L’accusa di un duplice omicidio scatena la fuga in auto più famosa d’America.
È il processo che ha riscritto le regole della cronaca nera americana. Una star del football che, dopo il ritiro, passa al cinema e non si fa mancare nemmeno il palco di un tribunale. È il caso O.J. Simpson.
Netflix riprende la docuserie American Manhunt con il duplice omicidio di Nicole Brown Simpson e Ronald Goldman: una vicenda che ha trasformato per sempre il rapporto tra media e giustizia.
Dopo l’attentato alla maratona di Boston (2013), la seconda stagione ci porta quindi negli anni ’90. Un decennio in cui la società è stata scossa da delitti tanto raccapriccianti quanto affascinanti.
Ma a cosa si deve questo triste primato? Per molti la risposta è nella televisione, colpevole di aver venduto la sua anima, trasformando tragedie personali in spettacoli pubblici.
IL DELITTO PERFETTO PER LA TELEVISIONE
Il caso Simpson è considerato uno dei primi esempi di spettacolarizzazione del crimine in televisione: un atteggiamento dei media ancora attuale.
D’altronde, nel delitto di South Bundy Drive, gli ingredienti per un pubblico assetato di sangue non mancavano:
- un femminicidio;
- due bambini doppiamente orfani, di una madre uccisa e di un padre assassino;
- un sospettato carismatico e famoso.
Davanti alla “tempesta perfetta” del caso, il giornalismo non si è quindi tirato indietro.
Televisione e giornali di tutto il mondo hanno infatti dato riparo ai sentimenti contrastanti delle persone, trasformando il processo giudiziario in uno show da record.
In questo clima di eccitato terrore è nata l’ossessione per il true crime. E la fiamma non si è più spenta.
AMERICAN MANHUNT. IL TRUE CRIME PER LE GENERAZIONI NETFLIX
Serviva davvero un nuovo documentario sul processo Simpson? Per il regista Floyd Russ sì.
L’obiettivo di Russ è però originale: raccontare la nota vicenda a una nuova generazione, offrendo una prospettiva inedita su un processo che ha segnato la storia del giornalismo.
A 31 anni di distanza dal duplice omicidio, la seconda stagione di American Manhunt fa inoltre una promessa intrigante.
I quattro episodi della serie — disponibili su Netflix dal 29 gennaio 2025 — sono infatti arricchiti da alcune importanti interviste alle «figure chiave delle indagini e del processo», come:
- Mark Fuhrman, ex detective della polizia di Los Angeles;
- Kato Kaelin, testimone chiave;
- Carl Douglas e Christopher Darden, avvocati della difesa e dell’accusa;
- Kim Goldman, sorella di una delle vittime.
IL SIMBOLO DI UN’AMERICA DIVISA
Nato a San Francisco nel 1947, Orenthal James Simpson è tra le celebrità sportive più famose d’America: una vera leggenda della NFL. Il suo successo è tale da riservargli un posto d’onore nella Pro Football Hall of Fame.
Dopo il ritiro l’ex campione sportivo inizia una seconda vita, misurandosi con il cinema.
Partecipa anche ad alcune pellicole di notevole successo come L’inferno di cristallo e Una pallottola spuntata.
Nel frattempo la sfera sentimentale non procede con altrettanta serenità.
Lo sportivo divorzia infatti dalla seconda moglie Nicole Brown nel 1992, dopo le denunce di violenza domestica presentate dalla donna — madre di due dei suoi cinque figli.
Nel 1994 inizia infine per il campione di football la terza ed ultima vita, segnata dalle accuse per il duplice omicidio dell’ex moglie e di un giovane cameriere.
Il 10 aprile 2024, O.J. Simpson muore per un cancro alla prostata. Alle sue spalle si lascia una vita di trionfi, scandali e uno dei processi più controversi della storia americana.
Caso O.J. Simpson: l’omicidio che ha diviso l’America
Il 13 giugno 1994, Nicole Brown Simpson (35 anni) e Ronald Goldman (25 anni) vengono trovati accoltellati davanti al condominio della donna, nel quartiere esclusivo di Brentwood (Los Angeles).
