Nella fiction Rai, paleopatologia e cuori infranti in una storia tra amore e dramma.

Due donne siciliane, due chiome di fuoco, un enigma che attraversa sette secoli.

La serie thriller Costanza intreccia amore e indagine scientifica, portando sullo schermo la paleopatologia: la disciplina che dona voce ai morti, analizzando resti antichi.

Protagonista è Costanza, una ricercatrice incaricata di far luce sulla vita di Selvaggia di Staufen, figlia illegittima dell’imperatore Federico II.

Lasciando dietro di sé solo frammenti e silenzi, Selvaggia venne sepolta a Verona. A ricostruirne la storia, secoli dopo, è proprio Costanza.

Mentre la protagonista indaga su un mistero sepolto nelle pieghe della storia, si ritrova però a fare i conti con il proprio presente.

Dopo sette anni da madre single, l’improvviso ritorno del padre di sua figlia la costringe infatti a rimettere in discussione la sua vita.

Dentro e fuori il laboratorio, Costanza viaggia tra passato e presente, imbattendosi in affinità sorprendenti con la nobile siciliana.

Alla fine, non è solo il giallo storico a venire a galla, ma anche i segreti celati nei cuori delle protagoniste.

Tratta dai romanzi di Alessia Gazzola, la serie Rai in otto episodi promette un’affascinante fusione di scienza, mistero e romanticismo.

QUESTIONE DI COSTANZA: SCIENZA E AMORE

Costanza Macallè (Miriam Dalmazio) è una brillante paleopatologa siciliana sulla trentina, che ottiene un incarico al (fittizio) Istituto di Paleopatologia dell’Università di Verona. 

Questa nuova opportunità lavorativa spinge la protagonista a lasciare il sole di Messina per trasferirsi con la figlia Flora nella città scaligera.

Madre single dopo una notte d’amore con Marco (Marco Rossetti), Costanza trova quindi sostegno nella sorella Antonietta (Eleonora De Luca), mentre si immerge in un mondo che unisce archeologia e indagine scientifica. 

Quello che all’inizio sembra solo un avanzamento di carriera si trasforma però presto in un viaggio di crescita personale, in una Verona ricca di sorprese.

Riuscirà alla fine la protagonista a riaprire il suo cuore all’amore? 

Costanza, serie sulla paleopatologia a Verona

UN’INDAGINE NEL CUORE DEL MEDIOEVO VERONESE

Al centro della serie Rai c’è un enigma.

Costanza deve infatti analizzare resti umani centenari rinvenuti nel misterioso castello di Montorio

Tra i detriti del castello — prima ancora un monastero — affiorano due indizi: lo scheletro di una giovane donna e una lunga ciocca rossa. 

Per un paleopatologo, è una scena del crimine ricca di interrogativi.

Chi era quella donna? Perché non riposa accanto alle consorelle del monastero? E a chi appartenevano quei capelli fiammeggianti?

Guidata da istinto scientifico e curiosità investigativa, Costanza scopre che quei resti non appartengono ad una suora, bensì a Selvaggia di Staufen.

Consultando le fonti storiche, viene fuori che la donna era la figlia illegittima dell’imperatore Federico II di Svevia. Ma anche la moglie di Ezzelino III da Romano — passato alla storia come il figlio del demonio.

Alla fine, il ritratto che emerge è quello di una principessa intelligente, coraggiosa e appassionata di falconeria. Ma non solo.

La storia di Selvaggia è anche quella di una donna schiacciata da un marito violento: una realtà storica, con solo qualche dettaglio romanzato dalla serie tv.  

Insieme al filologo Ludovico (Lorenzo Cervasio), Costanza decide quindi di raccontare questa interessante ricerca in un podcast carico di pathos (e un tocco di eros).

Una perfetta operazione di marketing accademico.

RECENSIONE DELLA FICTION RAI

Al suo debutto, Costanza ha conquistato il pubblico, vincendo la battaglia dello share.

