La vicenda di Milena Sutter ha molte facce sconosciute, di cui alcune inquietanti. Ecco altre dieci “situazioni confuse” del dramma genovese.
Su Milena Sutter abbiamo – a livello storico-fattuale e scientifico – una sola certezza oltre ogni ragionevole dubbio: che la ragazzina di 13 anni, sparita il 6 maggio 1971 a Genova, all’uscita della Scuola Svizzera è purtroppo morta.
Lo scrivevo nel primo articolo sui “50 imbrogli contro la verità” introducendo la storia amara della ragazzina scomparsa, e poi deceduta.
Per quel caso è stato condannato all’ergastolo Lorenzo Bozano, morto all’Isola d’Elba, per un improvviso malore, il 30 giugno 2021. Da ottobre 2020, Bozano era libero – in regime di libertà condizionale per buona condotta – dopo 43 anni di carcere.
Non vi sono prove certe sulla colpevolezza di Bozano e sul suo coinvolgimento o meno nella sparizione di Milena Sutter.
Di certo, alla luce dei 50 imbrogli di cui parlo in questi articoli a 50 anni dalla vicenda, il cosiddetto “biondino della spider rossa” – come continuerò a ripetere – ha avuto una condanna sproporzionata.
La vicenda di Milena Sutter e di Lorenzo Bozano, voglio sottolinearlo, non la si costruisce con le sentenze penali, di cui si prende atto, che si rispettano e che si analizzano e criticano, come è buona pratica fare da studiosi e da giornalisti.
La Storia la si ricostruisce con i dati di fatto, gli elementi scientifici e quel po’ di certezze che, in qualità di esseri umani, ci è consentito raggiungere.
GLI IMBROGLI: VICENDE CONFUSE E COMPLICATE
Nel primo articolo, ho trattato dei primi dieci imbrogli sul caso di Milena Sutter e Lorenzo Bozano.
In un secondo articolo, sono passato a trattare di altri dieci imbrogli sul caso del cosiddetto biondino della spider rossa, su cui la criminologa Laura Baccaro e io abbiamo scritto un primo libro che analizza tutta la vicenda.
Nel terzo articolo ho trattato la terza decina dei 50 imbrogli del caso Sutter-Bozano: altri spunti per vedere la vicenda nella sua complessità e nella sua globalità. Oltre, insomma, le suggestioni e le storie interessate dei media.
Dopo i primi trenta imbrogli – intesi come “grovigli”, “vicende confuse e complicate” – eccone altri dieci su cui riflettere.
Non si tratta tanto di capire se Lorenzo Bozano sia innocente o colpevole.
Si tratta invece di analizzare le omissioni, le storie da teatro dell’inganno e le finte verità di un’indagine che non rispetta il principio costituzionale della presunzione di innocenza e ancor meno quello del giusto processo.
Lascio a te lettore il giudizio. Da parte mia, non sono mai stato innocentista – lo sottolineo ancora – ma come studioso dei media, e come giornalista, mi pongo domande scomode.
Le risposte, come cittadino, mi preoccupano sempre di più. Perché più studio questo caso, con gli strumenti che oggi le scienze sociali ci mettono a disposizione, e meno mi convincono sia gli esiti giudiziari; che i racconti mediatici.
Caso Sutter-Bozano: scopri gli altri 10 imbrogli
Le menzogne sull’amica di Milena: imbroglio numero 31
C’è una seconda vittima, nel caso di Milena Sutter. È Isabelle, 14 anni nel maggio del 1971. Su di lei spenderò le parole sufficienti a rivelare una storia dolorosa che getta luci sinistre su tutta la vicenda; e che è sempre stata taciuta.
La ragazzina Isabelle, amica del cuore di Milena Sutter, fu:
- interrogata in modo traumatico dagli inquirenti, alla Questura di Genova;
- interrogata in modo violento dagli avvocati della famiglia Sutter;
- non fu chiamata a testimoniare nel processo di primo grado, né dagli avvocati dei Sutter, né da quelli di Bozano;
- in appello la richiesta dell’avvocato di Bozano di chiamare l’amica di Milena a testimoniare fu respinta dalla Corte d’Assise d’Appello, presieduta dal giudice Beniamino De Vita;
- fu minacciata, lei e la sua famiglia, in modo pesante e intimidatorio;
- fu considerata responsabile della morte di Milena da un famigliare della vittima
Di fronte a tutto questo, c’è poco da aggiungere: è una vergogna il modo in cui una ragazzina è stata trattata, a 14 anni, da chi diceva di cercare la verità su Milena Sutter.
