Antifascismo. Quello che la Sinistra non rivela sul Duce e sul regime fascista.
Il Manifesto di Ventotene, l’uscita polemica della premier Giorgia Meloni e la risposta arrabbiata – ma per nulla graffiante – della Sinistra italiana ci portano a un riflessione. E a una rivelazione.
In Italia non si è mai voluto dire nelle sedi istituzionali e politiche che l’antifascismo – e con esso il Manifesto di Ventotene – hanno ragioni nascoste che li rendono ancor più validi di quanto si possa pensare.
Non si tratta solo della battaglia – fondamentale – per la libertà, per la democrazia, contro il razzismo e le ingiustizie sociali. E per un’Europa Unita e aperta al confronto, al dialogo e alla pace.
Si tratta anche di rivelare cosa erano Benito Mussolini e il fascismo – oltre che criminali, dittatori e razzisti.
Benito Mussolini era un traditore della Patria, una spia costruita dall’intelligence britannica al servizio del governo conservatore.
Il fascismo era un cancro che minava dall’interno quella Patria e quella Nazione che la premier Meloni e i post-fascisti citano a sproposito.
Il traditore e criminale Mussolini e il fascismo asservito a una potenza straniera sono i protagonisti di ingiustizie sociali, di scelte di guerra e di alleanze che hanno provocato milioni di morti.
Hanno provocato distruzione, miseria e dolore.
A dircelo è il lavoro di giornalismo investigativo e di ricerca storica negli archivi angloamericani portato avanti dal giornalista Giovanni Fasanella e dal ricercatore Mario José Cereghino.
I TRADITORI DELL’ITALIA
Il passato fascista, mai rinnegato, e le simpatie (o le giustificazioni) per Mussolini sono a dimostrare che siamo di fronte a politici vicini ai traditori della Patria, a chi ha fatto solo danni all’Italia e a chi ha lavorato per i nemici degli interessi nazionali.
E la Sinistra, in tutto questo, perché tace e non rivela questo aspetto del fascismo?
Ultima domanda, sconvolgente: quei “condizionamenti stranieri” ci sono ancora? E come si manifestano nelle scelte di politica energetica, di politica estera e di ruolo nell’Unione Europea?
Per adesso, partiamo dal Manifesto di Ventotene e poi proseguiamo con i traditori della Patria e dell’Italia: Benito Mussolini, la spia inglese, e gli sgherri fascisti, alcuni massoni e altri venduti all’intelligence britannica.
Cosa dice il Manifesto di Ventotene
I valori fondamentali del Manifesto di Ventotene sono alla base di un progetto di Europa unita, libera e caratterizzata dalla giustizia sociale.
È incredibile come gli aspetti più importanti del Manifesto, se illustrati in modo chiaro e completo, coincidano con le idee e il sentire della stragrande maggioranza del popolo italiano.
Basta leggere con attenzione il testo nella sua completezza, che inserisco alla fine dell’articolo.
In questo articolo posso tracciarne una sintesi.
Il Manifesto di Ventotene è stato redatto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il loro confino come oppositori del regime fascista.
In un’Europa dilaniata dalla guerra e oppressa dai totalitarismi, il Manifesto non si limitava a denunciare la crisi della civiltà moderna. Esso proponeva un radicale rinnovamento basato su un nucleo di valori fondamentali validi ancora oggi..
Il valore cardine su cui si fonda l’intera architettura del Manifesto è il principio della libertà.
Gli autori identificano la libertà come il fondamento della civiltà moderna, in virtù del quale “l’uomo non deve essere per altrui un semplice strumento ma un’entità di vita autonoma”.
Questa concezione umanistica della libertà si contrappone in modo chiaro alla visione totalitaria, dove l’individuo è subordinato allo Stato e i suoi diritti fondamentali sono negati.
Qui è chiara l’opposizione al fascismo e al nazismo; ma anche la constatazione del fallimento della rivoluzione socialista in Unione Sovietica, da cui il Manifesto di Ventotene si stacca in maniera netta.
La lotta contro i regimi fascisti e nazisti è dunque intrinsecamente una lotta per la riaffermazione di questa libertà essenziale.
