Un top manager squalo, le lotte d’interesse, la solitudine e le miserie di chi decide sul nostro destino.

Fare un film sul Potere non è facile. Il Potere, quello che incide sulle nostre vite, è proteiforme, sfuggente, infido e spesso nascosto ai nostri occhi.

Il Potere, nella sua versione più squallida e normale, è invisibile perché di fatto l’abbiamo davanti a noi – con persone in carne e ossa – ma non riusciamo a coglierlo. Tanta è la capacità di dissimulazione che quelle persone di potere possiedono.

Il film Governance – Il Prezzo del Potere, disponibile su Amazon Prime Video e diretto dal regista italo-francese Michael Zampino, riesce a dare con i giusti toni uno spaccato del Potere nel nostro tempo.

Non ne fa un affresco totalizzante. Non lo rappresenta in tutte le sue componenti e sfumature. Non approfondisce i canali in cui quel Potere si esprime.

Tuttavia, il film thriller Governance – Il prezzo del potereuna visione credibile, aderente a una parte della realtà del Potere.

La prospettiva da cui parte il regista Zampino è quella di un top manager, figlio di un ferroviere, che si è fatto da solo. Non ha lauree importanti,. Non è neppure ingegnere o economista.

Siamo di fronte, insomma, a un “praticone del Potere”. Colta la prospettiva, è importante sapere che vi sono altre angolazioni, altri tipi d’uomo (e di donna) da cui osservare le miserie e le nulle nobiltà dei prezzi pagati al Potere.

Film thriller Governance – Il prezzo del potere. La trama

Ecco la trama. Renzo Petrucci è un manager di una multinazionale petrolifera che ha aiutato a espandersi anche a spese della propria vita privata.

Come può accadere in posizioni del genere, gestisce anche i rapporti di corruzione che ottenere appalti e fare affari talvolta comporta.

Separato dalla moglie, è detestato dalla figlia. Lei gli rimprovera la mancanza di affetto e sensibilità verso il cane anziano, e sofferente, che è l’unica compagnia della giovane.

Come accade in figuri del genere, il top manager ha l’escort di fiducia e il giro di signorine disponibili.

Il modo di essere e di fare del manager Petrucci è ben rappresentato nel suo modo di mangiare e di relazionarsi con le più minute situazioni. Perché, lo sappiamo, le persone si giudicano dalle azioni.

IL MANAGER E IL PREGIUDICATO

Michele Laudato è invece un meccanico pregiudicato: si è fatto alcuni anni di carcere per rapina a mano armata. Vuole riabilitarsi ed è amico del manager Renzo che gli ha promesso la gestione di un distributore di benzina.

La vita dei due sembra procedere senza particolari intoppi. Il colpo di scena è quando il top manager Petrucci viene invitato, dalla propria società, a dimettersi in seguito a un’inchiesta giudiziaria su un appalto sospetto.

Ha così inizio una guerra senza esclusione di colpi – fra gli alti papaveri della società petrolifera – che arriva a coinvolgere, senza volerlo, anche il pregiudicato Laudato.

Fra tanti squali senza etica e umanità, il meccanico con precedenti penali sembra l’unico con ancora un senso di rispetto verso le persone.

Proprio nel mostrare le logiche del Potere – che è sempre “personale”, dell’uomo solo al comando – Governance – Il prezzo del potere svela la sua capacità di analisi sia umana che sociale del Potere e delle sue miserie.

Film Governance – Il prezzo del potere. Il trailer

Il cast del film vede in primo piano Massimo Popolizio (nel ruolo del top manager), Vinicio Marchioni (che interpreta l’amico pregiudicato del manager) e Sarah Denys (la rivale del top manager).

