Il caso di Steven Avery: indagini su un femminicidio condotte a senso unico per evitare scomode verità.

Può capitare a ciascuno di noi, solo perché scomodo a qualcun altro, di finire in un meccanismo giudiziario infernale: prove costruite a tavolino, diritti civili violati, processi penali condotti senza equità, la presunzione d’innocenza negata ad ogni udienza.

La serie televisiva thriller Making a Murderer racconta su Netflix l’odissea di Steven Avery, nello Stato americano del Wisconsin.

E’ una serie di dieci documentari a stagione. Ogni episodio dura un’ora.

Nei documentari sul  caso di Steven Avery non vi è mai una voce fuoricampo. A parlare sono solo i protagonisti, i testimoni, i magistrati e gli avvocati sia nelle occasioni pubbliche che – nel caso della famiglia Avery e dei suoi legali – in interviste per la serie tv.

Making a Murderer segue uno schema narrativo simile a The Innocent Man, il docufilm a puntate ispirato all’omonimo libro inchiesta dello scrittore statunitense John Grisham.

La serie televisiva di Netflix sul caso di Steven Avery merita di essere seguita con attenzione perché svela come – pur in un sistema giudiziario ispirato ai principi della democrazia – vi siano ampi margini per abusi di potere, menzogne pseudo-giudiziarie, narrazioni interessate e manomissioni.

Tutti noi potremmo essere – negli Usa o in Italia – Steven Avery, Al di là della colpevolezza o innocenza, è proprio il sistema di indagine, di raccolta e gestione delle prove e il modo del giudizio sugli elementi probatori che si prestano all’abuso e all’errore.

Emerge evidente che gli inquirenti – in The Innocent Man come in Making a Murderer non ricercano la verità. Vogliono solo dimostrare la colpevolezza della persona su cui hanno puntato.

La serie tv crime Making a Murderer è in italiano con in sottofondo il parlato originale in inglese.

Making a Murderer e la costruzione del mostro

Qualcuno l’ha definita una produzione televisiva di parte, a sostegno della professione d’innocenza di Steven Avery. Non ho notato un tono innocentista, con commenti o scelte narrative tendenziose.

Il telefilm online in streaming presenta i dati di fatto, le posizioni delle parti, le risultanze scientifiche e le scelte degli inquirenti e dei giudici senza commenti.

C’è da saltare sulla poltrona in più occasioni, di fronte alle violazioni dei diritti civili; alle omissioni e ingiustizie procedurali. Lo stesso copione, purtroppo, che vediamo in The Innocent Man.

Qualcosa di assai simile è accaduto con Lorenzo Bozano, nel caso della sparizione e morte di Milena Sutter (Genova, maggio 1971), e con Massimo Giuseppe Bossetti e la vicenda di Yara Gambirasio (Brembate di Sopra – Bergamo, novembre 2010).

Il problema principale non è – si badi bene – la colpevolezza o meno della persona incarcerata. Non è solo quello il problema.

La giustizia e le sue manipolazioni

Il nodo problematico, come rileva il telefilm documentario Making a Murderer, è un insieme di elementi che possono toccare tutti, una volta sfuggiti di mano. Vediamoli in dettaglio:

