Un viaggio letterario nella mente degli assassini seriali e di chi li ha studiati.
Sono storie da non raccontare ai bambini come favola della buonanotte quelle di Predatori – I serial killer che hanno segnato l’America (Mondadori, 2025), quarto libro del giornalista Stefano Nazzi.
In questo saggio true crime, Nazzi ricostruisce il periodo tra gli anni Sessanta e Ottanta: l’epoca d’oro degli assassini multipli, «in cui il male sembrava annidarsi ovunque».
I numeri sono infatti impressionanti: 605 negli anni ’60, 768 negli anni ’70 e 669 negli anni ’80, solo negli Stati Uniti. Una scia di sangue che l’FBI è arrivata a definire una vera e propria epidemia: un virus sociale senza antidoto.
Con una prosa scorrevole, Nazzi porta quindi il lettore dentro la mente di alcuni dei più oscuri assassini: John Wayne Gacy, Edmund Kemper e Ted Bundy: forse il più spaventoso perché colto, brillante, bello. Insomma, normale.
Tuttavia il libro non parla solo di criminali: esplora anche la storia di chi li ha inseguiti, studiati, catalogati dagli impolverati scantinati di Quantico, portando alla nascita del criminal profiling moderno.
Disponibile in tutte le librerie, Predatori è edito da Mondadori per la collana “Strade Blu”.
STEFANO NAZZI, AUTORE DI “PREDATORI” E “INDAGINI”
Stefano Nazzi — giornalista classe 1961 — ha lavorato per alcune delle principali testate nazionali, occupandosi di cronaca nera e giudiziaria. Da anni racconta i casi più noti del Paese, ma anche vicende meno conosciute.
Oggi è voce e penna de il Post, dove cura i podcast Indagini e Altre indagini. In televisione ha condotto programmi come Delitti in famiglia (Rai 2) e Il caso (Rai 3).
Dal 2024 porta inoltre le sue storie sui palchi di tutta Italia con spettacoli teatrali ispirati ai suoi podcast.
Con Mondadori ha già pubblicato Il volto del male (2023) e Canti di guerra (2024).
I grandi predatori della storia: dall’antica Roma a Jack lo Squartatore
Il viaggio di Predatori non inizia negli Stati Uniti moderni, ma molto prima.
Stefano Nazzi torna infatti indietro nel tempo, fino alla Roma del I secolo d.C.
Protagonista di questa storia è Locusta, avvelenatrice seriale, che uccideva per piacere ma anche su commissione: sono oltre 400 le vittime accertate, al punto che perfino Agrippina si è rivolta a lei per eliminare il marito, l’imperatore Claudio.
Giustiziata nel 69 d.C., la vicenda di Locusta dimostra una grande verità: i serial killer non sono un’invenzione moderna, ma un incubo antico, un’ombra che accompagna l’umanità da sempre.
Dal Medioevo con il nobile francese Gilles de Rais — ispiratore della fiaba Barbablù — all’Ottocento con il contadino Martin Dumollard, fino a Jack lo Squartatore nel 1888: ogni epoca ha avuto il suo mostro.
Ed è proprio con Jack lo Squartatore che si inaugura la stagione delle domande: chi sono questi assassini? Perché uccidono? Come fermarli?
Alle porte del Novecento, i semi del criminal profiling sono infatti ormai pronti a germogliare.
Il Criminal Profiling: come l’FBI ha fermato i serial killer
Per leggere e comprendere Predatori, è necessario prima chiarire il concetto di criminal profiling.
Parliamo di una sofisticata tecnica investigativa che consente di identificare l’autore di un reato attraverso l’analisi del suo profilo psicologico e comportamentale.
Per farlo, quindi, si studiano i fattori socioambientali, individuali e relazionali del soggetto ignoto.
Come illustra la criminologa Laura Baccaro, «si parte dal profilo psicologico di chi può aver commesso un delitto», «per arrivare a dargli un nome e individuare così l’autore del reato».
Il criminal profiling non è tuttavia solo teoria: a Quantico, ha preso forma, rivoluzionando il modo di cacciare gli assassini.
🔍 DEFINIZIONE DI “CRIMINAL PROFILING” (Laura Baccaro, criminologa)
Il criminal profiling indica un insieme di tecniche e analisi nel campo dell’investigazione criminale tali da consentire, attraverso lo studio dei comportamenti di un offender, di restringere l’elenco dei sospettati, facilitando il lavoro degli investigatori.