È una vergogna il fatto che non sia stata chiamata a testimoniare al processo a Bozano. E che poi sia stata minacciata, solo perché non era funzionale alle tesi della pubblica accusa, degli avvocati di Parte Civile e degli inquirenti.
Le violenze morali sull’amica di Milena: imbroglio numero 32
L’amica del cuore di Milena, Isabelle, ha subito una gogna pubblica, indegna di chi l’ha provocata e di chi è stato spinto a organizzare questa bestia comunicativa:
- la ragazzina fu definita dagli stessi avvocati della famiglia Sutter “complice involontaria” di Lorenzo Bozano;
- sulla ragazzina furono scritte menzogne infamanti sia su un libro che la presenta come complice di Bozano che nella Memoria di Parte Civile degli avvocati della famiglia Sutter;
- fu considerata depositaria di un “segreto” che poteva essere rivelato solo a Lorenzo Bozano;
- fu considerata, persino da qualche legale di Bozano, legata al “biondino della spider rossa”;
- fu considerata e presentata come il tramite fra Milena e Bozano; e comunque come colei che sapeva della conoscenza/relazione fra i due
Sulla base di tutte le ricerche, con ottica scientifica e in piena indipendenza, che ho svolto, posso affermare che:
- Isabelle e Lorenzo Bozano non si conoscevano;
- Isabelle non sapeva dell’esistenza di Bozano;
- Isabelle ebbe il coraggio, a soli 14 anni, di non subire le pressioni della polizia e degli avvocati dei Sutter per mentire e far condannare Bozano;
- Isabelle subì un grave danno morale dal modo in cui fu trattata dagli avvocati dei Sutter, dalla polizia e dai giornali
- Isabelle fu minacciata per impedirle di pronunciare scomode verità
È interessante quanto scrisse, sul Secolo XIX, il giornalista Carlo Bancalari, il primo (e unico giornalista genovese) a intervistare l’amica di Milena. Dal colloquio, Bancalari ricava un’angolazione diversa della vicenda del 6 maggio 1971.
Gli “intrecci” della Scuola Svizzera: imbroglio numero 33
La Scuola Svizzera di Genova era una scuola di qualità, non vi è dubbio. Ma era, come tante altre scuola genovesi, legata al proprio tempo: vi era chi consumava stupefacenti, ad esempio.
La diffusione della droga, anche pesante (eroina in testa), nelle scuole genovesi viene del resto trattata in una serie di articoli – richiamati in prima pagina – del 1973, sul Secolo XIX.
Alla Scuola Svizzera vi erano anche relazioni interessate e che si auto-influenzano e si condizionano a vicenda.
Vi è un significativo “intreccio” di relazioni alla Scuola Svizzera. Il padre della vittima era vicepresidente della scuola di via Peschiera.
Nella stessa scuola vi studiava, in classe con Milena, la figlia di uno degli avvocati dei Sutter.
Nella stessa scuola vi studiava, in altra classe, la figlia di uno dei due medici legali che stesero la perizia sull’autopsia della vittima.
È solo un caso se, in poche ore dopo il ritrovamento del corpo della vittima, sappiamo già le conclusioni della perizia medico-legale? È scientificamente impossibile – mi hanno spiegato gli studiosi di Medicina Legale – arrivare a conclusioni su un corpo lasciato in acqua un certo numero di giorni.
È possibile che prima si siano fissate le risultanze della perizia su cause e ora e modalità della morte di Milena Sutter? E solo dopo ci si sia adoperati per dimostrare conclusioni già decise?
Questo capitolo del caso fa pensare che prima si siano stabilite – per ragioni le più varie – le conclusioni. E poi si sia lavorato alla storia per convincere che quelle conclusioni sono quelle vere.
L’idea balzana del giudice su via Peschiera: imbroglio numero 34
Il giudice istruttore, Bruno Noli, scrive che Lorenzo Bozano si fermava con la spider rossa nei pressi della Scuola Svizzera, in via Peschiera, a Genova, per farsi notare da Milena Sutter.
Noli sostiene un’idea che non sta in piedi. Rendendosi figura familiare, sostiene il giudice istruttore, Bozano avrebbe potuto – il 6 maggio 1971 – approfittare della fretta di Milena per offrirle un passaggio. E quindi rapirla e ucciderla per chiedere un riscatto di 50 milioni di vecchie lire (meno di 500 mila euro di oggi).
Milena Sutter, ci dicono i famigliari, era una ragazza a modo, irreprensibile, che non avrebbe mai accettato passaggi da uno sconosciuto.