Questo l’elenco degli attori e dei relativi personaggi nel film Governance – Il prezzo del potere:

  • Massimo Popolizio – Renzo Petrucci
  • Vinicio Marchioni – Michele Laudato
  • Sarah Denys – Viviane Parisi
  • Claudio Spadaro – Marcello Zanin
  • Maria Cristina Heller – Carla Petrucci
  • Marial Bajma-Riva – Sofia Petrucci
  • Sonia Barbadoro – Ispettrice Ricciardi
  • Antonio Zavatteri – Mimmo Rotondi
  • Sara Putignano – Rita Laudato
  • Diego Verdegiglio – Ministro Maccaferri
  • Tania Bambaci – Mirella
  • Désirée Giorgetti – HR Manager

La recensione del film

I giudizi dei critici su Governance – Il prezzo del potere sono positivi.

Il regista Zampino fa un film italiano, ambientato in un certo potere romano (e non); ma lo fa con un taglio narrativo di livello internazionale.

Non vi è indulgenza alcuna a certo cinema autoriale, dove chi scrive la sceneggiatura o dirige il film viene prima del film stesso.

La struttura narrativa, l’uso della macchina da presa, il ritratto dei personaggi – dal protagonista alle figure di contorno – e la stessa fotografia sono gestiti senza imposizioni personalistiche.

Il regista Zampino – che ha partecipato alla sceneggiatura – ha scelto una precisa prospettiva da cui osservare il Potere: quella di un self-made-manager, anziché quella di un laureato in qualche università privata e di famiglia importante.

La scelta narrativa è netta. Ma con un solo obiettivo: raccontare uno dei volti del Potere; e come l’esercizio del potere cammini sulle gambe di persone singole, solitarie e soprattutto davvero sole. L’ultima inquadratura del film, in questo, è emblematica.

Si tratta di persone che non sanno neppure loro dove vogliono arrivare come esseri umani, Sanno solo vivere di denaro e autoritarismo sugli altri.

UN POTERE SENZA VALORI E OBIETTIVI

Ciò che fa preoccupare del Potere e dei suoi protagonisti è come quelle persone di Potere, senza meta senza valori e senza obiettivi di lungo respiro comunitario, siano le stesse che vogliono decidere nostri destini. E spesso ci riescono.

Come scrive la critica cinematografica Paola Casella sul magazine MyMovies, ciò che funziona bene nel film è “l’illustrazione dettagliata del paradigma strutturale di governance suggerito dal titolo. Un paradigma che sposa politica compiacente e capitalismo spietato. E che porta a conclusioni assai credibili, con l’amarezza del buon cinema italiano che sa riflettere sulla società“.

Raffaella Mazzei, sul magazine Spettacolo.Eu, sottolinea la convincente prova del protagonista, interpretato da Massimo Popolizio: “Corrotto e arrivista ma anche padre premuroso, si muove da squalo in un oceano popolato da squali. La sua bravura sta nel farsi carico dell’intera pellicola, diventando vero valore aggiunto e riuscendo ad esprimersi anche solo con uno sguardo”.

Possiamo dire che nel lavoro di Zampino vi è misura nell’uso della narrazione: basta accennarle certe cattiverie, basta un battito d’ali per lasciare intendere lo squallore di certo vivere, di certo modo di decidere le sorti di persone e città.

La critica Giulia Lucchini sul magazine Cinematografo, rileva che siamo di fronte a un film che racconta “la difficile ricerca della verità. E denuncia l’implacabile parabola sul potere del denaro: una realtà in cui per sopravvivere ti devi per forza sporcare le mani”.

La critica cinematografica Scilla Santoro sul magazine Cinefilos osserva che il regista Zampino “dipinge bene un mondo che conosce: le trame, gli intrighi, le ambizioni, anche fuori tempo massimo, mentre il sistema investigativo e giudiziario arranca. Traccia una visione d’insieme vivida e convincente, ma allo stesso tempo lascia intuire più di quanto non esponga”.

Intervista al regista e ai due attori principali

Governance – Il prezzo del potere. Spunti di analisi

Il tema del Potere è sempre affascinante. Parlo del Potere che decide i nostri destini: a cominciare dalle più piccole abitudini quotidiane, per finire con i grandi temi.

E’ un argomento che tutti frequentiamo, che tutti trattiamo e a cui tutti facciamo riferimento, in un modo o nell’altro.

Molti, però, commettono un errore: pensano che il Potere sia un monolite che decide nell’interesse di pochissimi concordi contro gli interessi di molti in disaccordo.