Ma come è stata accolta dalla critica la fiction diretta da Fabrizio Costa?

Secondo TvBlog  «la penna di Alessia Gazzola regala alla tv un nuovo personaggio in cui il pubblico femminile si può identificare, senza dimenticarsi però di qualche mistero».

Anche Davide Maggio elogia la serie per la sua narrazione multidisciplinare e il coraggio di mescolare generi diversi. 

Tuttavia, se il carattere dei personaggi è apprezzato, alcune dinamiche tipiche della fiction italiana sono a tratti un po’ stucchevoli.

È il caso, ad esempio, della protagonista che «si lancia in una storia d’amore, mentre ne ha una ancora del tutto irrisolta con il padre della figlia», sottolinea Maggio.

Per TvBlog, inoltre, la serie perde il confronto con L’Allieva — altro successo tratto dai romanzi di Gazzola — per l’assenza di una componente comedy.

Secondo La Repubblica, alla fine, gli inserti in costume compensano la mancanza di comicità, regalando comunque un tocco di «fiction-parodia, alla Boris». Un risultato tanto irresistibile, quanto non voluto.

Costanza e Lorenzo nella serie Rai

Paleopatologia: un’autopsia multidisciplinare della Storia 

In Costanza, la paleopatologia è una vera coprotagonista: un ponte tra passato e presente che guida la ricercatrice nella sua indagine.

Questa scienza non è un’invenzione televisiva, ma una disciplina reale, che intreccia storia umana, medicina legale e archeologia. 

A distinguerla quindi dalla sua “sorella accademica” — la storia della medicina — è il metodo.

Invece di basarsi su fonti letterarie e documentali, la paleopatologia analizza infatti i segni lasciati da malattie e traumi su veri resti umani. 

Scheletri, mummie, tracce di parassiti e altri reperti biologici sono quindi testimoni silenziosi, che possono rivelare storie di sofferenza e morte.

La paleopatologia si nutre inoltre di un proficuo approccio interdisciplinare: una collaborazione tra medici, antropologi e archeologi per svelare i segreti del cimitero del tempo perduto. 

ARCHEOLOGIA E MEDICINA FANNO UN SALTO NEL FUTURO

Gli anatomopatologi seguono due linee parallele nelle ricerche di paleopatologia:

  • lo studio della patogenesi, ovvero i processi di sviluppo delle malattie;
  • e della patocenosi: l’insieme delle patologie presenti in una popolazione in un determinato intervallo storico.

Questa scienza procede poi come un’indagine scientifica, pronta a risolvere cold case secolari. Ma non è finita qui.

Oggi, la paleopatologia permette anche di svelare segreti di malattie antiche, le cui tracciano vivono nel presente: un’arma essenziale contro le minacce sanitarie del futuro.

Tuttavia, a molti può rimanere una domanda: questa disciplina può davvero svelare enigmi storici o è solo una suggestione televisiva?

IL “COLD CASE” DI CANGRANDE RISOLTO DOPO 700 ANNI

Per chi ha dubbi sul potere di questa scienza, il caso di Cangrande della Scala è emblematico.

Il Signore di Verona, muore senza preavviso nel 1329, proprio all’apice del suo potere, lasciando la sua morte avvolta nel mistero.

Colpito da una misteriosa malattia con febbre, vomito e diarrea, il condottiero si spegne infatti in poco tempo, alimentando i dubbi: si è trattato di un male improvviso o di un omicidio?

Proprio questa vicenda veronese ha ispirato Alessia Gazzola, autrice dei romanzi da cui è tratta la fiction Costanza.

Ma cosa è successo quindi davvero al potente Cangrande della Scala?

Per sette secoli, la morte del condottiero veronese è un “cold case”, fino a quando, nel 2004, il professor Gino Fornaciari e la sua équipe dell’Università di Pisa hanno finalmente fatto luce sul giallo storico.

