La fenotipizzazione del Dna porta vantaggi. Ma ha anche limiti e costi non indifferenti.
L’esame del Dna è uno strumento che tutto risolve? Abbiamo, finalmente, l’oggetto magico che trasforma gli enigmi in soluzione dei casi criminali complessi?
Purtroppo non è così. E dobbiamo diffidare di chi – in ambito criminale, giudiziario e dei media – tira in ballo il Dna per spiegare tutto. E per dare una soluzione definitiva a quella massa complessa e composita che si chiama esistenza.
Dal punto di vista del giornalismo investigativo, evitare di cadere in stereotipi e pregiudizi – funzionali a determinati centri di potere e di interesse – è di fondamentale importanza.
Vediamo, allora, sul piano scientifico vantaggi, limiti e costi dell’esame del Dna in ambito forense.
L’analisi del Dna come strumento d’indagine
Come riporta un documento redatto dall’ufficio federale svizzero di polizia, FedPol, che ha sede a Berna, “da molti anni ormai, l’analisi forense del Dna è uno degli strumenti usuali del perseguimento penale”.
Il materiale biologico necessario per allestire un profilo del Dna – spiega il documento di polizia – può essere ottenuto in due modi:
- un campione di DNA è prelevato direttamente su una persona (persone imputate, vittime o persone decedute), ad esempio tramite striscio della mucosa orale;
- sul luogo del reato sono messe al sicuro tracce biologiche (p. es. capelli, frammenti di pelle, sangue, sperma o saliva).
I profili del Dna possono poi essere registrati in una banca dati nazionale.
In questo modo, un profilo del Dna allestito a partire da una traccia rilevata sul luogo del reato può essere confrontato con i profili già registrati nella banca dati.
Tutto a posto, allora, come per le impronte digitali? Niente affatto.
Ci sono aspetti etici, sociali e anche costi – oltre che limiti scientifici – in quella che ci viene fatto credere essere, con l’esame del Dna, la montagna magica delle soluzioni dei casi criminali.
Dna: la scienza e gli aspetti etici e sociali
Come scrive il dottor Leonardo d’Errico – nella sua tesi magistrale in Medicina e Chirurgia, all’Università Politecnica delle Marche, nell’anno accademico 2021-2022 – “dal punto di tecnico, la Fenotipizzazione Forense ha permesso di comprendere meglio varie caratteristiche fenotipiche: età, discendenza biogeografica, colore di occhi, capelli e pelle, ma anche altezza, caratteristiche del viso”.
“I dati di associazione genotipo-fenotipo“, prosegue la tesi del dottor d’Errico sull’analisi degli aspetti sociali, etici e normativi dell’uso del Dna in ambito forense, “hanno portato allo sviluppo del primo strumento forense validato per la previsione simultanea del colore dei capelli, degli occhi e della pelle”.
La predizione effettuata risulta essere verosimile e attendibile, in base al confronto tra il fenotipo ottenuto e quello atteso dei campioni a fenotipo noto.
La previsione di tali caratteristiche può fornire importanti aiuti in campo, ci dice ancora il lavoro di ricerca di D’Errico. Per cui può essere utile nei casi, di reati gravi, difficilmente risolvibili.
Tuttavia, sarebbe fuorviante considerare l’uso del Dna in ambito forense come già pacifico e definitivo. Un po’ come accade per le impronte digitali.
“Il DNA Phenotyping è tuttavia ostacolato ad oggi dalla scarsità di dati di associazione genomica su larga scala e dalla limitata conoscenza dei determinanti genetici: ciò indica l’inevitabilità di studi futuri per l’identificazione di nuovi marcatori genetici per la previsione accurata del fenotipo”, fa notare lo studio di D’Errico.
Utilizzo del Dna: costi e benefici
Nell’utilizzo del Dna vi sono benefici e costi, come in ogni tecnica – specie se complessa e avanzata – che si voglia impiegare in situazioni delicate come quelle criminali.
Questi i benefici pratici e sociali, secondo lo studio del dottor d’Errico:
- l’individuazione dei criminali nei casi irrisolti;
- la riduzione dei tempi di indagine, impedendo ai criminali di commettere altri reati;
- la conseguente riduzione del numero dei reati;
- la riduzione del numero dei sospetti nelle indagini;
- un aiuto in caso di fallimento degli altri strumenti investigativi;
- l’avere un deterrente nella commissione di un crimine
Un po’ come accade con le impronte digitali. Con la differenza che non è possibile – se non con accorgimenti assai difficili da attuarsi – indossare un qualcosa che ci eviti di lasciare tracce di Dna in giro.
VANTAGGI DELL’USO FORENSE DELL’ESAME DEL DNA
Quali sono, dall’altro lato, i vantaggi nell’impiego forense dell’esame del Dna?
- una maggiore fiducia della popolazione nelle forze di polizia;
- una maggiore sicurezza pubblica;
- di conseguenza un aumento del benessere sociale
“Tali vantaggi giustificano l’utilizzo della Fenotipizzazione quando necessario“, osserva d’Errico nel suo studio. “Di contro i costi, economici ed etici, ed i limiti sono molteplici”.
