La complicata storia della tragedia: tra cronaca giudiziaria, dubbi sul colpevole e giochi di potere.
Il 21 dicembre 1988, un lampo di fuoco illumina il cielo sopra la Scozia. Il dolce saliscendi delle colline di Lockerbie si trasforma in un cimitero di detriti e corpi piovuti dal volo Pan Am 103.
Un’esplosione ha appena squarciato il Boeing 747-121, causando la morte di 270 persone tra passeggeri, equipaggio e abitanti dello sfortunato paese.
L’atmosfera natalizia si dissolve in un istante, lasciando spazio a un’unica certezza: si tratta di un attentato terroristico.
Eppure, nonostante le prove, ci vogliono tre decenni per giungere a un processo.
Alla fine la versione ufficiale punta il dito contro la Libia, accusata di aver orchestrato l’attacco come vendetta contro gli Stati Uniti. Ma i dubbi restano.
Processo, movente e imputato non sono serviti infatti a sciogliere tutti i nodi della tragedia.
Questa lunga e infinita ricerca è ora al centro della serie Lockerbie, che ripercorre il caso attraverso gli occhi di Jim Swire: un padre che non si è mai arreso, nemmeno di fronte al verdetto.
Perché, forse, nell’aula di tribunale non è stata raccontata tutta la verità su quella notte d’inverno.
UN PADRE ALLA RICERCA DI GIUSTIZIA
La miniserie si basa sul libro The Lockerbie Bombing: A Father’s Search for Justice e segue la lunga battaglia per la verità di Jim Swire (Colin Firth), padre di Flora, una delle 270 vittime dell’attentato.
Il dramma personale di Swire si intreccia con il contesto storico e geopolitico della tragedia, offrendo uno sguardo profondo sulle sue implicazioni.
Accanto ad un intenso Firth, Catherine McCormack interpreta Jane Swire, una donna che, nonostante il dolore, sostiene con forza la lotta del marito per la verità.
MURRAY GUTHRIE E IL GIORNALISMO INVESTIGATIVO
Fin dai primi istanti della tragedia, un posto in prima fila lo occupa il giornalista d’inchiesta Murray Guthrie (Sam Troughton), che offre a Jim un appiglio nel mare in tempesta del suo dolore.
I due si mettono alla ricerca della verità, e con essa, di un modo per superare il trauma.
E la determinazione di Swire non conosce confini, sorprendendo perfino l’intraprendente giornalista:
- porta con sé una finta bomba su un volo, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sicurezza;
- si reca in Libia per convincere Gheddafi (Nabil Al Raee) a rilasciare i due sospettati;
- sfida persino Margaret Thatcher, la Lady di ferro, mettendo in discussione la linea ufficiale del governo britannico.
LA POLEMICA DELLE FAMIGLIE DI LOCKERBIE SULLA SERIE TV
Per anni portavoce delle famiglie delle vittime, il dottor Swire perde il loro sostegno quando inizia a mettere in dubbio la colpevolezza di Abdelbaset al-Megrahi (Ardalan Esmaili): il colpevole ufficiale della tragedia.
Non sorprende, quindi, che la scelta della serie di adottare la prospettiva di Swire abbia suscitato critiche da parte di alcuni parenti delle vittime.
Tuttavia, Lockerbie — i cinque episodi sono disponibili su Sky e NowTv — non si limita a raccontare i dubbi di un padre tormentato dal dolore.
La serie crime ricostruisce le incongruenze della versione ufficiale, fino a sollevare un interrogativo valido: Megrahi è stato forse vittima di uno degli errori giudiziari più clamorosi della storia?
Volo Pan Am 103: la vera storia dell’attentato di Lockerbie
È una fredda sera di dicembre del 1988.
Il volo Pan Am 103 si stacca dalla pista dell’aeroporto di Heathrow. Le luci di Londra si allontanano sotto la sua ombra, mentre lui punta verso New York City.
Nessuno immagina che, in soli 38 minuti, il Boeing 747-121 si trasformerà in una palla di fuoco sopra il villaggio scozzese di Lockerbie.
Alle 19:03:36 UTC, accade infatti l’impensabile: una bomba esplode nella stiva dell’aereo.
Detriti e corpi piovono sulla regione di Dumfries e Galloway, sparpagliandosi su un’area di 845 miglia quadrate, a causa del forte vento.
Il bilancio finale è devastante: l’attentato spezza 270 vite, tra cui 259 persone a bordo e 11 abitanti di Lockerbie.
GLI ALLARMI INASCOLTATI
La tragedia non arriva senza segnali.
Nei mesi precedenti, vari allarmi segnalano infatti un possibile attentato contro un volo Pan Am.
Solo 16 giorni prima della tragedia, per esempio, l’ambasciata statunitense di Helsinki riceve una telefonata anonima con tre parole chiave: Natale, Pan Am, bomba.
