Il primo caso di relazione tra inquinamento industriale e malformazioni fetali nella serie Netflix.
Per anni un fango denso e scuro ricopre le strade di Corby.
Quando il pallido sole inglese lo asciuga, si trasforma in una polvere sottile e persistente, che si insinua ovunque.
Se «certi posti ti entrano dentro», per gli abitanti della città è fin troppo vero: la nube terrosa è una presenza invisibile e costante negli anni Novanta, a cui ci si abitua come a un coinquilino disordinato.
Ma quella polvere è una lama sottile: si deposita su tutto, si mescola all’aria, penetra nei corpi. Fino a trasformare il paesaggio industriale in un’arma letale.
Le conseguenze non tardano ad arrivare.
A testimoniarlo sono le madri di Corby, custodi di una verità dolorosa, scritta nei corpi dei loro figli: malformazioni agli arti, organi compromessi, fragilità sistemiche.
I loro bambini non sono mai stati “difettosi”, ma vittime di un sistema economico che ha anteposto il profitto alla vita. Sono il segno tangibile di un crimine ambientale.
La miniserie Toxic Town (Netflix) porta finalmente in televisione quattordici anni di indagini, processi e sofferenze su questa grave negligenza industriale.
Ma anche la storia di una comunità costretta a combattere da sola contro il proprio Consiglio comunale: una lotta vera che conserva ancora oggi tutta la sua drammatica attualità.
L’ “ERIN BROCKOVICH” EUROPEO CON UN TOCCO DI HUMOR BRITISH
I quattro episodi della miniserie dissotterrano uno dei più gravi scandali ambientali della Gran Bretagna: il caso dei rifiuti tossici di Corby.
Toxic Town racconta questa tragica vicenda senza pietismo, con delicatezza e un pizzico di umorismo, per ricordare lo «spirito combattivo» e il «calore» della comunità di Corby. Non solo il suo dolore.
Una nota di merito va anche alla colonna sonora: un viaggio tra i migliori brani degli anni d’oro della musica pop inglese.
Scritta da Jack Thorne e diretta da Minkie Spiro, la serie Netflix vanta infine un cast d’eccezione con Robert Carlyle (Trainspotting), Rory Kinnear (007) e Brendan Coyle (Downton Abbey).
LE MAMME DI CORBY: TRAMA DELLA SERIE NETFLIX
Toxic Town segue tre giovani madri: Susan McIntyre (Jodie Whittaker), Tracey Taylor (Aimee Lou Wood, Sex Education) e Maggie Mahon (Claudia Jessie, Bridgerton).
I figli di Susan e Maggie nascono entrambi con anomalie agli arti, mentre la figlia di Tracey viene al mondo con un cuore a due camere. Morirà dopo soli quattro giorni.
Questa sofferenza rimane a lungo senza spiegazioni, lasciando le mamme in preda ai rimorsi e ai dubbi di essere loro le colpevoli di questo dolore.
Finché un’inchiesta giornalistica non svela la verità: dietro i problemi dei loro figli si cela una grave negligenza industriale. Un crimine insabbiato dal Consiglio della città.
La legge è però «una bestia complicata» e servono quasi 15 anni di battaglie legali per ottenere giustizia.
Alla fine, le coraggiose mamme di Corby riescono a lasciare un segno indelebile nella storia dei diritti ambientali.
Rifiuti tossici di Corby: la vera storia di Toxic Town
Corby, Midlands. In una città industriale a due ore di macchina da Londra, si cela una lunga tradizione siderurgica.
Per mezzo secolo, dagli anni Trenta agli anni Settanta, l’acciaieria British Steel è infatti il cuore pulsante della comunità.
La florida situazione lavorativa attira anche un significativo flusso migratorio, soprattutto dalla Scozia, come testimonia il curioso accento di Corby.
Tuttavia, la recessione degli anni Settanta segna una svolta drammatica: nel 1981 l’acciaieria chiude, lasciando migliaia di lavoratori in una condizione di precarietà.
LA LETALE BONIFICA INDUSTRIALE: ANTEFATTI
Sigillate le porte dell’acciaieria, il Consiglio comunale avvia un ambizioso programma di bonifica industriale.
Tra il 1984 e il 1999, 200 milioni di tonnellate di rifiuti tossici vengono quindi trasportati verso una cava situata a nord del sito.
Tra molte difficoltà, alla fine Corby sembra riuscire finalmente a girare pagina.
Il moderno progetto di riqualificazione si trasforma però ben presto in una minaccia letale per la salute pubblica dei cittadini.
«PICCOLI BOCCIOLI» AL POSTO DELLE DITA: IL CRIMINE AMBIENTALE E SANITARIO
Negli anni Novanta, alcuni “campanelli d’allarme” iniziano a destare preoccupazione quando, nel giro di poco tempo, a Corby nascono quattro bambini con gravi malformazioni.
Un incontro casuale in ospedale tra Joy Shatford e Susan McIntyre segna il punto di svolta: i loro figli sono venuti al mondo con difetti congeniti quasi identici. Non può essere una coincidenza.
Ma solo nel 1999, grazie a un articolo del Sunday Times, emerge per la prima volta un legame pubblico tra la bonifica dell’acciaieria e le anomalie nelle nascite.
L’inchiesta del Sunday Times spinge inoltre altri genitori a farsi avanti.
Nel giro di poco tempo, circa 18 famiglie si uniscono a Joy e Susan. I loro bambini, nati tra il 1992 e il 1999, presentano malformazioni congenite e vivono tutti a breve distanza l’uno dall’altro.
Così ha inizio uno dei più importanti casi ambientali della storia inglese.
DES COLLINS E I 4 PILASTRI DELLA CAUSA
Con il prezioso supporto dell’avvocato Des Collins, nel 1999 le mamme di Corby cominciano una battaglia legale contro il Consiglio della città.