LA CRITICA AL NAZIONALISMO STERILE
Il Manifesto critica in modo radicale l’ideologia dell’indipendenza nazionale assoluta, che, pur avendo rappresentato una forza progressista in passato, aveva condotto all’imperialismo capitalista e allo scatenarsi delle guerre mondiali.
Se ci pensiamo bene, la maggior parte della pubblica opinione italiana pure oggi è contraria all’imperialismo (sia esso americano o russo). Ed è contro la guerra, come dimostrano le posizioni sui progetti di altre spese militari.
La nazione, da “storico prodotto della convivenza di uomini”, si era trasformata con le dittature e i nazionalismi del Novecento in un’entità divina, cieca alle conseguenze delle proprie azioni sugli altri. Così ammoniscono gli autori del Manifesto di Ventotene.
La sovranità nazionale assoluta aveva generato una continua volontà di dominio e la pretesa di “spazi vitali” sempre più vasti. Di fronte a questa deriva nazionalista, il Manifesto proclama la necessità di superare gli “egoismi nazionali” in nome di una più ampia solidarietà europea.
L’attualità del Manifesto di Ventotene è chiara, se si pensa a cosa è successo con l’invasione russa in Ucraina, nel febbraio 2022.
La risposta alla crisi della civiltà e al fallimento degli Stati nazionali è individuata nel valore dell’unità europea.
Gli autori sostengono che l’abolizione definitiva della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani è il problema primario da risolvere.
La Federazione Europea è presentata come l’unica garanzia per instaurare relazioni pacifiche e cooperative tra i popoli del continente e, in prospettiva, con il resto del mondo.
Questa visione federalista si basa sulla consapevolezza che i problemi che affliggono l’Europa – conflitti di confine, tutela delle minoranze, accesso al mare per i paesi interni – possono trovare una soluzione solo in un quadro unitario.
LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA SOCIALE
Parallelamente alla visione di un’Europa unita, il Manifesto di Ventotene pone l’accento sulla necessità di una profonda riforma sociale.
La rivoluzione europea, per rispondere alle esigenze del tempo, deve essere “socialista”, mirando all’emancipazione delle classi lavoratrici e al miglioramento delle loro condizioni di vita.
Viene usato l’aggettivo “socialista”, che oggi possiamo declinare come rivoluzione a favore delle garanzie sociali, dell’uguaglianza fra le persone (sanità, servizi, lavoro), della pari dignità su cui la pubblica opinione italiana di certo concorda.
Tuttavia, il Manifesto di Ventotene si distacca da un approccio dogmatico che propugna la statalizzazione totale dell’economia. Esso evidenzia, infatti, il rischio di una nuova forma di asservimento a una burocrazia onnipotente.
Il vero principio fondamentale del socialismo è individuato nella subordinazione delle forze economiche al controllo razionale degli individui e della collettività, affinché non siano più causa di sfruttamento.
In questo contesto, il Manifesto delinea una serie di interventi concreti volti a promuovere una maggiore uguaglianza e giustizia sociale:
- Nazionalizzazioni di imprese monopolistiche o di interesse collettivo.
- Redistribuzione della ricchezza accumulata da pochi privilegiati durante la crisi rivoluzionaria.
- Riforma agraria per dare la terra a chi la coltiva e riforma industriale per estendere la proprietà tra i lavoratori.
- Assistenza ai giovani e scuola pubblica che garantisca pari opportunità di studio ai più meritevoli.
- Garanzia per tutti di un tenore di vita dignitoso, a prescindere dalla capacità di lavorare.
- Libertà per i lavoratori di scegliere i propri rappresentanti per la contrattazione collettiva.
Sono tutti valori che troviamo scritti nella Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza al nazismo e al fascismo. E dal rifiuto di tutte le dittature, comunista inclusa.
Il Manifesto d Ventotene sottolinea inoltre il valore permanente dello spirito critico contro il “dogmatismo autoritario”.
La libertà di pensiero e la ricerca della verità sono viste come essenziali per il progresso della società.
I regimi totalitari, al contrario, avevano imposto nuovi dogmi e soppresso ogni forma di dissenso, manipolando la scienza, la storia e l’etica sociale.
