Il thriller sul rapimento di una ragazzina ci dice molto su quanto di inconfessabile c’è dietro una famiglia.
Il film thriller spagnolo Tutti lo sanno (Todos lo saben) racconta la storia del rapimento di una ragazzina, Irene, in una cittadina della Spagna, nel corso di un matrimonio festeggiato nella casa di famiglia della sposa.
Quell’evento drammatico fa tornare a galla vecchi rancori e segreti del passato che coinvolgono tutti i famigliari di Laura (interpretata da Penélope Cruz), madre di Irene, e Paco (interpretato da Javier Bardem), che con Laura aveva avuto, anni prima, una storia d’amore finita con la partenza di lei per l’Argentina.
Il film, conosciuto a livello internazionale con il titolo inglese Everybody knows, è del 2018. Lo ha scritto e diretto il regista iraniano Asghar Farhad; e ha aperto il Festival di Cannes nel maggio del 2018.
Due film di Asghar Farhad hanno vinto l’Oscar al miglior film straniero: la pellicola Una separazione nel 2012; e Il cliente nel 2017.
Il film Tutti lo sanno è stato messo su RaiPlay per alcuni giorni. Lo si può comunque noleggiare o acquistare su una piattaforma streaming come Chili
“Tutti lo sanno”: il trailer del film
Ecco come RaiPlay ha presentato il film sulla piattaforma dello streaming: “In occasione del matrimonio della sorella, Laura torna con i figli nel proprio paese natale nel cuore di un vigneto spagnolo. Ma alcuni avvenimenti inaspettati turberanno il suo soggiorno facendo riaffiorare un passato rimasto troppo a lungo sepolto”.
- Regia: Asghar Farhadi
- Durata: 2 ore e 13 minuti
Interpreti e personaggi
- Penélope Cruz: Laura
- Javier Bardem: Paco
- Bárbara Lennie: Bea
- Ricardo Darín: Alejandro
- Carla Campra: Irene
- Eduard Fernández: Fernando
- Elvira Mínguez: Mariana
- Inma Cuesta: Ana
- Sara Sálamo: Rocio
- Roger Casamajor: Joan
- Ramón Barea: Antonio
- José Ángel Egido: Jorge
- Paco Pastor Gómez: Gabriel
- Jaime Lorente: Luis
- Sergio Castellanos: Felipe
- Vicente Vergara: Vicente
- Chema Adeva: Andres
La trama completa
Questa la trama del film Tutti lo sanno. Laura (Penelope Cruz) vive in Argentina, a Buenos Aires, dove è sposata con un uomo, Alejandro (Ricardo Darín), con cui ha due figli. Il loro rapporto è però in crisi, per i problemi personali e di lavoro di lui.
La donna torna nella sua terra d’origine, un paese in provincia di Madrid fra le vigne della Spagna agricola, in occasione delle nozze della sorella minore Ana (Imma Cuesta). Incontra così, dopo qualche anno di assenza, la famiglia che ha lasciato per trasferirsi a Buenos Aires.
Laura rivede anche Paco (Javier Bardem), suo grande amore della giovinezza che non è mai riuscita a dimenticare.
I festeggiamenti del matrimonio vanno avanti fra canti e bevute, nella casa di famiglia di Laura, finché nella seconda parte della sera sparisce Irene, la figlia adolescente di Laura.
Non si capisce cosa sia accaduto fino a quando Laura inizia a ricevere i messaggi dei rapitori della figlia Irene: i sequestratori chiedono un riscatto in cambio della vita della ragazza.
La famiglia decide di non coinvolgere le forze dell’ordine, ma di affidarsi a Jorge (José Ángel Egido), un poliziotto in pensione, che viene chiamato a investigare da Fernando, il marito di Mariana, la sorella maggiore di Laura.
Il poliziotto in pensione Jorge mette in allarme Laura, dicendole che deve includere nella lista dei sospetti anche alcuni membri della famiglia.
Intanto interroga Alejandro, marito di Laura e padre di Irene, giunto dall’Argentina, evidenziando i suoi problemi economici e la dipendenza dall’alcol.
Nel frattempo Laura è alla disperata ricerca dei soldi necessari per il riscatto e chiede a Paco, l’uomo che tanto ha amato, di aiutarla.
Paco si lascia convincere, ma la moglie di Paco, Bea(Barbara Lennie), è convinta che la donna stia mentendo e sia coinvolta nel rapimento. Il sequestro sarebbe stato messo in scena con lo scopo di spillare soldi al marito Paco; e vendicarsi di alcune vicende accadute in passato.
