La serie di Disney+ racconta l’uccisione a Londra di un innocente, scambiato per un attentatore.
Placcato, immobilizzato e giustiziato con otto colpi sparati a bruciapelo dagli agenti della Metropolitan Police.
Jean Charles de Menezes, 27 anni, muore così all’istante il 22 luglio 2005, sui sedili della metropolitana di Stockwell, a sud di Londra.
Il giovane elettricista brasiliano viene ucciso da due agenti in borghese durante un’operazione antiterrorismo. Un’azione avviata dopo il sanguinoso attentato ai trasporti pubblici londinesi del 7 luglio 2005.
Identificato come uno degli attentatori in fuga, la realtà rivela tuttavia uno scenario diverso: la vittima era solo un elettricista brasiliano diretto a lavoro.
L’operazione di sicurezza pubblica si trasforma quindi nella morte di un innocente, condannato senza prove e ucciso senza possibilità di parola.
Tra omissioni, manipolazioni e depistaggi, la vicenda si conclude senza giustizia, rimanendo un simbolo di un decennio governato dalla paura per Al Qaida.
Disney+ tira fuori dall’armadio questo bagaglio ingombrante con Suspect: The Shooting of Jean Charles de Menezes, serie crime che ricostruisce le dinamiche del caso.
Scritta e prodotta da Jeff Pope (Philomena, Stanlio & Ollio), la produzione si avvale della consulenza dei familiari della vittima e lo studio delle carte ufficiali.
In questo modo, i quattro episodi fungono da micro-inchiesta televisiva: un’indagine sulle responsabilità individuali e sistemiche che hanno reso possibile una tragedia evitabile.
La trama di Suspect
Le prime due puntate della serie crime ci trasportano in una Londra già ferita dagli attentati del 7 luglio 2005, rivendicati da Al Qaida.
Appena due settimane dopo, la metropoli viene però sconvolta da un altro tentativo di attacco.
Per spiegare questa difficile estate inglese, la regia adotta quindi una narrazione a più voci.
La telecamera si sposta così tra le strade in allarme della capitale, al sottosuolo della metropolitana — teatro della tragedia — fino ad incontrare i protagonisti del caso.
I PROTAGONISTI DELLA SERIE CRIME
A dare il via a un’operazione di antiterrorismo su larga scala è Sir Ian Blair (Conleth Hill), commissario della Polizia Metropolitana.
Negli stessi giorni, il Vice Commissario Andy Hayman (Max Beesley) si scontra invece con un’impennata di odio anti-islamico e la crescente pressione pubblica.
Dopo il secondo attacco fallito del 21 luglio, si rende infine necessaria una caccia agli attentatori in fuga. A capo della sorveglianza subentra la Comandante Cressida Dick (Emily Mortimer).
L’operazione di ricerca si scontra tuttavia con una pressione insostenibile, tanto da farla finire in tragedia.
L’innocente Jean Charles de Menezes (interpretati dakl’esordiente Edison Alcaide) viene infatti confuso con uno dei sospettati e ucciso nella stazione di Stockwell.
Senza un avvertimento e senza possibilità di difendersi, Menezes diventa la cinquantasettesima vittima di un luglio di sangue.
I LATI NASCOSTI DELL’INDAGINE SU “SUSPECT”
Nelle ultime due puntate, Suspect ricostruisce le fasi successive all’omicidio.
A giocare un ruolo chiave è Lana Vandenberghe (Laura Aikman), segretaria della Commissione indipendente per i reclami contro la polizia.
La decisione di Vandenberghe di rompere il silenzio attorno alla morte di Menezes, cambierà per sempre la sua vita e quella dei familiari della vittima.
Nel frattempo, anche il Vice Commissario Brian Paddick (Russell Tovey) cerca di far emergere la verità all’interno della polizia.
Paddick deve però scontrarsi con un sistema che, nel tentativo di auto-preservarsi, abbandona i cittadini.
Un clamoroso esempio di fallimento della giustizia.
