Pablo Trincia svela la verità sull’omicidio del calciatore, dopo 35 anni di silenzi.

Una piazzola sterrata lato mare, appena dopo una curva. Nel 1989, a Roseto Capo Spulico (Cosenza, Calabria) si scrive una pagina oscura del calcio italiano: la morte di Denis Bergamini.

Lungo la Statale 106 Jonica, il 18 novembre del 1989, il centrocampista del Cosenza perde la vita in circostanze poco chiare. Aveva appena 27 anni.

Disteso a pancia in giù, con il viso tra le braccia e un profondo squarcio all’altezza del bacino, la vicenda viene subito archiviata come un suicidio. 

Secondo la versione ufficiale, Denis si sarebbe tuffato sotto un camion carico di mandarini. Senza ragioni, né segnali premonitori. 

A confermare la dinamica sono l’autista del mezzo pesante e la compagna di quel lungo viaggio in macchina verso la fine: Isabella Internò, ex fidanzata della vittima. 

Trentacinque anni dopo, però, un processo riscrive la storia di quella notte.

Nel 2024, Isabella Internò viene infatti condannata per omicidio volontario aggravato, in concorso con ignoti. 

Un delitto passionale, motivato da «un proposito vendicativo» — scrive la Corte di Assise di Cosenza — per proteggere l’onore della ragazza.

A ricostruire tre decenni di bugie, archiviazioni e rinascite processuali è oggi il giornalista Pablo Trincia con il podcast Il cono d’ombra. 

L’indagine illumina i 120 metri di strada dove tutto è finito nella tragedia. 

Ma illumina anche un quadrato di asfalto che segna il confine, dove troppo a lungo si è nascosta la verità.

“IL CONO D’OMBRA”: PODCAST E DOCUSERIE SUL CASO BERGAMINI

Per raccontare il caso di cronaca nera di Bergamini, Trincia torna sui luoghi del delitto. 

Il giornalista osserva la piazzola. Studia le fotografie. Rilegge gli atti. Ascolta le voci di amici e famigliari.

Racconta anche della Maserati bianca, muta testimone del delitto.

Trincia ricostruisce così ogni dettaglio: dalla sera del 18 novembre 1989, all’incredibile sentenza del 2024.

È una storia fatta di bugie, depistaggi e diffamazione, raccontata in sette episodi: tra giornalismo narrativo e inchiesta giudiziaria.   

Scritto da Trincia con Debora Campanella e Paolo Negro, Il cono d’ombra è disponibile su tutte le piattaforme audio.

Il podcast true crime diventerà presto anche una docuserie, disponibile dal 27 giugno su Sky e Now Tv.

"Il cono d'ombra", podcast true crime di Trincia

Denis Bergamini: cronaca di un tragico omicidio d’onore

Denis Bergamini nasce a Ferrara il 18 settembre 1962, in una famiglia unita e affettuosa.

Il padre Domizio è allevatore di suini. La madre Maria invece fa la casalinga.

Denis ha anche una sorella maggiore, Donata. È la migliore amica, con cui condivide la sua più grande passione: il calcio.

Palloni, campi d’erba e reti sono infatti sempre presenti nella vita di Bergamini.

Denis cresce nella Spal, poi gioca all’Argentana, passa alla ravennate Russi e, infine, nel 1985 approda nella serie C con il Cosenza. 

Intelligente, generoso, stimato dentro e fuori dal campo, è proprio in Calabria che il ragazzo vivrà il suo sogno calcistico.

LA STORIA CON ISABELLA INTERNÒ 

A Cosenza, Bergamini trova anche l’amore.

Il centrocampista inizia infatti una lunga storia con Isabella Internò, di sette anni più giovane.

Dai 23 ai 27 anni, Denis vive però anche un lungo tormento: una relazione fatta di tira e molla, gelosie e litigi continui.

Finché, nel 1988 — dopo l’ostacolo di un aborto oltre il termine, eseguito a Londra — la storia tra i due finisce per sempre.

Isabella Internò, accusata dell'omicidio di Denis Bergamini

L’ULTIMA GIORNATA FATALE DEL CALCIATORE

La mattina del 18 novembre 1989 Denis Bergamini è in ritiro con la squadra.

