La fiorentina Rossella Casini nel romanzo di Saviano: un omicidio e una storia d’amore.

È un romanzo d’amore. Ma è anche una storia di sangue, una cronaca di mafia che ha inghiottito una giovane vittima. È la storia dell’omicidio di Rossella Casini.

Consumatasi tra gli anni ’70 e ’80, la vicenda è oggi la trama di L’amore mio non muore (Einaudi, 2025), romanzo crime di Roberto Saviano.

Il noto scrittore e giornalista intreccia nelle sue pagine passione e morte: l’amore impossibile tra Rossella — studentessa fiorentina — e Francesco Frisina — rampollo di una famiglia mafiosa calabrese.

Una relazione giovanile che lascia in poco tempo lo spazio ad un incubo violento, in cui a pagare il prezzo più caro è la ventenne.

Scomparsa nel nulla dalle coste calabresi nel 1981, Rossella è una vittima della “faida di Palmi”. Ma anche di un codice d’onore che non concede libertà alle donne

Nessuno ha mai scontato una pena per la sparizione della ragazza, lasciandola per sempre spoglia di una vita, di un corpo e della meritata giustizia. 

Oggi della giovane rimangono un’unica foto sbiadita e un nome nella lunga lista delle vittime di mafia.

Due elementi che, grazie al lavoro di Saviano, tornano a interrogare le coscienze.

ROBERTO SAVIANO E UNA VITA CONTRO LA MAFIA

Roberto Saviano è una delle voci più incisive e coraggiose nella denuncia delle mafie italiane, in particolare della camorra. 

Cresciuto a Caserta, ha conosciuto fin da giovane le dinamiche della criminalità organizzata, che ha iniziato a raccontare con rigore, basandosi su atti giudiziari, intercettazioni e osservazione diretta del territorio.

Con Gomorra (2006) — il suo primo libro inchiesta — lo scrittore ha scardinato l’omertà attorno al potere economico e militare dei clan campani, diventando bersaglio della criminalità. Da allora vive sotto scorta. 

Le sue opere successive — da ZeroZeroZero a La paranza dei bambini — continuano a esplorare il potere mafioso, mostrando come si adatti ai meccanismi globali di finanza, traffico di droga e reclutamento giovanile. 

In questi anni, la sua attività di scrittore e giornalista ha acceso i riflettori internazionali sulle mafie italiane, facendone un testimone scomodo ma necessario.

Romanzo Einaudi di Roberto Saviano su Rossella Casini

Rossella Casini: una vittima di amore e ‘ndrangheta

Rossella Casini nasce il 29 maggio 1956 a Firenze.

Vive una vita tranquilla nel quartiere di Borgo la Croce, con il padre Loredano — ex dipendente Fiat in pensione — e la madre Clara — casalinga.

Capelli biondi e occhi azzurri, la ragazza studia pedagogia all’Università di Firenze in anni molto turbolenti.

Sono infatti gli anni ’70. Un decennio in cui le strade ribollono per le contestazioni politiche, la violenza è diffusa in ogni piazza e l’eroina accumula vittime ad ogni angolo.

Ma niente di tutto questo sembra toccare Rossella.

A sconvolgere la sua vita è invece l’incontro con Francesco Frisina, studente calabrese fuori sede di economia.

Tra loro nasce un sentimento travolgente. Un amore che nessuno dei due ragazzi aveva ancora sperimentato.

Tuttavia, dopo i primi mesi, l’universitaria fa una scoperta: i Frisina hanno legami con un potente ramo della Piana di Gioia Tauro.

Sono una famiglia affiliata alla ‘ndrina Gallico di Palmi. Una famiglia di ‘ndrangheta.

LA “FAIDA DI PALMI”: UNA MATTANZA FAMILIARE

Nel 1979, durante una vacanza in Calabria, Rossella assiste allo scoppio di una guerra sanguinosa tra la famiglia del fidanzato e un clan rivale.

Si tratta della “faida di Palmi”, tra la ‘ndrina Gallico e le ‘ndrine Parrello-Condello.

Tutto inizia il 4 luglio 1979, quando ad essere ucciso è proprio il padre di Francesco, Domenico Frisina. 

Questo primo omicidio non solo segna l’inizio della rappresaglia, ma anche il principio della fine per la ragazza, che si accorge della realtà mafiosa che ormai la circonda.

Nonostante il clima tesissimo, Rossella decide tuttavia di non fuggire.

L’universitaria non vuole infatti abbandonare il fidanzato, convinta che il loro amore possa salvarli da tutto. Anche dalla mattanza.

Quando però, il 9 dicembre 1979, Francesco viene ferito alla testa, la giovane decide di agire.

L’universitaria fiorentina sfida l’omertà mafiosa e con coraggio inizia a collaborare con la giustizia.

LA COLLABORAZIONE CON LA GIUSTIZIA

Nell’inverno del 1979, Rossella fa trasferire Francesco dall’ospedale di Reggio Calabria al reparto di neurochirurgia dell’ospedale Careggi di Firenze.

Proprio durante la degenza in Toscana, la ragazza convince il fidanzato a collaborare con la giustizia, con l’aiuto di un giovane brigadiere di polizia. 

Francesco inizia così a fornire dettagli sulla “faida di Palmi” e sulle attività mafiose della sua famiglia.

Anche Rossella offre informazioni preziose.