La domanda è questa: come può Bozano essersi reso noto e volto familiare a Milena, se neppure l’amica del cuore – e con lei le compagne di classe – l’hanno mai notato?
Abbiamo la bizzarria di un “rapitore” che si fa notare e che pensa di sequestrare una ragazza forte e sportiva come Milena con una spider scomoda a salirci o a sbatterci dentro qualcuno.
Quello stesso rapitore, si legga più avanti, era pure ubriaco quando ha scritto il piano di rapimento.
Solo la fervida fantasia di un giudice che avrebbe voluto fare il romanziere può spingersi a offendere in questo modo l’intelligenza di chi legge.
Gli indizi contro Bozano: imbroglio numero 35
Sono questi gli indizi, meritevoli di attenzione, sul ruolo di Lorenzo Bozano nella sparizione e morte di Milena Sutter (gli altri sono costruzioni più o meno fantasiose a uso e consumo di giornalisti distratti):
- presenza di Lorenzo Bozano davanti alla Scuola Svizzera,
- piano di un possibile rapimento, scritto da Bozano e dimenticato nella sua camera,
- numero di telefono della Scuola Svizzera scritto da Bozano sul retro di un suo biglietto da visita,
- cintura da sub sul corpo di Milena attribuita (senza prova alcuna) a Bozano,
- avvistamento di Lorenzo Bozano sul Monte Fasce nel tardo pomeriggio del 6 maggio 1971,
- fossa scavata sul Monte Fasce, il cui scavo è attribuito (senza prova alcuna) a Lorenzo Bozano,
- macchia di orina sui pantaloni di Bozano, attribuita a Milena e – si sostiene – cagionata dalla morte per asfissia da azione violenta
Nessuno di questi indizi è mai stato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio.
È una pietosa menzogna quella che è stata raccontata sull’esservi indizi precisi, gravi e convergenti a carico di Bozano.
Quegli indizi convergono, nella loro infondatezza e mendacia, solo nell’utilità ai fini di una storia giudiziaria che ha un solo scopo: incastrare Lorenzo Bozano. E distogliere l’attenzione da cosa davvero accadde quel 6 maggio 1971; e da chi vi fu davvero coinvolto.
Di alcuni di questi indizi tratto in modo preciso e argomentato nel libro Il Biondino della Spider Rossa. Crimine, giustizia e media che ho scritto con Laura Baccaro, criminologa e psicologa giuridica.
Sugli altri indizi, come su altri aspetti poco conosciuti o ignorati del caso, avrò modo di tornare nelle sedi scientifiche adatte.
La vendita della cintura da sub: imbroglio numero 36
Lorenzo Bozano fu accusato di essere il possessore della cintura da sub con cui fu zavorrato, per pochi giorni, il corpo di Milena Sutter.
Bozano, pescatore subacqueo come tanti genovesi, era noto anche per aver poca passione per il lavoro fisico.
Nonostante il noto fankazzismo, Lorenzo Bozano sarebbe stato così solerte da portare prima il corpo di Milena sul Monte Fasce, per seppellirlo in una fossa scavata nel pietrisco e poi lasciata incompiuta.
Notato da due testimoni, le cui deposizioni sono da me analizzate e criticate nel libro Il Biondino della Spider Rossa, Lorenzo Bozano avrebbe poi optato per nascondere il corpo della giovinetta in mare.
Un sub che pensa alla montagna per nascondere un corpo senza vita, rischiando di essere visto, è come un appassionato di lepri che le va a caccia alle Maldive, verrebbe da dire. Ovvero, poco credibile come immagine.
Lorenzo Bozano si difende affermando di aver venduto al circolo di appassionati sub di Bogliasco (Genova) una cintura da sub. È la cintura che l’accusa sostiene, invece, essere stata usata per zavorrare il corpo della vittima.
Presidente e vicepresidente di quel circolo testimoniano dapprima che Bozano non avrebbe venduto materiale subacqueo nel loro circolo. Vengono però smentiti da un altro socio del circolo che, all’estero al tempo della loro testimonianza, li contraddice.
Al che, i due cambiano la versione sulla vendita di attrezzature marine da parte di Bozano al circolo di Bogliasco.
Non è l’unica testimonianza che lascia esterrefatti nel corso dell’istruttoria sulla vicenda e sul ruolo di Bozano. Posso affermare di aver colto – in questa vicenda genovese – più di un fondato elemento di “costrizione dei testimoni” a dire ciò che faceva comodo dalla pubblica accusa.
Tutto questo, è avvenuto in spregio ai valori del “giusto processo” e del “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza della persona sospettata.