Resoconto di una tragedia: l’uccisione di un innocente
7 luglio 2005. Il Regno Unito si sveglia sotto assedio.
Dalle 8:50 del mattino, tre esplosioni colpiscono la rete della metropolitana di Londra nell’arco di 50 secondi.
Subito dopo un quarto ordigno esplode su uno dei tanti bus a due piani della città, causando il panico.
Si tratta del più grave attacco terroristico dopo l’attentato di Lockerbie. Una tragedia che mette in ginocchio la capitale britannica.
Le bombe causano infatti 56 morti — inclusi i 4 attentatori suicidi, legati ad Al Qaeda — e oltre 700 feriti.
Su Londra non si versava così tanto sangue dalla Seconda guerra mondiale.
Infine, il timore di nuovi attacchi paralizza l’intera città, facendo circolare un’unica emozione: il sospetto.
IL SECONDO ATTACCO FALLITO DI LUGLIO
Il 21 luglio 2005, altri quattro attentatori cercano di replicare la strage.
Un errore tecnico impedisce tuttavia un’esplosione completa, attivando solo i detonatori e risparmiando così molte vite.
I terroristi si danno alla fuga e in città parte una caccia all’uomo senza precedenti, complicata dalla situazione geopolitica.
Londra è infatti appena stata scelta come città delle Olimpiadi 2012, mentre in Scozia si sta svolgendo il vertice del G8.
La tensione, dunque, è alle stelle. E il panico collettivo non risparmia nemmeno le forze dell’ordine.
LA MORTE DI JEAN CHARLES DE MENEZES
Il 22 luglio 2005, la polizia individua un indirizzo collegato a Hussain Osman, uno dei sospettati.
La via del presunto attentatore è Scotia Road, dove vive anche il 27enne Jean Charles de Menezes, cittadino brasiliano che fa l’elettricista.
Alle 9:30 del mattino, Menezes — giovane elettricista — esce di casa per andare a lavoro.
Con lo sguardo altrove, un agente osserva di sfuggita l’uomo e, con poche certezze, lo identifica come Osman — in seguito si scoprirà che il poliziotto stava urinando.
Anche a causa di ritardi nelle comunicazioni, la Comandante Dick autorizza il pedinamento del presunto attentatore.
La responsabile dell’operazione ordina inoltre di impedire al sospettato l’accesso in metropolitana.
Nel frattempo, Menezes sale su un autobus, scende alla stazione di Brixton — chiusa per gli attentati — per poi risalire su un altro bus per Stockwell.
Ignari della chiusura della stazione, gli ufficiali interpretano il concitato comportamento del 27enne come sospetto.
SPARARE PER AMMAZZARE
Intorno alle 10:00, Jean Charles entra nella stazione di Stockwell, paga il biglietto con la sua Oyster card e scende verso i binari.
Quindi, di corsa, il 27enne sale a bordo del treno.
Circa un minuto dopo, una squadra di agenti armati arriva sulla banchina. Uno di loro individua il sospettato, gridando: «He’s here!».
Subito dopo, un altro agente afferra Jean Charles e lo immobilizza contro il sedile.
Nel giro di qualche secondo, senza lasciare spazio alle parole, due agenti sparano undici colpi su Menezes.
Il ragazzo viene colpito sette volte alla testa e una alla spalla. Muore sul colpo.
Solo il giorno dopo verrà ammesso l’errore: la vittima non aveva alcun legame con gli attentatori.
Nessuna colpa per una morte che sa di esecuzione.
I 17 PREZIOSI TESTIMONI
Come scrive The Guardian, «la potenza e la velocità dell’omicidio» sono state sconvolgenti, lasciando sbigottiti gli altri passeggeri del vagone.
Suspect mostra infatti come Menezes venga freddato in pochi istanti, «prima ancora di poter pronunciare una parola di protesta».
E sono proprio i testimoni oculari — 17 persone presenti nella carrozza — a offrire una versione diversa rispetto alla polizia.
I testimoni concordano infatti su un dettaglio cruciale: nessuno ha avvertito la vittima prima degli spari.
