Ancora oggi è lei una delle figure mediatiche più note (e criticate) della cronaca nera.

Un nome che ha riempito pagine di giornali di cronaca e non smette di suscitare scalpore quello di Amanda Knox, coinvolta nel caso dell’omicidio, a Perugia nel 2007, della studentessa universitaria inglese Meredith Kercher.

Un caso, quello di Perugia, che scosse l’Italia e il mondo intero. Coinvolse anche l’ex ragazzo di Amanda Knox, Raffaele Sollecito, ed ebbe un iter giudiziario complesso: dalla sentenza di colpevolezza all’assoluzione attraverso vari gradi di giudizio.

La vicenda di Amanda Knox possiamo considerarla un esempio di come i media rappresentino il crimine e la giustizia; e i relativi protagonisti.

Amanda Knox oggi è un “personaggio” a continua alta notorietà: ha una pagina Wikipedia, scrive libri e prende parte a documentari, è relatrice a convegni internazionali e ha oltre 80mila follower su Instagram.

E’ recente la sua polemica contro Matt Damon, il cui film La ragazza di Stillwater sarebbe ispirato alla vicenda giudiziaria di Amanda Knox. Una forma di “plagio dall’esperienza esistenziale” di un’altra persona.

Amanda Knox accusa il film di sfruttare la sua storia, ribadendo che per lei non c’è stato nessuno diritto all’oblio: “Il mio nome mi appartiene? La mia faccia? E la mia vita? La mia storia? Perché il mio nome è usato per riferirsi ad eventi in cui non ho avuto voce in capitolo? “.

Poi conclude: “Torno su queste domande perché altri continuano a trarre profitto dal mio nome, dalla mia faccia e dalla mia storia senza il mio consenso”.

Amanda Knox: la protesta contro il film “La ragazza di Stillwater”

Amanda Knox Oggi - film documentario - caso Meredith Kercher - magazine Il Biondino della Spider Rossa - ProsMedia - Agenzia Corte&Media

Famosa, criticata, osannata. Amanda Knox fa insomma sempre notizia e, comunque si muova, è famosa e suscita reazione sui media internazionali.

Tuttavia, Amanda Knox ha pagato caro il prezzo della notorietà. Tanto da essere la vittima della più pesante spettacolarizzazione e criminalizzazione sui media degli ultimi anni in Italia.

A raccontare ombre e contraddizioni della ragazza di Seattle c’è il documentario Netflix che porta il suo stesso nome: “Amanda Knox”, e che è stato messo online nel 2016 come “film documentario, film giudiziario, film true crime”.

Un documentario che possiamo infatti collocare nel filone dei film crime presenti sulle piattaforme per lo streaming.

Netflix, 2016, documentario sull'omicidio di Meredith Kercher
La locandina del film Netflix del 2016 in cui Amanda Knox racconta la sua verità

Amanda Knox oggi

Dopo la fine della tormentata vicenda giudiziaria in Italia, a fine marzo del 2015, Amanda Knox – nata il 9 luglio del 1987, quindi 34 anni – ha ripreso le redini della sua vita a Seattle, sulla costa occidentale degli Stati Uniti (nello Stato di Washington).

Amanda Knox ha completato la sua laurea e ha lavorato a un libro sul suo caso, spesso seguita dai fotografi.

La sua famiglia ha contratto grossi debiti negli anni in cui l’ha sostenuta in Italia ed è rimasta insolvente.

I proventi del libro Waiting to Be Heard: A Memoir sono andati a pagare le spese legali ai suoi avvocati italiani.

Amanda Knox è stata critica e giornalista per l’allora giornale West Seattle Herald, in seguito incluso nel Westside Seattle, e ha partecipato agli eventi dell’Innocence Project e delle organizzazioni correlate.

In un’intervista del 2017, Knox ha affermato che si stava dedicando alla scrittura e all’attivismo per gli accusati ingiustamente.

Amanda Knox ha ospitato The Scarlet Letter Reports su Facebook Watch, una serie che ha esaminato la “natura di genere della vergogna pubblica”.

La Knox ospita anche un podcast, The Truth About True Crime.

È stata relatrice in occasione di eventi di raccolta fondi per organizzazioni no-profit, incluso il Progetto Innocence.

nel 2017 ha collaborato con ice per condurre uno show sul web dedicato alle donne vittime di violenza fisica e psicologica.