Il vicecommissario piduista: imbroglio numero 37
Massone, iscritto alla P2, e appartenente alla formazione illegale Gladio. Questo era Arrigo Molinari, vicecapo della Squadra Mobile di Genova.
Molinari è colui che contamina, per motivi tutt’altro che nobili, la scena del crimine dell’omicidio di Luigi Tenco, nel gennaio del 1967, a Sanremo (Imperia).
Molinari è colui che mette la cintura da sub – recuperata in mare dai Carabinieri – nelle mani di Lorenzo Bozano prima dell’interrogatorio: giusto per vedere la sua reazione.
E sempre Molinari si fa fotografare, da primadonna quale era, con la cintura da sub, appena trovata sul corpo di Milena. Facendo così incazzare i Carabinieri, i cui sub avevano recuperato la cintura in mare, dopo il ritrovamento del cadavere della ragazzina.
Molinari è colui che fa i soffietti ai giornalisti. Lui li condiziona e pilota. O, almeno, ci prova.
È lui che a Sanremo dà all’agenzia Ansa – sede di Genova – la notizia del “suicidio” di Tenco, prima ancora di andare sul luogo del delitto, nella stanza d’albergo dove il cantautore è stato ucciso.
Non è difficile ipotizzare che sia sempre stato Molinari a raccontare, a modo suo, la storia (e l’ora) della telefonata del “rapitore” di Milena.
Insomma, Molinari è quello sbirro che ha costruito scene del crimine manomesse; e influenzato i giornalisti.
Visto il suo curriculum, viene da chiedersi in quale serio modo gli inquirenti possano aver indagato in un delitto dove le ombre sono assai più delle luci.
Visto il personaggio, viene da chiedersi se il capo della Squadra Mobile, Angelo Costa, cattolico, uno dei pochi dirigenti di polizia che viene dalla Resistenza, era un ingenuo. Oppure se sapeva bene chi aveva vicino.
Il piano di rapimento: imbroglio numero 38
Quando Lorenzo Bozano scrisse il piano di rapimento che fu trovato nella sua stanza., in un’affittacamere nella zona di Albaro, a Genova, era sotto gli effetti dell’alcol.
Abbiamo insomma un rapitore ubriaco. Il piano di rapimento non corrisponde poi – nei tempi e nei modi – alla sparizione di Milena Sutter.
La narrazione fantasiosa del “rapimento” di Milena, costruita su una telefonata che viene smontata appena la si analizzi con un minimo di logica e attenzione ai fatti, trova facile alimento in carte che sono state scritte sotto gli effetti dell’alcol.
Non vi è dubbio che Lorenzo Bozano – non solo nel 1971, peraltro – ha dato una mano ai suoi accusatori. Non vi è dubbio, d’altra parte, che lo stesso Bozano si è trovato davanti narratori (e giornalisti compiacenti) assai abili nel costruire storie.
Come ho spesso ripetuto, nella vicenda di Milena Sutter e Lorenzo Bozano abbiamo quattro livelli:
- il primo livello è quello dell’accadimento dei fatti: le persone coinvolte (Milena, Lorenzo, eventuali altri offender), la successione degli eventi, le cose presenti nel dramma scenico della vicenda;
- il secondo livello è quello della narrazione dei due casi – Sutter e Bozano – e del loro intersecarsi, attraverso le carte giudiziarie dell’istruttoria; e attraverso i media che da un lato anticipano e dall’altro divulgano gli esiti giudiziari. Una narrazione che ha nel giudice istruttore, Bruno Noli, la figura del Grande Narratore;
- il terzo livello è quello dei suggerimenti che vengono fatti sia a chi indaga e fa istruttoria, sia ai giornali (attraverso i “soffietti”, come si dice in gergo, ai giornalisti). Qui abbiamo il Grande Suggeritore, che non è una sola persona, ma un gruppo coordinato di soggetti mirati a orientare e sostanziare la narrazione, sia giudiziaria che mediatica;
- il quarto livello è quello degli Sconosciuti, ovvero di coloro che hanno a vario titolo beneficiato del lavoro del Grande Narratore e di quello del Grande Suggeritore. Gli Sconosciuti sono come il “mondo delle idee” del filosofo Platone: non si vedevano, ma c’erano.
La macchia d’orina: imbroglio numero 39
Sulla macchia d’orina, trovata sui pantaloni di Lorenzo Bozano, merita di riportare quanto ha dichiarato il professor Franco Tagliaro, tossicologo, ordinario di Medicina Legale all’Università degli Studi di Verona, in un’intervista che ho pubblicato sul libro Il Biondino della Spider Rossa. Crimine, giustizia e media.
