Misteri e pasticci sull’assassinio del leader democratico. Il dubbio: non è Sirhan il killer di Bob Kennedy?
Chi ha sparato a morte a Robert Francis Kennedy, il 5 giugno 1968 a Los Angeles?
Di sicuro il giovane giordano di origini palestinesi, Sirhan B. Sirhan, 24 anni, ha sparato otto colpi. Ma siamo certi che sia partito da lui il colpo che ha ucciso il giovane fratello del mitico presidente John Fitzgerald Kennedy?
La pistola di Sirhan era una calibro 22: otto colpi a disposizione. Alla fine, però, i fori da proiettile contati sono stati tredici.
Non solo. Sirhan spara al senatore democratico Bob Kennedy, che ha appena vinte le primarie del suo partito in California. La strada per la corsa alla Casa Bianca si presenta in discesa.
Sirhan spara ma avendo di fronte Bob Kennedy, nel locale dispensa dell’Hotel Ambassador di Los Angeles. Il colpo, sempre un calibro 22, che ferisce a morte il senatore – la cui morte avviene il giorno dopo, alla fine dell’agonia – gli arriva al cervello da una zona vicina a un orecchio.
Quindi, il proiettile del killer di Bob Kennedy, in quel giugno di festa per la vittoria alle primarie del Partito Democratico statunitense, parte da una pistola collocata alle spalle del senatore.
Che Sirhan – che nel 2021 ha scontato 53 anni di carcere – non sia il killer ne è convinto un anziano sostenitore di Bob Kennedy.
LINK AL VIDEO DELL’ATTENTATO
https://www.youtube.com/watch?v=bsYLelmN6BA
L’assassinio di Bob Kennedy nel giugno 1968
In un articolo del 5 giugno 2018, 50 anni esatti dopo l’omicidio di Bob Kennedy, il giornalista John Jackman, reporter che si occupa di crimine e giustizia, ha scritto in modo dettagliato sull’assassinio del leader democratico.
Vediamone i punti salienti, sulla base dell’articolo pubblicato sul Washington Post.
Il Washington Post è un autorevole quotidiano statunitense, famoso per lo scoop sul Caso Watergate. Per leggere il Post basta sottoscrivere, a prezzi assai convenienti, un abbonamento.
Proprio sul Washington Post giornalista Jackman dà notizia, il 5 giugno 2018, del fatto che il figlio di Bob Kennedy, Robert F. Kennedy Jr., poco prima di Natale 2017 ha avuto un colloquio di tre ore con Sirhan Sirhan, in un carcere della California, nel deserto fuori San Diego.
Quel colloquio si inquadra nelle ricerche del figlio di Bob Kennedy, e suo omonimo, sull’assassinio del senatore democratico: ha parlato con i testimoni, si è studiato l’autopsia e i rapporti degli investigatori della polizia.
Nella ricerca di Robert Kennedy jr. c’era anche Sirhan. Dopo le tre ore di incontro, il figlio del senatore Bob Kennedy è arrivato a una conclusione – suffragata anche dall’esame dei documenti e da altri testimoni: quel 5 giugno 1968, all’Hotel Ambassador di Los Angeles c’era un secondo sicario; e il killer di Bob Kennedy non è Sirhan Sirhan.
“Sono andato lì perché ero curioso e disturbato da ciò che avevo visto nelle prove”, ha detto Kennedy, un avvocato ambientale e il terzo maggiore degli 11 figli di suo padre, al Washington Post. “Ero turbato dal fatto che la persona sbagliata potesse essere stata condannata per l’omicidio di mio padre”.
“Mio padre era il capo delle forze dell’ordine in questo paese”, ha aggiunto Kennedy, 64 anni, al giornalista del Washington Post. “Penso che lo avrebbe disturbato, se qualcuno fosse stato messo in prigione per un crimine che non ha commesso”.
Kennedy, 64 anni, adesso sostiene – e con lui altri famigliari – la richiesta di una nuova indagine sull’assassinio. Richiesta che è guidata da Paul Schrade.
Paul Schrade, 96 anni, è stato anche lui colpito alla testa mentre camminava dietro Kennedy nella dispensa dell’Ambassador Hotel a Los Angeles, quel 5 giugno 1968.
Tuttavia è sopravvissuto: il colpo, che gli è arrivato di fronte, è stato deviato dal cranio. Cosa possibile con un proiettile di piccolo calibro, come quelli della 22.
Vi è quindi il fondato sospetto che la Polizia e i procuratori di Los Angeles, che hanno indagato sull’omicidio di Bob Kennedry, abbiano commesso degli errori.
