Romanzi e saggi, inchieste e ricerche. I libri gialli ci affascinano e ci aiutano a capire il crimine e la giustizia.
C’è qualcosa di seduttivo nei libri gialli. Parlo di quelli scritti bene.
Io adoro John Grisham, perché mi insegna sempre qualcosa sul sistema giudiziario. E ha quel suo lato di umanità e di battaglia contro le ingiustizie.
Sono millanta gli autori – italiani e stranieri – che scrivono romanzi gialli.
Ci sono poi i saggi, le inchieste giornalistiche, gli approfondimenti.
Con Laura Baccaro ho scritto un libro – metà inchiesta, metà ricerca universitaria – sul caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.
Credo che un buon libro thriller sia chiamato ad avere alcune caratteristiche, oltre ad essere scritto in modo accattivante:
- una storia ancorata alla realtà del crimine oppure della giustizia;
- personaggi con una profonda umanità;
- lo scavo nelle relazioni fra le persone, anche se stavolta sono relazioni pericolose;
- la capacità di insegnare qualcosa sulla giustizia, sull’investigazione, sul crimine, ma senza darlo a vedere
Un buon libro – romanzo o saggio che sia – alla fine ti lascia con un sentimento di nostalgia.
Vorresti che non finisse mai. Vorresti arrivare alla soluzione, ma che poi i personaggi coinvolti non ti abbandonino.
Forse questo affezionarsi di noi lettori ai personaggi dei romanzi e dei libri in genere ha portato alla creazione di serie televisive.
Un film crime non ci basta.
Un romanzo crime non ci basta.
Abbiamo bisogno di serialità. Sia a livello televisivo che a livello di romanzi.
Tant’è che ci affezioniamo alla Kay Scarpetta di turno. Piuttosto che al vecchio amato Maigret o ai protagonisti dei romanzi di Carofiglio. Giusto per citarne qualcuno.
Romanzi e saggi thriller: l’aderenza alla realtà del crimine
I romanzi thriller di qualità si fondano su un lavoro preliminare di ricerca-
Per questo possono aiutarci a comprendere il mondo del crimine. A
capire perché una persona arriva a commettere un omicidio; a violare la legge; a fare del male ad altre persone.
L’aderire alla realtà del crimine, evitando ricostruzioni inverosimili o sbagliate sul piano scientifico, rende una storia credibile. E anche utile per il lettore.
Mi piace pensare che i romanzi gialli, polizieschi, thriller non siano solo una forma di lettura d’evasione.
C’è di sicuro una componente narrativa che ci fa staccare dalla nostra vita quotidiana, per portarci in mondi molto lontani dal nostro.
E’ tuttavia un dato di fatto – come sottolinea David Canter, padre della Psicologia Investigativa – che una persona, uomo o donna che sia, uccide, rapina, accende un fuoco con scopi criminali, commette insomma un reato così come lavora, mangia, ama e si comporta in altri ambiti.
Il criminale, ci dice Canter, che si occupò dei serial killer dei treni negli anni ottanta a Londra, non è un superuomo, un extra-uomo. E’ una persona che viola la legge.
Senza il reato non c’è l’autore di reato, insomma.
Per questa sua aderenza alla realtà umana, il racconto criminale ci dà uno spaccato dell’umanità.
Ci dà una visione del nostro vivere sociale, quotidiano, accanto alle altre persone.
Inchieste della polizia e sguardo dissidente sulle indagini
E’ interessante, nel leggere romanzi e saggi sul crimine e i criminali, capire come agisce la Polizia.
In ogni narrazione che sia coinvolgente vi è un conflitto: nelle serie televisive come nei film crime, nelle storie dei romanzi come in molta saggistica.
Di fronte a un omicidio abbiamo un poliziotto, un investigatore – ma può essere un magistrato o un giornalista o un avvocato – che cerca di arrivare alla verità.
L’obiettivo di ogni storia crime è di scoprire cos’è davvero accaduto.
Accade così anche nelle indagini di Polizia? Se devo basarmi sul caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano, sono costretto a dire che si è sposata una certa tesi. E si è cercato di stressare ogni indizio, ogni elemento per dimostrarla.
A livello narrativo ci si è riusciti: il racconto del “biondino della spider rossa” è potente. Resta da dimostrare se si sia arrivati alla verità sostanziale dei fatti.
In un romanzo thriller di spessore ci aspettiamo di trovare uno sguardo inedito sulle indagini.
La ricerca della verità non può che avvenire in un modo che non è scontato.
Non accettiamo una visione stereotipata, pregiudiziale sulle persone e sulle relazioni sociali.
In questo senso, la narrazione delle indagini è una narrazione dissidente rispetto a ciò che accade in talune vicende criminali: il puntare dritti alla verità sostanziale dei fatti, anziché il ricercare un colpevole qualsiasi o di comodo, è quanto richiediamo.
In caso contrario, il romanzo giallo – su un qualche delitto – diventa scontato e prevedibile.