Recensione della pellicola con Penélope Cruz e Javier Bardem
Com’è stato accolto il film spagnolo da pubblico e critica? Stando a Rottentomatoes, la pellicola ha avuto un gradimento del 60% fra il pubblico del sito americano (con oltre 500 commenti); e del 78% fra i critici cinematografici (178 le recensioni).
Il basso gradimento lo si spiega con due tre limiti del film Tutti lo sanno:
- una lunghezza eccessiva (oltre due ore) rispetto allo svolgimento della storia;
- una carenza nella struttura narrativa, con il primo colpo di scena – la sparizione della ragazzina – quando siamo ormai al 30° minuto;
- un finale sospeso che lascia perplessi, tanto da far pensare a un possibile seguito
Vi è una carenza a livello di sceneggiatura, scritta da solo dallo stesso regista Asghar Farhadi, che compromette quello che sarebbe potuto essere un piccolo capolavoro. E uno sguardo impietoso sui veleni, le cattiverie, i disastri e l’ipocrisia della famiglia.
Il magazine Comingsoon, si limita a proporre la trama del film senza alcuna recensione. E alcuni video.
Il magazine MyMovies propone le recensioni del pubblico, molte entusiaste e positive nonostante i limiti della pellicola.
Sul magazine Il Cinematografo, il critico Federico Pontiggia così scrive: “Anche in About Elly (2009) spariva una donna, ma tutto era non detto, sottaciuto e schermato, viceversa, Tutti lo sanno non elude quasi nulla, affastellando didascalie, dialoghi a rischio ridicolo e colpi di scena da melodramma a breve scadenza”.
Poi prosegue: “Si fatica, purtroppo, a riconoscere quel Farhadi in questo, perché alle ricorrenze poetiche (sparizione, angoscia, svelamento) non fa seguito una drammaturgia sapiente, calibrata, distillata, bensì un guazzabuglio di relazioni, un affresco smaccato, un lessico familiare zeppo di esclamazioni”.
Sulla rivista online di cinema Gli Spietati, Luca Pacilio osserva: “Anche in questo film, lo shock generale serve a rivelare le ferite personali di ognuno e a metterlo di fronte alle sue responsabilità: non è importante il giallo (che nelle opere dell’autore è puro espediente), ma il groviglio relazionale che fa emergere, perché, al di là della soluzione del caso criminale, la realtà si scopre puntualmente sfaccettata”.
Scrive Simone Emiliani sulla rivista Sentieri Selvaggi: ” Il sequestro è solo il motore principale dell’azione. In realtà il tempo assume un’importanza determinante. Già segnato dall’orologio del campanile della chiesa. Che gestisce non solo i movimenti dell’intreccio ma diventa anche il tempo della memoria. Quello di una faida familiare soppressa, quasi con le modalità di un film di mafia”.
E prosegue: “Il passato diventa ancora elemento da ripercorrere attraverso le tracce video, come il filmato del matrimonio. Dove gli occhi sono molteplici. Compresi quelli di un drone. E dove ognuno può essere sospettato. La reazione, anche quella più naturale, può diventare ambigua”.
Stronca il film Roberto Manassero, critico di Cineforum: “Tutti lo sanno è la versione superficiale e gratuita di Il passato e di tutti gli altri film iraniani di Farhadi, girato in Spagna forse per scelta artistica, o più verosimilmente per qualche ragione produttiva, con l’aggravante di non uscire mai dai canoni del cinema turistico“.
Poi prosegue: “Nella storia, scritta dallo stesso Farhadi, tornano le idee dello straniero, del ritorno a casa, della famiglia che va in pezzi, del passato che proietta la sua ombra sul presente: ma tornano come forme vuote”.
Per quanto mi riguarda, pur con i limiti di una sceneggiatura che ha problemi di struttura e un finale che non convince, trovo che anche in Tutti lo sanno sia sempre di interesse la scelta di rappresentare ancora una volta il tema della famiglia.
La famiglia qui viene rappresentata come luogo di rancori mai sopiti, di vendette da consumare, di feste con troppa apparenza di allegria e troppo alcol che nascondono tensioni sotterranee.
Lo squallore familiare viene evidenziato dal fatto di far pagare a una vittima innocente, una ragazzina che non ha colpa alcuna, i conti saldati male dagli adulti.
