Nella fiction finlandese gli investigatori Karppi e Nurmi sono tutt’altro che infallibili. Nel Caso Sutter invece…

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, è la nota frase del commediografo Bertolt Brecht.

Ebbene, nel caso della fiction finlandese (e tedesca) “Deadwind (Karppi)” di eroi non ve ne sono proprio.

I due investigatori, Sofia Karppi e Sakari Nurmi, sono proprio il contrario degli eroi.

Certo, la chiamata all’avventura c’è anche per loro. Pure loro hanno un tallone d’Achille. Ma non riescono a compiere imprese titaniche, da eroi appunto. Anzi.

La cifra interessante di questa serie televisiva, che si può vedere su Netflix, è che i due poliziotti sbagliano. Scendono a compromessi. Prendono lucciole per lanterne. Si impantanano in un vicolo cieco.

Alla fine, però, la loro sotterranea voglia di verità e l’adesione ai codici d’onore del far rispettare la legge, vincono. 

Le loro sono vittorie sofferte. Vittorie pagate a caro prezzo. Mai trionfanti e mai che si concludano con un sorriso

Perché accade loro che quando il traguardo sia stato raggiunto sul piano investigativo, vi sia una nuova sconfitta in agguato sul piano personale o familiare.

Serie televisiva finlandese Deadwind - Netflix - blog Il Biondino della Spider Rossa - Maurizio Corte - Agenzia Corte&Media - Verona - Italy --- 2

“Deadwind”: la trama e i personaggi della serie televisiva

“Deadwind (Karppi)” è una serie televisiva finlandese creata e diretta da Rike Jokela.

La prima stagione è stata messa online il 14 marzo 2018 sul servizio streaming Yle Areena. Lo stesso giorno è andata anche in onda sul canale della televisione pubblica Yle TV2.

Dall’aprile 2020 viene trasmessa sul canale Yle TV1.

La serie televisiva “Deadwind” è stata poi pubblicata per intero a livello internazionale su Netflix il 23 agosto 2018.

La seconda stagione è stata trasmessa su Yle TV1 nella primavera 2020. Da inizio luglio ed è stata distribuita in Italia sulla piattaforma Netflix.

È ora la volta della terza stagione, su Netflix, di Deadwind. E merita di essere vista perché segue una logica narrativa che ha un impianto critico. Intelligente. Che fa pensare e apre nuove prospettive con cui guardare l’ordine e la polizia.

 

Cosa racconta la serie televisiva “Deadwind”?

La poliziotta Sophia Karppi, madre biologica di un bambino e madre adottiva di un’adolescente, torna a lavorare nel dipartimento di polizia di Helsinki dopo la morte accidentale del marito.

Il marito è deceduto a seguito di un incidente, accaduto mentre vivevano ad Amburgo.

Così Sofia si trova da sola a crescere il bambino, Emil, avuto con il marito, e la figlia adolescente Henna che è nata dal primo matrimonio del marito, rimasto vedovo quando Henna aveva cinque anni.

La protagonista della serie, come tutti gli “Eroi” che si rispettino, ha un suo dolore e una sua mancanza, un suo difetto: il rimorso dovuto al fatto che l’incidente al marito è accaduto, a causa di un pirata della strada, dopo una lite fra loro due.

E’ quindi un fardello pesante quello che Sofia Karppi deve portare: il dolore per la perdita del marito, il rimorso per la lite (che non c’entra comunque con l’incidente), i due figli da crescere in solitudine.

Karppi viene affiancata dal giovane agente Sakari Nurmi, che viene trasferito dalla polizia finanziaria alla squadra omicidi.

Neppure Sakari Nurmi è esente da colpe e difetti. Ha fatto uso di sostanze stupefacenti e per questo ha dovuto cambiare sezione investigativa; e ha problemi di salute a livello ematico.

Il primo caso per Sophia Karppi nella squadra omicidi inizia con il ritrovamento dei vestiti di una donna, poi trovata assassinata, che è sparita.

LA SECONDA STAGIONE DELLA SERIE THRILLER

Il secondo caso, con la seconda stagione di episodi della serie Tv “Deadwind”, ha a che fare con alcuni giovani uccisi, che – si scoprirà – sono legati al consumo di stupefacenti.

In entrambi i casi – e quindi in tutte e due le stagioni della serie televisiva finlandese – le vicende delle indagini si intrecciano con i maneggi e i giochi di potere a livello di potentati economici e politici di Helsinki.

L’ambiente invernale, spesso con la presenza della neve, rende i racconti più intriganti e avvincenti per chi abita a latitudini diverse.

Alla fine della prima serie c’è pure un ammiccamento ai vini italiani, con una bottiglia di Barolo.

E l’Italia torna citata anche nella seconda serie. Resta da vedere se per simpatia degli autori; oppure per un accordo commerciale di tipo pubblicitario.

LA TERZA (E ULTIMA) STAGIONE: “SBIRRI” UMANI E FRAGILI

L’indagine, nella terza stagione, è su un serial killer che lascia, accanto alle vittime, un particolare simbolo.

È una storia di dolore e di vendetta, dove – come spesso accade – sono gli innocenti e gli incolpevoli a pagare il prezzo più alto.