  • il modo in cui sono condotte le indagini;
  • la forma mentis degli inquirenti, che mirano solo a dimostrare la verità delle loro convinzioni;
  • l’assenza di ogni approccio scientifico nella ricerca della verità;
  • il fatto he la verità sostanziale dei fatti viene trascurata o addirittura ignorata in modo consapevole;
  • la distruzione della persona sospettata di cui si vuole, ad ogni costo, dimostrare la colpevolezza e che si trasforma in mostro e capro espiatorio;
  • la manomissione delle prove, il trascurare altre piste, l’influenzare o addirittura costruire testimonianze colpevoliste;
  • il non cercare, come si fa nel procedimento scientifico, di falsificare le ipotesi di partenza;
  • la narrazione, lo storytelling giudiziario, che diventano un nemico invisibile del sospettato e che coprono le deficienze scientifiche;
  • la posizione spesso supina e di sudditanza agli inquirenti, da parte delle donne e uomini di scienza (i medici legali, ad esempio);
  • il ruolo dei media nell’amplificare la vicenda giudiziaria, processando il sospettato o l’imputato prima ancora che i giudici si esprimano;
  • l’influenza dei media sui giudici, in modo evidente o anche solo inconsapevole per i giudici stessi;
  • l’assenza di senso critico nei media che fa da supporto ai sistemi giudiziari, i quali cercano di confermare le proprie procedure, anziché porsi la domanda se si sia di fronte a un procedimento ingiusto;
  • il trascurare i due pilastri della giustizia in un sistema democratico: la presunzione di innocenza e il diritto a un giusto processo (con una difesa all’altezza, la effettiva parità fra pubblica accusa e difesa, un giudice davvero terzo nel dirigere il processo in aula e nell’emettere la sentenza);
  • il danno alla vittima e alla famiglia della vittima che, acciecata dal dolore, non può, non vuole o non ce la fa – per comprensibili ragioni – a pretendere La Verità piuttosto che “una verità” (e un colpevole) qualsiasi.

Making a Murderer : nel telefilm il caso di Steven Avery

Steven Avery, classe 1962, viene condannato nel 1985 per uno stupro che non ha commesso. Si fa così 18 anni e sei settimane di ingiusta detenzione.

Lo salva l’esame del Dna su un pelo pubico trovato sul corpo della donna violentata. Viene allora trovato il colpevole: un detenuto che ha commesso più reati a sfondo sessuale, e nei 18 anni di carcerazione dello Steven innocente ha stuprato altre due donne.

Uscito dal carcere, Steven Avery torna a vivere nella Contea di Manitowoc, dove la sua famiglia – su un terreno di 16 ettari – ha un’attività di demolizione delle vecchie auto.

Nel 2004 Avery chiede i danni per l’ingiusta detenzione e alla fine si accorda, tramite gli avvocati, per un indennizzo di 450 mila dollari: 25 mila dollari per ogni anno di libertà che gli è stato sottratto.

Steven Avery, però, non si ferma. Consigliato dai legali fa una mossa che gli sarà fatale: vuole citare il dipartimento dello sceriffo della contea e tutti coloro che hanno avuto a che fare con le indagini sul suo caso.

Chiede 36 milioni di dollari di danni. Vuole dimostrare che gli investigatori hanno trascurato la pista del vero colpevole, hanno fatto di tutto per incastrarlo, hanno costruito prove e manovrato in modo da farlo condannare.

Avery vuole insomma mettere sotto accusa tutta l’organizzazione investigativa e inquirente della contea di Matawoc. Siamo di fronte a un frontale “attacco al sistema”.

Tanto che mi sono chiesto: chi è stato l’avvocato che ha mandato, conoscendo contesto e persone interessate, Steven Avery allo sbaraglio?

Tutto questo mentre la classe politica dello Stato del Wisconsin, governatore in testa, invita Steven Avery a conferenze.

I politici del Wisconsin si impegnano a eliminare le storture del sistema giudiziario. Costituiscono una commissione legislativa di riforma che porta il nome di Avery,

Da rilevare alcune caratteristiche degli Avery, famiglia allargata formata da più nuclei che abitano nel vasto possedimento trasformato in cimitero delle auto: la famiglia è detestata nella contea e ci sono persone, alcune legate al dipartimento dello sceriffo di Matawoc, che odiano Steven.

Proprio nel corso delle audizioni degli agenti sospettati di aver incastrato Steven Avery, il 31 ottobre 2005, sparisce una donna: Teresa Halbach.