Le loro importanti dichiarazioni — raccolte nei documenti dell’Independent Police Complaints Commission (IPCC) — diventeranno la spina dorsale di due inchieste sul caso.
Due indagini che mettono in crisi la versione ufficiale e sottolineano come, fin dall’inizio, i dubbi fossero più delle certezze.
LE DUE INDAGINI E IL VERDETTO APERTO
Due inchieste ufficiali (Stockwell 1 e Stockwell 2) sono riuscite a far emergere gravi incongruenze, testimonianze contraddittorie e falle operative nell’uccisione di Menezes.
Il 17 luglio 2006, la Crown Prosecution Service (CPS) ha tuttavia annunciato che nessun agente di polizia sarebbe incorso in accuse penali, per insufficienza di prove.
Nel dicembre 2008, a oltre tre anni dall’incidente, l’inchiesta sulla morte di Menezes si è così conclusa con un “verdetto aperto”.
Questo processo ha tuttavia riconosciuto una serie di errori che hanno contribuito alla tragedia. In particolare:
- il mancato passaggio di informazioni tra gli agenti di sorveglianza e il comando operativo;
- il fallimento nel fermare la vittima a distanza di sicurezza, come previsto dal piano;
- la disorganizzazione tra i team sul campo e il Comando centrale;
- la mancata decisione di far intervenire gli agenti di sorveglianza all’entrata della stazione di Stockwell;
- infine, la fotografia di Hussain Osman fornita agli agenti ritraeva il sospettato con una carnagione più chiara. Mentre altre immagini erano confuse.
Alla fine, l’unica briciola di giustizia è una condanna alla Polizia metropolitana per violazione della legge sulla salute e la sicurezza. La multa è di £175.000.
Nessuna azione disciplinare è invece stata attribuita a Cressida Dick, a capo dell’operazione.
Dopo anni di lotte, nel 2009 la famiglia della vittima ha infine ricevuto un risarcimento dalla Polizia metropolitana: una somma che non colmerà mai la loro perdita.
Anatomia di un errore: le aporìe nel caso Menezes
L’uccisione di Menezes è stata fin dall’inizio avvolta da ricostruzioni frammentarie e testimonianze discordanti.
Sono in particolare sette gli aspetti cruciali che hanno alimentato per anni dubbi e controversie, ostacolando una comprensione lineare dei fatti.
Proprio in questi sette punti si annidano le zone d’ombra più dense del caso.
Per molti, infine, questi elementi hanno ostacolato o rallentato l’emergere di prove decisive, impedendo — forse — di arrivare ad un’accusa di omicidio.
ELEMENTO 1. L’ABBIGLIAMENTO
Fin da subito, l’abbigliamento della vittima ha sollevato obiezioni.
All’inizio i media hanno diffuso l’idea che Menezes – che di mestiere faceva l’elettricista – indossasse un abbigliamento sospetto — cappotto pesante e pantaloni larghi.
Un vestiario quindi compatibile con chi tenta di nascondere una bomba.
Anche gli agenti hanno confermato questa versione.
Tuttavia, indagini e prove fotografiche hanno dimostrato che il giovane indossava solo jeans e una giacca leggera dello stesso tessuto.
Nulla dunque che potesse farlo sembrare una minaccia.
ELEMENTO 2. L’AVVERTIMENTO DELLA POLIZIA
Altro punto chiave è l’avvertimento della polizia.
Dopo la sparatoria, gli agenti hanno sostenuto di aver intimato a Menezes di fermarsi prima di aprire il fuoco.
Questa versione è stata tuttavia smentita dalle 17 persone presenti sulla scena.
I testimoni oculari hanno infatti confermato la conclusione dell’IPCC: l’agente C12 non ha urlato “polizia armata” prima degli spari.
ELEMENTO 3. IL SALTO OSTACOLI IN STAZIONE
Anche l’ingresso in stazione di Jean Charles è stato descritto in modo distorto.
Subito dopo l’incidente, in tutte le televisioni si racconta infatti la stessa storia: Menezes ha scavalcato i tornelli per sfuggire alla polizia, correndo poi verso il treno.