Come da abitudine, dopo l’allenamento, il calciatore pranza con i compagni al Motel Agip. 

Qualche ora dopo, per svagarsi un po’, i giocatori si recano anche al cinema a vedere La più bella del reame. Un film molto popolare all’epoca.

Tuttavia Bergamini non rimane a lungo seduto sulla sedia di velluto.

Con la scusa di dover usare il bagno, il 27enne abbandona infatti presto sala e squadra.

È questa l’ultima volta che i suoi compagni lo vedono vivo. 

LE OMBRE DIETRO IL PRESUNTO SUICIDIO

Tornati in hotel, i giocatori del Cosenza notano l’assenza del centrocampista.

Si scherza e si ride. Parte anche il consueto applauso per chi arriva in ritardo. 

Poi però arriva una telefonata che spezza ogni gioia. A rispondere è Gigi Simoni, allenatore del Cosenza.

Dall’altra parte della cornetta, Isabella Internò informa Simoni della tragedia: Denis è morto. 

Secondo la donna, Bergamini l’aveva raggiunta a casa con la sua Maserati bianca.

I due avevano poi intrapreso un viaggio di tre ore.

Una gita che Denis descrive come una fuga dalla realtà: vuole infatti scappare dall’Italia e lasciare il calcio per sempre.

Dopo questa rivelazione, la discussione tra i due si accende e culmina in una piazzola di sosta a Roseto Capo Spulico. 

Lì, fermi sull’asfalto, all’improvviso Denis sarebbe uscito dall’auto per lanciarsi sotto un camion. 

Anche il camionista — Raffaele Pisano — conferma questa versione.

È stato un attimo. Era sconvolto. Si è buttato.

100 OSCURI MINUTI SULLA PIAZZOLA

La verità sulla misteriosa morte di Berhamini si cela in quell’ora e quaranta, vissuta sulla piazzola di sosta, tra le 17:30 e le 19:10.

Sono 100 minuti pieni di incongruenze, che alimentano per anni versioni contraddittorie, depistaggi e misteri.

Suicidio, tragico incidente o omicidio, quindi?

A Cosenza circolano le voci più disparate, che tirano in ballo scommesse clandestine, traffici illeciti e l’immancabile mafia calabrese.

Famiglia e amici sono d’accordo però su una cosa: Denis non si è ucciso.

Innanzitutto, la dinamica dell’impatto non torna con quanto riportato dai due testimoni.

Inoltre, il corpo — svela la sorella nel podcast — non riporta i segni di un orrendo e lungo trascinamento.

Il 27enne sembra infatti solo addormentato. Le gambe sono intatte. Nemmeno l’orologio è rotto.

Infine, nel racconto di Isabella sono troppi gli elementi che cambiano, scompaiono e ricompaiono.

Le versioni si accumulano così una sopra l’altra, lasciando l’amaro in bocca.

L’ex fidanzata di Bergamini sta dunque nascondendo qualcosa?

Serviranno 35 anni per rispondere a questa difficile domanda.

OMICIDIO O SUICIDIO? LA VERITÀ DOPO 35 ANNI

Grazie alla tenacia della famiglia e al supporto di alcuni tifosi del Cosenza, il caso viene riaperto nel 2011.

Sei anni dopo, l’autopsia sul corpo riesumato riesce a sciogliere una matassa di bugie che sembrava irrisolvibile.

L’esame svela infatti una verità a lungo taciuta: Denis non è morto per l’impatto con il camion, ma per soffocamento.

Il medico legale rileva infatti una massiccia dilatazione dei polmoni.

Questa sofferenza respiratoria acuta è inoltre la prova di un altro elemento importante per l’indagine: Denis era già morto quando il camion lo ha schiacciato.

È l’inizio della verità.

La morte del centrocampista sta per essere smascherata per quello che è sempre stata: una messinscena costruita per nascondere un omicidio.

L'omicidio del centrocampista del Cosenza calcio

IL PROCESSO A ISABELLA INTERNÒ

Secondo la nuova ricostruzione, il 18 novembre Bergamini lascia il ritiro del Cosenza per incontrare l’ex fidanzata. 