Qui è chiara la contrarietà al nazismo, al fascismo e al comunismo. E comunque a tutte le dittature, anche quella del denaro e della sopraffazione del capitalismo sulle persone e la loro dignità.
Infine, il Manifesto di Ventotene riconosce la necessità di un movimento rivoluzionario che sappia interpretare le esigenze profonde della società moderna e guidare le forze progressiste verso la creazione di un’Europa libera e unita.
Questo movimento deve basarsi su una solida alleanza tra la classe operaia e gli intellettuali, evitando le sterili divisioni ideologiche e mirando con determinazione alla trasformazione politica e sociale del continente.
LA “DITTATURA DEL PARTITO RIVOLUZIONARIO”
La “dittatura del partito rivoluzionario” è concepita come una fase transitoria necessaria per la creazione del nuovo Stato e per l’instaurazione di una “nuova vera democrazia”.
Questo passaggio della “dittatura del partito rivoluzionario” è stata criticata dalla premier Giorgia Meloni, nel suo intervento alla Camera dei Deputati del 19 marzo 2025.
La presidente del Consiglio, in verità, si è concentrata solo su questo passaggio. In questo modo ha stravolto tutto il significato di un documento fondamentale per la democrazia e per l’idea di Europa pacifica e prospera.
LA GUIDA VERSO LO STATO DEMOCRATICO E LIBERO
Quello che intendono gli autori del Manifesto di Ventotene è che occorre un gruppo dirigente – a capo di un partito dell’Europa che punta alla libertà e alla giustizia sociale – in grado di costruire lo Stato.
Si sottolinea, così, la necessità – mentre si smantella l’edificio nazionalista e dittatoriale, di evitare l’anarchia da un lato e la burocratizzazione dall’altro. Ovvero, ciò che avevano espresso fascismo, nazismo e dittatura comunista sovietica.
L’uso dell’espressione “dittatura del partito rivoluzionario” va quindi contestualizzata. La cosa curiosa, poi, è che di solito sono proprio gli italiani a chiedere – in periodi di anarchia – una guida forte.
In conclusione, i valori del Manifesto di Ventotene – libertà, unità europea, riforma sociale, uguaglianza, giustizia, spirito critico – rappresentano un’eredità fondamentale per comprendere le sfide del presente.
Redatto in un momento di profonda crisi, il Manifesto di Ventotene offre ancora oggi una visione potente.
È la visione di un futuro in cui la cooperazione tra i popoli e la giustizia sociale costituiscono i pilastri di una civiltà rinnovata.
Il fascismo e la verità (scomoda) su Benito Mussolini
Gli autori del Manifesto di Ventotene erano antifascisti. Erano al confino sull’isola di Ventotene – nel Mar Tirreno – dopo essere stati incarcerati per le loro idee di libertà e democrazia.
Il Manifesto di Ventotene è quindi un documento antifascista e contro ogni tipo di dittatura. A cominciare da quella instaurata da Benito Mussolini, ex socialista.
Domandiamoci, allora, cos’era davvero il fascismo – oltre ad essere un regime dittatoriale e criminale – e chi era davvero Benito Mussolini, oltre ad essere un capo di governo responsabile di repressioni, caccia agli ebrei, razzismo e violenze private e pubbliche.
Il libro Nero di Londra, scritto dal giornalista investigativo Giovanni Fasanella e dal ricercatore Mario José Cereghino, svela un elemento di Mussolini e del fascismo che neppure gli antifascisti vogliono tematizzare in pubblico.
Nero di Londra affronta, infatti, il tema dei rapporti tra Benito Mussolini e i servizi segreti britannici, basandosi sulle informazioni presenti negli archivi inglesi e americani.
I RAPPORTI TRA IL DUCE E L’INTELLIGENCE BRITANNICA
Benito Mussolini, figura centrale e controversa del XX secolo italiano, ha intrattenuto nel corso della sua ascesa e del suo regime rapporti complessi e, in alcuni casi, occulti con i servizi segreti britannici.