Il percorso per la giustizia è però lungo.
Per arrivare in aula, bisogna infatti dimostrare con sicurezza e scientificità i “4 pilastri” del caso:
- l’esistenza di un cluster epidemiologico;
- il nesso causale tra l’esposizione ai rifiuti tossici e i difetti alla nascita;
- la violazione degli obblighi di legge;
- infine, la negligenza volontaria.
UNA SCELTA STRAZIANTE A FAVORE DEI NUMERI
Per prima cosa, il team legale deve dimostrare l’esistenza di un cluster epidemiologico. E una decisione dolorosa si rende necessaria.
Per rafforzare la solidità del caso, infatti, gli avvocati includono nella causa solo i bambini con deformità agli arti superiori e inferiori. Vengono così lasciati da parte alcuni nomi, non però senza rimorsi.
Seguendo un rigoroso metodo scientifico, Collins passa poi a verificare che nessuna delle famiglie coinvolte abbia precedenti genetici.
Alla fine, con il supporto di esperti in medicina fetale, emerge un dato sconvolgente: l’incidenza delle malformazioni a Corby è quasi tre volte più elevata rispetto a quelle registrate nelle zone circostanti.
I numeri non mentono.
LA MEDICINA FETALE FA CHIAREZZA
Per dimostrare il nesso causale tra l’esposizione ai rifiuti tossici e i difetti alla nascita, l’indagine richiede:
- studi epidemiologici comparativi;
- analisi tossicologiche dei contaminanti;
- mappatura temporale e geografica delle malformazioni;
- ricostruzione delle vie di esposizione materna durante la gestazione.
Alla fine, le evidenze scientifiche dimostrano il nesso causale con un margine di certezza prossimo al 100%.
Per la scienza, quindi, le mamme di Corby hanno respirato il veleno: una sottile pozione industriale che ha avvelenato i loro bambini prima ancora di nascere.
NEGLIGENZA INDUSTRIALE: UN LAVORO «SCONSIDERATO»
Le indagini lo dimostrano: la contaminazione tossica di Corby non è il frutto di un singolo incidente, bensì di anni di indisciplinata bonifica industriale.
In una nota del 1996, un revisore del Consiglio descrive il processo perfino come «sconsiderato» e privo di qualsiasi supervisione.
Durante i lavori infatti:
- i materiali tossici dell’ex acciaieria sono stati spostati senza adeguate misure di contenimento: le ruote dei camion non venivano lavate, i mezzi non erano coperti e il trasporto dei rifiuti tossici lasciava l’area ricoperta di detriti.
- inoltre, il particolato con metalli pesanti si disperdeva nell’atmosfera, trasformandola in una «zuppa atmosferica di materiali tossici».
Documenti interni e testimonianze non rivelano però solo la negligenza.
Le prove dimostrano anche la piena consapevolezza del Consiglio sui rischi ambientali e sanitari che stavano correndo.
Alla fine la vicenda non può quindi essere letta in un altro modo: il caso dei rifiuti tossici di Corby è stato causato da una deliberata trascuratezza industriale, sacrificando la sicurezza pubblica in nome del profitto.
UN’AZIONE LEGALE STORICA: IL VERDETTO
Solo nel 2005, l’Alta Corte concede il via libera: trenta madri di Corby avviano un’azione legale contro il Consiglio comunale.
E dopo quattro anni di duro lavoro, il 29 luglio 2009 arriva finalmente una sentenza: per la prima volta al mondo, un tribunale stabilisce un nesso giuridico tra esposizione ai rifiuti tossici e difetti congeniti.
Il caso Corby Group Litigation v. Corby Borough Council si conclude così con un verdetto epocale.
Il Consiglio viene infatti riconosciuto colpevole di negligenza, disturbo della quiete pubblica e violazione degli obblighi di legge. E condannato a risarcire le famiglie con oltre 14 milioni di sterline.
Una vittoria che segna un punto di svolta nella giurisprudenza ambientale.
Un ponte verso altri casi e l’importanza della giustizia ambientale
Toxic Town non è la semplice cronaca di una tragedia isolata.
La vicenda di Corby è parte di un quadro più ampio, in cui la salute pubblica è spesso sacrificata a favore del vile denaro. È successo con:
- il caso di Erin Brockovich: trent’anni di contaminazioni da cromo esavalente nelle acque di Hinkley (California);
- l’inquinamento da PFAS in Veneto e in altre zone del nord Italia, così come il disastro ambientale della Terra dei Fuochi;
- il caso Love Canal: un quartiere di Niagara Falls costruito sopra un sito di smaltimento di rifiuti chimici.
Queste storie hanno un filo conduttore: comunità che si trovano a lottare contro istituzioni che dovrebbero proteggerle.
Corby non fa eccezione, e la serie Netflix lo racconta con forza.
Ed è stata la determinazione delle madri a fare la differenza: non solo un atto di resistenza, ma una scintilla capace di innescare un cambiamento sociale profondo.
IL MESSAGGIO DELLA MINISERIE NETFLIX
Toxic Town è più di un racconto di giustizia ambientale.
È la prova che anche le piccole comunità possono sfidare poteri più grandi e riscrivere la loro storia.
Questo caso ci mostra infatti che l’inquinamento non è solo una questione ecologica, ma un tema di giustizia e diritti umani.
Ma, soprattutto, il fuoco di queste mamme ci insegna che senza la voce delle persone, molte verità resterebbero sepolte. Proprio come lo è stata troppo a lungo quella su Corby.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 10.03.2025
Toxic Town: trailer della serie Netflix sulla storia vera di Corby
Steeltown: la canzone dei Big Country su Corby
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


