Netflix porta sullo schermo un “cold case” risolto dalla genealogia genetica.
C’era un tempo in cui gli assassini potevano lasciare dietro di sé scene del crimine disordinate, certi che le indagini si sarebbero arenate.
Poi, negli anni ’80, l’arrivo dell’analisi del DNA ha rivoluzionato tutto, offrendo alla giustizia un potente alleato.
Eppure, nonostante i progressi scientifici e gli assassini maldestri, il DNA da solo non basta: il caso del duplice omicidio di Linköping ne è la prova.
Questo noto cold case svedese è rimasto irrisolto per 16 anni, finché un metodo innovativo non ha riscritto le regole del gioco: la genealogia genetica, una tecnica che combina biologia, informatica e archivistica per identificare i colpevoli anche nei crimini più intricati.
La serie La Prova, ispirata al caso, porta su Netflix questa straordinaria storia di investigazione e progresso scientifico, riaccendendo le speranze per la risoluzione di altri cold case.
UNA SERIE TV PER SCOPRIRE LA GENEALOGIA GENETICA
Ispirata al libro The Breakthrough — di Anna Bodin e Peter Sjölund — La prova racconta le indagini sul duplice omicidio di Linköping, che ha lasciato per quasi due decenni la Svezia con il fiato sospeso.
I quattro episodi seguono il detective John Sundin (Peter Eggers) e il genealogista Peter Sjölund (Mattias Nordkvist) in una corsa contro il tempo per risolvere il caso, prima che questo venga archiviato.
Dietro la bizzarra coppia, le eleganti atmosfere nordiche alimentano il pathos del thriller: il risultato è una storia che riesce a spiegare con semplicità come la genealogia genetica abbia permesso di individuare il colpevole dopo 16 anni.
Netflix confeziona così un ottimo true crime — prodotto da FLX (Quicksand) — uscendo dai confini americani per far conoscere al grande pubblico un caso europeo che ha fatto scuola.
Il duplice omicidio di Linköping: la genealogia svela la verità dopo 16 anni
Il 19 ottobre 2004, nella tranquilla cittadina di Linköping, nel sud della Svezia, un crimine sconvolge la popolazione per sempre.
Mohamad Ammouri, un bambino di 8 anni, sta camminando verso scuola, quando viene raggiunto da alcuni fendenti fatali.
Vista la violenza, Anna-Lena Svensson, 56 anni, interviene per cercare di fermare l’assassino, rimanendo anche lei uccisa.
LE PRIME INDAGINI: TRA DNA E PROFILI PSICOLOGICI
Come riporta The Guardian, la polizia pensa che il colpevole del duplice omicidio abbia colpito «in modo casuale», senza un apparente motivo.
Le vittime non hanno infatti nessun legame che possa indicare una connessione.
Nelle prime fasi d’indagine, gli psicologi forensi tracciano inoltre il profilo dell’assassino: un uomo tra i 15 e i 30 anni, che conosce bene il territorio e soffre di un grave disturbo mentale.
Con l’identikit in mano, la polizia apre le porte alla genetica, attivando una diffusa campagna locale di raccolta del DNA.
Nel frattempo, gli inquirenti analizzano anche la scena del crimine:
- il DNA del sospettato,
- l’arma del delitto (un coltello a farfalla),
- un berretto insanguinato,
- e persino un identikit fornito da un testimone.
Nonostante gli elementi chiave, le indagini brancolano tuttavia nel buio, lasciando il caso irrisolto per anni.
LA SVOLTA CON LA GENEALOGIA GENETICA
Fascicolo dopo fascicolo, il duplice omicidio di Linköping diventa il più grande mistero della Svezia, dopo l’omicidio dell’ex primo ministro Olof Palme.
Tutti gli sforzi investigativi sembrano vani, finché nel 2020 non entra in scena un nuovo metodo rivoluzionario: la genealogia genetica.
Dopo quasi 16 anni, invogliata dai successi americani, la polizia svedese decide infatti di affidarsi al genealogista Peter Sjölund per applicare il metodo al loro caso.
Sfruttando il DNA dell’assassino trovato sulla scena del crimine, il genealogista inizia così la sua indagine scientifica.