La morte di RFK, 42 anni, è avvenuta cinque anni dopo che suo fratello, il presidente John F. Kennedy, è stato ucciso a Dallas, nel novembre del 1963.,
Due mesi prima del giugno 1968, il leader dei diritti civili, il reverendo Martin Luther King, era stato ucciso a Memphis. Gli Stati Uniti ne uscirono devastati, ricorda il Washington Post.
Nel 1968 la guerra del Vietnam era in pieno svolgimento: proprio John Fitzgerald Kennedy aveva mandato, anni prima, i “consiglieri americani” a impegnare gli Usa in un conflitto che ucciderà oltre 50 mila giovani statunitensi. E si concluderà nella primavera del 1975.
1968: PROTESTE E GUERRA IN VIETNAM
Nel 1968 le città americane erano segnate da proteste e disordini, dopo l’assassinio di Martin Luther King. Alta era la tensione tra manifestanti e sostenitori della guerra.
La candidatura presidenziale di Bob Kennedy aveva ridato voglia e speranza, con un nuovo Kennedy e una Nuova Frontiera in vista. Tutto si era invece bloccato sotto i colpi di pistola all’Hotel Ambassador; e con la morte del senatore democratico.
Da rilevare che Bob Kennedy aveva intenzione di chiudere il conflitto con il Nord Vietnam. E questa posizione spiaceva a molti, sia per motivi geopolitici; che per gli affari che la guerra in Indocina portava.
“Sebbene Sirhan abbia ammesso al suo processo nel 1969 di aver sparato a Kennedy, ha affermato fin dall’inizio di non ricordarsi di averlo fatto”, rileva l’articolo del Washington Post.
“A metà del processo di Sirhan, i pubblici ministeri hanno fornito ai suoi avvocati un rapporto dell’autopsia che ha dato il via a cinque decenni di polemiche”, prosegue il giornale.
Kennedy è stato colpito a bruciapelo da dietro, incluso un colpo mortale dietro l’orecchio. Da parte sua Sirhan, un immigrato palestinese di 24 anni, era in piedi davanti a lui.
Nonostante questo dato di fatto, una giuria ha condannato Sirhan per omicidio di primo grado; e lo ha condannato a morte nel 1969. Pena commutata in ergastolo nel 1972.
Gli appelli di Sirhan sono stati respinti a tutti i livelli, fino al 2016, anche se i tribunali hanno preso in considerazione nuove prove emerse nel corso degli anni.
Un dato di fatto, intanto: quel 5 giugno 1968, nella dispensa dell’Hotel Ambassador di Los Angeles, sono stati sparati 13 colpi. La pistola calibro 22 di Sirhan, come si è detto, conteneva solo otto proiettili.
Inoltre si ipotizza che Sirhan potrebbe essere stato sottoposto a ipnosi coercitiva. Il suo caso è tuttavia chiuso; e può solo sperare nella concessione della libertà sulla parola.
Va anche detto che nel rigettare l’ultimo ricorso di Sirhan, la Corte d’Appello californiana ha fatto due rilievi:
- se Sirhan non ha colpito a morte il senatore Bob Kennedy, tuttavia è complice di un omicidio di primo grado di un altro sicario;
- la presenza di un altro sicario, che avrebbe ucciso Bob Kennedy con una pistola dello stesso calibro di quella di Sirhan, è priva di evidenze probaborie
Comunque la si giri, insomma, come al solito – vedi anche il caso trattato della docu-serie Making a Murderer sull’omicidio di una donna in Wisconsin – Polizia e magistratura tendono a confermare se stessi.
Anche nel caso di Bob Kennedy abbiamo un testimone, finora inascoltato, che sostiene come Sirhan Sirhan non sia il sicario che ha ucciso Bob Kennedy.
Quel testimone, Paul Schrade, ora 96 anni, è stato ferito nell’attentato. Ed è il primo a indicare, da anni, una diversa direzione d’indagine. E una differente verità su quanto accadde quel giugno del 1968 a Bob Kennedy.
L’omicidio di Bob Kennedy: i fatti
Qui di seguito la ricostruzione proposta dal reporter John Jackman, del Washington Post.
Il 5 giugno 1968, Kennedy aveva appena vinto le primarie presidenziali democratiche della California. Aveva così pronunciato un discorso di vittoria a una folla in delirio.