Molti pensano a una sorta di cricca di leader compatti i quali, come un sol uomo, decidono, agiscono e alle fine manipolano grazie all’uso di media compiacenti.

IL PREGIO DI “GOVERNANCE – IL PREZZO DEL POTERE”

Il pregio di Governance – Il prezzo del potere è di mostrare come il Potere cammini sulle gambe di persone singole, solitarie e assai spesso sole.

Si tratta di persone imperfette, che non hanno un “io” strutturato. Persone cresciute proprio male. Gente che non sa neppure dove sta andando; che non ha strategie e progetti di lungo respiro.

Sono “califfi a cui non darei una lira”, come li definirebbe Francesco Guccini, scrittore e autore di canzoni. Eppure quei califfi incidono sulle nostre vite.

I califfi del Potere – siano essi self-made-men di bassa cultura oppure inappuntabili laureati di prestigiose università pagate da famiglie potenti – determinano il nostro vivere con le piccole scelte, le azioni casuali, le lotte fra pari, le azioni corruttive e quelle che fan passare per caritative.

Mi sono chiesto spesso, sin da quando a 26 anni ho fatto l’addetto stampa di un importante leader politico veronese, come agisse il Potere. Lo avevo studiato sui libri dell’insegnamento di Filosofia del Diritto, all’Università di Padova, ed ero curioso di conoscerlo di persona quel Potere.

Mi riferisco al Potere che decide i piani regolatori, gli appalti, la costruzione di una certa opera, l’assunzione di certi manager anziché altri in aziende pubbliche, le relazioni con industriali importanti e ricchi commercianti.

Mi è rimasta una frase di quel tempo in cui ho cominciato a studiare da vicino il Potere: “Ho trovato barbari dove cercavo uomini”.

LA BARBARIE DEL POTERE

Ecco, il top manager Renzo Petrucci del film Governance – Il prezzo del potere incarna proprio quel tipo di “barbaro” – senza offesa a Goti, Unni e Vandali – che ho incrociato più volte nella mia vita di giornalista e consulente di enti e istituzioni.

Dal Potere uno si aspetta certo malvagità, certo sete di denaro, certo falli da tergo – altrimenti che Potere è? 

Uno non si aspetta, invece, che tutte quelle azioni malvagie siano condotte da omuncoli, gente che non sa cos’è il dolore né l’amore.

In questo senso, due canzoni esemplari tratteggiano bene il Potere: Povera Patria, di Franco Battiato; e Nella mia ora di libertà, di Fabrizio De Andrè.

C’è poi un aspetto del film di Zampino che merita attenzione. Il film Governance – Il prezzo del potere mi ricorda la continuità fra cattiveria e barbarie dei colletti bianchi; e cattiveria e barbarie di persone dedite al delitto di strada.

I colletti bianchi, insomma, non sono immacolati. Non sono un “mondo altro” – nella loro cattiveria – rispetto ai criminali che finiscono, non protetti da avvocati di valore e leggi compiacenti, dietro le sbarre.

Su questo, ho una prova personale inoppugnabile: l’aver scoperto che, nel 1999, un senatore della Repubblica fu il mandante di una serie di lettere anonime contro di me.

Quelle lettere furono gestite e spedite da una manovalanza non proprio criminale. Peggio. Era una manovalanza facente parte del business della security.

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Il top manager Renzo Petrucci con l’amico meccanico pregiudicato Michele

I TEMI DEL POTERE

Il film Governance – Il prezzo del Potere tocca un po’ tutti i tasti e i temi che caratterizzano lo strumento e la musica del Potere:

  • la fame di denaro, che interessa sopra ogni cosa e porta alle ruberie;
  • la voglia di sopraffazione, verso nemici e alleati che sono visti di fatto come non-persone, da battere e tenere sotto (per dirla con Machiavelli);
  • l’esercizio della dissimulazione, che va a braccetto con l’inganno, la ruberia e la corruttela;
  • l’alleanza, diretta o indiretta, con l’illegalità e la criminalità, per cui non c’è frattura fra colletti bianchi e camicie scure da delitto;
  • la manipolazione, attuata attraverso i media (siano essi social network o giornali di massa)

“C’hanno certe facce che a vederle fanno schifo”, ci dice Giorgio Gaber, nella canzone Io se fossi Dio

Gaber parla dei politici; ma come ci mostra il film di Zampino, i politici si servono di certi top manager, e il contrario. E qualcuno si serve anche della manovalanza criminale.