Dentro casa i figli piccoli stanno dormendo, quando fuori si consuma la tragedia. Nessuno quindi ha visto o sentito qualcosa.
Tuttavia la polizia punta subito il dito su un unico sospettato: O.J. Simpson, celebre giocatore di football americano ed ex marito della vittima.
LA NOTTE DI SANGUE SECONDO L’AUTOPSIA
La sera del 12 giugno 1994, Nicole Brown cena al ristorante Mezzaluna con la famiglia.
Una volta a casa, però, la donna si accorge che la madre ha dimenticato gli occhiali da sole nel locale. Ronald Goldman, un giovane cameriere del ristorante, si offre di riportarli a casa di Nicole.
Poche ore dopo, intorno alle 00:10 del 13 giugno, un vicino di casa fa una scoperta agghiacciante: i corpi di Nicole e Ronald giacciono in un lago di sangue sul vialetto della tranquilla South Bundy Drive.
L’autopsia, ripresa dalla televisione come ogni dettaglio del caso, rivela che:
- la donna è stata colpita dodici volte con un’arma da taglio. Le ferite le hanno provocato profonde lesioni alla gola, a una vertebra cervicale e, infine, la recisione della laringe.
- Goldman è stato accoltellato 20 volte, a seguito di un inutile tentativo di difesa.
Secondo il medico legale, inoltre, le vittime sono morte da diverso tempo al momento del ritrovamento.
I SOSPETTI SULL’EX MARITO VIOLENTO
La notte dell’omicidio, O.J. Simpson si imbarca su un volo per Chicago alle 23:45.
La mattina seguente, informato del tragico evento, l’uomo fa subito ritorno a Los Angeles, dove viene interrogato dalla polizia. Tuttavia, dopo poche ore, viene rilasciato.
Sin dall’inizio, però, gli investigatori sembrano avere le idee ben chiare in testa, concentrando tutti i sospetti sull’ex marito violento di Nicole Brown.
Due giorni dopo il duplice omicidio, Simpson decide quindi di farsi rappresentare da Robert Shapiro. Non un legale qualsiasi, ma uno dei migliori avvocati presenti sulla piazza.
LE PROVE CONTRO L’EX CAMPIONE DI FOOTBALL
Nel frattempo le prove raccolte dagli inquirenti iniziano a dipingere un quadro incriminante nei confronti dell’ex campione sportivo.
La polizia trova infatti:
- macchie di sangue compatibili con il DNA di Simpson sulla scena del crimine, sotto le unghie delle vittime e nella sua proprietà;
- un guanto insanguinato nell’abitazione dell’uomo e l’altro sulla scena del crimine.
Con queste e altre prove in mano, il 17 giugno la polizia emette un mandato d’arresto per Simpson.
Gli inquirenti non si aspettano però di assistere da lì a poco ad una scena da film, che diventerà una delle immagini più iconiche degli anni ’90.
“BRONCO CHASE”: LA FUGA PIÙ FAMOSA D’AMERICA
Il 17 giugno 1994 Simpson fugge a bordo di una Ford Bronco bianca, con l’amico Al Cowlings. È l’inizio di un inseguimento surreale.
Le autostrade della California diventano il palcoscenico di un dramma seguito in diretta da 95 milioni di spettatori: le telecamere delle principali reti televisive — NBC, ABC, CBS, CNN — sono tutte puntate sull’auto.
Durante la lenta corsa, gli avvocati Robert Shapiro e Robert Kardashian (sì, il padre delle famose influencer) tengono una conferenza stampa, in cui ipotizzano che il loro assistito voglia suicidarsi.
Alla fine, dopo un inseguimento di due ore, Simpson si arrende alla polizia. Ma lo spettacolo televisivo dell’uomo è appena iniziato.
Il processo del secolo: People of the State of California v. Orenthal James Simpson
Il processo per il duplice omicidio di Nicole Brown e Ronald Goldman inizia nel gennaio 1995.
