La morte di 13 detenuti diventa l’occasione per raccontare la realtà delle carceri italiane.

Cosa succede nelle carceri italiane? viene da chiedersi ascoltando il podcast di Luigi Mastrodonato, che fa luce su una strage – 13 detenuti morti nel marzo del 2020 – passata sotto silenzio.

Perché dovremmo, noi bravi e liberi cittadini, occuparci di persone oscure, per giunta pregiudicate (o comunque con conti aperti con la giustizia), che sono morte dopo una sommossa in alcuni istituti penitenziari?

La risposta sta in un due semplici verità:

  • lo stato delle carceri (dall’edilizia ai programmi di rieducazione al rispetto dei diritti dei detenuti) è lo specchio della salute di una società;
  • se lo stato delle carceri versa in gravi condizioni, tutti noi siamo a rischio, perché uno Stato che non rispetta i detenuti è ad alto rischio di non voler (o saper) rispettare neppure gli altri cittadini e cittadine

Come spiega l’articolo di presentazione scritto sul magazine Il PostTredici, il podcast scritto e raccontato da Luigi Mastrodonato, racconta come le carceri italiane arrivavano a marzo 2020 in uno stato già molto precario.

Uno stato denunciato pochi mesi prima dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, un organo parte del Consiglio d’Europa.

La pandemia e la paura che ne è conseguita hanno di fatto peggiorato la situazione – sottolinea l’articolo del Post: per evitare i contagi si sono ulteriormente ristrette le già risicate libertà disponibili.

Vi è stata la sospensione dei colloqui con i famigliari in presenza, dei permessi di lavoro e di quelli premio, e in alcuni casi anche delle telefonate.

L’introduzione di queste limitazioni, la mancanza di una comunicazione chiara rispetto ai rischi causati dal virus, la consapevolezza di vivere in posti estremamente sovraffollati in un momento in cui era imposto il distanziamento fisico hanno scatenato rivolte in decine di istituti italiani.

Carcere - strage di detenuti - podcast Tredici - Il Post - Photo Denny-Muller-uWYedErgXgU-Unsplash

Carceri: rivolte e assalto alle infermerie per il metadone

Tutte le rivolte, prosegue l’articolo del Post, hanno un elemento comune: l’assalto alle infermerie da parte dei detenuti per depredare il metadone, un oppioide usato per ridurre l’assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da stupefacenti.

In pratica, il farmaco usato per disintossicarsi. I tredici detenuti sono morti proprio così, per overdose da metadone.

Una versione data per buona dalle istituzioni sin dalle prime ore, ma su cui con il passare del tempo si sono accumulati i dubbi.

Questa è una storia di cose dette e non dette, di documenti giudiziari che sostengono una cosa e di fascicoli sanitari che ne certificano altre, di testimonianze che si contraddicono.

Siamo di fronte a una storia, raccontata in cinque episodi dal podcast Tredici, dove tanti elementi non tornano sui tempi dei soccorsi, sulle perquisizioni, sui segni delle violenze e sul modo in cui sono state condotte le autopsie.

Una storia di tredici persone morte nel silenzio e di cui per settimane nemmeno si è saputo il nome.

È una storia di cui probabilmente molti di voi non hanno mai sentito parlare, perché i detenuti sono fantasmi tanto da vivi quanto da morti. Una storia che scatta una fotografia terribile dello stato delle carceri italiane.

La peggiore strage nelle carceri italiane

La storia della peggiore strage nelle carceri italiane del dopoguerra è raccontata da Luigi Mastrodonato in un podcast di cinque puntate, disponibili online.

Si chiama Tredici come tredici sono i detenuti morti in circostanze mai del tutto chiarite tra l’8 e l’11 marzo 2020. È prodotto dal Post e si può ascoltare gratuitamente sull’app del Post (scaricala qui).

Il podcast Tredici è possibile ascoltarlo anche sulle principali piattaforme di podcast, come Spotify Apple Podcasts. Di seguito il trailer.

Fabrizio De Andrè - Nella mia ora di libertà - carcere - giustizia- canzone d'autore - copertina

Le puntate del podcast Tredici

Di seguito puoi leggere la presentazione delle cinque puntate del podcast scritto e curato da Luigi Mastrodonato e presentato dal magazine Il Post

La presentazione delle cinque puntate di Tredici è quella che viene fornita ufficialmente dal podcast di Mastrodonato.

EPISODIO 1: 12 UOVA

Nel marzo 2020, mentre l’Italia entrava in lockdown, tredici detenuti morivano nel giro di 72 ore durante le rivolte scoppiate in alcuni istituti penitenziari del Paese.

Per lo Stato sono morti di overdose da metadone, una versione data per buona già dopo poche ore, quando le indagini ancora dovevano cominciare.

Nel corso di questi tre anni però sono emersi elementi e testimonianze che fanno venire dei dubbi su quei tredici morti.

Silenzi, contraddizioni, buchi spaziali e temporali, che lasciano la sensazione che ci sia ancora molto da scoprire su quei giorni. 

Tutti questi elementi inducono a una riflessione necessaria sul carcere. Un luogo di rieducazione che sembra aver rinunciato al suo scopo originario. Un corpo oscuro sotto molti aspetti, che non riusciamo o non vogliamo capire.

