale e spaziale vero e proprio sulla vittima, così che si trovi prigioniera.

Stalking: cambiamenti culturali e sociali

È un fenomeno che è stato soggetto a mutamenti socio-culturali e di genere importanti.

Ha ha risentito delle trasformazioni avvenute nelle relazioni personali e nei rapporti di coppia, nelle aspettative socio-culturali e familiari, nella gestione delle relazioni ed nel valore attribuito alle relazioni stesse.

Alcuni comportamenti di stalking tendono, o meglio, sono sostenuti da motivazioni che possiamo chiamare “normalizzanti”.

Un esempio sono i tentativi di riprendere un rapporto amoroso, quando una delle parti invece vuole chiudere e dice “ci lasciamo”.

Dall’altra parte c’è invece chi “subisce” la scelta e quel rapporto lo vuole continuare, così da poter ripristinare quella “normalità” che c’era “prima” della decisione del partner di chiudere.

Alcune persone non accettano la fine dei rapporti amorosi e quindi provano, insistono anche per lunghi tempi.

Si tratta di comportamenti che, negli anni precedenti il riconoscimento del reato di stalking, venivano spesso giustificati perché compiuti da soggetti “molto innamorati”. Soggetti ai quali veniva “lasciata” la chance di riprovare e riconquistare l’amato ad oltranza.

C’è stato un cambiamento anche rispetto le abilità comunicative-relazionali-affettive poste in essere da entrambi i partner.

A livello sociale e comunicativo è cambiata anche l’idea della coppia, del fidanzamento, di famiglia.

Tutti questi cambiamenti socio-culturali e normativi hanno contribuito alle modificazioni nella percezione della relazione e nella sua gestione.

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Quando una molestia diventa stalking

Ecco i segnali che ci indicano come una molestia possa essere definita stalking:

  • Lo stalker agisce nei confronti della vittima in virtù di un investimento ideo-affettivo, basato su una relazione reale che si interrompe, relazione a volte parzialmente o totalmente immaginata, oppure frutto di un disturbo psicopatologico (delirio erotomanico per esempio) oppure basato sul desiderio di vendetta.
  • I comportamenti che caratterizzano la comunicazione e /o il contatto sono connotati dalla ripetizione/insistenza/intrusività, con una frequenza alta e con durata molto lunga, a volte anni.

I comportamenti molesti diventano atti persecutori quando sono:

  • consapevoli e intenzionali;
  • reiterati, ripetuti e continuati, insistenti e duraturi (per settimane, mesi, a volte anni, spesso a qualsiasi ora del giorno e della notte). Si ritiene che debbano proseguire per un periodo minimo di 4 settimane ed essere replicati per un numero minimo di dieci manifestazioni;
  • indesiderati, sgraditi e intrusivi tali, cioè, da creare disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore, ansia o paura nella vittima.

Caratteristiche delle azioni di stalking

Gli inseguimenti, le molestie, la persecuzione possono manifestarsi sotto svariate forme.

Possono assumere caratteri di sporadicità o essere manifestazioni insistenti e continue.

Il “molestatore assillante” manifesta tutta una serie di comportamenti quali l’aspettare, l’inseguire, il raccogliere informazioni sulla vittima e sui suoi movimenti.

Possono essere in presenza oppure online, via computer o smartphone.

Sintetizzando i risultati di diversi studi direi di classificare queste condotte in tre tipologie che non si presentano in maniera distinta.