In poco tempo, le aule del tribunale di Los Angeles si trasformano in un evento mediatico senza precedenti.
Le telecamere entrano in aula e l’intero paese sembra paralizzarsi, diviso tra innocentisti e colpevolisti, come in un reality show.
Anche la narrazione legale di accusa e difesa si separano, raccontando due storie opposte:
- l’accusa descrive Simpson come un uomo geloso e violento, incapace di accettare la fine del matrimonio con Nicole;
- guidata da Johnnie Cochran, la difesa sostiene invece che l’ex campione sia vittima di un complotto razziale orchestrato dalla polizia di Los Angeles.
Centrale per la narrazione della difesa è la figura dell’investigatore che aveva scoperto i celebri guanti insanguinati: Mark Fuhrman.
Il poliziotto viene infatti accusato di razzismo per alcune sue azioni passate, pregiudicando l’esito del processo.
I GUANTI E IL DNA: VERSO L’ASSOLUZIONE
Il processo non manca di picchi degni di un legal thriller di successo.
Il momento più iconico si verifica però quando Simpson tenta di indossare i guanti insanguinati, considerati una delle prove principali dell’accusa.
Con grande sorpresa di tutti, infatti, i guanti non calzano.
Di fronte a questa scena, l’avvocato della difesa, Johnnie Cochran, pronuncia una frase destinata a diventare celebre: “If it doesn’t fit, you must acquit” (“Se non calza, dovete assolvere”).
Oggi come allora, alcuni esperti ritengono che i guanti si siano ristretti a causa del sangue secco e dell’umidità: tutte condizioni che possono ridurre la vestibilità di un capo.
A poco serve inoltre il sangue trovato sulla scena del crimine: i test del DNA vengono infatti invalidati «per dei cavilli tecnici».
IL SALVAGENTE CONTRO LA SEDIA ELETTRICA
Nonostante le prove all’apparenza schiaccianti dell’accusa, la strategia della difesa riesce a insinuare il dubbio nella giuria.
Il 3 ottobre 1995, l’ex campione di football viene quindi assolto per insufficienza di prove, dando il via ad un interminabile dibattito nazionale.
In merito, il famoso avvocato Bob Shapiro dichiarerà in seguito: «gli assassini ricchi non finiscono quasi mai nei bracci della morte», perché protetti dai loro costosi avvocati.
IL PROCESSO CIVILE: LA CONDANNA DELL’ATTORE
La vicenda giudiziaria non si conclude con il processo penale.
Nel 1997, le famiglie di Nicole Brown e Ronald Goldman portano infatti Simpson in aula per un processo civile, con l’obiettivo di accusarlo per wrongful death (omicidio colposo).
Questa volta le regole del processo inoltre cambiano.
Non serve infatti provare la colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio” per accusare l’imputato del delitto, ma basta dimostrare il principio del “è più probabile che non”.
Con queste premesse, il secondo processo ha un esito diverso: il giocatore di football viene ritenuto responsabile del duplice omicidio e condannato a un risarcimento di:
- 8,5 milioni di dollari, come danno compensativo per ciascuna famiglia.
- 25 milioni di dollari, come danno punitivo.
Il totale raggiunge l’enorme cifra di 42 milioni di dollari: soldi che le famiglie non riusciranno mai a vedere per intero.
Il ruolo dei media nel caso O.J. Simpson
La morte violenta di Nicole Brown e Ronald Goldman ha spaccato gli Stati Uniti in due.
La copertura in diretta, la polarizzazione dell’opinione pubblica e il dibattito su temi scottanti hanno infatti portato alla luce profonde tensioni sociali e culturali, come la disparità razziale nelle aule di tribunale.
Il caso O.J. Simpson è stato però anche un fenomeno mediatico senza precedenti, che ha rivoluzionato per sempre la cronaca statunitense, contribuendo a:
- l’ascesa delle notizie via cavo, con conseguente lento abbandono dei canali tradizionali;
- il boom del genere true crime;
- l’interesse morboso e senza fine per i processi alle celebrità.