Perché 13 persone sono morte nel giro di 72  ore mentre si trovavano nelle mani dello stato? Come hanno avuto accesso a tutto quel metadone in carcere, uno dei luoghi più controllati e sorvegliati che esistano?

Perché su alcuni di quei corpi sono state fatte autopsie solo parziali, mentre su altri nemmeno sono state eseguite? Come mai su molti di quei corpi sono stati rinvenuti segni di violenze?

EPISODIO 2: L’INFERMERIA

Nel carcere di Modena la rivolta si innesca verso l’ora di pranzo e ha diverse fasi. Il saccheggio del carcere da parte di alcuni rivoltosi. La fuga degli agenti penitenziari. L’assalto dei detenuti all’infermeria per sottrarre psicofarmaci e metadone.

E poi le altre fasi. Le negoziazioni tra i rivoltosi e la dirigenza del carcere. L’irruzione degli agenti in tenuta antisommossa. L’ingresso dei soccorsi.

Ma c’è un capitolo più tragico degli altri: si consuma verso le otto e venti di sera. Nel cortile del carcere Sant’Anna di Modena viene registrato il decesso di una persona. Quella persona è un detenuto.

Alle otto e venti di sera dell’8 marzo 2020, nel cortile del carcere Sant’Anna di Modena, muore la prima delle tredici persone che perderanno la vita nel giro di poche ore.

Tutti e tredici moriranno mentre si trovano sotto la custodia dello Stato.

EPISODIO 3: TREDICI

Nella notte tra l’8 e il 9 marzo 2020 c’è un bel via vai dentro e fuori dal carcere di Modena.

La costante è il rumore delle sirene, che suonano per motivi diversi. Ci sono le forze dell’ordine che raggiungono l’istituto in aiuto ai colleghi.

Ci sono le ambulanze che portano personale sanitario in supporto a quello già presente. Ci sono i mezzi di soccorso che lasciano il carcere per portare via chi sta male.

EPISODIO 4: NIENTE DA RILEVARE

Quando Salvatore arriva ad Ascoli viene visitato da un medico. L’articolo 11 della legge sull’ordinamento penitenziario stabilisce che la visita dei detenuti trasferiti non è obbligatoria solo alla partenza, ma anche all’ingresso in un nuovo istituto.

Ad Ascoli quella notte rispettano la legge, almeno all’arrivo. Il medico di turno pone due sigle nella cartella clinica di Salvatore. Ndr e Abs. In gergo, “Niente da rilevare” e “apparente buona salute”.

Salvatore, insomma, sta bene. O così sostiene il medico che lo visita. Gli viene dato un tranquillante e verso le tre di mattina è mandato nella cella 52, al secondo piano.

In stanza con lui c’è un altro detenuto. Dopo circa cinque ore il compagno chiama aiuto.

EPISODIO 5: FANTASMI

Le storie dei morti in carcere di marzo 2020 sono storie di fantasmi. Persone che per settimane si pensava fossero ancora vive, o quanto meno questa era la prospettiva dei loro familiari.

Persone che per 40 giorni non hanno avuto un nome e che sono rimaste semplicemente i morti di Modena, di Rieti e di Bologna.

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Carceri, società e media

Del podcast Tredici mi ha colpito il rigore, il dettaglio e la chiarezza nella ricostruzione di questa strage di persone carcerate che sono state lasciate morire – e in alcuni casi con il sospetto che le si sia fatte morire – tra l’indifferenza generale.

È vero che durante il lockdown eravamo tutti distratti e presi da altro. Il problema è che i media italiani, giornali in testa, non tematizzano la questione carceraria, così come non tematizzano tanti altri argomenti che toccano da vicino i cittadini.

Oltre il carovita, la guerra in Ucraina, le cronache politiche sulle minuzie di un governo inconcludente non si va. Oltre i servizi, da ufficio stampa, su questo o quello spettacolo, i reportage naturalistici o turistici e qualche fatto di cronaca nera, i giornalisti non si muovono.

Il giornalismo è “routinizzazione dell’imprevisto”, ci dicono i sociologi. L’informazione non deve solo trattare la “novità” ma anche certe continuità che ci raccontano il mondo in cui viviamo, faceva notare Sergio Lepri, per tanti anni direttore dell’agenzia Ansa.

Non solo. Il giornalismo deve essere una cartografia dell’esistente, ci dicono gli studiosi del saggio americano The Elements of Journalism. Deve essere una mappa per orientarci in una società maledettamente complessa.

C’è qualcosa di tutto questo nei media italiani? Di sicuro non ci sono i temi scomodi, come la strage di detenuti nelle carceri italiane – nel 2020 – di cui tratta il podcast Tredici.

Quello di Luigi Mastrodonato è un podcast che unisce al giornalismo di qualità, quello vero che scava e indaga e racconta, una grande umanità. Quelle tredici persone, con i loro nomi e le loro storie e le loro vite, ci restano dentro.

Diventano nostri fratelli. E ci spingono ad alzare la voce perché – loro e altri che di certo sono morti senza essere neppure portati alla luce delle statistiche – quella strage di cui parla il podcast Tredici non passi sotto silenzio.

E perché le colpevoli omissioni delle Procure, delle direzioni carcerarie e di chi gestisce le patrie galere siano denunciate come meritano quelle tredici vite colpevolmente spezzate e condannate al silenzio da colpevole omertà. 

Maurizio Corte
corte.media