Le fonti a cui attingono Fasanella e Cereghino rivelano un quadro in cui gli interessi britannici, soprattutto in un periodo di grande instabilità politica e sociale in Italia, hanno portato a un coinvolgimento diretto con l’allora emergente leader fascista.
Le radici dei rapporti tra Benito Mussolini e l’intelligence britannica affondano negli anni della Prima Guerra Mondiale.
In un momento critico per l’Italia, segnato dalla disfatta di Caporetto nell’autunno del 1917, i servizi segreti militari britannici cercavano figure in grado di sostenere la causa dell’Intesa e contrastare le correnti pacifiste e filo-germaniche.
Il tenente colonnello Samuel Hoare, figura chiave dell’intelligence britannica in Italia, individuò in Benito Mussolini, allora direttore del quotidiano Il Popolo d’Italia, un potenziale alleato.
Mussolini, ex esponente di spicco del Partito Socialista e ora fervente interventista, dirigeva un giornale “sensazionalista della classe operaia” che si distingueva per gli “attacchi coordinati contro l’Avanti!, il quotidiano socialista.
Il colonnello britannico Hoare intuì che Mussolini avrebbe potuto contribuire a mantenere l’Italia nel conflitto.
Secondo le rivelazioni di Hoare, un membro del suo staff gli segnalò Mussolini come l’unico in grado di “tenere l’Italia in guerra” e di “garantire” il controllo di Milano e del Nord, a condizione di essere “corrotto in modo adeguato”.
L’esponente dell’intelligence britannica, Hoare, uomo potentissimo a Londra, telegrafò allora al generale Sir George Macdonogh, direttore dell’intelligence militare a Londra, ottenendo l’autorizzazione e i fondi necessari per avvicinare Mussolini.
I SOLDI A MUSSOLINI E IL RUOLO DI SPIA PER LONDRA
Il libro Nero di Londra indica un chiaro sostegno finanziario britannico a Mussolini. Inizialmente, 100 sterline furono anticipate a Giovanni Battista Pirolini, un altro personaggio legato agli ambienti interventisti e alla massoneria.
In una fase successiva, il colonnello britannico Hoare richiese un “supporto” finanziario mensile di “50 sterline” per Mussolini.
È importante notare che Hoare insistette affinché i fondi destinati a Mussolini non fossero gestiti come normale “propaganda” del Foreign Office, ma dal punto di vista “puro e semplice del Secret Service”.
Questa distinzione suggerisce un vero e proprio “arruolamento nei ranghi dell’intelligence britannica” di Benito Mussolini.
Il servizio segreto britannico a Roma, pur assumendo “gni precauzione per evitare di avere qualsiasi connessione diretta, colse l’opportunità per contrastare il rischio di un collasso italiano simile alla Russia zarista.
L’Italia doveva continuare la sanguinosissima Prima Guerra Mondiale. E Mussolini, abile giornalista, aveva il compito di portare la pubblica opinione in una posizione interventista.
Mussolini, tramite un intermediario, rispose a Hoare con un “lasciate fare a me” e promise di mobilitarsi contro i pacifisti.
Il libro di Cereghino e Fasanella conferma che Mussolini condusse “una propaganda decisamente vigorosa a favore della guerra”, riuscendo a raddoppiare le vendite de Il Popolo d’Italia.
Benito Mussolini non stava facendo l’interesse della “Patria Italia”, quindi. La portò, grazie anche al suo giornalismo, a rimanere in guerra, con tutti i danni, i morti e le conseguenze sociali del conflitto.
Possiamo, quindi, definire Mussolini – stando al libro Nero di Londra, che si basa sulle fonti d’archivio britanniche e statunitensi – una spia al soldo di un governo straniero. E quindi un traditore della Patria. Un nemico dell’Italia.

“The Count” e la nascita del fascismo
Nel contesto delle strategie britanniche, Mussolini sembra aver assunto un ruolo di primo piano.
Il suo nome in codice “The Count” compare nei rapporti dei servizi militari inglesi già nel febbraio 1918, in riferimento alla sua capacità di influenzare le associazioni dei Reduci e dei Mutilati di Guerra.
A rivelarlo è ancora il libro Nero di Londra, su cui si basa questa parte dell’articolo.
