Su Netflix una pellicola che ha alcuni punti in comune con il caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.
“Crimini in famiglia” (titolo originale Crimenes de familia) è un film thriller argentino diretto da Sebastián Schindel, che firma anche la sceneggiatura di questo film di circa 100 minuti.
Ecco la breve trama che ci presenta Netflix sulla piattaforma: “Quando suo figlio è accusato dello stupro e tentato omicidio della ex moglie, Alicia si lancia in un’impresa che cambierà la sua vita per sempre”.
Crimini di famiglia racconta quindi la storia di Alicia, una madre disperata (interpretata dall’attrice Cecilia Roth) che non si ferma di fronte a nulla pur di impedire che suo figlio Daniel (l’attore Benjamìn Amadeo) venga condannato al carcere.
Il figlio è sotto processo con l’accusa di aver violentato la ex moglie, la quale in tribunale ne sottolinea tutti i comportamenti tipici della violenza di genere.
Durante i disperati tentativi di salvare il figlio Daniel, implicato anche in fatti di droga, dalla condanna al carcere, Alicia convince il marito a pagare per influenzare il giudizio del tribunale facendo sparire un dossier compromettente.
Accade poi – ma scopriremo come le due storie si intreccino – che Gladys, la collaboratrice familiare di Alicia, già madre di un bambino che vive nella casa dove presta servizio, venga processata per aver ucciso un secondo figlio che aveva in grembo, dopo averlo partorito in bagno, da sola.
“Crimini in famiglia”: il tema della violenza sulle donne
I temi della violenza sulle donne, della solitudine femminile e dell’essere molte donne in prima linea di fronte ai problemi si intrecciano con le farraginosità della giustizia. E con i guasti e le discriminazioni provocati dalle ingiustizie sociali.
Il punto che qui mi interessa evidenziare è quello della criminalizzazione di una figura all’apparenza minore, la colf della ricca famiglia borghese di Alicia e del marito Ignacyo; e gli errori in cui cade l’inchiesta giudiziaria.
In questo, il film thriller su Netflix, Crimini in famiglia, ha alcuni punti in comune con il caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.
Quello Sutter-Bozano è un caso giudiziario, accaduto a Genova nel maggio del 1971, che è passato alla storia come la vicenda del “biondino della spider rossa” e del sequestro e omicidio, per motivi di denaro, di una ragazzina, figlia di una ricca famiglia.
Il trailer di “Crimines de familia” in lingua spagnola
La recensione del film “Crimini in famiglia” di Sebastián Schindel
Ecco l’unica recensione che ti consiglio del film proposto sulla piattaforma Netflix.
Il resto, almeno fino alla data di questo articolo, sono solo brevi informazioni sul film e un racconto della storia spesso imprecisa.
Cinematographe. “Crimini in famiglia”: recensione del film di Sebastián Schindel
Il film “Crimini in famiglia” parla quindi di violenza sulle donne. Ma non si ferma a questo.
Oltre alla violenza di genere, presente nella nostra società, “Crimini in famiglia” denuncia nella sua tessitura un certo modo di fare indagini; un certo sistema giudiziario; e un certo tipo di ingiustizia sociale.
Film thriller “Crimini in famiglia”: la verità sostanziale dei fatti
Nel film proposto da Netflix abbiamo, quindi, in evidenza la violenza sulle donne rappresentata dalla moglie Marcela a cui l’ex marito, Daniel, ha imposto stili di vita, egoismi e angherie. Fino ad arrivare a violentarla.
Quello stesso marito, Daniel, figlio della protagonista Alicia, in tribunale – come nelle relazioni con i genitori – usa il vittimismo e tenta giustificazioni a fini manipolatori.
La stessa vittima, la moglie Marcela, sembra poco credibile nella sua esposizione dei fatti di violenza, durante il processo.
Questo accade perché la realtà è sempre complessa. Non vi può essere una lettura dei fatti a senso unico; e a volte la vittima non riesce a ricostruire nel modo più efficace la propria storia.