Spesso una tipologia di condotta dello stalker segue l’altra:

  1. comunicazioni intrusive e indesiderate: comprendono tutti i comportamenti con lo scopo di trasmettere messaggi riguardo i propri sentimenti (di qualsiasi tipo essi siano). Vengono usati mezzi di comunicazione quali telefoni, cellulari con sms, email, graffiti, murales, social etc. Possono essere rivolte direttamente ma possono anche consistere in minacce o contatti che coinvolgono la famiglia, gli amici, i colleghi, gli animali domestici;
  2. contatti indesiderati (servono ad avvicinare la vittima) che possono essere attuati sotto forma di: controllo diretto (pedinare, sorvegliare, svolgere le sue stesse attività), controllo diretto online, confronto diretto (visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni)
  3. comportamenti associati: riguardano la cancellazione di servizi intestati alla vittima o il recapito di beni anche a ore inopportune. Oltre a danneggiare e infastidire la vittima questi comportamenti dimostrano l’assoluto controllo che lo/la stalker esercita nella sua vita.

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Modalità degli atti persecutori

Per quanto riguarda le modalità con le quali vengono posti in essere gli atti persecutori queste sono, purtroppo, numerose.

Anche in questo caso, tuttavia, è possibile classificarle in cinque grandi classi:

  • stalking emotivo: è il tipo più diffuso e si tratta della persecuzione perpetrata da ex partner che non riescono ad accettare la conclusione del rapporto affettivo con la vittima. Lo stalker avverte nostalgia e rimpianto per ciò che ha perso, a cui si aggiunge un sentimento di rivalsa personale e autoaffermazione, o al contrario di vendetta e odio.
  • Star stalking: ovvero la persecuzione delle celebrities. Si verifica frequentemente per i corteggiatori inadeguati ed i bisognosi di affetto. Questi soggetti sono mossi da un interesse positivo comprendente sentimenti di adorazione e di ammirazione ossessiva.  
  • Stalking predatorio: è il caso in cui lo stalking è uno strumento con il quale entrare in contatto con la vittima, al fine di catturarla, abusare di lei.
  • Cyberstalking: lo stalker utilizza internet e i social per molestare la vittima, alla quale possono anche venir manipolati i dati personali. Lo stalker non entra mai in contatto fisico con la vittima e per questa ragione si sente maggiormente protetto, inattaccabile, nascondendosi dietro lo schermo di un computer. Nella vittima si genera un senso di ansia e di perdita di controllo della propria vita, come se avvenisse un vero e proprio attacco fisico.
  • Stalking condominiale: è una forma di stalking della quale si sente parlare sempre più spesso. Si tratta delle vessazioni perpetrate da un vicino di casa nei confronti di un altro, magari innescate da un banale litigio condominiale. Da ciò la situazione degenera in atti a rilevanza penale, come ad esempio leggere o sottrarre la corrispondenza altrui, disturbare di proposito etc.. Il condomino vessato vedrà limitata la propria libertà personale e sarà costretto a modificare le proprie abitudini per non incorrere nelle molestie. Nei casi più gravi le vittime sono state addirittura costrette a cambiare casa.

Escalation della violenza

Nello stalking osserviamo una costellazione di comportamenti con una escalation (delusione-frustrazione-rabbia) che parte dall’interesse per arrivare all’aggressione fisica.

Alcuni si limitano a raccogliere informazioni mentre altri possono arrivare a forme di vandalismo, maltrattamento, violenza. Lo stalker diventa schiavo della sua idea ossessiva.

Alcuni raccolgono informazioni ai fini di arrivare a un’intima conoscenza (la vittima può sviluppare fantasie paranoidee).

I contatti indesiderati sono un tentativo di seduzione che se non accolto acquista caratteri angoscianti e minacciosi: fiori, lettere, poesie, telefonate lasciate in attesa, messaggi registrati in segreteria, lettere di odio, recapito di fiori appassiti, foto di animali morti.

Insistenti strategie di osservazione con appostamenti e piccoli tentativi di instaurare la benché minima conversazione anche informando la vittima. Della serie: “Era proprio bello il cappotto che indossavi l’altro giorno”. Anche questo è harassment. A volte gli stalker si fermano qui.

È spesso presente una escalation: vandalismo, maltrattamento, violenza.

I comportamenti di molestie e poi di stalking possono essere considerati reati cosiddetti “sentinella”, ovvero reati che anticipano condotte lesive fino all’omicidio.