Alle 00.15, prima mattinata in Italia, il senatore Bob Kennedy, 42 anni, e Paul Schrade lasciano la celebrazione. Camminano la dispensa dell’Hotel Ambassador per andare alla conferenza stampa con i giornalisti.
Schrade, nel 1968, è un direttore regionale della United Auto Workers che aveva aiutato Kennedy a raccogliere il sostegno dei lavoratori. Kennedy lo aveva scelto per ringraziarlo nel suo discorso di vittoria pochi istanti prima.
Schrade, dall’alto dei suoi 96 anni, ricorda ancora la scena nella dispensa.
“Ha subito iniziato a stringere la mano” con gli operai della cucina, ha detto Schrade di Kennedy, nell’articolo del Washington Post.
“Le luci della TV si sono accese. Sono stato colpito. Non sapevo di essere stato colpito”, continua il testimone. “Stavo tremando violentemente e sono caduto. Poi Bob è caduto. Ho visto dei lampi e ho sentito dei crepitii. Il crepitio in realtà erano tutti gli altri proiettili sparati”.
COSA RACCONTANO I TESTIMONI
I testimoni hanno riferito che Bob Kennedy ha detto: “Stanno tutti bene? Paolo sta bene?”. Kennedy è ancora cosciente quando sua moglie, Ethel, incinta del loro undicesimo figlio, si precipita al suo fianco.
Il senatore democratico sopravvive per un altro giorno. Poi muore all’1.44 del 6 giugno 1968.
Paul Schrade è stato colpito sopra la fronte, ma il proiettile è rimbalzato sul cranio. Altre quattro persone, tra cui il produttore della ABC News William Weisel, sono rimaste ferite. Tutti sopravvissuti.
Sirhan viene subito catturato. Tiene in mano un revolver calibro 22. Karl Uecker, un maître d’Ambassador Hotel che stava scortando Kennedy attraverso la dispensa, ha testimoniato di aver afferrato il polso di Sirhan.
Lo ha bloccato dopo due colpi. Sirhan ha continuato a sparare selvaggiamente mentre veniva tenuto premuto, senza mai avvicinarsi a Kennedy.
Anche un cameriere dell’hotel e un aiutante di Kennedy hanno affermato di aver affrontato Sirhan dopo due o tre colpi.
Diversi altri testimoni – osserva il Washington Post – hanno anche affermato che Sirhan non era abbastanza vicino da posizionare la pistola contro la schiena di Kennedy.
Eppure proprio sulla giacca del senatore e sui suoi capelli il coroner di Los Angeles, Thomas Noguchi, ha trovato ustioni da polvere da sparo.
Vi sono quindi i segni di colpi sparati a stretto contatto. Questi testimoni hanno fornito ulteriori prove per coloro che insistono sul coinvolgimento di un secondo sicario.
Polizia e magistratura californiana non vogliono comunque discutere su questi dati di fatto.
Tant’è che l’ufficio del procuratore distrettuale di Los Angeles e il dipartimento di polizia di Los Angeles hanno rifiutato di parlare con il giornalista del Washington Post. Per entrambi, quello di Bob Kennedy, è un caso chiuso.
PAUL SCHRADE: “NON E’ SIRHAN IL KILLER DI KENNEDY”
Il testimone Paul Schrade crede invece che Sirhan Sirhan abbia sparato a lui e agli altri feriti, ma che non abbia ucciso Kennedy.
Dal 1974, Schrade ha guidato la battaglia per cercare di persuadere le autorità – la polizia, i pubblici ministeri, i federali, chiunque – a riesaminare il caso e identificare il secondo sicario. Senza risultati.
“Sì, mi ha sparato. Sì, ha sparato ad altre quattro persone e ha mirato a Kennedy“, ha detto Schrade, in un’intervista al Washington Post. “L’importante è che non abbia sparato a Robert Kennedy. Perché non sono andati dietro al secondo sicario? Lo hanno saputo subito. Non volevano sapere chi fosse. Volevano chiudere in fretta”.
La difesa di Sirhan Sirhan
Al processo, l’avvocato difensore Grant Cooper ha deciso di non contestare l’accusa secondo cui Sirhan ha sparato il colpo mortale.
L’avvocato ha invece cercato di persuadere la giuria a non imporre la pena di morte sostenendo che Sirhan aveva “capacità diminuita”; e non sapeva cosa fosse facendo.
È una tattica standard degli avvocati nei casi di pena di morte, osserva il Washington Post nell’articolo di Tom Jackman.
L’avvocato Cooper, morto nel 1990, è stato così criticato per non aver indagato sul caso prima di ammettere la colpa.
