Una ragazza uccisa dai suoi “amici”: la storia vera aiuta a riflettere sul fenomeno del bullismo.
«Sotto il ponte in centro ho dato via la mia vita», cantano i Red Hot Chili Peppers nella celebre Under the Bridge. Una frase che evoca il cuore della tragedia raccontata nella serie thriller omonima, sul barbaro omicidio di Reena Virk.
Disponibile su Disney+, la serie ripercorre la storia vera di una quattordicenne uccisa nel 1997 da due coetanei, dopo essere stata picchiata senza pietà da altri sei ragazzi.
L’unico testimone innocente della furia assassina sembra il ponte di Craigflower, luogo dove si consuma l’efferato omicidio, nelle tenebre notturne della Columbia Brittanica.
Tutta questa violenza sconvolge la città canadese di Saanich, ma il colpo è ancora più difficile da digerire per il suo contesto: un crimine commesso per futili motivi, pianificato con freddezza, che coinvolge un’intera comunità di adolescenti.
E mentre le indagini rivelano la natura ancora più assurda del fatto — alcuni aggressori erano amici della vittima — il ponte diventa il simbolo non solo della morte violenta.
Il ponte diventa anche il simbolo dell’indifferenza che ha permesso a otto giovani di calpestare la vita di una ragazza. E a gettare al contempo via la propria anima.
Questa tragedia ha segnato il destino di tanti. E ha aperto un dibattito cruciale in Canada, ponendo sotto i riflettori il tema del bullismo e le sue devastanti ferite.
Serie Under the Bridge, un true crime canadese
Under the Bridge è una produzione ABC Signature distribuita in Italia su Disney+ (Star).
Gli otto episodi sono basati sul libro-inchiesta omonimo di Rebecca Godfrey, in cui è raccontato il doloroso caso di Reena Virk.
Nonostante la scrittrice abbia partecipato alla sceneggiatura, la serie ripercorre il delitto da una prospettiva rinnovata, attraverso quattro nuovi occhi: la stessa Godfrey e il personaggio immaginario di Cam Bentland, una poliziotta con un passato doloroso.
IL CAST DELLA SERIE THRILLER
La serie vede protagoniste Riley Keough — talentosa nipote di Elvis Presley — nei panni di Rebecca Godfrey e Lily Gladstone — vincitrice di un Golden Globe — in quelli di Cam Bentland.
Entrambe le attrici interpretano con intensità le due rinnovate forze morali della storia, esplorando la complessità psicologica e investigativa di un tragico simbolo della cronaca nera canadese.
La giovane vittima Reena è interpretata invece da Vritika Gupta, che dona al personaggio una profonda vulnerabilità. Mentre il gruppo di “cattive ragazze” è guidato da Josephine Bell (Chloe Guidry), con la sua migliore amica Kelly Ellard (Izzy G) e Dusty Pace (Aiyana Goodfellow).
Una nota di merito va all’attore Javon Walton, nel ruolo di Warren Glowatski: un personaggio ambiguo tanto nel 1997 quanto oggi.
L’INCHIESTA DI REBECCA GODFREY SUL CASO
La serie thriller ha lavorato con una testimone privilegiata del caso: Rebecca Godfrey, scrittrice del romanzo-inchiesta sull’omicidio di Reena Virk.
Il libro mescola rigore giornalistico e tensione narrativa, adottando un approccio unico e coraggioso.
Godfrey, infatti, si concentra sui giovani coinvolti nella violenza, esplorando ogni zona d’ombra della loro psiche. Una moderna Truman Capote, se vogliamo.
Nella cronaca dominata da narrazioni nere e bianche, la scrittrice si ispira in effetti al metodo Capote — autore del bestseller A sangue freddo — per studiare i carnefici. Un lavoro impegnativo ultimato senza pregiudizi.
La scelta narrativa controversa — nonostante i precedenti — ha fatto comunque vincere all’autrice il cuore dei lettori, anche grazie al delicato omaggio reso alla vittima.
Il libro è stato pubblicato nel 2005 e tradotto in italiano come La notte rossa (NNE), ricevendo molti riconoscimenti.
UNDER THE BRIDGE: THRILLER CON TEMA SOCIALE
La serie è un piccolo gioiello nel panorama del true crime televisivo, soprattutto per la scelta del tema.
Nessun serial killer o celebrità caduta in disgrazia, ma il caso di Reena Virk, una semplice adolescente vittima del bullismo più crudele: un argomento sociale purtroppo ancora attuale.
Questo delitto tocca infatti corde profonde, esplorando problemi sociali importanti, che meriterebbero maggiore spazio mediatico, come: il consumo di alcol e droghe tra i minori, il bullismo, i disturbi psicologici non diagnosticati, le famiglie assenti e la rabbia repressa.