Il funzionario governativo che risponde, tuttavia, prima considera il messaggio come una bufala e poi come una “orribile coincidenza”.
LA PISTA IRANIANA: VENDETTA CONTRO GLI USA
Con 189 vittime americane su 270, l’FBI entra subito in scena a fianco della polizia scozzese.
Le prime indagini congiunte puntano verso il Medio Oriente. E non senza ragione.
Solo cinque mesi prima di Lockerbie, una nave da guerra americana aveva abbattuto per errore un aereo di linea iraniano nel Golfo Persico, scambiandolo per un jet da combattimento.
Le vittime sono 290 civili, tra uomini, donne e bambini. Quasi 300 morti per cui l’Iran giura vendetta.
LE PROVE IN GERMANIA
Due mesi prima dell’attentato, la polizia di Francoforte (Germania Occidentale) scopre un covo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP-GC): un gruppo terroristico con sede in Siria.
All’interno dell’appartamento, la polizia trova bombe nascoste in radio portatili. Le prime prove dimostrano che la tecnica è la stessa utilizzata sul volo Pan Am 103.
Tra il materiale sequestrato compaiono infine anche liste con orari di molti voli, compresi quelli della compagnia americana.
LA CAMICIA CUSTODE DI UN SEGRETO
L’indagine sembra procedere sulla giusta strada, finché un dettaglio non cambia tutto.
Tra migliaia di detriti, gli investigatori trovano un pezzo di camicia bruciata con un frammento di circuito fuso nel colletto in poliestere, non più grande di un’unghia.
Un minuscolo componente che si rivela però cruciale per l’intero caso.
Le analisi dimostrano infatti che l’ordigno non corrisponde a quelli della PFLP-GC.
Il frammento elettronico appartiene invece a un timer MST-13, prodotto da un’azienda svizzera e venduto in 20 unità ai servizi segreti libici.
Il puzzle internazionale inizia a comporsi. Pezzo dopo pezzo.
UNA SAMSONITE NON ACCOMPAGNATA
Le indagini rivelano che l’esplosivo era nascosto in una valigia Samsonite, all’interno di un riproduttore di cassette Toshiba.
Seguendo il percorso della valigia esplosiva, gli investigatori scoprono che è partita da Malta, passata per Francoforte, per finire il suo viaggio sulla stiva del volo Pan Am 103.
Le indagini, quindi, si spostano sulla piccola isola nel Mediterraneo, per scoprire chi ha imbarcato la valigia come pacco non accompagnato.
DUE NOMI SOSPETTI
Indagando a Malta, l’attenzione si sposta su un uomo. Il suo nome è Abdelbaset al-Megrahi, un ufficiale dell’intelligence libica.
Il 20 dicembre 1988, Megrahi arriva a Malta con un passaporto falso, fornito dal «servizio di intelligence libico».
Il giorno dopo, l’uomo è inoltre in aeroporto quando la valigia viene imbarcata. E subito dopo torna in Libia.
Tutti i tasselli quindi combaciano: registri bagagli, prove della scena e persino una testimonianza oculare.
Tony Gauci, un negoziante maltese, riconosce infatti Megrahi come l’acquirente dei vestiti della valigia Samsonite.
Dopo tre anni di indagini, nel 1991 la polizia emette infine due mandati d’arresto, per:
- Abdelbaset al-Megrahi,
- e il suo presunto complice: Lamin Khalifah Fhimah, direttore della stazione della Libyan Arab Airlines a Malta.
IL PROCESSO: TEATRO DI VERITÀ E OMBRE
Camp Zeist, Paesi Bassi, anno 2000. In una Corte scozzese trasferita in territorio neutrale, prende il via uno dei processi più complessi della storia giudiziaria internazionale.
L’accusa non ha bisogno di dimostrare un movente specifico: la tensione tra Stati Uniti e Libia è già infatti una cornice sufficiente.
Dal bombardamento della discoteca La Belle di Berlino nel 1986, alla rappresaglia statunitense su Tripoli e Bengasi, il conflitto tra Gheddafi e l’Occidente è da anni un dato di fatto.
Contesto geopolitico, prove scientifiche e testimoni promettono quindi un processo breve e risolutivo.
Il 31 gennaio arriva tuttavia un verdetto imprevisto: Abdelbaset al-Megrahi è condannato all’ergastolo, mentre Lamin Khalifah Fhimah viene assolto.
Come in ogni grande tragedia internazionale, il finale è però tutt’altro che definitivo.
L’ombra di un errore giudiziario: analisi della narrazione giuridica e geopolitica
Nel 2003, la Libia accetta la responsabilità ufficiale dell’attentato.
Per molti, però, più che un’ammissione di colpa è una scelta diplomatica, per poter uscire dall’isolamento imposto dalle sanzioni delle Nazioni Unite.