Nel giugno 2019, Knox è tornata in Italia come relatrice principale a una conferenza sulla giustizia penale, dove ha fatto parte di un panel intitolato “Trial by Media”.

Amanda Knox adesso è sposata l’autore Christopher Robinson che è collegato ai giornali Robinson. In luglio ha avuto un aborto spontaneo che l’ha privata del figlio che aveva in grembo.

Negli Stati Uniti la figura di Amanda Knox suscita interesse ed è legata a quello che viene considerato un caso di grave ingiustizia penale. Tanto da mettere l’Italia sotto accusa per il suo sistema giudiziario.

Nel nostro Paese, al contrario, una fetta consistente della pubblica opinione la ritiene colpevole; o comunque coinvolta nell’omicidio di Meredith Kercher.

Qualsiasi cosa Amanda Knox faccia, è occasione di polemiche in Italia. In questo, ricorda da vicino il caso mediatico di Lorenzo Bozano, a cui è dedicata una sezione di questo magazine.

Nel 2019, insieme al fidanzato, il giornalista Christopher Robinson, ha lanciato una raccolta fondi per raccogliere i 10 mila euro necessari a sposarsi. Polemiche anche su questo fronte, dato che i loro risparmi sarebbero stati spesi prima per il viaggio in Italia, al Festival della Giustizia Penale.

Il 4 novembre 2020 un’altra e ben più grande bufera sulla Know, che commentando su Twitter le elezioni americane ha scritto: “Qualsiasi cosa succeda, i prossimi quattro anni non possono essere peggiori di quelli che ho trascorso in Italia”.

Dure le reazioni, proprio dall’Italia. Fra chi ha reagito all’uscita di Amanda Knox c’è stata pure Selvaggia Lucarelli.

Alla giovane di Seattle è stato ricordato che i prossimi quattro anni potrebbero essere in effetti peggiori: potrebbero somigliare al periodo di studio all’estero della studentessa inglese Meredith Kercher, uccisa a Perugia nel 2007, nella vicenda che ha coinvolto Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede[ .

Oggi Amanda Knox, che continua a lavorare come giornalista, conduce, insieme al marito Christopher Robinson il podcast Labyrinths, che racconta esperienze di vita al limite. Una vita al limite che ha segnato per sempre l’esistenza di Amanda.

Caso Sutter Bozano - magazine ilbiondino.org - ProsMedia - Agenzia Corte&Media - - Photo 156611193 Dedmityay Dreamstime-min

L’omicidio di Meredith Kercher

Il 10 settembre 2007  Meredith Kercher,  studentessa britannica all’ Università di Leeds, arriva a Perugia grazie al progetto Erasmus. Poco più di una settimana dopo, il 20 settembre, arriva la studentessa americana Amanda Knox. Le due sono coinquiline nell’appartamento di via della Pergola numero 7.

Meno di due mesi dopo (2 novembre 2007) Meredith Kercher, 22 anni, viene trovata morta nella sua stanza. il corpo riverso sul pavimento è coperto da un piumone. La ragazza, completamente nuda, riporta numerosi tagli e lividi oltre a lesioni diffuse in tutto il corpo e un profondo taglio alla gola. Chiari i segni di violenza sessuale.

Chi è stato?

Amanda Knox dice di essere tornata a casa la mattina di quel 2 novembre dopo aver trascorso la notte a casa del fidanzato Raffaele Sollecito.

I due stanno insieme da una settimana.

Trova la porta di casa aperta ma va tranquillamente in bagno, si lava i denti e fa una doccia nonostante alcune tracce di sangue sul lavandino e sul tappeto. Solo quando nota delle feci nel water si allarma: le sale il sospetto che sia successo qualcosa. Bussa alla porta di Meredith che è chiusa a chiave. Spaventata corre a casa del fidanzato Sollecito poi i due tornano in via della Pergola e solo alcune ore dopo chiamano i carabinieri.

Aveva dei comportamenti strani, dall’isterico ad avere fin troppa calma. […] Il corpo della vittima era coperto: è tipico di una donna coprire le nudità di un’altra; un uomo non ci pensa. E’ così che iniziai a pensare ad Amanda come colpevole”.

Sono le parole di Giuliano Mignini, il pubblico ministero che ha guidato l’inchiesta. 