E poi c’è il “clan”, il senso di appartenenza che convoglia la tempesta interiore in un nemico comune, trasformando rabbia, disgusto e odio in aggressività letale.
Di fronte a questi temi complessi, nell’omicidio della 14enne il ponte di Craigflower — sotto cui si consuma il dramma — simbolizza un bivio. Per chi lo attraversa, le scelte si riducono a due: cercare aiuto o colpire senza pietà.
La serie tv porta infine lo spettatore a riflettere sul profondo dolore e sul senso di abbandono dietro una violenza, offrendo una cruda e toccante indagine sulla condizione umana negli anni dell’adolescenza.
Una grande lezione per tutti.
L’omicidio di Reena Virk: 14 novembre 1997
Il 14 novembre 1997 a Saanich, la quattordicenne Reena Virk scompare nel gelo di una notte invernale canadese. Solo dopo otto giorni, il suo corpo viene ritrovato senza vita sotto un ponte.
Per giorni, quindi, nessuno sa che fine abbia fatto la quattordicenne. La sua scomparsa sembra un mistero, avvolto nel buio di una notte che inghiotte ogni traccia.
Oggi, una situazione simile scatenerebbe un’immediata tempesta, con protocolli e segnalazioni d’allarme. Reena scompare però negli anni ’90, quando le forze dell’ordine hanno approcci ben diversi nei confronti dei teenagers scomparsi.
All’epoca, infatti, la vicenda di una giovane come la 14enne finisce catalogata in fretta come un allontanamento volontario. Per la polizia, la sua storia appare già scritta in altre centinaia di fascicoli su adolescenti ribelli: ragazzi decisi a fuggire da una vita che non sentono propria, con alle orecchie il peggior rap da strada — si fa per dire.
In quel periodo, in Canada le autorità arrivano perfino a coniare un termine degradante per le adolescenti in fuga: le “ragazze Bic”. Proprio come le penne: oggetti che si usano, consumano e buttano.
La famiglia di Reena, tuttavia, non crede nemmeno per un momento all’ipotesi di una fuga volontaria: sebbene la ragazza abbia mostrato atteggiamenti ribelli nei mesi precedenti, questo comportamento è fuori da ogni sua più folle ragazzata.
E poi c’è quell’ultima chiamata.
LA CHIAMATA: COSA È SUCCESSO A REENA?
Prima di sparire, la ragazza chiama casa da una cabina telefonica, senza riuscire a spiegare la situazione.
Dopo la concitata e inquieta telefonata, cala il silenzio. Questo è per la famiglia un chiaro segnale che qualcosa di terribile è accaduto.
L’angoscia dei suoi cari si fa man mano crescente, mentre emergono dettagli preoccupanti sulla sua vita sociale.
Da tempo, infatti, Reena frequenta un gruppo di ragazzi problematici: adolescenti ribelli bruciati da alcol e droga. Alcuni di loro inoltre sono stati allontanati dalle famiglie. Altri ancora sono praticamente abbandonati a loro stessi.
Le perplessità sulla scomparsa si sovrappongono quindi a uno scenario di degrado adolescenziale, che lascerà un segno indelebile su tutti i coinvolti: nove giovani vite — e le loro famiglie — travolte dal sangue.
IL PROCESSO AI BULLI ASSASSINI: SPOILER DI UNDER THE BRIDGE
Dai racconti degli adolescenti emerge un orrido bagno di sangue: Reena è stata attaccata in due momenti distinti. Nel primo è stata massacrata di botte e insulti. Nel secondo ha perso la vita.
Alla fine, la polizia arresta otto adolescenti. Sei di loro vengono condannati per aggressione aggravata, mentre due per omicidio.
Le pene per i sei responsabili del primo attacco vanno da 60 giorni di libertà vigilata, fino a un anno di detenzione minorile. Tra di loro anche Josephine Bell, che riceve una condanna di un anno.
Gli altri due adolescenti sono Warren Glowatski (16 anni) e Kelly Ellard (15 anni), giudicati come adulti per la gravità del crimine. Entrambi vengono condannati per omicidio di secondo grado.
Se il percorso giudiziario di Ellard è stato segnato da numerosi processi e comportamenti problematici, Glowatski ha invece mostrato segni di pentimento, arrivando ad avvicinarsi alla famiglia Virk.
Come riportato da Biography, Suman Virk ha ammesso ai giornalisti: «Avremmo sperato che qualcuno imparasse qualcosa da tutta questa faccenda. E finora, sembra che Warren l’abbia fatto. Di tutti gli imputati», continua la madre di Reena, «in tutto questo processo, lui è l’unico che ha fatto questo».
Bullismo: identikit di un fenomeno sociale in crescita
Secondo la definizione dello psicologo Dan Olweus, il bullismo si verifica quando una persona viene sottoposta per un periodo prolungato a comportamenti negativi, che includono atti violenti, fisici e psicologici.