La giustizia e le storture del sistema giudiziario
Dei romanzi di John Grisham – come anche del suo unico libro non fiction qual è L’innocente (The Innocent Man) – mi affascina il racconto della giustizia.
Coniugare l’intreccio avvincente della narrazione, la denuncia sociale di un sistema giudiziario che non vuole migliorarsi e la rappresentazione di personaggi e vicende che sono ancorati alla realtà: questo fa di un romanzo una forma nobilissima di letteratura.
Le storie di processi giudiziari pilotati, di indagini mal condotte, di verità di comodo, di sotterranee forme di corruzione, di falsità fatte passare per verità dimostrata: tutte queste narrazioni rendono i romanzi giudiziari – i legal thriller – il connubio perfetto fra racconto avvincente e racconto storico.
Da sempre gli scrittori attenti alla vita del loro ambiente sociale hanno rappresentato, sotto le spoglie della fantasia romanzesca, il tessuto di una comunità.
Hanno messo in campo le costanti del sistema giudiziario, le routine e i modi di operare di poliziotti e magistrati, le rigidità e assurdità del sistema burocratico.
In questo senso, la denuncia delle storture del sistema giudiziario può passare attraverso un libro giallo, un legal thriller che è un saggio di storia senza averne l’aria.
Libri gialli: una letteratura pedagogica?
Molto spesso l’aggettivo “pedagogico” viene usato a sproposito, quasi con disprezzo.
La Pedagogia viene ridotta a indottrinamento, cosa che non è – come dimostriamo con le ricerche e l’alta formazione al Centro Studi Interculturali dell’Università degli Studi di Verona.
La Pedagogia si fonda invece sull’Educazione. E’ la riflessione, l’impegno teoretico sull’educare.
Da parte sua educare vuol dire scoprire, portare alla luce, valorizzare e far brillare i tesori che ciascuna persona porta con sé.
Può una letteratura basata su racconti di crimine e giustizia essere pedagogica nel senso nobile del termine?
La risposta è di certo positiva. Dai libri gialli, dai thriller – siano essi romanzi e ancor più se saggi – possiamo trarre insegnamenti che ci consentono di vivere meglio, di meglio relazionarci con gli altri.
I libri thriller possono portarci a riflettere sulle nostre azioni e su quelle degli altri.
Le narrazioni del crimine e della giustizia ci inducono a riflettere sulla devianza, sull’illegalità, sul commettere un omicidio, sul togliere la libertà e la vita a un altro essere umano.
I libri gialli sono allora “pedagogici”.
Sono pedagogici nel senso che ci sollecitano a interrogarci sull’importanza di un’educazione al rispetto dell’Altro, al rifiuto della violenza, al diritto a un giusto processo e a un verdetto oltre ogni ragionevole dubbio.
Cosa mi ha insegnato scrivere il libro sul Caso Sutter-Bozano
Con Laura Baccaro ho scritto quello che potremmo definire un “saggio thriller”. Un legal thriller.
Il libro Il Biondino della Spider Rossa. Crimine, giustizia e media non è un’opera di fantasia.
Si basa su ricerche, analisi, confronto di dati, scavo e verifica dei documenti.
Il libro è anzi un impegno contro il racconto fantastico, sostanziato di finte verità o addirittura di menzogne, che ha circondato e circonda, a 50 anni di distanza, il caso di Milena Sutter e di Lorenzo Bozano.
Dal lavoro di ricerca e di scrittura del libro Il Biondino della Spider Rossa ho imparato l’importanza di una serie di azioni e comportamenti, quando si scrive:
- la rinuncia al pregiudizio;
- la sospensione del giudizio;
- la verifica attenta e puntuale dei dati;
- l’aderenza ai fatti;
- l’ascolto attento di ogni voce, anche la più inverosimile o la meno autorevole;
- il rispetto delle persone, di qualunque condizione;
- la freddezza e il distacco dell’analisi e del ragionamento;
- la partecipazione umana, che però non deve condizionare il lavoro;
- l’impegno per una scrittura che sia soprattutto riscrittura, per avere un testo chiaro, argomentato, onesto;
- la fatica del mettersi nei panni del lettore (o della lettrice) per agevolarne la comprensione e favorirne la partecipazione;
- la consapevolezza che ogni nostro testo scritto suscita reazioni: sentimenti, accordi, disaccordi, riflessioni;
- la rinuncia alla presunzione di sapere e l’umiltà di voler capire e imparare.
I libri thriller possono essere romanzi, saggi, paper. Possono puntare ad affascinare, a informare, a sensibilizzare e coinvolgere.
Quello che non possono fare è di favorire l’imbroglio, la menzogna, l’ingiustizia, la mancanza di rispetto verso le persone.
Per questo, un libro giallo – poliziesco, legal thriller, d’azione – ha una sua valenza educativa. E, quando è ai massimi livelli, anche un suo valore storico e di affresco sociale e politico di una comunità.
Maurizio Corte
corte.media
Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org