Questa falsa versione ha rafforzato i sospetti sul ragazzo, suggerendo che fosse davvero un terrorista. O, comunque, giustificando i timori della polizia.
In questo modo, si è spostata tutta la colpa sulla vittima.
ELEMENTO 4. LA CORSA IN TRENO
Salendo sulla carrozza, il 27enne si è messo a correre. Questa circostanza ha fatto sorgere speculazioni.
Alcuni hanno infatti ipotizzato che l’uomo temesse un’aggressione da parte di una banda o che fosse preoccupato per il proprio status di immigrato.
Altri invece hanno suggerito che l’elettricista stesse solo cercando di non perdere il treno.
In ogni caso, anche questo particolare ha a lungo invalidato l’immagine di Menezes.
ELEMENTO 5. OPERAZIONE KRATOS
Un alone di mistero ricopre anche le modalità di uccisione di Jean Charles.
I sette colpi alla testa, infatti, hanno tirato in causa l’operazione Kratos: una strategia di eliminazione dei sospetti kamikaze con colpi alla testa, per evitare detonazioni.
Questa ipotesi ha inoltre portato ad un’altra teoria: il possibile coinvolgimento delle unità speciali.
Nessun rapporto ufficiale ha tuttavia mai sostenuto quest’ultima pista investigativa.
ELEMENTO 6. LE TELECAMERE
Le telecamere a circuito chiuso (CCTV) potevano essere le uniche testimoni oggettive della tragedia.
Purtroppo, però, i filmati sono risultati in parte inutilizzabili — per problemi tecnici — e in parte non disponibili.
Nonostante un’inchiesta durata tre mesi e costata 2 milioni di sterline, non è infine stata fornita una spiegazione dettagliata per questa mancanza.
ELEMENTO 7. CHI SAPEVA?
Tra i protagonisti di Suspect emerge Brian Paddick, ex ufficiale di polizia che ha sacrificato la propria carriera per raccontare la sua verità sul caso.
Secondo Paddick, almeno 25 agenti erano a conoscenza dell’identità dell’uomo ucciso prima ancora che lo sapesse Sir Ian Blair.
Queste persone sapevano, quindi, che la vittima era in realtà un ragazzo brasiliano innocente già negli attimi successivi la sua morte.
Molti ritengono che l’insabbiamento sia iniziato proprio in quel momento: nel silenzio seguito all’uccisione di Jean Charles de Menezes e nella decisione della polizia di non ammettere l’errore.
Tuttavia, la IPCC non ha mai raccolto prove di manomissione di video o altri materiali d’indagine per provarlo.
“Another brick in the wall”. Un errore che poteva colpire chiunque
I sette elementi contraddittori del caso — dall’abbigliamento ai video scomparsi — hanno alimentato una narrazione che ha finito per delegittimare la vittima.
Tra dichiarazioni errate, omissioni e ricostruzioni fuorvianti, polizia e media hanno infatti giustificato un’operazione fallimentare.
In questo modo, hanno trasformato Jean Charles da cittadino innocente a uomo sfortunato e sospetto.
Un’azione che ha quindi protetto la polizia, sacrificando verità e giustizia.
La morte del 27enne brasiliano non è infatti solo un tragico errore.
La sua uccisione è il prodotto di una catena di paure, automatismi e responsabilità eluse, all’interno di un sistema che ha smarrito il senso del limite.
Suspect ricostruisce con rigore il “come” e il “perché” di questa operazione finita nel sangue.
E, alla fine, la serie crime ci lascia con una domanda amara, ma inevitabile: in nome della sicurezza, fino a che punto siamo disposti a far vincere la paura? E, soprattutto, il braccio violento della legge che non guarda in faccia nessuno?
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 05.07.2025
Il tributo di Roger Waters a Jean Charles Menezes
“Suspect: The Shooting of Jean Charles de Menezes”. Trailer della serie tv
Crimine. Giustizia. Media. ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER MediaMentor™
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.