Sjölund confronta quindi il DNA ignoto con i registri genealogici e i database commerciali (come Family Tree DNA), nell’ennesimo tentativo di consegnare alla giustizia il colpevole del delitto.
Dopo lunghi sforzi, le ricerche genealogiche si concludono su due fratelli di Linköping.
Tra i due uomini, la polizia decide di puntare tutto su Daniel Nyqvist: un uomo di 37 anni la cui vita combacia alla perfezione con il profilo psicologico dell’assassino.
DANIEL NYQVIST: PERCHÉ HA UCCISO?
Il 9 giugno 2020, un martedì mattina, Daniel Nyqvist viene arrestato nella sua abitazione a Linköping.
Fino a quel momento, il 37enne era un uomo incensurato, che viveva un’esistenza solitaria e modesta.
Poco dopo il suo arresto, il test del DNA conferma il lavoro della genealogia: Nyqvist è il colpevole del duplice omicidio di Linköping. Ma non è tutto.
Ciò che rende questo caso un perfetto esempio di genealogia genetica è in realtà la confessione del 37enne, che non lascia spazio ai dubbi.
Durante gli interrogatori, infatti, l’uomo confessa di essere stato a lungo tormentato da pensieri ossessivi, finché questi non lo hanno spinto ad uccidere. Una confessione tanto agghiacciante, quanto triste — come si può respirare in La prova.
L’assassino racconta anche di «aver scelto le sue vittime a caso, prima accoltellando il bambino e poi la donna» intervenuta in difesa del piccolo.
Infine, come ipotizzato dall’inizio, gli psicologi diagnosticano un grave disturbo psichiatrico in Nyqvist, presente tanto nel 2004 quanto nel 2020.
Nonostante il suo stato mentale, il 37enne è stato giudicato per omicidio premeditato.
Genealogia genetica forense: l’arma per risolvere i cold case
La genealogia genetica sta rivoluzionando le indagini sui casi irrisolti, combinando scienza avanzata e sistemi di dati per offrire un nuovo strumento alle forze dell’ordine.
Ma di cosa si tratta?
Come spiega Promega, «la genealogia genetica si occupa degli studi di parentela e consanguineità di diversi soggetti a partire da campioni di DNA», con l’obiettivo di:
- identificare persone;
- verificare rapporti familiari;
- attribuire resti umani in contesti complessi, come i disastri di massa.
Il metodo è diventato popolare nel 2009, grazie alla diffusione dei test genetici commerciali, che hanno ampliato enormemente i database genetici disponibili.
IL DNA: UN IDENTIKIT MOLECOLARE
Il DNA rappresenta uno strumento di identificazione unico.
Non esistono infatti al mondo due persone con lo stesso patrimonio genetico: la molecola è quindi una prova (quasi) inoppugnabile in un’indagine.
Come spiega Le Scienze, infatti, il DNA:
- indica il nostro aspetto esteriore, rendendo possibile un identikit basato sulla diversità molecolare;
- può essere estratto facilmente da sangue, capelli, saliva, urine, sperma e pelle, tutti reperibili su una scena del crimine;
- resiste alle avversità ambientali, permettendo il recupero di molecole intatte anche a distanza di anni.
COME FUNZIONA LA GENEALOGIA GENETICA FORENSE?
Il potenziale del DNA è enorme, tuttavia da solo non basta. È qui che la genealogia genetica entra in gioco, colmando le lacune lasciate da profili incompleti.
Per spiegare questo metodo, La prova usa una metafora semplice: il gioco dell’impiccato.
Il genealogista della serie spiega che il DNA è infatti come un codice unico: un’ombra che si adatta a un individuo, e uno soltanto.
Tuttavia, molto spesso, il codice può risultare spoglio di alcune “lettere”, producendo un profilo incompleto. A questo problema, però, la genealogia genetica riesce a dare una risposta.
Grazie a questo metodo, infatti, gli scienziati possono riempire gli spazi vuoti di un profilo genetico, combinando:
- banche dati delle forze dell’ordine, contenenti profili di persone con precedenti penali;
- banche dati genetiche commerciali (come GEDmatch o Family Tree DNA), con i profili di utenti privati;
- archivi storici, che forniscono informazioni utili per ricostruire la storia di una famiglia.
