Un’analisi critica della vicenda che scosse l’Italia nel 2010 e dell’asfissiante presenza dei media.
Quanti occhi ha davvero Avetrana? Il piccolo comune pugliese supera appena i 6 mila abitanti, ma sono migliaia gli sguardi: occhi che fissano, scrutano e giudicano.
Questo è il clima che si respira nella serie crime Qui non è Hollywood, sull’omicidio di Sarah Scazzi.
La serie tv — disponibile su Disney+ — ricostruisce il delitto di Avetrana, seguendo la verità giudiziaria. In aula prende forma questo scenario: il 26 agosto 2010, Sarah viene uccisa dalla cugina Sabrina Misseri e la zia Concetta Serrano. Il suo corpo è poi nascosto in un pozzo abbandonato, con la complicità di Michele Misseri, zio della 15enne.
Prima di questo tragico epilogo, la ragazza è però solo una persona scomparsa, in un paese del mezzogiorno, dove la normalità regna sovrana. E il niente diventa un immenso nulla nell’estate torrida del sud Italia.
Tutto il paese si mobilita quindi per cercare la giovane Sarah. A capo della missione di ricerca la cugina del cuore Sabrina. La 22enne è una presenza fissa davanti le telecamere. Le persone imparano a conoscerla. O così pensano. Commettono lo stesso errore nei confronti degli zii Cosima e Michele.
Accanto alla famiglia Misseri, mamma Concetta, fratello Claudio e papà Scazzi si muovono nel muto dolore. È Sabrina che deve parlare: lei conosce meglio di tutti la 15enne dai lunghi capelli biondi.
Il ruolo dei media nel caso di Sarah Scazzi
Nei mesi di ricerca, indagini e processi, ogni dettaglio è sezionato e amplificato dai media.
Avetrana si trasforma in un set cinematografico. Le sue strade in passaggi per bus carichi di turisti del macabro. E i suoi abitanti nel cast involontario di un noir familiare.
Nel frattempo, i misteri sul destino di Sarah amplificano le chiacchiere di paese. E i dubbi si sommano, formando una pila di ipotesi. Una cosa sembra però certa: nella villetta dei Misseri — brava gente che lavora l’arida terra pugliese — è accaduto un delitto ripugnante.
A quattordici anni di distanza, la televisione torna di nuovo in casa Misseri, all’affettuosa Sarah Scazzi e al circo mediatico attorno al delitto di Avetrana. Perché si sa: il sangue fa spettacolo.
LA SERIE TV QUI NON È HOLLYWOOOD
Diretta da Pippo Mezzapesa e basata sul libro Sarah di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, Qui non è Hollywood ricostruisce uno dei casi di cronaca nera più famosi d’Italia: l’omicidio di Sarah Scazzi.
La storia della 15enne è raccontata in quattro episodi — prodotti da Groenlandia — di circa sessanta minuti ciascuno. Poche ore per racchiudere i misteri del caso. Forse troppe, considerando le parole già spese a sproposito sulla vittima.
La scelta di storytelling è comunque interessante, abbinando un episodio ad ogni protagonista del caso: Sarah, Sabrina, Cosima e Michele.
IL CAST: TRA FICTION E CRONACA NERA
Sarah Scazzi (Federica Pala) nasce il 4 aprile 1995, da Concetta Serrano (Imma Villa) e Giacomo Scazzi (Mimmo Mancini).
All’epoca dei fatti, Sarah è una biondissima e minuta ragazza di 15 anni, che soffre molto la solitudine.
La ragazza si sente infatti abbandonata ad Avetrana, mentre il padre e il fratello si trovano nella grande e moderna Milano per lavoro. Questo senso di solitudine, porta Sarah a sviluppare un forte legame con la famiglia della zia materna Cosima.
Sabrina Misseri, cugina di primo grado di Sarah, lavora come estetista abusiva nella villetta di famiglia. Nella calda estate del 2010, Sabrina ha 22 anni.
Nella serie tv, la cugina di Sarah è interpretata da Giulia Perulli, che ha stravolto il suo aspetto per vestire i panni di Sabrina. La somiglianza finale è strabiliante.