Se il circo mediatico è iniziato infatti con il famoso “Bronco Chase”, ancora oggi l’estasi mediatica sul delitto non si è spenta, dando vita ogni anno a serie tv — come American Crime Story — libri e podcast di successo.
LE TELECAMERE ENTRANO IN AULA
Nel 1995, quando il giudice Lance Ito permette la trasmissione in diretta del processo, il giornalismo giudiziario cambia per sempre.
CNN e Court TV coprono tutti i 134 giorni del processo a livello nazionale, affiancate dalle emittenti locali di Los Angeles.
A fine giornata, KNBC manda perfino in onda speciali di 30 minuti per riassumere i momenti salienti.
Secondo gli esperti, questa copertura incessante del duplice omicidio ha ispirato il lancio di reti 24 ore su 24, come Fox News (1996) e TruTV.
SALOTTI DI ESPERTI
Come abbiamo visto, negli Stati Uniti è il processo Simpson a segnare l’inizio del ciclo continuo di notizie, con aggiornamenti costanti, analisi approfondite e gli immancabili commenti di esperti.
Il processo all’ex campione di football ha dato infatti il via anche ai famosi salotti televisivi, tra comodi cuscini ed opinioni qualificate.
Da allora questo modello giornalistico è stato replicato all’infinito, soprattutto nei processi alle celebrità, come nel caso di Tom Brady e Donald Trump.
TRUE CRIME E CULTURA POP
La copertura mediatica del duplice omicidio ha influenzato anche la cultura popolare.
Dai dettagli salaci dei tabloid scandalistici, alle parodie nei programmi comici, chiunque ha infatti speso parole sul caso.
Per questo morboso interesse mediatico, oggi il caso O.J. Simpson viene considerato l’iniziatore del true crime.
Solo alcuni anni dopo, il caso dei fratelli Menendez e l’omicidio di JonBenét Ramsey confermeranno il successo del nuovo genere.
IL RAZZISMO NEL CASO SIMPSON
Nel 1994, una controversa copertina del Time dipinge Simpson con il volto più scuro. La foto fa il giro del Paese, contribuendo ad alimentare il dibattito sul caso di cronaca.
Questo episodio è un esempio lampante di come i media, trascinati dalla narrazione legale, abbiano contribuito a più riprese a polarizzare l’opinione pubblica, trasformando il caso in una “battaglia tra razze”. Ma c’è di più.
La discutibile copertina del Time è anche una delle tante prove di come i giornalisti possano cadere vittime degli stereotipi. Non informando, ma creando false notizie.
Narrazione mediale vs legale: cosa ci insegna Netflix con i true crime?
Il caso O.J. Simpson ha dimostrato quanto i media possano influenzare il discorso pubblico, trasformando un processo giudiziario in un fenomeno culturale carico di tensioni razziali e sociali.
Le tristi morti di Nicole Brown e Ron Goldman non sono infatti solo una storia di cronaca nera.
Il duplice omicidio è diventato anche uno specchio fedele delle contraddizioni di un’epoca difficile, in cui giustizia e spettacolo si sono intrecciati fino a diventare indistinguibili.
Per questo motivo oggi, a distanza di decenni, resta difficile catturare la verità tra le righe dei giornali e dei faldoni legali consumati dal tempo.
IL NOSTRO RAPPORTO CON IL TRUE CRIME
Con la seconda stagione di American Manhunt, Netflix ci ricorda l’importanza di una rigorosa inchiesta giornalistica.
Solo infatti grazie ad un lavoro obiettivo ed etico si può ridurre il fragile confine tra giustizia e spettacolo: una voragine pericolosa in cui a volte l’uomo rischia di cadere.
Ma il processo O.J. Simpson ci lascia anche con una domanda cruciale: quanto è cambiato il nostro rapporto con il true crime e i media da allora?
Con gli smartphone sempre in mano e i social network pronti a rifornirci di storie senza regole, la risposta appare scoraggiante. E a pagarne il prezzo sono sempre le vittime e le loro famiglie.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 29.01.2025
Il trailer di American Manhunt 2: il caso O.J. Simpson
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