L’obiettivo, quindi, non è tanto identificare l’autore del reato, quanto contribuire alla definizione del profilo del possibile autore di una serie di reati.
Viene fatto attraverso una serie di comparazioni fra le evidenze investigative (ad esempio i rilievi fotografici) e le evidenze psicologico-relazionali (le tracce psicologiche e cognitive della persona che ha commesso il reato).
MINDHUNTER, I CACCIATORI DELLA MENTE
Da decenni sulla bocca di investigatori e psicologici, il criminal profiling esplode negli anni ’70, a Quantico, Virginia, sede dell’FBI.
È infatti proprio la Behavioral Science Unit (BSU) — fondata da Patrick Mullany e Howard Teten — a tracciare il primo profilo di un assassino seriale nel 1974. Il risultato? L’arresto del pluriomicida David Meirhofer.
La vera svolta all’interno del dipartimento arriva però con la generazione successiva: sono Robert Ressler e John Douglas i primi veri “cacciatori di menti”, resi celebri anche dalla serie Netflix Mindhunter.
Dopo aver incontrato 36 assassini seriali, Ressler, Douglas e la psicologa Ann Burgess hanno elaborato schemi, modelli e ricorrenze. Fino a coniare la parola “serial killer”.
In questo modo, i loro studi hanno plasmato la classificazione del male, guidando gli investigatori del futuro di fronte ai delitti più orribili.
CHI SONO DAVVERO GLI ASSASSINI SERIALI? LE CATEGORIE
Negli anni ’70, il trio del BSU divide gli assassini multipli in tre macrocategorie: mass murderer, spree killer e serial killer.
Secondo questa suddivisione, il mass murderer è colui che uccide almeno quattro persone nello stesso evento. Può agire all’improvviso — con il solo scopo di colpire più persone possibili (classic m.m.) — o per uccidere membri della sua famiglia (family m.m.).
Un esempio di questo primo gruppo è il francese Jean-Claude Romand, che nel 1993 ha ucciso genitori, moglie e i due figli, non risparmiando nemmeno il cane.
Lo spree killer è invece un assassino compulsivo: uccide due o più persone in un breve periodo e in luoghi diversi. In tutti i suoi delitti, la causa scatenante è la stessa.
Andrew Cunanan — l’assassino di Gianni Versace — apparteneva a questa seconda categoria.
Infine, troviamo il serial killer: un soggetto che uccide tre o più persone, in tempi e luoghi diversi. Spesso lo sfondo sessuale del delitto è ben riconoscibile.
Inoltre, questo assassino tende a sfidare le forze dell’ordine, come il celebre Killer dello Zodiaco.
Negli anni, questa prima definizione ha tuttavia subito delle modifiche.
SERIAL KILLER ORGANNIZZATI VS DISORGANIZZATI
Negli anni Ottanta, gli studi dividono gli assassini multipli in due ulteriori categorie: gli organizzati e i disorganizzati.
«L’organizzato pianifica il delitto e il luogo dove colpirà, seleziona la vittima, spesso parla con lei prima di ucciderla, non lascia tracce» e sceglie con cura l’arma.
L’assassino seriale organizzato, inoltre, è ben inserito nella comunità, ha un buon lavoro, spesso è sposato, ha autocontrollo: è una persona comune.
Infine, non di rado, ha un quoziente intellettivo sopra la media (110): Ed Kemper e Jeffrey Dahmer di 145, Ted Bundy di 136, Patrick Kearney uno strabiliante 180.
«Il serial killer disorganizzato, invece, sceglie a caso le sue vittime, agisce d’impulso», lascia la scena sporca. Ha un’intelligenza nella media, un lavoro poco qualificato e vive da solo.
Spesso è inoltre ansioso, sessualmente incompetente, soffre di scoppi di violenza improvvisa ed è psichicamente disturbato.
Le statistiche però non bastano. Bisogna fare un passo avanti al colpevole per catturarlo. Come? Entrando nella sua mente, nei suoi moventi.
IL MOVENTE DEI PREDATORI
Nel 2001, il criminologo Vincenzo Mastronardi individua quattro «tipologie più rincorrenti di moventi». Parliamo, quindi, di assassino:
- visionario, quando agisce ubbidendo a ordini impartiti da voci che sente nella sua mente;
- missionario, se uccide per ripulire la comunità da persone indesiderabili, come prostitute o tossicodipendenti;
- edonista, quando prova piacere fino a raggiungere un “orgasmo emotivo”;
- del controllo e del potere, infine, se «uccide per esercitare il dominio assoluto sulla vita di un’altra persona».