Cosima Serrano è la sorella maggiore di Concetta, madre di Sarah. Cosima, sposata con Michele Misseri, ha due figlie: Valentina e Sabrina. La donna ha sempre schivato le telecamere e i microfoni: forse, per questo motivo, è il personaggio più enigmatico del caso.
Nella serie true crime Cosima è portata in scena da Vanessa Scalera, conosciuta per la serie Imma Tataranni. Con una carriera invidiabile, per Qui non è Hollywood, l’attrice si è sottoposta a sette ore di trucco prostetico al giorno. Un impegno ripagato dal risultato finale, rafforzato dalla recitazione impeccabile.
Infine il quarto personaggio del racconto: Michele Misseri (Paolo De Vita). Il 54enne è un instancabile bracciante agricolo, zio della giovane vittima. È lui a smuovere le indagini, prima confessando l’omicidio e poi dando altre 7 versioni differenti sul delitto.
Recensione. Qui non è Hollywood: un true crime dal pesante contesto
Per gli assetati di verità documentaristiche, la serie potrebbe essere insoddisfacente. Qui non è Hollywood, infatti, evita l’eccesso di dettagli investigativi, sebbene offra una narrazione accurata.
Il regista si avvicina in effetti al delitto in punti di piedi, optando per un racconto sull’aspetto più interessante del caso, ovvero il suo uso e consumo mediatico. Una scelta che, per certi versi, giustifica la decisione di svegliare il ricordo della vittima e il dolore della sua famiglia.
LA “EPIDEMIA MEDIATICA” NELLA VICENDA PUGLIESE
Il delitto di Avetrana rappresenta un caso emblematico per la storia del giornalismo italiano, soprattutto per quello televisivo.
Con la scomparsa di Sarah nel 2010, infatti, Avetrana si trova a fronteggiare un’epidemia mediatica, che invade ogni aspetto della vita quotidiana del paese e si intreccia con il rapporto ancestrale che la cultura meridionale condivide con la morte.
Come altri piccoli centri del sud Italia, Avetrana è un luogo dove il sonno eterno sembra infatti scandito da riti arcaici, sogni premonitori e sensitive vestite a lutto.
La folkloristica rappresentazione della morte si scontra però con il circo mediatico del XXI secolo. E quindi vediamo:
- una Sabrina Misseri intenta a comprare abiti nuovi “perché tutti la vedranno” in televisione;
- giornalisti che pagano per ottenere esclusive sui protagonisti della fiction familiare;
- un piccolo paese che si trasforma in una grande meta turistica dell’orrore;
- fotografi sgattaiolare nella notte in casa Misseri e Scazzi, per strappare uno scoop;
- oggetti insignificanti acquistare un valore, perché percepiti come souvenir dell’omicidio;
- infine, una giornalista comunicare in diretta nazionale a Concetta Serrano — durante Chi l’ha visto? — la notizia del ritrovamento della figlia, appena dopo la confessione di Michele Misseri.
Non è un caso, dunque, che molti giornalisti considerino il delitto di Avetrana uno degli episodi più bassi e inquietanti mai raggiunti dalla cronaca nera italiana. E la serie lo mostra bene, trasformando l’aspetto mediatico nel filo conduttore delle quattro puntate.
Delitto di Avetrana: breve storia dell’omicidio di Sarah Scazzi
È una calda giornata di fine estate, quella del 26 agosto 2010, nell’assolata Puglia. Ad Avetrana, piccolo comune in provincia di Taranto, scompare nel primo pomeriggio una ragazza di 15 anni, Sarah Scazzi.
Sarah esce di casa con il cellulare, gli auricolari e indossando vestiti leggeri, pronta per una giornata al mare. Ha un appuntamento con la cugina Sabrina Misseri, che vive a pochi passi da casa sua, in via Deledda.
Poco prima, Sabrina ha confermato l’incontro a Sarah. La cugina dovrebbe quindi raggiungerla a casa, dove l’amica Mariangela Spagnoletti passerà a prenderle in auto, insieme alla sorella.