Making a Murderer - serie televisiva crime Netflix - Teresa Halbach - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media
Teresa Halbach, scomparsa il 31 ottobre 2005. Per il suo omicidio dal 2005 è in carcere Steven Avery, con una condanna all’ergastolo

Teresa Halbach è una fotografa che collabora con una rivista di compravendita di automobili.

Il pomeriggio della scomparsa, Teresa, 35 anni, si reca nella proprietà della famiglia Avery e incontra Steven per fotografare un’auto da mettere in vendita sul giornale.

La donna sparisce quel 31 ottobre. L’allarme per la sua sparizione viene dato qualche giorno dopo dal coinquilino di Teresa Halbach, che non è legato a lei da relazioni sentimentali o sessuali.

Le indagini del dipartimento dello sceriffo di Manitowoc puntano in una sola direzione: quella di Steven Avery.

Non viene studiata la vittima. Non sono approfondite le relazioni con famigliari, ex fidanzato, persona con cui condivide l’appartamento.

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Omicidio di Teresa Halbach e arresto di Avery

Vediamo la successione degli eventi che riguardano Teresa Halbach e, a seguire, Steven Avery.

La fotografa Teresa Halbach scompare il 31 ottobre 2005. L’ultimo suo appuntamento della giornata di lavoro è con Steven Avery, nella sua casa vicino al parco di Avery’s Auto Salvage.

Teresa deve fotografare il minivan della sorella di Avery che stava offrendo in vendita su Autotrader.com.

L’allarme per la scomparsa della donna viene dato dal suo coinquilino ben dopo il 31 ottobre: il 3 novembre la madre di Teresa denuncia la sua scomparsa.

Si mettono in moto le ricerche di Teresa e della sua auto. L’auto di Teresa Halbach viene trovata il 5 novembre successivo, durate le ricerche fatte dai volontari e dalla famiglia della giovane donna, nascosto nel deposito all’aperto degli Avery.

Cosa c’è di strano in questo ritrovamento? A individuare l’auto è Pamela, amica di Teresa Halbach.

Lei è l’unica ad essere stata dotata di fotocamera digitale. Insieme ad altri punta alle ricerche su Pamela nella proprietà della famiglia di Steven Avery.

La macchina di Teresa Halbech è coperta da rami d’albero, nel vasto terreno degli Avery.

Il ritrovamento dell’auto di Teresa Halbach

Fra migliaia di auto demolite, in un’area di 16 ettari, l’auto viene vista e fotografata dall’amica Pamela solo dopo mezzora di ricerca in zona.

Giorni dopo viene trovata una traccia ematica sul cruscotto dell’auto: corrisponde al Dna di Stevan Avery, il cui sangue è conservato in una provetta manomessa nell’ufficio dello sceriffo. Lo stesso ufficio che nel 1985 lo aveva falsamente accusa di stupro.

Giorni dopo gli investigatori identificano frammenti ossei carbonizzati vicino alla casa degli Avery: sono i resti della donna scomparsa.

L’arresto di Steven Avery

L’11 novembre del 2007, Steven Avery viene arrestato e accusato di omicidio, rapimento, aggressione sessuale e mutilazione del cadavere di Teresa Halbach l’11 novembre 2005.

Nella vicenda viene coinvolto anche il nipote di Steven Avery, Brendan, 16 anni, figlio della sorella.

Da qui ha inizio l’avventura giudiziaria di Steven Avery e del nipote Brendan Dassey,

Le ultime notizie risalgono alla fine di luglio 2021: la Corte d’Appello del Wisconsin ha respinto le argomentazioni che Steven Avery ha avanzato nel corso degli anni.

Fra queste, l’efficacia dei suoi avvocati al processo; e il modo in cui alcune delle prove sono state gestite dai pubblici ministeri nei processi a suo carico.

La sua vicenda sembra condannata al fallimento e all’ergastolo.