Per gli inquirenti, la macchia d’orina appartiene a Milena: la ragazzina ha orinato a seguito dello strozzamento e della conseguente asfissia da azione violenta.
Ecco cosa dichiara, nel merito, il professor Tagliaro: “Tutte le morti asfittiche provocano un rilassamento della muscolatura. È una conseguenza che si registra anche nelle morti da oppiacei, dall’assunzione di barbiturici e in altri tipi di decessi”.
Sottolinea poi Tagliaro, nell’intervista che gli ho fatto e che ho riportato nel libro Il Biondino della Spider Rossa: “Non è stato comunque dimostrato in alcun modo che l’orina trovata, sotto forma di macchia, sui pantaloni di Lorenzo Bozano fosse riconducibile alla ragazza“.
Le analisi tossicologiche sulla vittima: imbroglio numero 40
Milena Sutter era in stato diminuita difesa, al momento della morte? Le erano state somministrate, anche contro il suo volere, sostanze stupefacenti?
Furono fatte le analisi tossicologiche, a cura di un medico dell’Università degli Studi di Genova che non ha accettato di rispondere alle domande che volevo fargli. Il suo rifiuto, a quanto mi ha detto, è legato al fatto di non aver svolto un ruolo di rilievo nella parte medico-legale della vicenda di Milena Sutter.
Non è così. La parte tossicologica è fondamentale, in questa vicenda. E nessuno l’ha mai tematizzata.
Ci ha pensato il professor Franco Tagliaro, ordinario di Medicina Legale all’Università degli Studi di Verona, tossicologo e studioso di rilievo internazionale.
Ecco la sua dichiarazione, contenuta nell’intervista che ho pubblicato nel libro Il Biondino della Spider Rossa, scritto con la criminologa Laura Baccaro.
“Un’ipotesi che i periti Franchini e Chiozza non hanno preso in seria
considerazione – che hanno anzi escluso sulla base di accertamenti assolutamente insufficienti – è quella tossicologica, cioè della morte da droga, somministrata eventualmente anche senza (o contro) il volere della vittima”, dichiara il professor Tagliaro.
“Si dovrebbe ipotizzare primariamente, in questo caso, una sostanza fortemente sedativa: gli oppiacei o i barbiturici“, osserva lo studioso dell’Università di Verona. Vi è, insomma, una questione tossicologica sul decesso della vittima che non è stata affrontata in un modo scientificamente idoneo a trarre conclusioni”.
Le analisi tossicologiche fatte sul corpo di Milena Sutter non erano quindi idonee ad escludere, con le loro risultanze, la morte legata a sostanze sedative. Erano anzi analisi superate persino nel 1971.
CASO SUTTER-BOZANO: L’OMBRA DI UN’ALTRA VERITÀ
Mettiamo insieme un po’ i pezzi di questo caso intricato:
- la figura di Arrigo Molinari, piduista e affiliato a Gladio, vicecapo della Squadra Mobile;
- la figura del giudice istruttore, Bruno Noli, che si guarda bene dal chiedere chi sia il Claudio che compare nel diario e sulla borsa della scuola di Milena;
- la telefonata del “rapitore” che si rivela in tutta la sua contraddizione;
- le violenze morali, le menzogne e le minacce all’amica del cuore di Milena;
- gli “intrecci” alla Scuola Svizzera;
- gli aspetti del caso mai raccontati e tematizzati dai media
Torna sempre opportuna la frase, adattata alla situazione, con cui il più grande cronista di nera, Tommaso Besozzi (1903-1964), potrebbe fotografare la vicenda di Milena Sutter e, quindi, il ruolo di Lorenzo Bozano.
Di Milena Sutter, scriverebbe Tommaso Besozzi, “di sicuro c’è solo che è morta”.
Maurizio Corte
corte.media
Sui 50 imbrogli contro la verità leggi anche gli articoli:
Caso Sutter-Bozano: 50 imbrogli contro la verità / 1^
Caso Sutter-Bozano: 50 imbrogli contro la verità / 2^
Caso Sutter-Bozano: 50 imbrogli contro la verità / 3^
Maurizio Corte
corte.media
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Giornalista professionista, scrittore e media analyst. Insegna Giornalismo Interculturale e Multimedialità all’Università degli Studi di Verona. Dirige l’agenzia d’informazioni e consulenza Corte&Media. Contatto Linkedin. Sito web Corte&Media. Email: direttore@ilbiondino.org