Anche in quest’ambivalenza – dal punto di vista di chi guarda – di Daniel e di Marcela sta la profondità del film “Crimini in famiglia”.
Chi ha ragione? Il marito che si mostra come un padre angosciato dall’impossibilità di poter vedere il figlio? Oppure la moglie, che elenca le violenze subite. Tutti e due con alcuni punti convincenti; a favore. Tutti e due con dei punti deboli, che inducono a dubitare.
La verità sostanziale dei fatti si rivela alla fine del film, alla luce della sottotrama rappresentata dalla gravidanza (tenuta nascosta) e dall’infanticidio commesso da Gladys, la domestica di Alicia e Ignacyo, i genitori di Daniel.
Il caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano e la vicenda di “Crimini in famiglia”
Cos’hanno in comune il film “Crimini in famiglia” e il caso del “Biondino della Spider Rossa”, con il (presunto) rapimento e (presunto) omicidio di Milena Sutter, il 6 maggio del 1971, a Genova.
In entrambe le vicende abbiamo questi elementi che caratterizzano personaggi ed eventi:
- una trama principale e una sotto-trama,
- la criminalizzazione della figura importante di una delle storie che compongono l’affresco,
- la miopia del sistema giudiziario che si ferma alla superficie delle cose, senza approfondire le figure implicate,
- l’ignorare documenti e piste importanti, vuoi perché vi è un’atto di corruzione (come nel film), vuoi perché fa comodo non andare a fondo di relazioni e angoli bui (come nel caso di Milena Sutter),
- la visione parziale degli eventi, che sono comunque destinati a svelarsi, anche senza giungere alla verità assoluta
- l’ingiustizia sociale, per cui chi ha 400 mila dollari (come nel film) da sputtanarsi, può permettersi lussi che altri non si possono permettere
“Crimini in famiglia”, il film thriller proposto da Netflix, accende una serie di luci che da qualche parte possono portare lo spettatore.
Una di queste – oltre al tema importante della violenza di genere e della solidarietà fra donne – mi sta a cuore in modo particolare.
Mi riferisco all’ingiustizia sociale. Alla disparità di mezzi, fra un’imputata che fa la domestica e un imputato che è ricco di famiglia.
Su LA7 il racconto della vicenda di Milena Sutter
Pur di appartenenza alto-borghese, Lorenzo Bozano – nel caso di Milena Sutter e del biondino della spider rossa – paga lo scotto di non avere mezzi finanziari per combattere alla pari. E di non avere, anche per il suo carattere, le relazioni giuste.
Vince in primo grado, grazie all’allora giovane avvocato genovese Silvio Romanelli e all’arringa di Giuseppe Sotgiu, noto filosofo del Diritto. E grazie a una giuria che, con i giudici togati, non si fa influenzare.
Poi, in appello nel 1975, Lorenzo Bozano perde e viene condannato all’ergastolo. In un giudizio già deciso e programmato, oltre ogni ragionevole dubbio.
Lo stesso accade, seppure in una situazione personale e sociale differente, alla domestica Gladys.
Pure lei, colf senza mezzi, viene giudicata evitando di andare a fondo della vicenda; trascurando di accendere i fari sugli angoli nascosti del dramma.
“Schei e amicissia stòfega la giustissia”, era solita dire – in dialetto veneto – mia madre Maria, grande appassionata delle storie thriller. Una sua passione era la vicenda di Wilma Montesi, non a caso.
Tradotto, quel suo motto suona così: “Soldi e amicizia soffocano la giustizia”. Ed è grave che sia la giustizia a perdere; perché quando perde lei sono le persone più deboli a perdere.
Nel film “Crimini in famiglia”, la giustizia alla fine non viene soffocata. Alla fine la verità viene a galla e la giustizia si riprende, torna a respirare.
Ma lo fa sempre e ancora grazie ai “ricchi”, a chi ha il potere del denaro e delle relazioni. Non certo per merito di investigatori o magistrati. E pure questo non è confortante.
Maurizio Corte
www.corte.media
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Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org