Il 14 febbraio 1980, l’universitaria rilascia delle dichiarazioni a France Fleury, sostituto procuratore di Firenze, su ciò che ha visto e sentito durante il suo soggiorno in Calabria.

Gli atti vengono poi trasmessi alla procura di Palmi, portando ai primi arresti.

Ma la dura risposta dei Frisina non si fa attendere. Finché gli sforzi non ripagano.

Il cognato di Francesco, Pino Mazzullo, convince infatti il ragazzo a ritrattare le sue dichiarazioni.

Riportato il giovane universitario dalla parte del crimine, Rossella resta quindi da sola. E tutta la colpa ricade su di lei.

Nonostante questo ennesimo ostacolo, la giovane però non si arrende.

Mentre fa la spola tra la Toscana e la Calabria, la ragazza continua a frequentare il fidanzato, cercando di allontanarlo dalla mafia.

Il suo senso civico inizia però a infastidire i Frisina, facendo precipitare i rapporti fino a un tragico epilogo.

Una fine che si consuma proprio nella tana del lupo: a Palmi.

LA SCOMPARSA DELLA DONNA

Nel febbraio 1981 i rapporti con i Frisina sono ormai in rotta di collisione.

In una telefonata al padre, la ragazza racconta infatti di essersi trasferita da amici vicino alla tonnara di Palmi, in attesa di tornare a Firenze. 

Poi il silenzio.

Il 22 febbraio 1981 Rossella Casini scompare nel nulla dalla coste della città calabrese.

Ha solo 24 anni. Non verrà mai più vista e sentita. E nemmeno il suo corpo farà più ritorno a casa.

UN RACCAPRICCIANTE OMICIDIO DI MAFIA

«Fate a pezzi la straniera». Nel 1994, tredici anni dopo la scomparsa di Rossella, La Nazione riporta queste parole agghiaccianti.

Si tratta di una dichiarazione del pentito Vincenzo Lo Vecchio, che rivela al quotidiano fiorentino la sua verità sulla sparizione.

Secondo l’uomo, la ‘ndrangheta ha ucciso la ragazza, per aver convinto Francesco a collaborare con la giustizia.

Inoltre, il testimone punta il dito sul giovane Frisina, colpevole di aver dato il suo assenso per l’omicidio della fidanzata.

Ormai tutta la famiglia calabrese la considerava infatti «una infame e una mina vagante». 

Secondo l’atroce ricostruzione del pentito, Rossella venne quindi rapita, stuprata, fatta a pezzi e gettata in mare vicino alla tonnara di Palmi.

Un omicidio efferato, eseguito senza alcuna pietà.

Rossella Casini, omicidio di mafia

PROCESSO: QUATTRO NOMI, NESSUN COLPEVOLE

Il 25 marzo 1997 inizia il processo di primo grado per il sequestro e l’omicidio di Rossella Casini. 

Dopo sedici anni dalla scomparsa, quattro persone vengono rinviate a giudizio: Domenico Gallico, Pietro Managò, Francesco Frisina e sua sorella Concetta.

Solo nel maggio 2006 — dopo numerosi rinvii e litri di inchiostro versato — la Corte d’Assise di Palmi emette la sentenza: una piena assoluzione per insufficienza di prove.

L’unica magra consolazione per la famiglia Casini arriva nel 2013, quando il nome di Rossella viene inserito nell’elenco delle vittime innocenti delle mafie.

Una goccia di diritto in un mare di ingiustizia.

La voce ritrovata: l’eredità di Rossella Casini 

L’amore mio non muore non è solo un romanzo.

Il libro è un atto di memoria. Un racconto che scuote le coscienze e restituisce dignità a una donna cancellata dalla mafia.

È una preziosa inchiesta su un frammento di storia italiana che Roberto Saviano ci restituisce. 

Ciò che rimane dopo la lettura è l’insegnamento di Rossella: l’amore vero non muore mai, nemmeno di fronte alle minacce più terribili. 

Ma la 24enne non amava solo Francesco. 

L’universitaria amava la giustizia, la verità, la libertà.

Per questo motivo «la ragazza con la valigia» è stata uccisa.

Perché, secondo l’ordine mafioso, Rossella aveva gettato troppo fango sui Frisina. 

E per lo stesso senso civico che l’ha condotta alla morte, nel 2019 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito alla giovane vittima la medaglia d’oro al valore civile.

UNA SOLA FOTO PER RICORDARE LA VITTIMA

Per decenni dell’universitaria uccisa dalla ‘ndrangheta non è rimasta nemmeno un’immagine.

I genitori, chiusi nel dolore, non hanno infatti conservato nulla e, dopo la loro morte, tutto sembrava perduto.

Poi, nel 2013, le giornaliste Edi Ferrari e Anna D’Amico hanno fatto una scoperta inaspettata.

Negli archivi dell’Università di Firenze, le due donne hanno infatti trovato il libretto universitario (1978-1979) di Rossella. E con esso, una foto.

Grazie a questo lavoro storico e investigativo, oggi esiste almeno quell’immagine per ricordare la giovane vittima di mafia.

Una «memoria visiva» restituita anche grazie all’impegno instancabile di don Andrea Bigalli — referente toscano dell’associazione Libera — e della giornalista Francesca Chirico.

È grazie a tutti loro se oggi Rossella Casini è salva dall’oblio.

E raccontare la sua storia in ogni dove e tempo significa restituirle un passo alla volta quella voce che la mafia voleva soffocare.

Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 24.05.2025

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