Amanda Knox viene portata in questura per essere sentita come persona informata sui fatti e solo in seguito viene accusata del delitto assieme a Raffaele Sollecito e Patrick Lumumba, il titolare del bar dove Amanda lavorava.

Sollecito si presenta spontaneamente in questura per rilasciare la sua dichiarazione ma viene trattenuto come testimone, poi come indagato, venendo fermato e arrestato assieme alla Knox. Entrambi rilasciano dichiarazioni confuse e cambiano spesso versione.

Lumumba risulterà innocente e coinvolto nel caso dalle false testimonianze della Knox; inoltre, gli inquirenti, avrebbero mal tradotto un sms in inglese che sembrava incastrarlo la sera del delitto.

Ma spunta fuori un altro nome: Rudy Guede le cui impronte sono presenti ovunque sulla scena del crimine, la camera da letto di Meredith Kercher. Con un mandato di arresto internazionale, viene catturato in Germania dove era fuggito.

Processato, viene condannato colpevole per concorso in omicidio con una pena di 30 anni poi ridotta a 16 anni in appello. Si è sempre dichiarato innocente. Giustifica le sue impronte sulla scena del crimine e sul corpo della vittima come avvio di un approccio sessuale consensuale poi non concluso.

Separatamente si svolgono i processi degli altri due indagati.

Amanda Knox viene condannata a 26 anni di reclusione, 25 anni per Raffaele Sollecito.

Tre anni dopo l’omicidio inizia per i due il processo d’appello.

In seguito a perizie esterne viene appurato un lavoro investigativo superficiale con tanto di contaminazione di prove e scena del crimine. Entrambi vengono assolti e liberati.

Ma non è finita qui.

Sei anni dopo il delitto, la Cassazione annulla l’assoluzione della Knox e di Sollecito. La coppia si ritrova di nuovo colpevole.

La sentenza si concentra su prove circostanziali, compreso il comportamento e le relazioni della Knox.

La sentenza di colpevolezza viene impugnata davanti alla Corte di Cassazione; e 8 anni dopo l’omicidio si risolve con un’assoluzione definitiva.

Sorprendenti carenze nell’investigazione e un aumento della pressione mediatica per la ricerca frenetica di un colpevole. […] Riscontrata la mancanza di tracce biologiche che collegano i due al delitto”. E’ quanto si legge nella pubblicazione della sentenza di assoluzione della Knox e Sollecito pubblicata della Corte Suprema di Cassazione nel settembre 2015.

Le falle nell’investigazione

L’indagine sull’omicidio di Meredith Kercher presenta delle carenze e, in alcune zone, delle vere e proprie falle.

Le incongruenze e le mancanze sono talmente evidenti che sono state evidenziate nella sentenza di assoluzione dei due fidanzati. Cosa manca?

Raffaele Sollecito e Amanda Knox dichiarano entrambi di aver subito una forte pressione psicologica durante gli interrogatori, di essere stati insultati e schiaffeggiati dagli ufficiali di pubblica sicurezza.

Tra le prove che hanno portato alla colpevolezza dei due le tracce biologiche ritrovate in due oggetti ritenuti significativi ai fini della risoluzione del caso.

Sul ferretto del reggiseno della Kercher viene trovato il Dna di Sollecito. 

Sul coltello rintracciato come arma del delitto è presente il Dna della Knox sull’impugnatura e quello della vittima sulla lama.

Prove schiaccianti, direbbero i più. Peccato che secondo la perizia esterna indipendente condotta dal dottor Stefano Conti risultino evidenti i segni di contaminazione.

“Nei video della polizia scientifica c’è molto caos”, dice la perizia. “Si vede un continuo via vai di persone dalla scena del crimine e nessuno indossa dispositivi di sicurezza: i calzari non vengono mai cambiati e pochissime volte i guanti. Insomma, una confusione più totale“.

Ed è proprio su questa confusione che la polizia scientifica si è espressa e ha prodotto risultati usati come prova d’accusa.

Al medesimo risultato è pervenuta la seconda perizia indipendente condotta dalla dottoressa Carla Vecchiotti.

“Il gancetto del reggiseno è stato ritrovato 46 giorni dopo il delitto, un lasso di tempo in cui facilmente altre persone possono aver trasferito involontariamente tracce di Dna”, dice la perizia.