Analizzando la mummia con tecniche moderne, gli scienziati hanno scoperto la verità: Cangrande è stato avvelenato con la digitale, una pianta altamente tossica.

Le fonti storiche sembrano inoltre confermare l’esito.

Già all’epoca, infatti, il medico personale del signore scaligero venne accusato di avvelenamento e giustiziato.

Ma chi è stato il mandante dell’omicidio? Forse uno degli stati confinanti, intimorito dall’ascesa di Cangrande.

O forse ad avvelenarlo è stato il nipote Mastino II, che ne ereditò il potere, ricalcando un tragico copione della politica medievale: quello del tradimento familiare.

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Statua_di_cangrande_della_scala,_dettaglio.JPG

QUANDO LA SCIENZA DIVENTA UN’INDAGINE POLIZIESCA

Svelare l’omicidio di Cangrande della Scala non è stato semplice.

La svolta è arrivata nel 2004, quando gli studiosi hanno deciso di esaminare i resti del Signore di Verona.

Alla riapertura della tomba, il corpo si presentava in condizioni straordinarie, offrendo un’opportunità unica per un’indagine.

Il team scientifico ha quindi condotto una serie di esami avanzati:

  • Radiografia digitale e TAC, per analizzare lo stato della mummia;
  • Autopsia, per individuare eventuali anomalie sui resti del corpo;
  • Analisi palinologiche, per rilevare residui di polveri e reperti vegetali nell’arca, sulle vesti funebri e sul corpo; 
  • Esami tossicologici, per analizzare eventuali tracce di sostanze nocive sul cadavere.

I risultati sono stati sorprendenti.

Nel contenuto intestinale di Cangrande sono state infatti rilevate alte concentrazioni di polline di camomilla, gelso nero e, soprattutto, digitale.

A confermare l’avvelenamento è stato anche l’Ospedale di Verona con una tomografia computerizzata (TC), che ha rivelato la presenza di un denso materiale alimentare rigurgitato poco prima della morte.

L’infuso tossico somministrato a Cangrande si è quindi rivelato fatale: caso chiuso.

Dopotutto, sono serviti solo sette secoli, la paleopatologia e qualche macchinario avanzato per risolvere il cold case e restituire un pezzettino di verità alla ricca storia medievale di Verona.

Oltre la storia: il futuro della paleopatologia 

Sebbene il suo valore storico sia innegabile, la paleopatologia offre un contributo significativo anche alla medicina contemporanea. 

Negli ultimi anni, infatti, le ricerche scientifiche hanno permesso di identificare tracce di malattie come malaria, tubercolosi e persino forme tumorali in reperti antichi. 

Analizzando evoluzione e diffusione geografica di queste patologie, quindi, oggi questa scienza fornisce dati fondamentali per comprendere la risposta immunitaria nel corso dei secoli.  

Una disciplina dalle mille sfaccettature, che sta riscrivendo la storia umana.

DALLA MEDICINA ALL’ANALISI FORENSE: IL MESSAGGIO DI COSTANZA

Comprendere il legame tra esseri umani, ambiente e malattia passa anche attraverso la paleopatologia, una disciplina che non si limita ad osservare i resti: li ascolta.

Lo dimostra bene Costanza: una serie in cui la finzione televisiva si intreccia con una realtà scientifica ammaliante.

Nella fiction, infatti, la paleopatologia diventa un potente strumento narrativo e investigativo per ridare voce a chi l’ha persa.

Allo stesso tempo, tra sentimenti moderni e misteri sepolti, la serie coinvolge lo spettatore anche grazie al fascino di una Verona fuori dai cliché shakespeariani.

Ma alla fine Costanza è soprattutto un invito a guardare la scienza come chiave per riscrivere storie, pezzo dopo pezzo.

Perché non è mai troppo tardi per restituire dignità a esistenze dimenticate in fondo al pozzo della storia umana.

Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 04.04.2025

Il trailer della serie Rai Costanza

Da Costanza all’Università di Catania: la paleopatologia