Partendo da queste fonti — attraverso l’uso di algoritmi e software bio-statistici — si passa poi a calcolare «le relazioni e il grado di parentela di due o più soggetti».
Alla fine il risultato è l’albero genealogico di un soggetto ignoto: un ottimo strumento per restringere il campo dei sospettati in un’indagine.
DAL GOLDEN STATE KILLER A MASSIMO BOSSETTI
Negli Stati Uniti, la genealogia genetica ha permesso di risolvere oltre 130 cold case, tra cui il celebre caso del Golden State Killer.
Joseph James DeAngelo è infatti stato arrestato nel 2018 grazie a questo metodo, e riconosciuto in aula come il colpevole di almeno 15 omicidi e 50 stupri commessi tra il 1974 e il 1986.
In Italia, invece, la genealogia genetica è ancora poco sfruttata, ma esiste un precedente importante: il caso di Yara Gambirasio.
Nel 2014, quattro anni dopo l’omicidio della giovane, Massimo Bossetti è stato infatti identificato attraverso un (criticato) screening genetico della popolazione locale.
Nonostante la notorietà del delitto italiano, in Europa il primo caso risolto con la genealogia genetica è in realtà il duplice omicidio svedese.
Vediamo allora come la scienza è riuscita a risolvere dopo 16 anni il cold case.
LA GENEALOGIA GENETICA NEL CASO LINKÖPING
Nonostante l’Europa stia procedendo a piccoli passi, anche qui la genealogia genetica inizia a dare i suoi frutti, come dimostra la serie La prova.
Nel duplice omicidio di Linköping, infatti, il genealogista Peter Sjölund ha individuato l’assassino del delitto grazie a questo metodo, dopo 16 lunghi anni.
Per arrivare al colpevole, lo scienziato ha ricostruito l’albero genealogico dell’assassino, partendo dal profilo genetico formulato nel 2004.
Il lavoro iniziale si è rivelato però piuttosto complesso: il profilo genetico era incompleto e richiedeva molte più informazioni del previsto.
In aiuto a Sjölund, la polizia decide quindi di rianalizzare il DNA raccolto sulla scena del crimine: nonostante gli anni, sul cappello dell’assassino era ancora presente abbastanza materiale genetico da generare un altro test.
Grazie al nuovo profilo — molto più ricco di informazioni — il genealogista ha poi confrontato il DNA ignoto:
- con le banche dati genetiche commerciali, trovando ben 892 corrispondenze su Family Tree DNA;
- con gli archivi storici, disegnando un albero genealogico con radici risalenti al XVIII e ad un piccolo villaggio.
A sorpresa, a mettere la ciliegina sull’incredibile lavoro di Sjölund alla fine è stato il fato.
Grazie infatti ad un test casuale e volontario, il genealogista trova una stretta correlazione con l’ignoto. Ad offrire il prezioso DNA è una giornalista che si è occupata a lungo del delitto: Anna Bodin.
La stessa giornalista ha poi scritto un libro sull’omicidio, a cui si ispira la serie tv La prova.
Una questione etica pesante: dove finisce la nostra privacy?
Sjölund ha definito il caso di Linköping un progetto pilota, destinato ad aprire la strada all’utilizzo della genealogia genetica per risolvere altri cold case.
Il metodo scientifico, come dimostra questa storia, può essere infatti una risorsa straordinaria nelle indagini sui casi irrisolti.
Allo stesso tempo, però, lo strumento solleva pesanti interrogativi etici:
- Quanto è giusto utilizzare i dati genetici delle persone per scopi investigativi?
- È legittimo accedere agli archivi storici con lo stesso obiettivo?
- E, soprattutto, come si bilancia il diritto alla privacy con la necessità di ottenere giustizia?
In un mondo in cui la scienza si intreccia sempre più con la giustizia, la sfida futura sarà proteggere la verità senza sacrificare la nostra individualità.
Anna Ceroni
Agenzia Corte&Media
Data di pubblicazione: 11.01.2025
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Autrice e copywriter. Laureata magistrale cum laude in Editoria e Giornalismo, ama analizzare e divulgare crimini e ingiustizie di ogni tipo: dai misfatti di Hollywood ai reati ambientali.