“Inoltre, oltre al profilo di Sollecito sul frammento di reggiseno, sono presenti Dna di altri due uomini che non erano stati evidenziati”, evidenzia la perizia.

Allo stesso modo il Dna della vittima sulla lama del coltello (presunta arma del delitto) sarebbe talmente scarso da essere quasi certamente frutto di contaminazione.

Dalle ricerche è emerso che queste contaminazioni sono da imputare alla polizia scientifica per aver condotto un lavoro superficiale e aver analizzato insieme reperti differenti che andavano tenuti separati.

Investigazioni fatte male e lavoro forense pasticciato fanno sussultare la stampa dell’epoca, soprattutto quella d’oltre oceano abituata a un lavoro certosino.

Gli Stati Uniti sono schierati in difesa della Knox tanto che Donald Trump, non ancora presidente, propone di boicottare l’Italia.

I media americani salgono in cattedra per dare lezioni di diritto agli italiani.

Un iter investigativo spiazzante che non trova fondamento né giustificazione a distanza di tempo: ricorda le lacune del caso di Milena Sutter, oltre all’accanimento mediatico e alla criminalizzazione mediatica di Lorenzo Bozano, considerato un “mostro”.

“Foxy Knoxy” e la spettacolarizzazione

Amanda Knox subisce due processi: il primo quello forense, il secondo quello mediatico. Più pesante e lacerante.

E’ una delle vittime della spettacolarizzazione per cui i fatti di cronaca subiscono una distorsione diventando show mediatico con lo scopo di tenere incollati allo schermo e vendere copie dei quotidiani.

“La femme fatale”, “la dominatrice”, “la mangiatrice di uomini” sono solo alcuni dei titoli dati ad Amanda Knox nel corso dei processi e delle indagini.

Tutti riassumibili nel soprannome appiccicatole dai titoli gridati dei cartacei: “Foxy Knoxy“.

Scatta una frenesia per la prima pagina, per la ricerca di news al limite del gossip e del raccapricciante, dei lati oscuri e perversi di quella ragazza americana.

Una ragazza – Amanda Knox – così furba da essere presentata come un’adescatrice di uomini, così sadica da essere vista come quella che organizza un gioco erotico finito in omicidio.

Uno strappo tra realtà e menzogna, tra fatti e ipotesi che raggiunge l’apice quando Amanda Knox è nel carcere di Capanne, a Perugia, ed è in cella con altre due detenute.

Viene sottoposta a esami medici e le dissero che era sieropositiva: avrebbe sviluppato l’Aids.

Terrorizzata si sfoga sulle pagine di un diario. Cerca di capire come ha contratto l’Hiv e stila una lista degli amanti che ha avuto cercando di ricordare con chi ha usato precauzioni.

Il diario trapela e finisce sui notiziari. Amanda Knox non ha più nemmeno una vita privata, intima. I notiziari la chiamano “pervertita” e “infetta”.

“Tutto il mondo sapeva con chi avevo fatto sesso. Sette uomini eppure ero una turpe sgualdrina, oscena e contro natura. […] Dovreste chiedervi cos’è che interessa tanto a tutti quanti”, dichiara Amanda Knox.

Semplice abuso di informazioni, elementi che non aggiungono nulla all’indagine ma cercano di soddisfare una morbosa curiosità.

Amanda Knox, quindi, è una vittima mediatica. Ma c’è di peggio.

L’Aids di cui sarebbe malata Amanda Knox è una menzogna. E’ un gioco della polizia per esercitare pressione psicologica e spingerla a confessare.

Insomma, chi dovrebbe cercare la verità mente.

Penso che la gente ami i mostri. così quando ce n’è la possibilità vuole vederli. La gente proietta le proprie paure. Le persone vogliono essere sicure di sapere chi sono i cattivi e che non sono loro. Quindi forse è questo: abbiamo tutti paura e la paura ci rende folli“.

Sono le parole di Amanda Knox a distanza di 15 anni da quell’omicidio che è ancora avvolto da una fitta rete di ombre e tante domande senza risposta.

Sono le parole di una ragazza forse cresciuta troppo in fretta. Colpevole o non colpevole.

Sono le parole di Amanda Knox oggi, una delle maggiori vittime mediatiche e di spettacolarizzazione della cronaca nera contemporanea.

Erika Funari

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