Il film thriller Governance – Il prezzo del potere guarda agli uomini (e alle donne) di potere da una precisa angolazione, come ho detto. Mostra anche i risultati di certi disvalori, che a quel certo di persone appartengono.

Il top manager Renzo Petrucci, direttore generale di un’importante azienda petrolifera, ad esempio, esprime anche la visione della società e delle donne che hanno quei “califfi” del Potere.

Le donne sono solo rivali da abbattere, puttane da chiamare alla bisogna, figlie sfigate con cani al seguito e mogli che si occupano di carità.

Sono tutte donne che, sia detto per equità, ben si guardano dal protestare; o dal chiedersi da dove i soldi dei top manager arrivino.

IL CONTESTO E LA PSICOLOGIA DEI PERSONAGGI

Il film – su questo concordo con i critici che l’hanno rilevato – non approfondisce il contesto, lo stagno entro cui nuotano quegli squali.

Il film di Zampino non va neppure a fondo della psicologia dei personaggi più importanti. 

Governance – Il prezzo del potere è un film thriller che non ci dice quale fine farà il top manager.

Non ci dice se la ricerca della verità da parte della polizia sull’incidente che lo riguarda avrà successo. Se l’indagine della magistratura andrà a fondo con le accuse di corruzione.

Il top manager Renzo Petrucci possiamo accostarlo al dirigente di polizia di Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (regia di Elio Petri, Premio Oscar nel 1971).

Ogni califfo del Potere commette qualcosa di brutto, qualcosa da nascondere: dalla piccola cattiveria alla violazione dei diritti, dalle connessioni con la criminalità fino all’azione delittuosa in prima persona.

Tante sono le sfumature dell’esercitare il Potere con arroganza e manipolazione. Di sicuro, come ci canta De Andrè, bisogna essere davvero coglioni “per non riuscire a capire che non ci sono poteri buoni”.

Il film thriller Governance – Il prezzo del potere ci mostra, insomma, un pezzetto di esercizio del Potere. Un altro passo di buon cinema italiano su questo filone.

giornale L'Arena - inchiesta sul caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano - Il Biondino della Spider Rossa - 2011

Il film Governance e il Caso Sutter-Bozano

Quando guardo un film thriller mi piace cogliere i punti di contatto con la vicenda di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.

Il motivo è presto spiegato: considero la storia umana e giudiziaria di Lorenzo Bozano e la storia umana di Milena Sutter un caso emblematico.

Cosa accomuna il film Governance – Il prezzo del potere e la vicenda di Milena Sutter e Lorenzo Bozano? Ecco alcuni punti di contatto:

  • la ricerca della verità. Si riuscirà mai ad arrivarci?
  • l’inganno di chi vuole occultare la verità sostanziale dei fatti. Chi manipola i reperti e perché?
  • la manipolazione della comunicazione. Chi sono i comunicatori compiacenti con la versione ufficiale?
  • la sopraffazione del Potente su chi non ha i mezzi per proteggersi. Vi è parità di forza tra chi attacca e chi è costretto a difendersi?
  • l’arroganza del Potere e dei suoi servi. La narrazione dei media è al servizio della verità sostanziale dei fatti o di chi, gestendo soldi e pubblicità, può comandare sui giornali e sui loro direttori asserviti?

Il pregio del film thriller Governance – Il prezzo del potere, disponibile su Amazon Prima Video, sta tutto nel mettere a nudo, senza pietà, lo squallore di chi pensa – magari facendo equitazione o giocando a golf in letizia – di poter comandare su tutti noi. O, peggio, di governare le nostre narrazioni.

Maurizio Corte
corte.media

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