Ci sono molte prove schiaccianti contro Sirhan. Ha confessato l’omicidio al processo, anche se sostiene che ciò è stato fatto su istruzione del suo avvocato.
All’inizio del 5 giugno 1968 ha impiegato ore di tiro al bersaglio con la sua pistola, e quella notte ha portato la pistola all’Ambassador Hotel.
Era stato visto a un discorso di Kennedy all’Ambassador due giorni prima.
Aveva in tasca un ritaglio di giornale critico nei confronti di Kennedy e aveva scritto “RFK deve morire” sui taccuini a casa, anche se ha detto che non ricordava di averlo fatto.
Sirhan ha aspettato nella dispensa per circa 30 minuti, secondo i testimoni che hanno detto di aver chiesto se Kennedy sarebbe passato di lì.
Inoltre, l’investigatore capo della scena del crimine, ha testimoniato al processo che un proiettile prelevato dal corpo di Kennedy, e i proiettili di due delle vittime ferite, corrispondevano tutti alla pistola di Sirhan.
Altri esperti, che hanno esaminato i tre proiettili, hanno tuttavia affermato che avevano segni di diverse pistole e diversi produttori di proiettili. Un documento interno della polizia ha concluso che “i proiettili di Kennedy e Weisel non sono stati sparati dalla stessa pistola”.
Weisel, produttore di ABC News, è rimasto ferito assieme ad Shrade e altri. Inoltre, il documento della Polizia – rivela il Washington Post – afferma che “il proiettile di Kennedy non è stato sparato dal revolver di Sirhan”.
L’ANALISI DEI COLPI DI PISTOLA
Un giudice di Los Angeles nel 1975 ha convocato un gruppo di sette esperti forensi. Gli esperti hanno esaminato i tre proiettili e li hanno confrontati con quelli della pistola di Sirhan.
Conclusione: non è possibile stabilire una corrispondenza fra i tre proiettili, che sembravano essere stati sparati dalla stessa pistola, e il revolver di Sirhan.
Subito dopo l’omicidio di Bob Kennedy, insomma, il lavoro con le prove balistiche è stato approssimativo.
Inoltre, i testimoni hanno affermato che sono stati trovati fori di proiettile nei telai delle porte della dispensa dell’hotel. Le foto hanno mostrato che gli investigatori esaminavano i fori nelle ore successive alla sparatoria.
I SUONI DEGLI SPARI
Sebbene le autorità di Los Angeles avessero promesso trasparenza nel caso, la polizia e i pubblici ministeri si sono rifiutati di rilasciare i loro file fino al 1988, quando hanno prodotto una marea di nuove prove per i ricercatori.
Tra il materiale c’è un’audiocassetta, scoperta per la prima volta dal giornalista della Cnn Brad Johnson, che era stata inavvertitamente realizzata dal giornalista polacco Stanislaw Pruszynski nella sala da ballo dell’Ambassador Hotel e consegnata alla polizia nel 1969.
Il microfono di Pruszynski era sul podio dove ha parlato Kennedy, e le riprese televisive lo mostrano mentre lo stacca; e poi si muove verso la dispensa mentre avviene la sparatoria.
Nel 2005, l’ingegnere del suono Philip Van Praag ha affermato che il nastro ha rivelato che erano stati sparati circa 13 colpi. Ha detto di aver usato una tecnologia simile a quella di ShotSpotter usata dalla polizia per avvisarli degli spari e che differenzia gli spari dai petardi o altri colpi forti.
L’ingegnere del suono Van Praag ha affermato tre anni fa che pistole diverse creano risonanze diverse. E’ stato così in grado di stabilire – fa sapere il Washington Post – che i colpi di arma da fuoco sono stati sparati, quel 5 giugno 1968, da due pistole.
Le due pistole hanno sparato in direzioni diverse. Alcuni degli “impulsi” dei colpi di pistola erano così vicini tra loro, che non sarebbero potuti essere sparati dalla stessa pistola.
L’ingegnere del suono non è riuscito a calcolare “precisamente” 13 colpi, ma ne ha individuati di sicuro più degli otto contenuti dalla pistola di Sirhan.
“C’erano troppi proiettili”, ha detto Robert F. Kennedy Jr. “Non puoi sparare 13 colpi con una pistola a otto colpi”.
Colpevolisti contro Sirhan: “Un solo killer”
L’autore britannico Mel Ayton ha scritto The Forgotten Terrorist.