“Tutti lo sanno” e il caso di Milena Sutter
Cos’hanno in comune il film thriller, con Penélope Cruz e Javier Bardem, e il caso del (presunto) sequestro e (presunto) omicidio di Milena Sutter, 13 anni, a Genova, nel maggio del 1971.
La vicenda di Milena Sutter la trattiamo in due sezioni di questo magazine: nella sezione dedicata all’analisi del Caso Sutter-Bozano e nella sezione Cronaca & Storia, dedicata alla ricostruzione, attraverso i giornali del tempo, di cosa accadde alla ragazzina di origini svizzere.
Qui voglio far notare come la narrazione racchiusa in un film spagnolo come Tutti lo sanno (Todos lo saben), frutto di fantasia ma certo ispirato a fatti reali, possa illuminare un vecchio caso italiano di cronaca nera che ha ancora molti punti oscuri.
Cosa ci dice il thriller Tutti lo sanno
Ecco alcuni spunti che ci vengono – per leggere casi di cronaca nera – dal film Tutti lo sanno:
- la versione ufficiale di una vicenda spesso non corrisponde a quanto è davvero accaduto;
- dietro un caso complesso, con molti dubbi e tanti angoli scuri, vi sono segreti da nascondere;
- l’interesse a stare zitto di ogni tenutario di un certo segreto fa sì che la verità non possa venire a galla;
- vi è una narrazione di superficie (la verità ufficiale), ma vi sono molte altre narrazioni nascoste che – se portate alla luce – possono illuminare quanto accaduto;
- è facile, persino naturale, cercare lontano dall’entourag della vittima e le cause e gli attori di un certo delitto, ma la mela del delitto cade spesso vicino all’albero;
- su una vittima innocente – una ragazzina – si possono giocare partite complesse, di lunga durata, che sono frutto di odi, di interessi in contrasto, di affari poco chiari (o addirittura inconfessabili);
- sono quattro i livelli di una vicenda complessa: l’accadere dei fatti, la narrazione dei fatti (attraverso un Narratore), la presenza di un Suggeritore che ha interesse a far sì che il racconto assuma una certa direzione di convenienza, la presenza di un quarto livello inaccessibile (gli Sconosciuti) che fa in modo di condizionare tutti gli altri livelli.
Come ci ricorda René Girard, filosofo e antropologo francese, nel suo saggio Il capro espiatorio, per quanto i “persecutori” si sforzino di negare le loro azioni, proprio il loro negazionismo e l’insistere su certi racconti ci confermano la verità del loro operato di persecutori.
Il paradosso è che proprio l’azione di scaricare su altri – il “capro espiatorio” – le colpe di un certo accadimento che inquieta la gente, suscita crisi sociali, mette sotto stress una comunità, rivela la falsità delle accuse contro il capro espiatorio.
Nel caso del film thriller Tutti lo sanno, il tentativo – peraltro di breve durata – di scaricare sui lavoratori stranieri della vigna di Paco l’accusa di aver rapito la giovane Irene, ci dà l’indizio che la verità e i sequestratori non si trovano fuori della famiglia. Le serpi si trovano, anzi, proprio all’interno della famiglia.
Il tema della famiglia e dell’apparenza
Il film Tutti lo sanno (Todos lo saben) racconta come il sequestro di una vittima innocente copra il venire a galla di rivalità, conti in sospeso, affari sospetti e segreti irriferibili di una famiglia.
L’onore della famiglia è salvo, alla fine della narrazione filmica di Tutti lo sanno, ma c’è chi ha colto – proprio all’interno della famiglia dove il delitto è maturato – la verità. Anche se non la può (o non la vuole) dire
Sarà disposto, questo qualcuno che conosce la verità dei fatti, a mettersi in gioco perché la verità e la giustizia si affermino sull’ipocrisia del racconto omertoso?
Il regista di Tutti lo sanno non ci dà una risposta. Si limita a mostrarci che dietro l’apparenza e la narrazione ufficiale vi è un’altra verità.
Il regista iraniano Asghar Farhadi ci mostra (e ci dimostra) che la famiglia – considerata sempre il luogo dei sentimenti autentici, dei legami parentali di sangue, dell’armonia e della festa – di fatto può essere il luogo del delitto.
Un delitto, quello consumato nel film thriller Tutti lo sanno, della patina di apparenza contro la verità, dell’ipocrisia contro la sincerità, del rancore contro i sentimenti di pace. E del tornaconto personale contro la lealtà delle relazioni autentiche. Temi che troviamo anche nella vicenda umana e giudiziaria genovese a cui è dedicato questo magazine.
Maurizio Corte
corte.media
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