Un’attrazione irresistibile, gli ostacoli a una passione senza tempo: su Netflix un “thriller romantico” fra passato e presente.
A Londra, una giornalista d’inchiesta scopre, nell’archivio del giornale dove lavora, una serie di lettere d’amore segrete risalenti agli anni sessanta.
E qui scatta la prima coincidenza, in una storia dove ogni svolta si gioca proprio sull’aggancio (e sullo sfasarsi) degli eventi.
Quelle lettere trovate dalla reporter portano alla luce una relazione clandestina fra una giovane donna sposata, e infelice, e un altrettanto giovane giornalista, separato e con un figlio che non può vedere. Due bisogni d’amore che si incontrano quasi per caso.
Il film L’ultima lettera d’amore, su Netflix, è ispirato al bestseller della scrittrice inglese Jojo Moyes (Io prima di te), pubblicato nel 2008.
L’ultima lettera d’amore: la trama del film
Jenny Stirling (interpretata da Shailene Woodley) è una donna dell’alta borghesia. Una donna che ha il solo ruolo di moglie, in una situazione tipica degli anni sessanta del Novecento.
E’ sposata a un ricco uomo d’affari, Larry Stirling ( interpretato da Joe Alwyn), più concentrato su se stesso e sui propri affari che sulla donna che ha sposato.
Questa situazione dà a Jenny l’agio di poter condurre una vita assai agiata, fra la lussuosa casa di Londra e la villa incantevole dell’estate in Costa Azzurra.
Tuttavia, a Jenny manca – forse senza saperlo – il corteggiamento e l’amore autentico, passionale, di cui ha bisogno.
Jenny ha perso la memoria in un incidente d’auto, tant’è che il film ha inizio con il suo rientro a casa dopo il ricovero in ospedale, a Londra. Anche l’incidente si colloca nel quadro di quel tipo di coincidenza che cambia una vita.
Impegnata a riacquistare la memoria, cerca di capire la persona che era e com’era la sua vita prima dell’incidente.
Quando scopre le lettere d’amore, nascoste nelle sue stanze, che erano indirizzate a lei da un ignoto Boot, cominciano a risvegliarsi i ricordi.
Viene allora alla luce la relazione che ha avuto con il giornalista Anthony O’Hare chiamato Boot (interpretato da Callum Turner).
La loro è stata una passione nata sotto il sole e nelle atmosfere dei favolosi anni sessanta in Costa Azzurra.
Jenny e Boot (così si fa chiamare il giornalista Anthony O’Hare) si erano innamorati perdutamente, ciascuno alla ricerca di un senso alla propria vita. Ciascuno desideroso di vivere veramente, non puramente trascorrere i giorni, come direbbe Ernest Hemingway.
Una storia d’amore fra gli Anni ’60 e l’oggi
La storia viene portata avanti, ai giorni d’oggi, dalla giornalista londinese Ellie (intrepretata da Felicity Jones), che ha alle spalle una delusione amorosa e passa da un ragazzo all’altro senza neppure ricordarne il nome.
Nell’accedere all’archivio, la giornalista Ellie s’imbatte in due sorprese, che sono altrettante coincidenze:
- una lettera d’amore dimenticata, scritta alla donna sposata Jenny dal giornalista corteggiatore Boot;
- l’archivista Rory (interpretato da Nabhaan Rizwan), alquanto pedante e poco collaborativo
Dalla scoperta della lettera, la giornalista Ellie non può che trarre la domanda che tutti noi giornalisti ci faremmo. E che anche chi vede il film si pone, con sempre più trepidazione: che sviluppo ha avuto quella storia d’amore?
E ancora: Jenny e Boot si sono amati, si sono incontrati, hanno condiviso un tratto di vita assieme? Che fine hanno fatto i due amanti, lui che la conquista con le sue lettere d’amore irresistibili; e lei che lo prende con la sua voglia d’incontro?
La storia merita di essere ascoltata e il film merita tutta la nostra attenzione. E la partecipazione.
Chi ama scrivere, non può che cogliere la capacità di coinvolgimento che il giornalista Boot sa esprimere nelle lettere all’amata Jenny.
Dalla parte di Jenny, chi sogna l’amore assoluto si trova giocoforza a capire quanto meriti spendersi in una relazione che vale una vita. E quanto sia maledettamente difficile fare scelte impegnative; specie quando il caso o il destino ci si para davanti.
Backstage del film “L’ultima lettera d’amore”
Ogni film ha i suoi segreti, dietro la macchina da presa. E quando le luci del set si spengono.
Anche per questo il cinema ha un fascino particolare, diverso dal mondo del teatro.
Vediamo cosa raccontano le due protagoniste del film L’ultima lettera d’amore.
Da un lato c’è Jenny, la giovane donna borghese che vive nei favolosi anni sessanta. Anni sessanta che – te lo dico per esserci vissuto – sono assai favolosi nel nostro immaginario.
Certo, era un mondo – quello dei sixties – assai meno complicato di oggi. C’erano meno televisioni, meno film e non c’erano (per noi comuni mortali) Internet e i suoi social media.
Dall’altro lato c’è la giornalista Ellie, un poco impacciata e molto supponente.
Come fai a fare il giornalista senza essere supponente? E’ accaduto a chi, fra tutti noi, alla fine ha fatto il giornalista (o la giornalista): ti pare di svolgere una missione, perché ti interessi alla vita della gente.
E la vuoi davvero capire, quella strana gente d’attorno, per poterla raccontare.
Poi capita che t’innamori. E allora l’obiettività del giornalista s’impiglia nella passione senza giorno della passione.
Quando la scrittura vince sul resto
L’ultima lettera d’amore è un film drammatico, e per questo mi è piaciuto guardarlo: per cogliere i passaggi esistenziali più difficili, le eterne battaglie, gli inevitabili ostacoli che si frappongono fra noi e la realizzazione di un nostro sogno.
Il film è anche una storia romantica. Qualcosa di assai lontano da passaggi sdolcinati, situazioni scontate, caricature dei fotoromanzi.
Un dato è certo: le vite, in amore e nei drammi, si assomigliano. Così accade anche per un dramma romantico: basti pensare al modello di tutti gli sceneggiatori, qual è il romanzo di Lev Tolstoj, Anna Karenina.
Il rischio di rivedere scene già viste e situazioni scontate era alto, nel film L’ultima lettera d’amore.
L’aver portato la narrazione su due livelli – gli anni sessanta e l’oggi – ha consentito però di dare alle atmosfere vintage, di conferire agli inevitabili incontri e agli struggenti addii un qualcosa di originale.
Affascinanti, sia nell’ambientazione degli anni sessanta che nel quotidiano odierno, gli abiti, i gesti e i contesti, le emozioni.
Quella che vince, tuttavia, è la scrittura. La parola scritta.
A vincere – nell’età dei social e dei messaggi via whatsapp – è quell’insieme di segni su carta.
A vincere sono quelle lettere, scritte a mano, spedite a una casella di posta anonima, che consentono al giornalista Boot di fare lo scoop più grande della sua carriera: legare a un amore senza tempo e senza scadenza il cuore di Jenny, la donna che ama.
Possiamo dire che la scrittura vince sull’immagine. E sul parlato.
L’azzardo delle parole su carta batte le lusinghe delle ambientazioni nella villa del marito.
Quella dei protagonisti del film L’ultima lettera d’amore – storia giocata sulle coincidenze – è così una vittoria che ci fa ben sperare: ci racconta che scrivere è ancora un modo di fare innamorare. E questo, di certo, non è una coincidenza.
Maurizio Corte
corte.media
Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org