John Wayne Gacy, il “killer clown”, apparteneva a quest’ultima categoria. È lui il primo protagonista di Predatori.
COSA RIVELA LA SCENA DEL CRIMINE
«Se volete capire l’artista, guardate l’opera», insegnavano i primi profiler dell’FBI. Nel caso degli assassini seriali, la tela da studiare è la scena del crimine.
È sul luogo dove è stato commesso il delitto che si possono infatti davvero capire gli assassini, studiando la loro mente, la loro personalità, le loro ossessioni.
Dopo movente e scena del crimine, quindi, lo sguardo si sposta sulla psiche: è lì che si nascondono le risposte più inquietanti.
DENTRO LA MENTE DI UN PREDATORE
Quando un assassino finisce sotto processo, la domanda è sempre la stessa: era capace di intendere e volere? Spesso la risposta è sì.
Tuttavia lucidità non significa assenza di malattia psichica. John Wayne Gacy, per esempio, «era affetto dalla “Triade oscura”»: narcisismo, machiavellismo e psicopatia.
Gli studi hanno infatti individuato tratti ricorrenti negli assassini multipli, come:
- mancanza di empatia,
- egocentrismo estremo,
- instabilità emotiva,
- profondi sentimenti di inferiorità,
- scarso controllo degli impulsi.
A questo si aggiunge un groviglio di disturbi sovrapposti — antisociale, schizoide, narcisistico — ma anche tratti paranoidi, istrionici o evitanti.
Il quadro si complica inoltre con:
- parafilie (come sadismo o necrofilia),
- psicosi (disturbi deliranti, schizofrenia),
- disturbi dello sviluppo,
- danni neurologici.
Il 70% degli assassini seriali ha inoltre subito abusi durante l’infanzia, spesso da parte della figura paterna.
A questo dato si collega un altro elemento ricorrente tra i serial killer dell’“epidemia”: molti di loro hanno avuto padri reduci della Seconda guerra mondiale o, come nel caso di Gacy, addirittura della Prima.
Il risultato alla fine è quindi una personalità frammentata: individui lucidi ma instabili, difficili da comprendere e, proprio per questo, ancora più pericolosi.
Il fascino oscuro del true crime
L’epoca d’oro dei serial killer è ormai tramontata. Le statistiche mostrano un calo significativo sia nel numero degli assassini seriali, sia in quello delle loro vittime.
Oggi scienza e tecnologia consentono infatti alle forze dell’ordine di individuare e fermare prima i colpevoli.
Ciò nonostante questo fenomeno ha lasciato l’umanità sospesa su un burrone ambiguo:
- da una parte il sollievo di non dover più convivere con questa paura,
- dall’altra una nostalgia morbosa che alimenta una seduzione culturale.
Se l’epidemia degli assassini seriali è infatti stata contenuta, quella del true crime è più viva che mai.
Per questo motivo, serie tv, film, podcast e libri continuano a raccontare storie di assassini seriali, mantenendo intatta un’ombra che copre l’immaginario collettivo.
Una fascinazione del crimine che non riusciamo più ad abbandonare.
È proprio in questo spazio equivoco, quindi, che si inserisce Predatori.
I “PREDATORI” SERIALI DI STEFANO NAZZI
Il fascino di Predatori non sta solo nelle storie dei killer che hanno terrorizzato l’America, ma nel modo in cui Stefano Nazzi intreccia criminologia, psicologia e giornalismo narrativo.
È un libro che si legge come un’inchiesta e che lascia le stesse domande irrisolte dei grandi romanzi gialli: chi sono davvero i predatori? E perché continuiamo a esserne attratti?
Forse, per provare a capirlo, non resta che mettersi nei panni dei mindhunters.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 22.09.2025
Vuoi approfondire il tema? Se sei affascinato dagli assassini seriali e dal criminal profiling, non perderti gli articoli scritti dalla criminologa Laura Baccaro:
- Cos’è un serial killer
- Criminal profiling – 1
- Criminal profiling – 2
- Criminal profiling – 3
- Criminal profiling – 4
- Criminal profiling – 5
- Criminal profiling – 6
True crime e psicologia: con Stefano Nazzi e Unobravo
Crimine. Giustizia. Media. ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER MediaMentor™
Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.