Conferme di questa teoria arrivano quattro anni dopo, quando una nuova inchiesta mette in luce le ombre del caso.
Nel 2007, infatti, la Scottish Criminal Cases Review Commission solleva dubbi inquietanti sul processo: prove manipolate, testimonianze incoerenti, un castello accusatorio costruito su fondamenta fragili.
Megrahi, malato terminale di cancro, sceglie però di non riaprire il caso. Alla fine viene rilasciato per motivi umanitari nel 2009 e muore a Tripoli tre anni dopo.
Ma la domanda resta: il processo di Lockerbie ha raccontato tutta la verità sul volo Pan Am 103?
LE FRAGILI FONDAMENTA DELL’IDENTIFICAZIONE
Sin dall’inizio del processo, l’accusa poggia su un elemento chiave: la testimonianza di Tony Gauci, che sostiene di aver venduto a Megrahi gli abiti ritrovati tra i resti dell’attentato.
Col passare del tempo, però, questa prova apparentemente solida inizia a sgretolarsi.
Gauci passa infatti da un’iniziale incertezza ad una totale sicurezza, forse influenzato dalle forti pressioni mediatiche e investigative.
Durante il processo, si scopre inoltre che l’uomo ha rilasciato ben 17 dichiarazioni scritte, poi salite a 23, e completate da circa 50 interrogatori. Un supplizio.
Le sue dichiarazioni, infine, risultano incongruenti:
- inizialmente descrive un uomo di 50 anni, alto circa 1,82 m. Megrahi aveva invece solo 36 anni ed era alto 1,70 m;
- prima parla di una giornata piovosa senza decorazioni natalizie, per poi ricordare una strada addobbata a festa;
- inoltre, cinque delle dichiarazioni rilasciate da Gauci non sono mai state analizzate in tribunale né rese pubbliche. Rimangono quindi un mistero.
A tutto ciò si aggiunge un elemento ancora più inquietante: Gauci e suo fratello hanno ricevuto 3 milioni di dollari dal governo degli Stati Uniti dopo la testimonianza.
L’accordo però emerge solo dopo il processo.
UN COMPLICE INNOCENTE
Il processo inizia con due imputati, ma si conclude con la condanna di uno solo.
Un verdetto sorprendente, che solleva interrogativi sull’intero impianto accusatorio.
L’accusa ha sempre sostenuto infatti che Megrahi ha agito in collaborazione con Fhimah, orchestrando insieme l’attentato.
Ma se il piano prevedeva un complice all’interno dell’aeroporto di Malta, come può la condanna di Megrahi reggere senza prove concrete di questa collaborazione?
QUANDO È STATA IMBARCATA LA BOMBA?
Una teoria alternativa, sostenuta da Jim Swire, suggerisce che l’ordigno sia stato imbarcato a Heathrow, non a Malta.
A supporto di questa ipotesi c’è ancora una volta la teoria del PFLP-GC, che avrebbe agito su mandato dell’Iran.
La prima prova porta alle bombe di Francoforte: questi ordigni erano stati costruiti per esplodere circa 40 minuti dopo il decollo, come ricorda la serie Sky. La bomba del volo Pan Am 103 è esplosa solo dopo 38 minuti.
Un ulteriore elemento rafforza i sospetti su Heathrow e il PFLP-GC.
Durante il processo d’appello, si è infatti scoperto che un lucchetto nell’area di carico bagagli era stato forzato, suggerendo una possibile manomissione.
L’ACCUSA FINALE SENZA PROVE
Nel 2011, l’ex ministro iraniano della Giustizia Mustafa Abdul Jalil accusa Gheddafi di essere il mandante dell’attentato.
Tuttavia, la sua denuncia arriva in un contesto politico incandescente, nel pieno della Primavera Araba.
E, soprattutto, nessuna prova ha mai supportato la dichiarazione. Il sospetto è che si sia trattato solo di un tentativo di screditare l’avversario politico.
La questione rimane però aperta.
L’ultimo capitolo? Il nuovo processo
Trentadue anni dopo la tragedia, nel 2020, gli Stati Uniti hanno riaperto il caso, accusando Abu Agila Masud di essere il tecnico che avrebbe costruito l’ordigno.
Il suo processo — previsto per il 2025 — potrebbe riaccendere vecchie ferite e forse fornire risposte alle domande ancora irrisolte.
Ma per Jim e Jane Swire — e per tutte le famiglie delle vittime — un’unica certezza resta immutata: nessuna sentenza potrà mai riscrivere quella notte di fuoco nel cielo sopra Lockerbie.
Una notte che merita di essere ricordata e indagata.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 15.02.2025
Il trailer della serie Sky: Lockerbie – Attentato sul Pan Am 103
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.