Vediamo limiti e costi (economici ed etici) evidenziati dalla ricerca del dottor d’Errico:
- il Dna Phenotyping non è uno strumento perfetto, ma probabilistico: probabilità può essere addirittura ridotta in caso di alterazioni dell’aspetto fisico della persona coinvolta;
- Non è sempre noto alla popolazione – e neanche agli inquirenti – il fatto che l’esame del Dna sia uno strumento probabilistico e non sia dotato di perfeziobe;
- il rischio che “l’effetto CSI“ – ovvero la fede cieca nel Dna come prova regina assoluta – porti a dare maggior credito alle prove genetiche rispetto alle altre;
- la Fenotipizzazione lavora con i dati di gruppi di persone che condividono un particolare tratto visibile, o una gamma di tratti visibili
LIBERTÀ DEMOCRATICHE E NODO ETICO
Quest’ultimo punto porta a un nodo etico e di libertà democratiche che – specie per noi critici della logiche e magie del Potere – non può essere eluso.
“Per un’indagine criminale questo significa che persone dall’aspetto simile sono raggruppate in una popolazione sospetta”, fa notare il dottor d’Errico nel suo studio.
“Una volta inclusi in una popolazione sospetta, questi cittadini devono essere esclusi al fine di restringere il numero dei potenziali rei: una modalità per ottenere l’esclusione è lo screening di massa del Dna“, osserva lo studioso.
Questo, però, ci dice ancora d’Errico crea ulteriori problematiche: inversione dell’onere della prova, presunzione di innocenza e via dicendo.
Senza considerare – come il caso di Massimo Bossetti e l’esame di massa del Dna dimostrano – i costi che comporta un’analisi su larga scala del patrimonio genetico degli individui.
FENOTIPIZZAZIONE DEL DNA E ALTRE TECNICHE FORENSI
La conclusione dello studio sull’esame del Dna, condotto nella tesi di laurea magistrale di Leonardo d’Errico, porta all’affermazione che “per questi motivi, la Fenotipizzazione del Dna deve essere usata sempre in associazione ad altre tecniche o risorse investigative. E mai come unica fonte investigativa“.
“Il dibattito verte quindi sulla necessità di utilizzare un metodo che fornisce un risultato probabilistico. E che comporta numerose implicazioni etiche quali discriminazioni, violazione di privacy, diritto a non sapere”, precisa d’Errico.
“Questi limiti rendono necessaria una maggior accuratezza dei test utilizzati prima di poterla applicare su larga scala”, sottolinea lo studio. “In base a queste considerazioni, la Fenotipizzazione deve essere applicata in tutti quei casi, specie se gravi, in cui gli altri strumenti forensi non hanno permesso di individuare il responsabile”.
“Affinché il Dna Phenotyping sia applicato nei modi e tempi corretti, senza ledere i diritti della popolazione, si rendono necessarie leggi specifiche nelle varie nazioni che ancora non ne presentano, come l’Italia”, è l’avvertimento dello studio sulla fenotipizzazione del Dna in ambito forense.
L’oggetto magico del Dna
Lungi dall’essere un oggetto magico che tutto risolve, l’esame del Dna è un utilissimo strumento di investigazione. Occorre, tuttavia, applicarlo assieme alle altre tecniche investigative.
La narrazione sulla vicenda di Massimo Giuseppe Bossetti – arrestato nel 2014 con l’accusa di avere ucciso Yara Gambirasio e poi condannato all’ergastolo – ci deve giocoforza far riflettere.
L’esame da solo del Dna non porta in automatico alla condanna di un certo individuo (o alla sua assoluzione, se sospettato).
Va contestualizzata, rifuggendo dalle scorciatoie ideologiche e dalle narrazioni interessate a manipolare la pubblica opinione.
Come dimostrano due serie televisive e un film sul caso di Yara Gambirasio, nel delitto di Brembate di Sopra (Bergamo) e nel racconto della figura di Massimo Bossetti abbiamo un’evidente manipolazione.
Abbiamo – grazie all’uso dell’oggetto magico dell’esame del Dna – una narrazione a senso unico.
Maurizio Corte
corte.media
Il Dna e la docu-serie The Innocent Man
L’applicazione dell’esame del Dna è servita a scagionare due condannati – uno di loro addirittura a morte – per una vicenda di femminicidio accaduta in Oklahoma, nel 1982.
Una vicenda su cui è possibile vedere una splendida docu-serie crime di Netflix ispirata al libro sul caso dello scrittore John Grisham.
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Sono un giornalista, scrittore e media analyst irriverente. Insegno Comunicazione Interculturale, Giornalismo e Multimedialità all’Università di Verona. Ti aiuto a capire i media e la comunicazione per poterli usare con efficacia e profitto. Come? Con il pensiero critico, la comunicazione autentica e l’approccio umanistico applicati al mondo del crimine e della giustizia. Iscriviti alla newsletter Crime Window & Media. Per contattarmi: direttore@ilbiondino.org