Ma Sarah non arriva. Di lei, nel giro di pochi minuti, si perdono le tracce.
IL TELEFONINO DI SARAH
I giorni passano tra interviste, ricerche e speranze finché, il 29 settembre 2010, Michele Misseri dichiara di aver trovato il cellulare della nipote tra le erbacce di un campo.
L’apparecchio di Sarah è privo di batteria e scheda. Un oggetto bruciacchiato e abbandonato: un segnale inquietante dell’inspiegabile scomparsa della 15enne.
Ad ogni modo, il ritrovamento del cellulare di Sarah Scazzi accende una pista. Infatti, la scoperta porta gli inquirenti ad indagare su Michele Misseri: appare una curiosa fatalità che sia stato proprio lo zio a fare l’amara scoperta.
IL CADAVERE DELLA RAGAZZA
Pochi giorni dopo, durante un pressante interrogatorio, zio Michele crolla e confessa l’omicidio. Misseri ha ucciso Sarah strangolandola nel garage di casa. Poi, continua nella sconvolgente confessione, ha seppellito la nipote in un pozzo abbandonato nelle campagne circostanti.
Zio Michele non si limita a confessare. L’uomo conduce gli inquirenti fino al pozzo in contrada Mosca, sulla strada per Nardò. Poche ore dopo, il cadavere di Sarah viene recuperato.
Il movente di Misseri si rivela tuttavia ambiguo e mutevole: prima attribuisce il gesto a un’ira improvvisa, poi racconta di presunte avances sessuali respinte dalla ragazza. Segue perfino l’ammissione di una violenza sessuale sul cadavere, ritrattata dopo l’autopsia.
Insomma, Misseri dice una cosa, si corregge e poi rimangia tutto. In questa situazione, dice il pm, il caso può essere chiuso solo al 95%.
SABRINA MISSERI: CUGINA AMOREVOLE O ASSASSINA GELOSA?
Pochi giorni dopo la confessione di Michele Misseri, la direzione del caso cambia radicalmente. Il 15 ottobre, lo stesso Michele coinvolge la figlia Sabrina nelle indagini.
Dunque, secondo le nuove dichiarazioni del bracciante, padre e figlia hanno voluto «dare una lezione a Sarah per le voci messe in giro sulle presunte molestie dello zio». La punizione è poi degenerata in un’omicidio, come ricorda Vanity Fair.
Nel racconto di zio Michele, è Sabrina a portare Sarah in garage e a immobilizzarla per le spalle. È invece l’uomo a strangolarla.
Dopo un lungo interrogatorio nella caserma di Manduria, Sabrina viene arrestata con l’accusa di concorso in omicidio. La 22enne viene quindi trasferita in carcere.
Da questo momento in poi, Michele Misseri rilascia ben sette versioni diverse sulla vicenda. Per questo motivo i giudici iniziano a considerarlo inaffidabile.
ENTRA COSIMA SERRANO, ESCE ZIO MICHELE
Il 26 maggio 2011, anche Cosima Serrano — moglie di Michele e madre di Sabrina — viene arrestata. Le accuse sono di concorso in omicidio e occultamento di cadavere. Accuse che condivide con la figlia.
Quattro giorni dopo, Michele Misseri viene scarcerato e si trasferisce a Roma, dalla figlia Valentina, rimasta estranea ai fatti.
IL PROCESSO PER L’OMICIDIO DI SARAH SCAZZI
Le udienze preliminari iniziano il 29 agosto e il 10 gennaio 2012 emergono alcuni nuovi elementi. Due in particolare:
- un autoscatto di Sarah inviato al 27enne Ivano Russo, interesse morboso di Sabrina Misseri.
- I dati della perizia medico-legale, che smentiscono la versione fornita da Michele Misseri sull’omicidio, già molto confusionaria.
Le prove conducono dunque in aula ad un nuovo movente: consumata da un’amara gelosia, Sabrina — con la complicità della madre — ha ucciso la cugina.
Il 20 aprile 2013, la Corte d’assise di Taranto condanna quindi Sabrina Misseri e Cosima Serrano all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi. Mentre Michele Misseri, Carmine Misseri e Cosimo Cosma — fratello e nipote dell’uomo — ricevono 8 anni per concorso in soppressione di cadavere.