Difficoltà a comprendere la lesività dell’atto

Alcuni soggetti mancano o difettano della capacità di mettersi nei panni dell’altro e di ascoltare cosa l’altro sta dicendo.

A volte quei soggetti non vogliono o non sono capaci a condividere emozioni; a volte ci sono problematiche di tipo relazionale o psicologico.

Nello stalking è la normalità, l’atto quotidiano, che viene poi letto, interpretato, vissuto e sentito dalla vittima come lesivo. Anche l’invio di un regalo può essere un’aggressione.

È perciò nell’ottica dell’effetto percepito dell’azione da parte della vittima che vengono definiti ed interpretati come comportamenti-reato. E sono quindi sanzionabili i comportamenti di molestia assillante.

È molto difficile per gli stalker capire che questi comportamenti sono “reati”, cioè come cose da non fare, o meglio che se fai vieni sanzionato.

Spesso, riferendosi alle telefonate e sms continui, gli stalker dicono:

  • “Ma se l’ho sempre fatto e non mi ha mai detto niente come mai ora mi denuncia?”,
  • “Cosa le ho fatto? Si arrabbiava se non le messaggiavo continuamente”

Sono quindi soggetti che non si riconoscono e non si percepiscono quali autori di reato, devianti. Si sentono quindi spesso incompresi e vittime e a loro volta.

Vittime di stalking

La sistematica violazione della libertà personale posta in essere mediante stalking può condurre a reazioni psichiche delle vittime.

Vi possono essere importanti modificazioni e alterazioni della sfera emotiva, affettiva e relazionale; che possono sfociare in un vero e proprio disturbo psicopatologico.

La vittima stalkizzata (stalking victim) vive in uno stato di allerta, emergenza, stress psicologico derivanti dalla pressione psicologica.

Il tutto è legato alla “coazione comportamentale” e del “terrorismo psicologico” effettuato dallo stalker.

Questi vissuti derivano dalla percezione dei comportamenti persecutori come sgraditi, intrusivi, fastidiosi. E dall’angoscia e preoccupazione derivanti dalla paura per la propria incolumità.

Il fatto che lo stalking spesso si protragga per molti mesi o anni lo distingue da altri crimini interpersonali “acuti”.

Lo stupro, la rapina – ad esempio – si verificano una sola volta in uno spazio di tempo relativamente breve. Lo stalking è, invece, per sua stessa natura “cronico”.

A causa di questa “cronicità” dei reiterati e persistenti comportamenti di stalking, le vittime vivono in uno stato di minaccia persistente, senza dipendere dal fatto che una minaccia esplicita esista o esista un reale violenza fisica.

Inoltre altra peculiarità in molti casi le persone vicine al bersaglio dello stalker diventano poi, a loro volta, vittime del comportamento di molestia.

Lo stalking infatti è un comportamento che può coinvolgere anche famigliari, parenti e amici della persona presa di mira, mettendoli in pericolo e riducendo drasticamente la loro qualità di vita.

Purtroppo sono ancora scarse le ricerche volte a stilare i fattori di rischio di vittimizzazione, eccetto la maggior probabilità per il sesso femminile.

Pathè, Mullen e Purcell (2001) classificano le vittime secondo la relazione con l’aggressore e il contesto iniziale delle molestie:

