Caso Yara Gambirasio, cos’è accaduto ai materiali genetici che hanno determinato la condanna all’ergastolo di Massimo Giuseppe Bossetti?
C’è modo di capire se le tracce di Dna che hanno portato al muratore di Mapello siano utilizzabili per un nuovo esame scientifico che gli avvocati della difesa chiedono, senza risultato, da anni?
Si gioca negli uffici della Procura di Venezia, da alcuni mesi, nel più stretto riserbo,
l’ultima battaglia di Massimo Bossetti sul Dna di Ignoto 1, elemento cruciale nella sua pena definitiva per l’omicidio della 13enne della Bergamasca.
Il braccio di ferro tra la difesa del muratore di Mapello e i magistrati di Bergamo sulla presunta alterazione dei materiali genetici – “prima scomparsi e poi ricomparsi” sottolineò a suo tempo l”avvocato Claudio Salvagni – è arrivata fino a Venezia.
La vicenda di Yara Gambirasio e Giuseppe Bossetti ha insomma tutte le caratteristiche di essere una storia con ancora molto da raccontare. Sul fatto in sé, ma anche su come funziona la giustizia penale in Italia.
Yara e il Dna sparito: l’inchiesta della Procura di Venezia
Vi è arrivata, per competenza territoriale, in seguito alla denuncia dei legali di Bossetti per frode processuale e depistaggio.
E vi è giunta dopo che gli stessi magistrati di Bergamo, d’accordo la Corte di Cassazione, nel giugno 2021 avevano trasmesso per competenza ai colleghi dell’ufficio veneto, gli atti del procedimento “per le opportune valutazioni”.
Nel fascicolo veneziano – come scritto dal Corriere del Veneto – risultano due indagati.
Il primo indagato è il presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo. Da presidente della Corte d’Assise di Bergamo respinse come inammissibili le richieste della difesa di esaminare i reperti.
La seconda indagata è Laura Epis, funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di
reato.
A loro nei mesi scorsi era giunto l’avviso di proroga dell’indagine. Che ora, però, sarebbe vicina alla chiusura.
Il titolare del fascicolo, a Venezia, il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, non ha voluto fare alcun commento in proposito.
Il magistrato avrebbe sentito nei mesi scorsi come testimoni i titolari dell’accusa nel processo. E poi alcuni investigatori, carabinieri e tecnici dei Ris, che nel giugno 2014 seguirono la pista del Dna che portò all’arresto di Bossetti.
COSA CHIEDONO I LEGALI DI BOSSETTI
L’obiettivo dei difensori del muratore di Mapello è sempre quello di scovare un appiglio che consenta una revisione del processo.
“Abbiamo chiesto mille volte di poter riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva”, afferma l’avvocato Salvagni. “Ci è stato sempre negato”.
“Quando invece, nel 2019, il Tribunale di Bergamo accolse la nostra richiesta”, prosegue il legale di Bossetti, “ci sentimmo poi dire che i campioni ‘sarebbero stati distrutti’; cosa che apre molti interrogativi“.
La svolta, infatti, sembrò manifestarsi nel novembre 2019, quando in una intervista al settimanale Oggi, uno dei consulenti della Procura di Bergamo affermò che i campioni genetici c’erano ancora. E che erano conservati al San Raffaele di Milano.
Cosa vera, puntualizzò il consulente della famiglia Gambirasio, Giorgio Portera. Il consulente specificò tuttavia che in realtà erano solo “alcune porzioni intorno alla traccia 31 G20, che diede la compatibilità più forte con Bossetti”.
Sempre Portera aggiunse: quella traccia tuttavia “è esaurita e non può dare contributi in più rispetto a quelli già noti”.
Resta ora da vedere a cosa condurrà l’inchiesta della Procura della Repubblica di Venezia, sulla sparizione dei materiali genetici. Gli unici che, se analizzati, posso dare una qualche speranza a Massimo Giuseppe Bossetti di una revisione del processo. E di un riesame della sua condanna all’ergastolo.
Il ruolo del Dna nella vicenda e le manomissioni
Ecco quanto scrive il Corriere del Veneto per contestualizzare l’inchiesta dei magistrati veneziani.
“L’indagine è scaturita da una denuncia presentata da Massimo Bossetti che, dopo la condanna definitiva all’ergastolo per il delitto della ragazzina, sembra intenzionato a far riaprire il caso e a chiedere la revisione del processo”, spiega l’articolo del giornale veneto.
“I dubbi ruotano intorno alle tracce biologiche che portarono a individuare nell’Ignoto 1 il muratore di Mapello, che si è sempre professato innocente: il Dna estratto dagli slip e dai leggings indossati da Yara, ha costituito la prova-principe che ha permesso agli investigatori di risolvere il caso arrivando, dopo anni di indagini e comparazioni, ad attribuire quel profilo genetico a Bossetti“, sottolinea il Corriere del Veneto.
Il test, specifica il giornale, è sempre stato contestato dagli esperti della difesa.
Proprio i legali di Bossetti lo scorso anno si sono vista rigettare la richiesta di riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva, in particolare proprio le tracce di Dna.
I CAMPIONI DI DNA SUGLI ABITI DI YARA
“Che fine hanno fatto quei 54 campioni trovati sugli abiti della tredicenne?”, si chiede il Corriere del Veneto. “Per stessa ammissione dei legali, nel dibattimento era emerso che la traccia decisiva, quella da cui fu estratto il profilo di Ignoto 1, non sarebbe più utilizzabile in quanto «definitivamente esaurita”.
Tuttavia, in seguito sarebbero emerse nuove circostanze. Il caso, insomma, non è affatto chiuso. E parecchie ombre di addensano, da sempre, su come è stata condotta l’inchiesta sulla sparizione e l’omicidio di Yara Gambirasio.
LA PROTESTA DELLA DIFESA DI BOSSETTI
Se davvero di Dna non ce n’è più, come potrà Bossetti chiedere la revisione del processo? si chiede il magazine Oggi.
L’avvocato Claudio Salvagni, che rappresenta Massimo Bossetti rivela: “Pendono altri due ricorsi in Cassazione per ottenere l’autorizzazione a riesaminare quei reperti, che però ancora non sappiamo in che condizioni siano.
Non sappiamo, dice Salvagni, “che tipo di danni possano aver subito trasferendoli dall’ospedale San Raffaele, dove erano custoditi inizialmente, ai magazzini dell’Ufficio corpi di reato”.
“L’obiettivo della denuncia di Bossetti“, prosegue il legale, “è proprio di sapere se i reperti sono ancora utilizzabili o se qualcuno, magari interrompendo la catena del freddo indispensabile per la buona conservazione dei campioni, abbia compromesso per sempre la possibilità di effettuare dei nuovi studi sul Dna di Ignoto 1”.
Sulla vicenda di Yara Gambirasio, su Massimo Bossetti, sui dubbi e sul film di Netflix, Yara, puoi leggere l’articolo di Maurizio Corte che contiene poi i link alle riflessioni sulla vicenda svolte dalla criminologa e psicologa giuridica, Laura Baccaro.
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Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org