Il nipote di Steven, Brendan Dassey

Making a Murderer - serie televisiva crime Netflix - Brendan Dassey - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzi Corte&Media
Brendan Dassey, nipote di Steven Avery, con un agente di polizia

Quanto al nipote Brendan Dassey, classe 1989, è stato condannato all’ergastolo per aver partecipato all’omicidio di Teresa Halbach e per averla sessualmente aggredita su incitazione dello zio Steven. Può ottenere la libertà sulla parola solo nel 2048.

Come per Steven Avery, anche per Brendan Dassey, vanno sottolineati due dati di fatto:

  • sulla scena del crimine (la casa mobile di Steven) NON è stata trovata alcuna traccia del sangue e del Dna della donna uccisa, nonostante l’accusa abbia affermato che la donna fu legata, violentata, sgozzata e poi soffocata in quel luogo;
  • sulla scena del crimine NON è stata trovata traccia del Dna di Brendon Dassey.

Sulle piste alternative alla colpevolezza di Steven Avery e del nipote Brendon vi è un articolo (ottobre 2018) del magazine online DigitalSpy.

LA NARRAZIONE DELLA VICENDA DI STEVEN AVERY

La vicenda di Steven Avery, con la collegata situazione del nipote Brendan Dassey, ci incolla alla visione.

Non vi è un uso seduttivo della narrazione cinematografica. Non vi è la presentazione di un colpo di scena ogni qualche minuto.

Le due autrici, Laura Ricciardi e Moira Damos, lasciano parlare i fatti. Unica concessione, il colpo di scena – il cliffhanger solito, che tiene sospesi e incentiva a continuare – alla fine di ogni puntata.

Perché Making a Murderer è una serie tv importante

La serie televisiva crime Making a Murderer ha la sua ragione d’essere nel titolo: come si fabbrica un assassino; così possiamo tradurre il titolo in forma libera.

Non possiamo sapere se davvero Steven Avery sia innocente. Non possiamo sapere se egli sia o meno coinvolto nell’omicidio di Teresa Halbach.

Non possiamo neppure sapere se Brendan Dassey, il nipote, sia stato o meno coinvolto dallo zio nella violenza sessuale, nel sequestro e nell’assassinio della giovane fotografa.

Come per la vicenda di Lorenzo Bozano, di cui trattiamo qui nel magazine Il Biondino della Spider Rossa, sappiamo che i conti non tornano.

Sappiamo che piste importanti non sono state battute. Sappiamo che alcuni diritti della difesa sono stati negati. E più di qualcuno, nell’accusa e nella difesa, ha dimostrato la sua incompetenza (o la malafede).

-Making a Murderer - serie televisiva crime Netflix - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzi Corte&Media - Steven Avery e avvocato difensore
Steven Avery con uno degli avvocati durante il processo per l’omicidio di Teresa Halbach

Gli inganni della pubblica accusa e le carenze della difesa

Soprattutto, sappiamo che qualcuno ha barato con le prove, qualcun altro ha raccontato una storia di comodo. E sappiamo – nel Caso Sutter-Bozano e nel caso raccontato in Making a Murderer – altre tre cose importanti:

  • la Scienza ha servito solo gli interessi degli inquirenti anziché quelli della verità;
  • la Narrazione, complici i media, ha raccontato una storia assai lontana dalla verità;
  • hanno agito gli Sconosciuti, quelli del Quarto Livello, a cui fa comodo un sospetto innocente in galera pur di pararsi il culo dalla verità amara e scomoda dei fatti.

E’ importante che notiamo, anche nella serie televisiva Making a Murderer, su Netflix, due dati di fatto: il bassissimo quoziente intellettivo dei due condannati (Steven e il nipote Brendan sono a 70 punti); e la fascia sociale, nella parte bassa della società a livello economico e culturale, a cui appartengono.

Il sospetto che cultura e fascia sociale incidano sui diritti di difesa, la capacità di difendersi dai falchi dell’accusa e la selezione vittimaria credo sia assai fondato.

Maurizio Corte
corte.media

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