Secondo le rivelazioni del colonnello Hoare, i fondi britannici furono “utilizzati” per “creare il Partito fascista e finanziare la Marcia su Roma”.
Il governo inglese dell’epoca, guidato da David Lloyd George e Andrew Bonar Law, riuscì in tal modo a “plasmare in modo significativo la rivoluzione fascista”, come scrivono gli autori di Nero di Londra.
Anche dopo la sua missione a Roma nel 1919, Samuel Hoare continuò a seguire da vicino gli sviluppi in Italia. E seguitò a mantenere rapporti epistolari con Mussolini.
L’ASSASSINIO DI MATTEOTTI
In momenti di crisi per il regime, come durante la vicenda Matteotti (estate del 1924), Hoare non mancò di inviare i suoi consigli.
L’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel giugno del 1924 portò alla luce potenziali legami con affari petroliferi che coinvolgevano anche Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, e la Sinclair Oil.
Le carte in possesso di Matteotti, ottenute a Londra da esponenti del governo laburista, minacciavano di rivelare “le crepe del nostro Tesoro, i soprusi, gli errori e le ruberie”, come riporta il libro di Fasanella e Cereghino.
Il quotidiano del Partito Fascista, Il Popolo d’Italia, insinuò che la stessa mano che aveva fornito a Matteotti i documenti a Londra, potesse aver armato i sicari, suggerendo un coinvolgimento della società petrolifera britannica Anglo-Persian.
Nell’omicidio di Giacomo Matteotti, e nelle azioni di Mussolini e dei gerarchi fascisti, vi era insomma la “questione energetica”.
La questione energetica era – ieri come oggi – strategica per l’Italia. E continuerà a segnare la Storia del nostro Paese con gli omicidi di Enrico Matteri (ottobre del 1962) e di Aldo Moro (maggio del 1978).
Negli anni successivi all’omicidio di Matteotti, Samuel Hoare ricordò il suo ruolo nel sostenere Mussolini durante la Grande Guerra e subito dopo, definendosi “il primo funzionario britannico ad avere a che fare con Mussolini e a persuaderlo a sostenere gli Alleati”.
Tuttavia, ammise di essere stato ingenuo nel credere che questi rapporti passati avrebbero potuto influenzare Mussolini durante la crisi abissina del 1935.

WINSTON CHURCHILL E L’AMICO BENITO
Il libro Nero di Londra ricorda che anche Winston Churchill nutriva ammirazione per Mussolini, definendolo il “salvatore dell’Italia” e “il più grande legislatore vivente”.
Questa ammirazione dell’esponente conservatore britannico e i rapporti intensi tra i due potrebbero aver contribuito a proteggere il regime fascista da eventuali rivelazioni compromettenti.
Si pensi alle relazioni legate al caso Matteotti e agli interessi petroliferi britannici in Italia.
Nel loro libro, Fasanella e Cereghino – documenti storici alla mano, fonti verificate e riscontrabili a disposizione – indicano che l’establishment britannico considerava Mussolini una figura chiave per contenere il pericolo social-comunista in Italia e quello bolscevico in Europa.
Pertanto, vi fu una tendenza a tutelare Mussolini “come una creatura propria, a ogni costo”.

Mussolini, Londra e il controllo sull’Italia
I rapporti tra Mussolini e i servizi segreti britannici rappresentano, così, un capitolo complesso e significativo della storia del fascismo e delle dinamiche geopolitiche del primo Novecento.
Iniziati in un contesto di emergenza bellica (la Prima Guerra Mondiale) e motivati dalla salvaguardia degli interessi britannici, questi rapporti si svilupparono in un sostegno attivo all’ascesa di Benito Mussolini al potere.
La natura esatta e la profondità di questi legami tra il Duce e Londra rimangono in parte avvolte nell’ombra dei documenti desecretati e delle testimonianze indirette.
il libro Nero di Londra indica tuttavia in nodo chiaro un coinvolgimento significativo dell’intelligence britannica nella genesi e nel consolidamento del regime fascista.
Possiamo, allora, porre tre conclusioni inquietanti e tre domande scomode.
