Il remake della pellicola del 1973 ci ricorda che poco o nulla è cambiato nelle prigioni di tutto il mondo.

Disponibile su Prime Video, Papillon è un film del 2017 diretto da Michael Noer. La pellicola è un remake del film Papillon diretto da Franklin Schaffner nel 1973.

La storia trae origine dall’autobiografia di Henri Charrière sulla sua prigionia e le ripetute fughe dalla colonia penale dell’Isola del Diavolo, la più piccola e la più settentrionale delle Île du Salut, di cui fanno parte l’Île Royale e Île Saint-Joseph, al largo della costa della Guyana francese.

Protagonisti del film sono Charlie Hunnam e Rami Malek, che interpretano i ruoli che nel 1973 furono interpretati da Steve McQueen e Dustin Hoffman.

LA TRAMA DI “PAPILLON”

Nella Parigi degli Anni Trenta il venticinquenne Henri Charrière, 25 anni, soprannominato “Papillon”, viene condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha mai commesso.

Al condannato toccano i lavori forzati nella peggiore colonia carceraria.

Già durante il viaggio verso la prigione, Charrière trova un alleato nel ricco falsario Louis Dega, che, in cambio della sua protezione, accetta di finanziare la fuga di Papillon.

Tra i due uomini nasce un profondo e duraturo legame d’amicizia, che dà speranza ad entrambi durante la crudele prigionia.

Intenzionato a riconquistare la libertà, Papillon progetta una prima fuga da solo, venendo subito catturato e messo in isolamento per 2 anni in condizioni disumane.

Dega cerca di aiutarlo facendo trovare, per qualche tempo, mezza noce di cocco nel secchio dell’acqua di Papillon, corrompendo i prigionieri dediti al cibo dei detenuti in isolamento.

Purtroppo lo stratagemma viene scoperto dalle guardie e dal direttore della prigione, che minaccia Papillon di ridurgli la razione se non rivelerà chi gli forniva il cocco.

Herri “Papillon” non parla e resta fedele all’unico suo amico in questo mondo parallelo.

I TENTATIVI DI FUGA

Appena trascorsi i 2 anni, Henri Charrière si fa passare per pazzo. L’obiettivo è di farsi ricoverare in infermeria.

Non appena rivede l’amico Dega, progetta una nuova fuga, questa volta con Louis e altri due prigionieri. Louis ed Henri scappano, ma anche questa fuga non ha fortuna.

Solo al terzo tentativo, Henri Charrière ottiene la sospirata libertà. E si rifà una vita in Venezuela.

Lo ritroviamo sull’aereo per Parigi, nel 1969, invecchiato, mentre Henri “Papillon”, rischiando di essere arrestato, porta le sue memorie a un editore francese.

La critica al film e il tema della giustizia

Molti critici cinematografici stroncano il remake di Papillon, realizzato nel 2017. Sostengono che la pellicola nulla aggiunge al film del 1973.

Non sono d’accordo con questa lettura. Intanto, abbiamo un aggiornamento dello stile narrativo: già questo ci ricorda che oltre 40 anni dopo – tanti ne passato dal 1973 al 2017 – il linguaggio del cinema si è fatto più serrato. È cambiato il modo di raccontare ed è cambiato l’uso della macchina da presa.

Il fatto che il Papillon che vede come regista Michael Noer al posto di Franklin J. Schaffner – con Charlie Hunnam e Rami Malek al posto di Steve McQueen e Dustin Hoffman – non aggiunga nulla alla versione del 1973 ci dice una cosa ovvia e tremenda: nulla è cambiato nel modo di amministrare la giustizia, di comminare pene ingiuste e di trattare in modo disumano i detenuti.

Se mettiamo i computer al posto delle macchine da scrivere, restano intatti i muri, le modalità burocratiche e le ottusità di investigatori, magistrati e giudici: che si sia nel 1973 oppure nel XXI secolo.

Abbiamo ancora l’idea che l’ergastolo possa risolvere il problema della criminalità più sanguinaria e di quella più pericolosa.

ERGASTOLO, PENA CONTRO LA COSTITUZIONE

Eppure dovremmo sapere che, almeno per l’Italia, l’ergastolo è una pena contro la Costituzione: a livello concettuale l’ergastolo è un “fine pena mai” che fa a pugni con l’articolo 27 della Carta Costituzionale.

Ecco cosa recita la Costituzione: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.

L’ergastolo tende forse alla rieducazione del condannato? È comunque il concetto di “fine pena mai” che non sta in piedi, a livello costituzionale.

Per questo, Papillon nel 2017 ha lo stesso significato dello stesso film del 1973.

Se guardiamo, poi, all’amministrazione della giustizia e al tema del giusto processo, gli errori giudiziari – tanto raccontati dalla narrativa statunitense, assai poco da quella italiana – sono a dimostrarci che siamo fermi agli Anni Settanta.

Cosa aggiungerebbe un differente film Papillon? Forse la constatazione che oggi, alla faccia delle battaglie per i diritti civili, la raffinatezza dei processi ingiusti e delle condanne contro l’umanità rende ancor più crudele certo modo di amministrare la giustizia.

LA CONDIZIONE DELLE CARCERI

C’è poi il capitolo sulle carceri. La pratica del carcere duro – il famigerato 41 bis – è la consacrazione che poco o nulla si è fatto a livello di rispetto della dignità umana.

Non si riesce a capire come, in una società dove attraverso un banale smartphone siamo sotto controllo tutti noi, occorra il carcere duro e inumano per evitare che i detenuti dalla prigione possano comunicare e continuare a delinquere.

Perché non ci si interroga sulle guardie carcerarie? Perché non si investe in educatori, assistenti sociali e psicologi?

Perché non si trasformano le carceri da accademie del crimine ad occasioni di riscatto sociale, per reinserirsi nella comunità? Saremmo tutti più sicuri.

Caso di Lorenzo Bozano, condannato all’ergastolo fra troppi dubbi

Il film Papillon non può non riportarci alla vicenda di Lorenzo Bozano, condannato nel 1975 all’ergastolo – dopo l’assoluzione del 1973 – con l’accusa di avere rapito e ucciso Milena Sutter, 13 anni, a Genova, il 6 maggio del 1971.

In questo blog c’è una sezione dedicata per intero a quella vicenda. Ebbene, Lorenzo Bozano è l’emblema di una giustizia amministrata in modo mediocre e inaccettabile.

Come faccio notare nel libro Il Biondino della Spider Rossa, scritto con la criminologa Laura Baccaro, vi sono stati errori durante l’investigazione, nella parte sulla perizia medico-legale e nella profilazione psicologica e criminale di Lorenzo Bozano.

Non so se Lorenzo Bozano fosse innocente o colpevole. Tuttavia di un dato di fatto sono certo: non meritava l’ergastolo, non ha avuto un giusto processo in appello (nel 1975) e non ha avuto giuste indagini. Una condizione, la sua, non distante da quella di Henri “Papillon” Charrière.

Il film Papillon, quindi, con una storia degli Anni Trenta del Novecento mantiene intatta la sua attualità. Purtroppo, viene da dire.

Maurizio Corte
corte.media

Video recensione del film Papillon

Trailer della versione originale (1973) di Papillon

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