  • Ex-Partner: la vittima è tipicamente una donna, benché non manchino casi di uomini perseguitati da ex-mogli. C’è anche una piccola percentuale di stalking perpetrato anche da aggressori dello stesso sesso della vittima. Vista la precedente relazione sentimentale con il molestatore, queste vittime sono soggette a lunghi periodi di molestia, e sono più probabilmente oggetto di violenza fisica. Spesso oltre allo stress emotivo, le vittime sviluppano un forte senso di colpa, credendo di aver istigato il comportamento dello stalker. 
  • Amici e conoscenti casuali: la vittima è generalmente un uomo, preso di mira dopo un incontro occasionale. Lo stalking è poco persistente e non arriva quasi mai alla violenza fisica.
  • Professionisti: senza distinzione di genere, possono diventare bersaglio di stalking tutte quelle professioni che prevedono un regolare contatto con persone sole, vulnerabili o disturbate mentalmente. Insegnanti, avvocati o infermieri ne sono un esempio, sebbene le categorie più a rischio siano rappresentate da psicologi e psichiatri. Operano in questa categoria stalker “incompetenti”, “in cerca di intimità” o “rifiutati”, soggetti quindi, incapaci, di rispettare il confine della relazione terapeutica il cui eventuale termine può costituire un momento di stress e un vissuto abbandonico facilmente interpretabile come un rifiuto. 
  • Sconosciuti: le vittime perseguitate da sconosciuti corrono un minor rischio di violenza fisica. Però i sentimenti più frequenti sono quelli di confusione e disorientamento per l’incapacità di dare un senso alle persecuzione e all’identità dello stalker tanto che diventa perfino difficile uscire di casa. 
  • Persone famose: le vittime sono persone con una grande visibilità pubblica e mediatica come attori, modelle, cantanti, campioni sportivi o politici.
  • False vittime: le vittime inventano lo stalking come conseguenza sia di una patologia (deliri o disturbi fittizi) sia di una consapevole macchinazione ai danni di qualcun altro.  

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Stalking online: privacy e cyberstalking

Ilcyberstalking è una forma di comunicazione indesiderata effettuata attraverso l’uso di e-mail, siti web e chat rooms.

Questa connessione elettronica costituisce il mezzo per minacciare la vittima, sommergerla di messaggi, inviarle virus telematici, pubblicare un sito materiale personale o diffamatorio.

Lo stalker via Internet può assumere l’identità della vittima, consentendo così allo stalker di effettuare, oltre alle esplicite molestie, una forma di sorveglianza nascosta.

Un programma di sorveglianza nascosta via computer si chiama Trojan Horse: si installa nel computer della vittima attraverso l’allegato a una e-mail.

Il Trojan Horse è un “cavallo di Troia” che consente un accesso e un controllo al suo computer ogni qual volta la vittima si connetta a internet, consentendo anche un monitoraggio visivo della vittima.

Lo stalker, in questi casi, resta anonimo tramite l’uso di nomi falsi o tramite l’uso di servizi di indirizzamento della posta elettronica. Questi servizi consentono di rimuovere tutti gli identificativi personali, normalmente inclusi nelle e-mail, prima che esse vengano spedite.

Un altro punto su cui riflettere è la non accettazione del limite della privacy.

A volte lo stalker sembra essere quasi un grande occhio che controlla e si insinua nelle nostre vite.

Sono cambiati anche i canali di comunicazione e di relazione che falsamente creano e amplificano un senso di intimità e di condivisione fra le persone.

I giornali e i social network riportano notizie, episodi dettagliati rispetto la vita privata di personaggi famosi o “amici” che conosciamo solo con un “mi piace”. 

Proprio per la quantità di informazioni in nostro possesso, crediamo di conoscere “davvero”, di esserne amici. Ovvero nella realtà virtuale si crea un falso senso d’intimità.

Avviene così che io credo di conoscere un tale e quindi “posso” mettere in atto comportamenti “da amici”, in un allargamento unilaterale degli spazi di intimità.

In questi spazi allargati di intimità penso di essere accettato o di potermi concedere alcune parole o atteggiamenti.

In realtà, le regole di comunicazione e di rapporto non sono state convenute tra le parti. Quindi c’è un fraintendimento dell’intimità e del limite rispetto a quanto posso fare/dire, come posso ma, soprattutto, se posso.

Siamo in conclusione. Spero di averti guidato attraverso il fenomeno dello stalking.

Dal comprendere cos’è lo stalking, come si distingue da una molestia, quando si può parlare di stalking. E quando si configura il reato di stalking.

Laura Baccaro
www.laurabaccaro.it

 

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