LE CONLUSIONI INQUIETANTI
Stando al libro Nero di Londra – come ad altri testi di Fasanella e Cereghino – Benito Mussolini era un burattino costruito e gestito, almeno fino al 1939, dall’intelligence britannica, quindi da un governo straniero
Il fascismo è così nato e ha ottenuto il sostegno, almeno fino al 1939, perché funzionale agli interessi della Gran Bretagna, quindi di uno Stato straniero
Possiamo dare una definizione di Mussolini e del fascismo, di conseguenza, sulla base delle ricerche del giornalista Giovanni Fasanella e del ricercatore Mario José Cereghino (esperto di archivi angloamericani).
Alcuni video, alla fine di questo articolo, spiegano in quale corso storico si collochino, peraltro, le azioni britanniche sull’Italia. Dal Risorgimento al Caso Moro… ai giorni nostri.
La definizione del Duce è semplice: Benito Mussolini era un burattino costruito e pagato (almeno fino al 1939) dal governo conservatore britannico e il fascismo, assieme al Duce, era al servizio di uno Stato straniero. E contrario agli interessi nazionali italiani, quindi un vero e proprio “tradimento della Patria”.
LE DOMANDE SCOMODE
Premesso quanto il libro Nero di Londra rivela, e con esso anche altri testi documentati di Fasanella e Cereghino, possiamo porci una serie di domande.
Da quale posizione italiana e patriottica, la premier Giorgia Meloni, e con essa il suo partito con i suoi leader post-fascisti, possono affermare di essere “nazionalista” e di essere dalla parte della Patria?
Sia la presidente del Consiglio, Meloni, che molti leader di Fratelli d’Italia – si pensi a Ignazio La Russa. non hanno mai dichiarato di essere antifascisti. E di rinnegare un partito (quello fascista) e un dittatore (Mussolini) che erano traditori della Patria.
C’è poi da chiedersi da quale posizione la premier Meloni affermi di fare gli interessi dell’Italia, se butta alle ortiche e attacca il Manifesto di Ventotene, che puntava alla libertà e all’indipendenza nazionale nel quadro dell’Unione Europea?
C’è poi da domandarsi se, in qualche modo, nell’evitare di rinnegare un Mussolini e un partito, quello fascista, nemici dell’Italia, vi sia (o meno) l’influenza di un qualche condizionamento estero.
Altra domanda, sul fronte opposto. Perché la Sinistra non critica la premier Meloni e il suo partito sulla responsabilità di non rinnegare, con l’antifascismo, l’eredità di un dittatore e di un passato fascista che sono stati criminali, anti-italiani, razzisti e traditori della Patria?
Seguiamo il filo che parte dal Manifesto di Ventotene, prosegue con le rivelazioni del libro Nero di Londra (e altri testi di Fasanella e Cereghino) e arriviamo alla risposta arrabbiata (ma poco efficace) della Sinistra in Parlamento sull’attacco a quel documento.
C’è qualcosa che non torna, in quel filo.
A chi interessa, davvero, l’indipendenza e l’autonomia dell’Italia nel quadro di un’Unione Europea libera e giusta? Chi ha davvero a cuore il Manifesto di Ventotene, se non si denuncia cosa erano – davvero e su tutti i piani – il criminale Mussolini e l’anti-italiano regime fascista?
Perché l’antifascismo non si nutre delle verità messe in chiaro dal libro Nero di Londra e dalle ricerche di Fasanella e Cereghino? Perché non si svela l’ipocrisia della difesa della Patria, del Tricolore e dell’Italia di chi non rinnega un passato dittatoriale, criminale e anti-italiano?
Maurizio F. Corte
Agenzia Corte&Media
La spia inglese: Benito Mussolini
“Nero di Londra”. Il libro sul criminale Benito Mussolini
I libri “Il golpe inglese” e “Colonia Italia”
La “guerra segreta” del Regno Unito all’Italia

Sono un giornalista professionista, scrittore e media educator irriverente. Insegno Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università di Verona. Faccio ricerca su come i media rappresentano la società, il crimine e la giustizia. Sito web: Corte&Media. Per contattarmi: direttore@ilbiondino.org