Il 27 luglio 2015, in appello, la sentenza di condanna per madre e figlia viene confermata.
Infine, la Corte di Cassazione chiude il caso nel 2017, ribadendo le condanne all’ergastolo per Sabrina e Cosima. La sentenza dichiara che sono state loro ad uccidere Sarah Scazzi e, con la complicità di Michele Misseri, a occultarne il corpo.
Nonostante le dichiarazioni e le ricostruzioni, zio Michele ritratta e rimane irremovibile nella sua nuova posizione: è lui il vero colpevole.
E OGGI COSA STA SUCCEDENDO?
A febbraio 2024, Michele Misseri esce dal carcere di Lecce. Oltre alla condanna per l’occultamento del corpo della nipote, l’uomo ha anche scontato una pena per diffamazione nei confronti della criminologa Roberta Bruzzone e dell’ex avvocato Daniele Galloppa.
Pochi mesi dopo, Misseri torna in fretta dalla vecchia amica televisione, per ribadire ancora una volta la propria colpevolezza, che collega ad un tentativo di violenza sessuale.
Inoltre, in un’intervista a Le Iene individua la causa del suo comportamento ignobile, negli abusi sessuali subiti durante l’infanzia.
Avetrana: 4 elementi chiave per risolvere il caso
Per chi non conosce a fondo il delitto di Avetrana, la semplice cronaca dei fatti potrebbe lasciare alcune domande aperte.
Oltre alla storia principale, ci sono infatti almeno 4 aspetti fondamentali che bisogna tenere a mente per comprendere la chiusura del caso, toccate in parte anche dalla serie tv Qui non è Hollywood.
L’AGITAZIONE DI SABRINA
Il 21 ottobre 2010, il giudice per le indagini preliminari convalida il fermo di Sabrina Misseri per l’omicidio di Sarah Scazzi. A sostenere la decisione c’è anche la testimonianza di Mariangela Spagnoletti.
Il giorno dell’omicidio, Mariangela deve andare al mare con Sabrina, Sarah e la sorella.
Ma quando le sorelle Spagnoletti arrivano in Via Deledda, trovano Sabrina già in strada, agitata per il ritardo della cugina. Una scena insolita: di solito la ragazza le aspettava in veranda. Secondo gli inquirenti, in quel momento, Sabrina sta cercando di tenere le amiche lontane dalla villetta.
Inoltre, ricorda la Spagnoletti, da subito Sabrina immagina che Sarah sia stata rapita. Un allarmismo ingiustificato, per un piccolo ritardo.
IL DIARIO E LE ALTRE INFORMAZIONI NASCOSTE
Dopo la scomparsa di Sarah, la polizia chiede alla famiglia di recuperare i diari della ragazza.
La richiesta si inserisce nelle procedure tipiche nei casi di scomparsa di adolescenti, poiché permette di ricostruire la vita e i rapporti della persona, prima di formulare sospetti su possibili responsabili esterni. Una strategia che, invece, non fu adottata nel caso di Milena Sutter.
In ogni caso, Concetta Serrano, madre di Sarah, affida il delicato compito a Sabrina. La ragazza tuttavia non consegna subito i diari, le cui pagine contengono confidenze significative di Sarah, tra cui l’infatuazione per Ivano Russo — interesse amoroso anche di Sabrina — e alcuni screzi con la cugina.
Queste informazioni si aggiungono ad altri episodi di tensione tra le cugine, che prima Sabrina nega e poi — quando confermati da altri — sminuisce.
IVANO RUSSO E IL “PROCESSO AI SILENZI”
Il “processo ai silenzi” lo ha definito la Procura. Il processo per l’omicidio di Sarah Scazzi è stato infatti costellato da perpetui vuoti di parole, anche quelli di Dio Ivano, come Sabrina chiamava la sua mania amorosa.
Ivano Russo ha pagato per la sua (presunta) ingiustificata omertà. È stato infatti condannato a cinque anni di carcere per falsa testimonianza e depistaggio, a seguito di nuove indagini.