Forse il 27enne spera così di porre fine alle tensioni e all’ossessione che Isabella continua a manifestare. Un comportamento che oggi chiamiamo stalking. 

Quello che doveva essere un confronto si trasforma presto in una trappola mortale. Un piano omicida disegnato con cura.

Nel 2021 si apre quindi il processo che vede Isabella Internò accusata di omicidio. 

Dopo tre anni, la Corte d’Assise condanna la donna per omicidio volontario premeditato in concorso con ignoti.

La pena è di 16 anni di carcere.

IL MOVENTE TRA ORGOGLIO E VENDETTA

«Se non torna con me lo faccio ammazzare. Piuttosto che sia di un’altra, preferisco che muoia». 

Pochi giorni prima del delitto, Isabella Internò pronuncia questa frase all’amica Tiziana Rota.

Secondo i giudici, queste parole rivelano la vera personalità della donna: risoluta, possessiva e vendicativa.

Ma di che cosa doveva vendicarsi Isabella? Per capirlo bisogna tornare indietro al 1987.

Due anni prima dell’omicidio, l’ex fidanzata di Bergamini rimane incinta.

In un «territorio sordo alla emancipazione femminile», una donna single non può però crescere un bambino da sola. 

Le soluzioni sono quindi due: il matrimonio o l’aborto.

E anche se Denis è pronto ad assumersi le proprie responsabilità genitoriali, non ha intenzione di sposare la ragazza.

A gravidanza inoltrata, quindi, Isabella si ritrova a pagare «il prezzo del rifiuto» di un matrimonio. Ma non solo.

La donna deve infatti anche fare i conti con la vergogna di un aborto. 

Questo episodio potrebbe celare il vero movente del delitto.

LE OMBRE SULLA FAMIGLIA INTERNÒ

Le indagini sull’omicidio Bergamini non sono tuttavia ancora finite. 

Rimane infatti aperta una questione: l’identità dei complici di Isabella Internò.

Un’intercettazione ambientale ha intanto incastrato Roberto, cugino della donna.

Nell’audio incriminante, la moglie dell’uomo, Michelina Mazzuca, si lascia infatti scappare una frase sconcertante: «Bergamini dovrebbe farti a pezzi come hai fatto con lui, vigliacco bastardo».

È una prova che non lascia molto spazio alle interpretazioni.

Nel frattempo, il pubblico ministero sta indagando sulle false testimonianze e gli alibi della famiglia Internò.

L’obiettivo adesso è infatti uno: individuare gli altri possibili complici dell’omicidio.

Le false notizie su Bergamini da parte della stampa

La memoria infangata: la “seconda morte” di Denis

«Adesso mio fratello può finalmente volare».

Alla lettura della sentenza, Donata Bergamini pronuncia questa parole con sollievo negli occhi.

Tuttavia, prima di ottenere giustizia, la famiglia di Denis ha dovuto affrontare per anni un’altra violenza: quella contro la memoria del loro amato figlio e fratello.

Per tre decenni, la cronaca ha infatti alimentato voci infamanti sul centrocampista del Cosenza.

Droga, relazioni oscure, traffici illeciti. Si parla di questo e molto altro.

È un comportamento dei media che alimenta anche una violenza da parte dell’opinione pubblica.

In casa Bergamini arrivano infatti telefonate anonime, minacce e lettere misteriose.

Fino ai mitomani pronti a raccontare orrende falsità sulla vittima.

Sono azioni che, secondo la famiglia, non sono solo servite per infangare la memoria del calciatore, ma anche per depistare le indagini.

Si è insomma assistito a una seconda morte, mediatica e sociale, che ha cercato di seppellire l’onore di un bravo ragazzo. 

La storia di Denis Bergamini non è quindi solo un cold case risolto.

Il suo omicidio è la dimostrazione che la verità può sopravvivere ai depistaggi, alle bugie e alla cattiveria. Ma ha bisogno di chi non smetta mai di cercarla.

Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 20.06.2025

“Il cono d’ombra”: trailer della docuserie su Denis Bergamini

Denis Bergamini: il video di Elisa True Crime

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