Anche nella terza stagione, a mio parere meno ispirata delle altre due, ma comunque interessante, Karppi e Nurmi si dimostrano detective di qualità.

Sono “sbirri” non solo bravi nel loro lavoro, nelle intuizioni e nelle analisi. Sono anche molto umani, maledettamente umani nelle loro fragilità, nei loro errori, nei loro inciampi esistenziali.

Sempre nella terza stagione – dove pure hanno a che fare con un serial killer spietato – abbiamo un particolare rispetto verso chi, anziché scegliere la strada dell’umanità, ha scelto la strada del crimine.

Non ci sono “mostri” o “killer” da distruggere sul piano umano. Nulla che assomigli al peggio di certe indagini di polizia e magistratura italiane.

 

 

Cosa ci insegna l’esperienza di Sofia Karppi, la protagonista di “Deadwind”

Sono quattro gli insegnamenti che la detective Sofia Karppi e il suo giovane collega ci insegnano, con le loro vicende. In ciò dimostrando come la fiction televisiva abbia, lo si voglia o meno, una funzione di confronto e di formazione delle coscienze.

  • gli errori fanno parte del vissuto di ogni persona, anche dei poliziotti e degli investigatori. Nessuno è perfetto e sopra il livello degli umani,
  • i pregiudizi nei confronti di sospettati e imputati non servono a nulla, conta l’adesione alla verità sostanziale dei fatti,
  • la ricerca della verità è il bersaglio grosso, da perseguire e raggiungere andando sopra le convenienze personali e professionali,
  • la distruzione della personalità del presunto colpevole non fa parte né dell’umanità e neppure della professionalità di un bravo investigatore

Credo che faremmo bene a far tesoro di quanto ci racconta, attraverso Karppi e Nurmi, nella serie Deadwind.

È l’occasione per confrontare il loro modo di lavorare, e di relazionarsi con le altre persone, con quello di certa polizia e di certa magistratura italiana.

A dimostrazione che – pur trattandosi di finzione – c’è modo di fare indagini e di essere efficaci e severi nel giudizio senza offendere alcuno. Come dimostra un altro modo, presente anche in Italia, di fare polizia e di fare magistratura.

Trailer della prima stagione di Deadwind (in English)

Il rapporto fra la serie Tv “Deadwind” e il caso di Milena Sutter

In questo blog mi occupo – assieme all’associazione ProsMedia e con i contributi scritti di Laura Baccaro, Nicoletta Apolito e Gaia Corradino – del caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.

Ogni volta che guardo un film thriller o una serie televisiva – sia essa o meno ispirata da storie giudiziarie e criminali realmente accadute (true crime stories) – mi pongo sempre la stessa domanda: quale attinenza hanno con la vicenda Sutter-Bozano?

Mi sono infatti reso conto, già nel 2010, che il caso della giovane studentessa di origini svizzere e del cosiddetto “biondino della spider rossa” ha una valenza emblematica. E che alcuni temi di fondo si ritrovano in millanta situazioni giudiziarie e investigative.

Nel caso della serie televisiva “Deadwind”, posso ben affermare che Sofia Karppi e il suo collega Sakari Nurmi, sono l’esatto contrario degli investigatori del caso di Milena Sutter.

In quali aspetti? Eccoli:

  • l’osservazione dei fatti e l’attenzione ai dettagli
  • il “movente” lasciato sullo sfondo
  • gli investigatori che non si credono infallibili

Nella serie televisiva crime di Netflix, i fatti e dettagli sono gli elementi su cui lavorare senza arrivare a conclusioni affrettate.

Non ci si ferma alla superficie o alle cazzate o alle invenzioni, come quella gran banalità televisiva – “Profondo Nero” – di Carlo Lucarelli dedicata al Caso Sutter.

Un insieme di scene scontate (e di altre inventate), errori, narrazioni da storyballing a cui fare abboccare lo spettatore ingenuo. Dove per spettatore ingenuo intendo quello che nulla sa del caso di cui si parla; e pertanto si fida.

INUTILE CERCARE IL MOVENTE: MEGLIO ANALIZZARE I FATTI

In “Deadwind” del “movente” – elemento che David Canter, padre della Psicologia Investigativa consiglia di mettere da una parte – si parla poco. Il giusto, diciamo.

Perché tirare in ballo il movente, le ragioni psicologiche di una certa scelta è un azzardo che rischia di farci cadere nel pregiudizio.

Infine, gli investigatori Sofia Karppi e Sakari Nurmi – pur severissimi e determinati nel loro lavoro contro il crimine – non si credono “Dei”. Non si ritengono infallibili. Non hanno la testa di legno di chi non accetta il dubbio.

Insomma, i detective protagonisti della serie televisiva “Deadwind” – proposta da Netflix – mi fanno sentire tranquillo come cittadino. E sicuro.

Perché la sicurezza – è bene che ce lo ricordiamo – passa attraverso un mix – un cocktail prezioso – di umanità, rigore e professionalità.

Maurizio Corte
www.corte.media

Deadwind. Il trailer della terza stagione su Netflix

Trailer della seconda stagione di Deadwind (in English)

Deadwind. Il volto personale di due “sbirri” (in English)

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