Nel 2014, infatti, le rivelazioni dell’ex compagna di Ivano, Virginia Coppola, hanno avviato nuove ricerche, che hanno rivelato un dettaglio importante: il giorno del delitto, il 29 agosto, Ivano ha visto Sabrina Misseri e Sarah Scazzi.
Secondo la ricostruzione giudiziaria, infatti, quel giorno Russo è uscito attorno alle 13:50 — per comprare le cartine per le sigarette — ed è rientrato alle 14:15, dopo aver visto Sarah e Sabrina litigare.
Le due cugine forse discutevano a causa di un pettegolezzo diffuso da Sarah: Ivano aveva rifiutato Sabrina, esponendola alle pesanti chiacchiere paesane.
Secondo la Procura, come riporta La Gazzetta del Mezzogiorno, Russo ha quindi mentito per tenersi lontano dal caos del delitto:
- nascondendo l’interesse sentimentale che Sabrina nutriva per lui;
- coprendo l’attaccamento di Sarah nei suoi confronti, con cui aveva iniziato un tenero scambio di sms, come riportato da Fan Page;
- sorvolando sul conflitto di quel giorno tra le cugine.
IL FIORAIO: IL SOGNO CHE INCASTRA COSIMA SERRANO
Il 9 aprile 2011, il fioraio Giovanni Buccolieri racconta agli investigatori di aver assistito al rapimento di Sarah.
La testimonianza del fioraio è ricca di dettagli. Buccolieri vede camminare per strada la 15enne, triste e sconvolta, mentre sopraggiunge l’Opel Astra di Cosima Serrano. Secondo il fioraio, subito dopo, Cosima esce dall’auto ed intima alla nipote di salire sulla vettura, strattonandola.
Come riportato da Repubblica, Buccolieri afferma inoltre di aver distinto un’altra figura femminile con i capelli legati, seduta sui sedili posteriori.
La testimonianza dell’uomo, si aggiunge ad altri avvistamenti della macchina di Cosima nell’orario della scomparsa di Sarah. Tuttavia, solo due giorni dopo, il fioraio cambia versione: la scena descritta è in realtà solo un vivido sogno, formulato a causa della grave suggestione mediatica sul caso.
Nonostante questo ripensamento, le sentenze dei processi di primo e secondo grado, confermate in Cassazione, hanno mantenuto valida la prima testimonianza: Buccolieri ha visto il rapimento di Sarah Scazzi.
È importante inoltre ricordare che, nonostante sia stato citato come testimone, il fioraio non ha mai testimoniato in aula, avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Alla fine, Giovanni Buccolieri è stato condannato a due anni e otto mesi per il suo falso racconto. Ancora una volta, quindi, nel delitto di Avetrana non mancano le incongruenze.
C’è ancora l’etica dei giornalisti? Cosa ci insegna l’omicidio di Sarah Scazzi
Il delitto di Avetrana non è soltanto un crimine che ha scosso l’Italia, ma un simbolo inquietante dell’intrusione mediatica nei drammi privati.
Con la serie Qui non è Hollywood, la televisione riporta alla luce non solo i ricordi, ma anche le responsabilità che hanno reso l’omicidio di Sarah un esempio di cronaca giudiziaria e mediatica fuori controllo.
Nell’approccio dei media al caso, infatti, il confine tra diritto di cronaca e rispetto per la dignità umana si è fatto labile, portando giornalisti e pubblico a spingersi oltre il limite. Spesso trasformando perfino il dolore in intrattenimento.
La scomparsa di Sarah dovrebbe quindi rappresentare un monito eterno per chi si occupa di informazione: narrare un rosso dramma familiare richiede responsabilità e sensibilità. Altrimenti il rischio è di cadere in un giornalismo che si nutre della vittima, come un avvoltoio affamato con la sua preda.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 03.11.2024
Il trailer della serie tv Qui non è Hollywood
Sarah Scazzi: la ricostruzione del delitto (da Fanpage)
La condanna di Sabrina e Cosima spiegata dalla criminologa Roberta Bruzzone
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