L’insidioso fenomeno sociale è in aumento. Come la truffa affettiva, anche il bullismo infatti ha visto una crescita allarmante con l’avvento dei social media e la loro diffusione tra gli adolescenti.
E gli ultimi dati (2023) dell’Osservatorio Bullismo e Cyberbullismo, dimostrano proprio questa impennata: tanto è vero che almeno un adolescente su cinque sembra essere stato vittima di bullismo.
LA VITTIMA: REENA VIRK E IL BULLISMO SU DI LEI
Guardando la serie Under the Bridge, potrebbe sorgere un dubbio: Reena era davvero una vittima di bullismo?
La ragazza, pur mostrando fragilità, appare sicura di sé e forte: un’immagine diversa dalla tipica vittima. Tuttavia, la realtà è ben più sfumata.
Nel caso del bullismo, in particolare, la risposta c’è la dà la letteratura scientifica, identificando due tipi di vittime: la vittima passiva e la vittima provocatrice.
La 14enne canadese rientrava nella seconda categoria, quella della vittima provocatrice.
Secondo la psicologa Maria Vallillo, queste vittime mostrano comportamenti più impulsivi e iperattivi, rispondendo alle aggressioni.
Solo che la risposta reazionaria contro il bullo, anziché frenare il conflitto, spesso lo intensifica. E così il circolo di violenze finisce per aggravarsi.
Questo è ciò che è accaduto anche a Reena, con l’ultima provocazione nei confronti dei suoi bulli, che ha avuto un esito tragico: il coraggio di ribellarsi alle angherie le è infatti costato la vita.
GRUPPO DEI BULLI: JOSEPHINE, KELLY, WARREN E GLI ALTRI
Lo psicologo Loris Pinzani sottolinea la complessità del bullismo: un fenomeno sociale in cui si incastrano diversi ruoli, che si alimentano a vicenda.
Nel caso di Reena, il gruppo di ragazze a cui lei desiderava appartenere aveva formato una sorta di “club esclusivo”, guidato dalla carismatica e dominante Josephine Bell.
Intorno a Josephine c’erano poi altre persone, con diversi ruoli, che rispecchiavano la fenomenologia del bullismo:
- i gregari, che supportano il bullo e lo assistono nelle azioni aggressive;
- gli spettatori, che non partecipano attivamente, ma guardano senza intervenire.
Inoltre, nel caso del 1997, è presente un’ulteriore figura, lo spettatore assente: colui che influisce nelle azioni di violenza, anche senza essere presente.
In realtà durante l’omicidio è proprio Josephine ad assumere il ruolo di spettatore assente, a cui Kelly — sua migliore amica — “dedica” il delitto.
Secondo il quadro psicologico, infatti, Kelly agisce per ottenere l’approvazione di Josephine e per difendere la Bell dai comportamenti “provocatori” della 14enne. Tutto sullo sfondo di un egoistico disprezzo nei confronti della vittima.
Under the Bridge: dal bullismo all’omicidio
Under the Bridge è una serie basata su una tragica storia vera: l’omicidio di Reena Virk, una quattordicenne vittima di bullismo letale da parte dei suoi coetanei.
La serie — disponibile su Disney+ — esplora le dinamiche psicologiche e sociali dietro questo assassinio, affrontando temi attuali come il bullismo adolescenziale, l’indifferenza sociale e il bisogno di appartenenza tra i giovani.
Per i temi e gli spunti sociali che affronta, la storia non può quindi passare inosservata, come uno dei tanti titoli true crime che affollano le piattaforme video.
Gli insegnamenti che emergono dagli sguardi e dalle parole di questo thriller sono gemme rare, degne della “maestra televisione”, da afferrare per questo a due mani.
I TRUE CRIME COME PARABOLE
Romanzo e serie tv esplorano il delitto con uno sguardo psicologico e umano, incrociando gli occhi dei colpevoli prima, durante e dopo l’omicidio.
Per questo motivo la scrittrice si sente spesso in balia di emozioni contrastanti, tanto da sussurrare: «C’è mai stata una persona che non fosse in qualche modo commossa dal volto adorabile e spaventato di Warren?».
Ciò nonostante, l’autrice non chiude gli occhi sulla brutalità della violenza: i ragazzi meritano il carcere.
Eppure, è fondamentale ascoltare i sei colpevoli: non solo per garantire loro un giusto processo, ma anche per scavare nelle radici della violenza che hanno esercitato.
Solo così possiamo infatti comprendere e affrontare le cause profonde dell’omicidio legato al bullismo. E soprattutto prevenire tragedie simili in futuro. Questo, in fondo, è il vero scopo dei true crime.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 10.11.2024
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Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