Il libro afferma che Sirhan abbia ucciso Kennedy perché sosteneva l’invio di armi da fuoco militari in Israele. I Sirhan erano palestinesi cristiani costretti a lasciare la loro casa di Gerusalemme dalla guerra arabo-israeliana nel 1948.
Il libro afferma che Van Praag aveva ha interpretato erroneamente il nastro di Pruszynski; e che altri esperti che lo hanno esaminato mostrano solo otto “picchi”, uno per ogni colpo di pistola.
Vengono citati anche numerosi testimoni oculari che hanno affermato di aver sentito al massimo otto spari.
I COLPEVOLISTI: MEL AYTON E DAN MOLDEA
L’autore britannico del libro The forgotten terrorist, Mel Ayton, e il giornalista investigativo Dan Moldea, che ha anche scritto un libro sull’assassinio, sostengono che la pistola di Sirhan avrebbe potuto raggiungere la schiena di Kennedy.
Nessun testimone ha visto i colpi sparati nel caos della dispensa: Bob Kennedy quasi certamente si è voltato e ha cercato di proteggersi dopo il primo colpo, che alcuni hanno detto essere stato preceduto da Sirhan che urlava: “Kennedy, figlio di puttana! “
Insomma, dalla ricostruzione dell’attentato emergerebbe la ragione del colpo da dietro a Bob Kennedy.
Shiran era davanti, quando sparava – dicono i colpevolisti, nei loro libri – ma ha colpito Bob Kennedy da dietro per un semplice motivo: il senatore, e qui portano altri elementi a sostegno della loro tesi, si sarebbe girato dando le spalle e la testa all’assassino.
I Kennedy vogliono una nuova inchiesta
Robert F. Kennedy Jr. non trova queste teorie persuasive, assicura il Washington Post.
“Non è solo che nessuno l’ha visto”, ha detto. “Le persone che erano più vicine a Sirhan, le persone che lo hanno disarmato, hanno detto tutte che non si è mai avvicinato a mio padre”.
Va detto che i colpevolisti, l’autore del libro The forgotten terrorist Mel Ayton e il giornalista investigativo Dan Moldea, hanno assistito l’ufficio del procuratore generale della California nel contestare l’appello finale di Sirhan.
Le memorie legali del governo hanno citato il lavoro investigativo di entrambi gli uomini.
Secondo un libro di Dan Moldea, del 1995, The Killing of Robert F. Kennedy, Sirhan ha agito da solo.
“Sono interessato a scoprire come il pubblico ministero ha condannato Sirhan senza prove, sapendo che c’era un secondo sicario”, ha detto da parte sua Paul Schrade, l’uomo rimasto ferito nell’attentato a Bob Kennedy del giugno 1968..
Fu Schrade a convincere Robert F. Kennedy Jr. ad esaminare le prove.
“Una volta che Schrade mi ha mostrato il referto dell’autopsia”, ha detto Kennedy, “allora non mi sentivo come se fosse qualcosa che potevo semplicemente ignorare. Che è quello che volevo fare”.
LA POSIZIONE DELLA FAMIGLIA KENNEDY
Robert Kennedy, figlio del senatore ucciso, ha definito il processo di Sirhan “davvero un’udienza penale. Non è stato un vero processo. In un processo completo, avrebbero contestato la sua colpevolezza o innocenza”.
Robert F. Kennedy Jr. ricostruisce per il Washington Post le ore dopo l’attentato, come è stata vissuta in famiglia la tragedia. E racconta della visita dei figli in ospedale, a tenere la mano al padre morente.
“Mio padre è morto all’1.44 del 6 giugno 1968, pochi minuti dopo che i medici gli hanno tolto il supporto vitale”, ricorda l’avvocato Robert F. Kennedy jr. “Mio fratello Joe è entrato nel reparto dove tutti i bambini erano sdraiati e ci ha detto: Papà se n’è andato”.
Questa la ricostruzione che nel 2018 il Washington Post ha fatto del caso di Bob Kennedy.
Una ricostruzione sulla base dei dubbi, dei dati di fatto, delle testimonianze di chi è rimasto ferito. E con uno spazio anche per chi difende la versione ufficiale.
Grazie alla determinazione della famiglia Kennedy, vi è la speranza di una verità scientifica sulle circostanze dell’assassinio di Bob Kennedy, colpito a morte il 5 giugno 1968. E sulle responsabilità effettive di Sirhan Sirhan.
- L’articolo sulla richiesta di libertà vigilata da parte di Sirhan
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Maurizio Corte
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La morte di Bob Kennedy raccontata in tv
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Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org